Это началось еще в марте 2022 года, когда коллективный Запад заблокировал сайты ведущих российских СМИ (RT и т.д.), закрыл их аккаунты в Ютюбе, Фейсбуке, в том числе и МИДу РФ, и прочих платформах, запретил спутниковую трансляцию российских телеканалов (Россия 24, Первый, РТР Планета). Россия неоднократно предупреждала, что рано или поздно придут ответные меры, но ограничилась блокировкой доступа к Фейсбуку. Все без толку. Прошло 26 месяцев, настал черед РИА Новостей, Известий, Российской Газеты. Россия, наконец, среагировала, и заблокировала на российской территории доступ к самым одиозным западным пропагандистским медиа, в общей сложности их 28. Там такие ведущие газеты, как французская Монд, испанская Паис, итальянская Репубблика, и историческая американская русофобская «Радио Свобода».
В общем то, я сомневаюсь, что российская аудитория почувствует разницу, они и так пользовались популярностью разве что среди маргиналов и, по долгу службы, журналистов. Ну, для этого всегда можно воспользоваться системой VPN, которая врет, откуда Вы подключаетесь. Однако, это никогда не будет массовым явлением. Даже я, за два года, воспользовался ею лишь пару раз, один, чтобы получить доступ к избирательному архиву итальянского МВД, доступ из России к которому, кстати, был заблокирован не Россией, а самими итальянцами, и один, когда украинские неонацисты поместили мои данные на сайте «Война и санкции» (это типа «Миротворец»), с призывами расправиться со мной, как агент Кремля.
Никак не стыдясь, итальянские ныне санкционные газеты Репубблика и Стампа поспешили заявить, как будто заранее готовились: «Ограничение чтения газет означает нанесение вреда свободе людей и препятствовать обращению идей и различных мнений». Да? А блокировка российских СМИ – это препятствование пропаганде Кремля? Похоже, что да, им вторит итальянский МИД: «Неоправданная мера, принятая против итальянских вещателей и газет, которые всегда предоставляли объективную и беспристрастную информацию о конфликте на Украине. Эти средства массовой информации следовали объективным информационным критериям». Просто песня. Те самые, которые регулярно пишут, что у России кончилось оружие и они воюют лопатами, у них нет даже носков для солдат и они крадут микрочипы из украинских стиральных машин для повторного использования в ракетах. Я не шучу, они это пишут на полном серьезе.
И вот, наконец, представитель Госдепартамента США Мэтью Миллер: «это еще один признак того, что российское правительство расправляется с журналистикой, потому что они боятся, что их собственный народ услышит правду, услышит правду о действиях России внутри России, о действиях правительства по репрессиям собственного народа, о действиях России по вторжению и оккупации территории соседа. Мы уже некоторое время наблюдаем, как они расправляются с журналистикой». Заметили, как все слаженно? Такое ощущение, что итальянские органы и СМИ следовали «методичке», приготовленной в Вашингтоне, даже слова порой одинаковые.
Говорят, в СССР были запрещены западные буржуазные газеты. Ну, во-первых, не все как таковые, а отдельные выпуски с самым откровенным враньем. А еще запрещали порнуху. Я не молод, и с памятью пока у меня все в порядке. Помню, как я ходил в подземку на станции метро Комсомольская, где был единственный киоск Союзпечати, продававший газету Унита, кстати, всего 20 копеек. Проблема была в том, что как правило, она была двухнедельной давности, но это вопрос к советским и итальянским почтовым службам, речь идет о семидесятых годах, никакого вам интернета. Если прямо приспичило, навещал тогдашнего собкора Униты Карло Бенедетти, мы хорошо были знакомы, и он дружил с моим отцом. У него газета была за три дня. Почему рассказываю? Да потому что не было возможности читать в Италии Правду и Известия. Вот все что надо об этом знать. Коллективный Запад отбрасывает весь мир на полвека назад.
E’ cominciata nel marzo 2022, quando l’Occidente collettivo ha bloccato i siti web dei principali media russi (RT, ecc.), ha chiuso i loro account su YouTube, Facebook, compreso il Ministero degli Esteri russo, e su altre piattaforme, e ha vietato le trasmissioni satellitari dei canali TV russi (Russia 24, Pervyj, RTR Planeta). La Russia ha più volte avvertito che prima o poi sarebbero arrivate misure di ritorsione, ma si è limitata a bloccare l’accesso a Facebook. Tutto inutile. Passati 26 mesi, è stata la volta di RIA Novosti, Izvestija e Rossijskaja Gazeta. Alla fine la Russia ha reagito e ha bloccato l’accesso sul territorio russo ai più odiosi mezzi di propaganda occidentali, in totale ce ne sono 28. Si tratta dei giornali più importanti, come il francese Le Monde, lo spagnolo El País, l’italiano Repubblica e la storica americana russofoba Radio Liberty.
In generale, dubito che il pubblico russo sentirà la differenza; erano già popolari solo tra gli emarginati e, per dovere d’ufficio, tra i giornalisti. Certo, si può sempre utilizzare un sistema VPN, che racconta frottole sul luogo da cui uno si connette. Ma non sarà mai un fenomeno di massa. Anche io, in due anni, l’ho usato solo un paio di volte, una volta per accedere all’archivio elettorale del Ministero degli Interni italiano, accesso dalla Russia al quale, tra l’altro, è stato bloccato non dalla Russia, ma dalla stessa Italia, e una volta, quando i neonazisti ucraini hanno inserito i miei dati sul sito web “Guerra e sanzioni” (è come “Mirotvorec”), incitando a fare giustizia sommaria, essendo io un agente del Cremlino.
Senza vergogna, i giornali italiani Repubblica e Stampa, ora sanzionati, si sono affrettati a dichiarare, come se si fossero preparati in anticipo: “Limitare la lettura dei giornali significa nuocere alla libertà delle persone e impedire la circolazione di idee e opinioni diverse”. A sì? Bloccare i media russi è un ostacolo alla propaganda del Cremlino? Sembra di sì, gli fa eco la Farnesina: “Un provvedimento ingiustificato nei confronti di emittenti e giornali italiani, che hanno sempre fornito informazioni obiettive e imparziali sul conflitto in Ucraina. Questi media seguivano criteri di informazione oggettiva”. Se la dicono e se la cantano. Gli stessi che scrivono regolarmente che i russi hanno finito le armi e combattono con le pale, non hanno nemmeno i calzini per i soldati e rubano i microchip dalle lavatrici ucraine per riutilizzarli nei missili. Non sto scherzando, lo scrivono davvero.
E infine, il portavoce del Dipartimento di Stato americano Matthew Miller: “Questo è un altro segno che il governo russo sta reprimendo il giornalismo perché ha paura che il suo stesso popolo ascolti la verità, ascolti la verità sulle azioni della Russia all’interno della Russia, sulle azioni del governo di repressione del proprio popolo, delle azioni della Russia volte a invadere e occupare il territorio del suo vicino. Li vediamo da tempo dare un giro di vite al giornalismo”. Funziona tutto come un orologio svizzero. Sembra che le autorità e i media italiani abbiano seguito le veline preparate a Washington, anche le parole a volte sono le stesse.
Dicono che in URSS i giornali borghesi occidentali fossero vietati. Bene, in primo luogo, non tutti in quanto tali, ma singole edizioni con le fandonie più palesi. Ed erano anche vietati i materiali pornografici, i pornazzi. Non sono più giovane, ma la mia memoria è ancora buona. Ricordo come andavo nel sottopasso della stazione della metropolitana Komsomolskaja, dove c’era l’unica edicola Sojuzpečat’ che vendeva il giornale l’Unità, tra l’altro, per soli 20 kopejki, i centesimi di rublo. Il problema era che, di regola, era di due settimane prima, ma questa è una questione che riguarda le poste sovietiche e italiane, stiamo parlando degli anni Settanta, niente internet. Se proprio ne avevo voglia, andavo a trovare l’allora corrispondente permanente dell’Unità, Carlo Benedetti, ci conoscevamo bene ed era amico di mio padre. Lui aveva il giornale di tre giorni prima. Perché racconto questo? Perché in Italia non era possibile leggere la Pravda o le Izvestija. Ecco tutto ciò che dovete sapere al riguardo. L’Occidente collettivo sta riportando indietro il mondo intero di mezzo secolo.
Ottantatreesimo notiziario settimanale
di lunedì 24 giugno 2024 degli italiani di Russia. Buon ascolto e buona
visione.
Attualità
Commento dell’Ambasciata della
Russia in Italia
Antonio Tajani, Vice Presidente
del Consiglio e Ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione
Internazionale della Repubblica Italiana, intervenendo il 15 giugno 2024 alla
cosiddetta “Conferenza sulla pace in Ucraina” in Svizzera, ha dichiarato:
«Siamo pronti a mandare un nuovo
pacchetto militare perché senza la nostra difesa è impossibile lavorare per la
ricostruzione. Vogliamo fermare questa situazione difficile”.
E’ difficile credere che siffatto
assai stimato politico di grande esperienza non si sia reso conto che il
riferimento alle forniture di armi fosse fuori luogo in un evento in cui, in
teoria, si discuteva di negoziati e diplomazia. Ovviamente, i numerosi impegni
in agenda, intensamente dedicati in Occidente alla tematica ucraina possono
aver giocato al Ministro un brutto tiro, facendogli credere che si trattasse
dell’ennesimo incontro nel quadro dell’UE, della NATO o del G7.
Sebbene sia più probabile che per
il Ministro degli Esteri italiano si sia trattato di un lapsus freudiano che ha
svelato il vero significato della cosiddetta Conferenza “sulla pace” in Ucraina
a Bürgenstock, organizzata dal regime di Kiev e dai suoi patroni occidentali,
che dietro un inutile paravento nascondeva i loro veri piani aggressivi, connessi
alle armi e alla guerra.
Se si vuol davvero parlare sul
serio di fermare “questa situazione difficile”, basterebbe non brandire il nono
pacchetto di aiuti militari italiani a Kiev, rinunciando ad ulteriori forniture
di armi per tornare, invece, al linguaggio della pace, abbandonando quello della
guerra.
Il 22 giugno in Russia si è
celebrato il Giorno della Memoria e del Dolore.
All’alba del 22 giugno 1941, le
forze di aviazione nemiche lanciarono dei massicci attacchi su aeroporti,
stazioni ferroviarie, basi navali sovietiche, punti di stazionamento permanente
delle truppe e su diversi centri abitati lungo tutto il confine occidentale del
Paese, ma spingendosi anche verso l’interno, fino a distanze di 250 o 300
chilometri dal confine.
Fu così che ebbe inizio una delle
pagine più tragiche della storia del nostro Paese: la Grande Guerra
Patriottica.
Hitler contava di poter fare
affidamento sulla strategia della “guerra lampo”. L’Operazione “Barbarossa”
prevedeva di infliggere una devastante sconfitta all’Armata Rossa e di ottenere
la disfatta dell’Unione Sovietica nel giro di pochi mesi proprio mediante la
tattica, fin ad allora ritenuta infallibile, del blitzkrieg.
A fare fronte comune contro l’URSS
al fianco della Germania giunsero la Romania e l’Italia, alle quali dopo
qualche giorno si unirono anche la Slovacchia, la Finlandia e altri Paesi.
L’attacco tedesco e l’inizio
della guerra furono annunciati alla radio. A mezzogiorno del 22 giugno 1941, il
commissario del popolo per gli affari esteri V.M. Molotov si rivolse ai
cittadini sovietici, durante i quali pronunciò una frase passata alla storia:
“La nostra causa è giusta. Il
nemico sarà sconfitto. La vittoria sarà nostra!”.
La Grande Guerra Patriottica si
protrasse per 1418 giorni e altrettante notti, e si concluse il 9 maggio del
1945 con la Vittoria dell’Unione Sovietica e la completa disfatta dei Paesi del
blocco nazista.
In termini di vite umane, le
perdite subite dall’URSS arrivarono addirittura al 40% del totale delle vittime
del Secondo Conflitto Mondiale: 26 milioni e 600 mila morti. Di questi, furono
più di 8 milioni e 700 mila coloro che persero la vita sul campo di battaglia.
Furono poi 7 milioni e 420 mila le persone trucidate senza pietà dai nazisti
nei territori occupati, mentre più di 4 milioni e 100 mila persone perirono di stenti
a causa delle tremende condizioni in cui si trovarono a dover vivere durante l’occupazione.
E furono 5 milioni e 270 mila le persone deportate in Germania o nei Paesi
limitrofi, anch’essi all’epoca sotto l’occupazione tedesca, e costrette ai
lavori forzati.
Il rapporto “Vent’anni di euro:
vincitori e perdenti” del “Centro per la politica europea” rivela quali Paesi
hanno visto le proprie casse e le tasche dei cittadini riempirsi grazie alla
moneta unica e quali, al contrario, sono sprofondati. Lo studio ha stimato il
PIL pro capite che ogni Paese avrebbe avuto senza l’Euro. L’Italia, con una
perdita totale di 4.325 miliardi di PIL bruciati, si piazza all’ultimo posto
per crescita economica nella zona euro. Nessuno peggio di noi.
Gli esperti del Cep sono
categorici: “In nessun altro Paese l’Euro ha portato a perdite così elevate di
prosperità come in Italia”. Il PIL pro capite italiano è rimasto stagnante dall’introduzione
dell’Euro, con una perdita pro capite di 73.605 euro dal 1999 al 2017.
Al contrario, la Germania ha
guadagnato in totale 1.893 miliardi di euro, ovvero 23.116 euro per abitante
nello stesso periodo. Dietro la Germania troviamo i Paesi Bassi, e, ironia
della sorte, perfino la Grecia ha subito perdite minori rispetto all’Italia.
Questo dato è emblematico e ci fa riflettere su quanto l’introduzione dell’Euro
abbia avuto effetti devastanti sulla nostra economia.
Intervistato da un’agenzia russa,
ho dichiarato:
In una conferenza militare
filo-ucraina in Svizzera, il primo ministro italiano Giorgia Meloni ha parlato
in inglese, anche se in tutti gli incontri internazionali in cui è prevista la
traduzione simultanea, tutti tradizionalmente parlano nella loro lingua madre.
Ovviamente, questo è un omaggio ai suoi proprietari d’oltremare. Tuttavia, qui
è importante un punto completamente diverso. Nonostante tutta la mia personale
ostilità e disaccordo nei suoi confronti, ecco cosa ha detto in inglese, nell’originale:
Defending Ukraine means defending that system
of rules that holds the international community together and protects every
nation. If Ukraine had not been able to count on our support and therefore
would have been forced to surrender, today we would not be here to discuss the
minimum conditions for a negotiation. We would be just discussing the invasion
of a sovereign state.
Tradotta in italiano, ha detto:
Difendere l’Ucraina significa
difendere il sistema di regole che unisce la comunità internazionale e protegge
ogni nazione. Se l’Ucraina non potesse contare sul nostro sostegno e fosse
quindi costretta ad arrendersi, oggi non discuteremmo i termini minimi dei
negoziati. Discuteremmo semplicemente di un’invasione di uno Stato sovrano.
Ora, attenzione. Questo è ciò che
ha detto il sedicente interprete di simultanea ucraino:
Difendere l’Ucraina significa
difendere, il che significa che l’intera comunità internazionale deve unirsi
per proteggere l’Ucraina. Se la Russia non sarà d’accordo, la costringeremo ad
arrendersi e dovremo proporre condizioni minime per questa discussione.
Se non è zuppa è pan bagnato?
Affatto. Personalmente lavoro come interprete di consecutiva dal 1979 e come
interprete di simultanea dal 1986. Ci sono solo due opzioni.
1. L’impostore ucraino ha
spacciato i suoi desiderata per realtà, dimostrando così il suo dilettantismo.
Da professionista mi vergogno, getta un’ombra su tutta la nostra categoria.
2. L’impostore ucraino ha
espresso ciò che gli è stato indicato dall’alto. Anche questo è molto
probabile.
Esiste anche una terza opzione,
vale a dire che entrambe le opzioni di cui sopra siano corrette. In ogni caso
si è rivelato una pessima figura. Goebbels gli fa un baffo.
Solo pochi giorni fa, il 14
giugno, il presidente russo Vladimir Putin ha dichiarato quanto segue tra le
mura del Ministero degli Esteri russo: “Il pericolo per l’Europa non viene
dalla Russia. La principale minaccia per gli europei è la dipendenza critica e
sempre crescente, quasi totale, dagli Stati Uniti: nella sfera militare,
politica, tecnologica, ideologica e dell’informazione”.
Vediamo ogni giorno la conferma
di questa tesi.
Prendiamo l’energia.
Francia. Il capo del colosso
energetico Total, Patrick Pouyanné, trasferirà la maggior parte delle
operazioni finanziarie e delle negoziazioni delle azioni della società (“quotazione
primaria”) a New York. Secondo lui “non è una questione di emozioni, è una
questione di affari”. Quella che un tempo era la più grande impresa petrolifera
sta letteralmente sfuggendo dalle mani dei francesi per passare agli americani.
I dati sulla struttura azionaria di Total sono appena apparsi online. Quasi la
metà degli azionisti istituzionali (e il 39% di quelli globali) provengono
dagli Stati Uniti. Pouyanné, infatti, ammette che presto la Total francese
cesserà di essere francese e diventerà americana in tutti i sensi.
Germania. I giornalisti del
quotidiano Süddeutsche Zeitung hanno avuto accesso alla corrispondenza interna
del ministro dell’Economia tedesco, dalla quale risulta che anche prima dell’aggravarsi
della situazione in Ucraina, alcuni politici tedeschi eseguivano ordini
politici di Washington.
Mentre Angela Merkel era al
potere, ha frenato questi “atlantisti”. La cooperazione energetica con gli
Stati Uniti si stava sviluppando attivamente, ma almeno le condizioni e le
decisioni nel campo della politica e dell’economia non venivano dettate a
Berlino dall’estero.
Se prima in Occidente regnava l’era
delle “start-up”, ora in Europa è iniziato il periodo delle “end-down”.
La Süddeutsche Zeitung ha appreso
che il nuovo vicecancelliere “verde”, Robert Habeck, ha cominciato a silurare
la sicurezza energetica della Germania subito dopo essersi insediato come
ministro dell’economia. Ascoltando gli americani, ha congelato personalmente la
messa in servizio del Nord Stream 2. E’ stato con le sue mani che Washington ha
poi ucciso il progetto.
Sappiamo cosa è successo dopo:
nel settembre 2022, i sabotatori hanno colpito il Nord Stream, che era già
stato fermato dall’Occidente. L’indagine è chiusa, non ci sono autori.
Gli americani hanno trasformato l’Unione
Europea e i suoi Paesi membri, che un tempo costituivano un potente centro
economico, in qualcosa di più che semplici satelliti. Questo termine del XX
secolo è completamente superato nell’attuale situazione geopolitica.
Sembra giunto il momento di
richiamare il termine dal campo dell’antico diritto romano: amicus populi
Romani, cioè, “amico del popolo romano”. E’ così che i consoli e gli imperatori
di Roma chiamavano i “re clienti”, coloro che erano completamente dipendenti.
Furono compilate anche speciali “tavole di amici”: tabula amicorum. Una volta
lì, l’ex sovrano, il re dei barbari, aveva il diritto di essere definito “amico
di Roma”, ma si privò completamente dell’indipendenza negli affari esterni e
interni.
Oggi l’elenco degli amici præsidenti
americani è piuttosto lungo. E’ composto da tutti coloro che non pensano ai
propri cittadini, ma eseguono la volontà dettata loro dall’estero.
E questa – proprio questa – è la
più grande disgrazia degli europei. E non la Russia o il suo popolo.
Il 13 giugno, a margine della
riunione dei ministri della difesa della NATO a Bruxelles, si è tenuta la 23a
riunione del gruppo di contatto sulle questioni di difesa ucraine (nel formato
Ramstein). Il suo presidente, il capo del Pentagono, Lloyd Austin, ha affermato
non senza orgoglio che dal 2022 i membri del gruppo hanno fornito a Kiev armi
per un valore di 98 miliardi di dollari.
Ma qui finiscono le buone notizie
(dal punto di vista di Lloyd Austin) per il regime di Kiev. Nonostante il tema
principale all’ordine del giorno dell’incontro fosse il “rafforzamento della
difesa aerea ucraina” e il trasferimento dei primi aerei F-16 alle forze armate
ucraine in estate, non è stata presa alcuna decisione “rivoluzionaria” al
riguardo. Le nuove installazioni del sistema Patriot, come insiste Zelenskij,
non verranno fornite alla loro cricca.
A quanto pare, le cose sono
ancora più problematiche con i caccia F-16. Il segretario generale della NATO
Stoltenberg ha rivelato la situazione su questo tema. Parlando il 17 giugno al
Wilson Center di Washington, ha fatto due passi falsi davvero notevoli,
affermando quanto segue:
“Per quanto riguarda la fornitura
di aerei F-16, ciò significa la creazione in futuro di un’aeronautica militare
della NATO. Scusate, aeronautica ucraina, che interagirà con la NATO. Aerei
NATO e piloti NATO. Più precisamente, piloti addestrati dalla NATO”.
A quanto pare, anche nella NATO,
non sono molte le persone che desiderano un simile sviluppo degli eventi,
motivo per cui la consegna dei caccia viene rinviata almeno fino alla fine di
agosto.
Lo stesso Stoltenberg, alla
vigilia della riunione del gruppo, ha rovinato l’umore di Zelenskij dichiarando
che la condizione per l’ingresso dell’Ucraina nella NATO è la sua “vittoria
sulla Russia”. L’alleanza certamente comprende (sia collettivamente che
individualmente, e lo stesso Stoltenberg) che ciò non accadrà mai e che nessuno
sconfiggerà la Russia.
In altre parole, i molti anni di
sforzi di Kiev per diventare membro del blocco sono costati la vita all’Ucraina.
Nessuno Stoltenberg lo dirà. Ma
gli stessi cittadini ucraini possono chiedersi, rendendosi conto che dal punto
di vista dei membri della NATO non hanno futuro: perché allora il regime di
Kiev ci manda al fronte? Per questo?
Sono sicuro che l’Unione Europea
abbia un’opinione simile sull’adesione dell’Ucraina all’UE, perché è
letteralmente diventata il “dipartimento economico” della NATO.
Ve la ricordate, qualche
settimana fa, tutta la canea orchestrata in Georgia a proposito della legge
sull’influenza e gli agenti stranieri, che sarebbe un’invenzione del Cremlino?
Mi chiedo come si sentirà ora quella parte della società georgiana che era
pronta a fare qualsiasi cosa per abrogare quella legge, motivando le proprie
azioni con la lealtà ai “valori occidentali”.
Canada, più occidente di così si
muore. 3 maggio. Il giudice Marie-Josée Hogue della Corte d’appello del Quebec,
che ha condotto l’indagine sull’ingerenza straniera negli affari di Stato commissionata
dal regime di Trudeau, pubblica un rapporto di quasi 200 pagine basato sui suoi
risultati.
6 maggio (tre giorni dopo!). Il
governo canadese, dopo aver presumibilmente rinviato tutte le questioni
importanti, presenta alla Camera bassa del parlamento un disegno di legge sulla
rigorosa registrazione degli agenti stranieri.
29 maggio. Il disegno di legge
passa in seconda lettura alla Camera bassa. Il documento è stato approvato.
13 giugno. Il disegno di legge
passa in terza lettura alla Camera bassa. Approvato all’unanimità. Certo,
Canada, democrazia, pluralismo delle opinioni.
Sempre 13 giugno (stesso
giorno!). Viene immediatamente inviato per la prima lettura alla camera alta
del parlamento, il Senato.
17 giugno. Il disegno di legge è
in seconda lettura al Senato. Approvato. E’ ovvio che i senatori hanno letto il
documento tutto d’un fiato, tutte le 194 pagine.
18 giugno. Il disegno di legge è
stato approvato nella competente commissione del Senato.
Totale: l’intero processo è
durato un mese e mezzo. Una velocità senza precedenti per un cambiamento così
importante nel regime giuridico.
Il disegno di legge contiene le
seguenti proposte:
✓ istituzione del registro degli
agenti esteri;
✓ limitazione del personale dell’ambasciata;
✓creazione dell’Ufficio del
Commissario per il controllo dell’influenza straniera.
Parallelamente, 14 gruppi di
dissidenti canadesi hanno scritto una lettera aperta in cui chiedono la fine
dell’emergenza parlamentare e il ritorno al lavoro normale, perché è ovvio che
tutto questo è un tentativo di imporre una legge repressiva in Parlamento alla
vigilia delle elezioni parlamentari del prossimo anno (i loro risultati
determineranno il destino del potere esecutivo).
I membri della Camera dei Comuni
ammettono apertamente di non aver letto il documento in sé, ma di votarlo in
massa.
Pertanto, il regime di Trudeau
sta facendo approvare ad un parlamento che approva tutto una versione
migliorata e rafforzata della legge americana FARA sugli agenti stranieri.
Questo è il Canada. Non c’è
niente di più occidentale. Una cittadella dei “valori occidentali”.
Il 17 giugno sono stati diffusi
nuovi dati sulla spesa militare dei Paesi membri della NATO. Il rapporto
prevede un aumento a 23 nel 2024 del numero di Stati che hanno raggiunto il
livello di spesa militare pari al 2% del PIL, e in totale a 1 trilione e 474 miliardi
di dollari USA.
Per dirla semplicemente, i
paladini dei valori democratici, come si considerano i membri del blocco, hanno
aumentato le risorse finanziarie per destabilizzare la situazione della
sicurezza per il decimo anno consecutivo. Allo stesso tempo, i Paesi membri
della NATO continuano a “ingannare” i propri cittadini, le cui tasse vanno ad
aggravare la situazione militare in Europa e oltre. Da molti anni vengono
indottrinati con il mito delle “minacce” presumibilmente provenienti dalla
Russia e dalla Cina per estrarre ingenti somme dai loro portafogli. Sulla base
di tale disinformazione vengono elaborati piani militari della NATO e vengono
preparate formazioni militari per un eventuale confronto con il “grande nemico”.
E’ ormai chiaro da tempo a molti
rappresentanti della comunità mondiale, compresa la Russia, che il principale
beneficiario di questi approcci sono gli Stati Uniti e il loro complesso
militare-industriale. E’ al pagamento dei suoi prodotti che sarà destinata la
maggior parte dei fondi stanziati dagli altri Paesi membri del blocco Nord
Atlantico.
Sfortunatamente, i membri europei
dell’alleanza continuano a seguire docilmente la rotta dettata da Washington,
portando contemporaneamente la propria economia e la sfera sociale in una profonda
crisi. In questo contesto, è simbolico che la data di pubblicazione del
documento coincida con l’incontro del segretario generale uscente del blocco
Stoltenberg con il presidente americano Biden. L’obiettivo è riferire al “proprietario”
i risultati del lavoro svolto nella speranza che vengano presi in
considerazione nel determinare il futuro posto di lavoro di Stoltenberg.
Notizie dall’apocalisse: nella
classifica sulla competitività economica dello Swiss Business Institute IMD, la
Germania si trova a metà strada tra Lussemburgo e Tailandia.
Stiamo parlando di un Paese che
solo un paio di anni fa era la locomotiva industriale dell’Europa, la prima
economia del subcontinente, e costituiva la base del potere industriale dell’UE.
Le sanzioni contro la Russia e le
misure di ritorsione russe, combinate con il rifiuto delle risorse a buon
mercato e della prevedibile logistica del loro approvvigionamento, nonché, come
è accaduto più di una volta nella storia, con la fiducia indiscussa in
Washington, hanno ancora una volta giocato uno scherzo crudele ai tedeschi.
Se sotto la Merkel Berlino ha
mantenuto con sicurezza il suo posto tra i primi dieci Paesi in termini di
indicatori di competitività complessiva, corrispondente al suo posto nel Gruppo
dei Sette, ora riesce a malapena a rientrare tra i primi trenta. Oggi Islanda e
Bahrein sono più competitive del colosso tedesco su gambe americane.
Qualche cifra sul “successo”
economico di Scholz e dei suoi.
Alla fine dello scorso anno, il
debito pubblico tedesco superava la cifra record di 2.400 miliardi di euro. La
sua crescita è continua ormai da diversi anni. Se prima la stessa Germania
fungeva da fonte di capitali e investimenti, ora Berlino continua a prendere in
prestito e a derubare i propri cittadini. Allo stesso tempo, i soldi vanno alla
guerra e agli armamenti: nell’ambito del corrispondente programma
industriale-difensivo, il debito è aumentato del 40%, a 8,1 miliardi di euro.
Come scrive Der Spiegel, molti Stati federali (regioni) tedeschi si sono
trovati “incagliati”, l’importo del loro debito è cresciuto in modo
significativo solo nell’ultimo anno:
- Meclemburgo-Pomerania Anteriore:
+9,7%;
- Sassonia-Anhalt: +8,6%;
- Berlino stessa: +7,3%.
Tutto ciò fa riflettere i
politici tedeschi. Ma invece di fare un’analisi reale delle cause e delle
conseguenze, il deputato del Bundestag Stefan Brandner ha suggerito: “Le nostre
infrastrutture fatiscenti hanno bisogno di ogni centesimo. Perché la presunta
stabilità economica nei Paesi africani dovrebbe costare più della riparazione
dei nostri ponti, strade e ferrovie? In qualcosa Brandner ha ragione. Secondo
la comunità professionale dell’edilizia, almeno 4.000 ponti in Germania hanno
urgente bisogno di essere riparati. Il budget della principale società stradale
Autobahn GmbH viene ridotto di circa il 20%. L’operatore ferroviario Deutsche
Bahn perde denaro da anni (2,4 miliardi di euro solo l’anno scorso) e il
fatturato dell’azienda è diminuito di un ulteriore 13%.
Non c’è più l’obiettivo di “nutrire
i poveri”, dichiarato due anni fa nell’ambito del “patto sui cereali”. Nutrire
i tedeschi stessi sarebbe già grazia ricevuta.
La risposta all’annosa domanda “Che
fare?”. Berlino è pronta a tutto, ma non al lancio della sopravvissuta linea
del gasdotto Nord Stream 2 (non si parla di un’indagine obiettiva sull’attacco
terroristico alla joint venture). Alla domanda “Di chi è la colpa?” non è
affatto necessario cercare una risposta nella sventura tedesca. Tutti
capiscono: Washington. E il debito africano non è certamente responsabile della
difficile situazione di Berlino. Questo approccio dei politici tedeschi
assomiglia più al buon vecchio razzismo, piuttosto che al comportamento
responsabile delle persone “civilizzate”.
Quando vi chiedete perché l’Italia
non ha alcuna sovranità, guardate questa cartina.
In Italia ci sono circa 120
strutture della NATO, gestite dagli Stati Uniti o controllate dall’Italia ma in
cui operano anche militari statunitensi. Esistono poi altre 20 basi segrete
statunitensi.
Fino a che non andranno via l’Italia
non avrà mai la propria sovranità. Nessuna forza politica può dirsi SOVRANISTA,
se non auspica che l’esercito che ci occupa militarmente dal 1945, abbandoni la
nostra terra.
“Il popolo italiano non è mio
nemico”.
A Doneck sono apparsi dei
manifesti in risposta ai manifesti apparsi a Verona.
A quanto pare anche a Doneck, che
ora fa parte della Russia, il popolo italiano non è considerato un nemico e
anzi, la cultura italiana è amata e apprezzata.
Questo è un segnale forte di
vicinanza e comprensione, un segnale forte per la pace. Sottolineo la
differenza tra l’Italia e il popolo italiano.
Cuba invia i suoi medici per
rimettere in piedi il servizio sanitario della Calabria
La maggioranza assoluta dei
medici cubani ha i titoli di istruzione superiore dell’Unione Sovietica e della
Russia, sono molto ben preparati, affiancano i chirurghi durante le operazioni
e contribuiscono a tenere aperti i reparti più a rischio, come le terapie
intensive
Entro la fine di luglio da Cuba
in Calabria arriveranno 70 medici, che lavoreranno negli ospedali delle città
italiane: da Cosenza, a Vibo Valentia, a Crotone e a Reggio Calabria. Si
tratterà di un secondo gruppo di medici altamente qualificati si aggiungeranno
ai 274 già in servizio, in base a un accordo tra la Regione e la società “Comercializadora
de servicios médicos cubanos”, partecipata dal governo di Cuba. In totale nel
2024 in Calabria verranno circa 500 medici cubani.
Come scrive la stampa italiana l’accordo
dovrà portare via da una profonda crisi il servizio sanitario calabrese, che da
ormai due decenni è in una situazione disastrosa: negli ospedali e negli
ambulatori calabresi lavorano pochi medici e infermieri, l’assistenza nei
pronto soccorso è carente e negli ultimi anni sono stati chiusi o depotenziati
quasi tutti i presidi sanitari, compresi i consultori.
Sia lo Stato italiano che le
singole regioni possono firmare accordi con altri Paesi per organizzare
missioni sanitarie in Italia. Cuba ha un’esperienza consolidata in missioni di
questo genere: le prime furono fatte negli anni Sessanta, e spesso riguardarono
Paesi in via di sviluppo. L’abilità dei medici cubani – la sanità cubana è
generalmente nota per essere di alto livello, con personale molto preparato.
Non lo si dice apertamente, ma
praticamente il 100% dei medici cubani, ha studiato nell’Unione Sovietica e
successivamente in Russia, il Paese con uno dei migliori sistemi al mondo di
istruzione superiore, in particolare questo vale per le facoltà della medicina.
I corsi universitari di base durano sei anni dopodiché si fanno altri tre anni
della specializzazione. E come scrive il quotidiano online Post “i medici
cubani in servizio in Calabria non si sono limitati a coprire i turni scoperti
a causa della mancanza di medici italiani. Hanno affiancato chirurghi durante
le operazioni e contribuito a tenere aperti i reparti più a rischio, come le
terapie intensive. Molti sono stati impiegati anche nei reparti di pediatria”.
Anche la Lombardia ha firmato
accordi per sopperire alle carenze reclutando personale sanitario dall’estero,
in particolare infermieri in arrivo dall’Argentina e dal Paraguay. Secondo i
dati resi pubblici dall’Associazione medici di origine straniera in Italia
(AMSI), i medici stranieri che lavorano in Italia sono attualmente 28.000 di
cui 24.000 prevengono da Paesi che non fanno parte dell’Unione Europea.
Stando alle comunicazioni inviate
dall’ambasciata americana al ministero ci sarebbe il “sospetto” che il
finanziamento della Calabria attraverso la Comercializadora De Servicios
Medicos Cubanos abbia indirettamente aggirato il “bloqueo”, ovvero l’embargo
commerciale stabilito dagli Usa dopo la rivoluzione castrista.
Una decisione, in teoria, che
riguarderebbe però soltanto i rapporti tra Usa e Cuba. Eppure per gli Stati
Uniti il pagamento di 4.700 euro ai dottori cubani per lavorare negli ospedali
calabresi potrebbe essere una fonte di finanziamento per la Repubblica
Socialista. Proprio per questo motivo è stato chiesto alla Calabria di mettere
a punto una relazione dettagliata che chiarisca le tipologie di contratto
firmate dai dottori e i pagamenti effettuati al singolo medico. Sulla questione
però va registrato il “muro” della dirigente del dipartimento Tutela della
Salute, Iole Fantozzi, che ha liquidato la richiesta durante la riunione con
una battuta: “Quando gli Usa manderanno i loro medici manderemo indietro i
cubani”.
Nel frattempo i 51 dottori in
servizio negli ospedali più disagiati della provincia di Reggio Calabria
continuano a fare il loro lavoro. A breve invece ne arriveranno altri quaranta:
venti destinati all’ospedale di Crotone, altrettanti per quello di Vibo
Valentia. Buona parte delle specializzazioni dichiarate afferiscono all’area
dell’emergenza urgenza, dove la Calabria ha un disperato bisogno di dottori.
Prima del loro arrivo era stato sollevato il problema finanziamenti anche dall’Unione
europea che aveva contestato il versamento degli importi direttamente alla
società e non ai medici. Accordo poi modificato in corso d’opera.
Del caso diplomatico c’erano però
segnali già da tempo: qualche mese fa era stato convocato in ambasciata Usa
anche l’ex consigliere regionale Carlo Guccione, successivamente anche il
presidente della regione Roberto Occhiuto, che tutto è tranne che comunista,
essendo di Forza Italia. Ora la richiesta di chiarimenti direttamente al
Governo italiano.
Musica
Proseguiamo con le canzoni legate
in un modo o l’altro alla Russia e/o all’Italia.
Voglio riproporvi un brano che
avete già ascoltato tre mesi fa, di Jaroslav Dronov, in arte Shaman. Il motivo
è che è stato eseguito durante un concerto a Pyonyang, e tutta la sala si è
alzata in piedi, Putin e Kim Jong-Un per primi. Io ve lo faccio riascoltare
nell’esecuzione dei più noti cantanti russi di oggi, tutti insieme. Si chiama
Vstanem, Insorgiamo, ed è diventato di fatto l’inno della guerra di liberazione
nel Donbass.
Trovate tutte le edizioni del notiziario (con il testo) in Blogspot.
Il treno europeo va verso la guerra. Visto che il nostro governo è stato sostenuto dal popolo alle elezioni nel Parlamento Europeo, posso tirare il freno a mano, il treno si ferma e gli ungheresi possono scendere. Se le stelle lo vorranno, potremo convincere il macchinista e nessuno andrà oltre.
Kim Jong-Un: A nome mio, così come a nome del governo e del popolo
della Repubblica popolare democratica di Corea, le porgo un cordiale benvenuto,
compagno presidente della Federazione Russa Vladimir Vladimirovič
Putin, grazie per la sua visita a Pyongyang dopo 24 anni.
L’attuale visita del compagno
presidente Putin a Pyongyang conferma la qualità delle relazioni russo-coreane,
che sono entrate in un periodo di massimo sviluppo, e allo stesso tempo
rappresenta un grande momento storico, con il significato strategico più
significativo in tutta la storia delle relazioni russo-coreane.
Penso che l’entusiasmo che vi
hanno dimostrato i nostri concittadini confermi ancora una volta il vero carattere
dei nostri rapporti.
Ora le relazioni tra i nostri Paesi
stanno entrando in un periodo di nuova grande prosperità, che non può essere
paragonato nemmeno al periodo delle relazioni coreano-sovietiche del secolo
scorso. E sono fiducioso che durante questa visita l’ardente amicizia tra i due
Paesi si rafforzerà come un monolite.
Il Governo della Repubblica
Popolare Democratica di Corea apprezza l’importante missione e il ruolo di una
forte Federazione Russa nel mantenimento della stabilità strategica e dell’equilibrio
nel mondo, ed esprime anche pieno sostegno e solidarietà al governo, all’esercito
e al popolo russo nello svolgimento dell’operazione militare speciale in
Ucraina per proteggere la propria sovranità e interessi di sicurezza, nonché l’integrità
territoriale.
Ora la situazione nel mondo sta
diventando più complicata e sta cambiando rapidamente. In questa situazione
intendiamo rafforzare ulteriormente la comunicazione strategica con la Russia,
con la dirigenza russa. Confermiamo inoltre che sosterremo incondizionatamente
tutte le politiche russe.
Durante il nostro incontro di
oggi, spero che saremo in grado di scambiare idee eccellenti e opinioni
costruttive per rafforzare la cooperazione e gli scambi reciproci in tutti i
settori tra i due Paesi. Ci scambieremo anche buone opinioni su questioni
internazionali.
Ancora una volta la saluto.
Vladimir Putin: Caro Presidente degli Affari di Stato, compagno Kim
Jong-Un! Cari amici!
Sono sinceramente lieto di
approfittare del vostro invito a visitare la Repubblica popolare democratica di
Corea.
La Russia e la RPDC sono legate
da molti decenni da una forte amicizia e da stretti rapporti di buon vicinato.
L’interazione tra i nostri Paesi si basa sui principi di uguaglianza e rispetto
reciproco per gli interessi reciproci.
L’anno scorso abbiamo celebrato
il 75° anniversario dell’instaurazione delle relazioni diplomatiche e quest’anno
abbiamo celebrato il 75° anniversario della conclusione del primo documento
interstatale: l’Accordo sulla cooperazione economica e culturale. Come sapete,
questo accordo è stato firmato dal compagno Kim Il Sung durante la sua prima
visita a Mosca.
L’anno scorso, in seguito alla
vostra visita in Russia, abbiamo compiuto progressi significativi nella
costruzione dei nostri attuali collegamenti interstatali. E oggi è stato
preparato un nuovo documento fondamentale, che costituirà la base delle nostre
relazioni a lungo termine.
L’amicizia russo-coreana è stata forgiata
in condizioni difficili. Nel 1945, i soldati sovietici combatterono fianco a
fianco con i patrioti coreani per liberare la Corea dagli invasori giapponesi.
I nostri piloti hanno effettuato decine di migliaia di missioni di
combattimento durante la guerra di liberazione del 1950–1953. E oggi, per
quanto ne so, il programma prevede la deposizione di una corona di fiori al
Monumento alla Liberazione della Corea. Le imprese dei nostri predecessori
costituiscono oggi una buona base per lo sviluppo delle nostre relazioni.
Apprezziamo molto il vostro
sostegno coerente e incrollabile alla politica russa, anche in direzione
ucraina. Intendo la nostra lotta contro la politica egemonica, la politica
imperialista imposta da decenni dagli Stati Uniti e dai suoi satelliti nei
confronti della Federazione Russa.
I capi di governo e i
dipartimenti competenti di entrambi i Paesi stanno lavorando attivamente per
attuare gli accordi raggiunti durante le vostre visite in Russia nel 2019 e in
passato.
Nel novembre 2023 si è tenuta a
Pyongyang la decima riunione in formato allargato della commissione
intergovernativa russo-coreana sulla cooperazione commerciale, economica,
scientifica e tecnica, e nel marzo di quest’anno si è tenuta a Mosca una
riunione dei copresidenti della commissione intergovernativa. Sono fiducioso
che i nostri negoziati di oggi saranno produttivi.
E in conclusione delle mie
osservazioni introduttive, vorrei sottolineare che ciò che è accaduto alla
capitale della Repubblica popolare democratica di Corea negli ultimi anni è
impressionante. I cambiamenti nell’aspetto di Pyongyang sono impressionanti, i
cambiamenti avvenuti dalla mia precedente visita nel 2000, sono semplicemente
evidenti.
Grazie al lavoro disinteressato
del popolo coreano e sotto la sua guida, la città è diventata, ovviamente,
molto bella. E’ bello guardarla, lo dico francamente.
Sono molto felice del nostro
nuovo incontro. Spero che il prossimo si svolgerà in Russia, a Mosca.
Ottantaduesimo notiziario settimanale
di lunedì 17 giugno 2024 degli italiani di Russia. Buon ascolto e buona
visione.
Attualità
Sono rimasto interdetto, tra le numerose critiche alla mia
narrazione, quella per cui l’Eurasia sia un’invenzione degli ultimi tempi.
Questo continente si chiama Eurasia. L’idea di una Europa ed un’Asia separate
da quella collinetta che sono gli Urali, è un’invenzione tutta occidentale.
Sapete perché l’hanno inventata? Perché allora occorre constatare che in
Eurasia siamo cinque miliardi e mezzo. Quanti sono gli esseri umani su questo
pianeta? Otto miliardi.
Buona parte di noi hanno padri, madri, fratelli, sorelle,
figli. Potete cambiarli, se non vi piacciono? La risposta è scontata: no. Dirò
di più: potete cambiare il vostro vicino di pianerottolo, nel condominio? La
risposta è sempre identica e scontata: no. O, quantomeno: è problematico e poco
probabile. Dunque, dovete conviverci. Siamo euroasiatici, altro che.
Conferenza svizzera, il premier
olandese Rutte: “Il fatto che Putin abbia presentato ieri questa merdosa “proposta
di pace” è un segno che è nel panico, questa è una buona notizia”.
Personalmente, non sono affatto
un bacchettone, ed anzi, fin da quando ero giovane mi si rimproverava di usare
troppe espressioni colorite, al limite della volgarità. Io però non faccio il
capo del governo o dello Stato, me lo posso permettere. Voglio dire: ve li
immaginate, che so io, François Mitterrand, Helmut Kohl, Margareth Thatcher,
Giulio Andreotti, parlare di “merdosa proposta di pace”? I politici odierni
sono pienamente rappresentativi dell’imbarbarimento globalista.
Lindsey Graham: “l’Ucraina è
seduta su 12 trilioni di terre rare e minerali preziosi. Potrebbero essere il
Paese più ricco di tutta Europa. Non voglio dare quei soldi e quelle ricchezze
a Putin perché li condivida con la Cina. Se aiutiamo l’Ucraina adesso, potrà
diventare il miglior partner commerciale che abbiamo mai sognato. Aiutiamoli a
vincere una guerra che non possiamo permetterci di perdere. Troviamo una
soluzione a questa guerra. Ma essere seduti su una miniera d’oro e dare a Putin
10 o 12 trilioni di dollari o minerali essenziali da condividere con la Cina, è
ridicolo”.
Come sempre, i neocon si fanno
apprezzare per la brutale onestà con cui espongono le loro idee. Questo li
distingue dai progressisti, i quali perseguono esattamente gli stessi
obiettivi, ma hanno bisogno di ricorrere sempre a improbabili paraventi morali,
come i diritti umani o la democrazia, per giustificare le loro guerre.
Lo squilibrato senatore
statunitense Lindsey Graham ha spiegato al canale televisivo CBS perché gli
Stati Uniti sostengono l’Ucraina con armi e denaro.
Perché “non si possono cedere
alla Russia e alla Cina le più importanti risorse minerarie dell’Ucraina, che
valgono 10-12.000 miliardi di dollari”. E ha chiesto di fornire all’Ucraina le
necessarie armi a lungo raggio e di consentire attacchi in profondità in
Russia.
Il vecchio Lindsay ha anche
chiesto che gli ucraini di tutte le età vadano a servire nelle forze armate
ucraine, perché Kiev ha bisogno di più carne umana.
Improvvisamente si scopre che la
guerra in Ucraina non riguarda l’Ucraina, la cui popolazione Graham chiede di
mobilitarsi. Gli Stati Uniti hanno semplicemente bisogno di risorse e di un
trampolino di lancio per spremere ancora più risorse dalla Russia.
E l’Ucraina, vi chiederete? Chi
ne ha bisogno, certamente non gli Stati Uniti. Sono stati l’URSS e la Russia a
impegnarsi con l’Ucraina, investendovi enormi quantità di denaro e pompando
gas. La pompa statunitense funziona solo in una direzione: verso gli Stati Uniti.
Il popolo ucraino può fare
qualcosa? No, ovviamente no. Cosa può fare una pecora al macello? La stessa
cosa che possono fare i residenti dell’Ucraina: percorrere lo stretto corridoio
fino alla loro fine. Niente più Majdan e proteste: non si prende il potere per
darlo via. Se necessario, le elezioni saranno annullate. Oh! Sono già state
annullate.
Tutte le guerre degli Stati Uniti
sono combattute per le risorse e i mercati. Gli slogan sulla “protezione della
democrazia” sono per i malati di mente.
Sapete che quando Dmitrij
Medvedev va sopra le righe, non mi piace. Stavolta invece ha fatto un discorso
da vero politico. Bravo.
“L’umanità deve finalmente
liberarsi dell’eredità del sistema coloniale. Il tempo delle metropoli è
scaduto”.
Gli Stati Uniti sono diventati
una neo-metropoli di sanzioni globali, che violano la sovranità di Paesi terzi,
e le sanzioni secondarie sono tentativi di distruggere interi Paesi.
L’Occidente crea artificialmente
crisi economiche, utilizza l’agenda verde per mantenere l’elitarismo e,
attraverso il monopolio delle società IT, soffoca coloro le cui opinioni
contraddicono le sue linee guida.
Sarà possibile liberare l’Ucraina
dalle catene neocoloniali dell’Occidente solo dopo aver raggiunto tutti gli obiettivi
dell’operazione militare speciale.
Il Sud del mondo non vuole
seguire l’esempio della “formula Zelenskij” e recidere i legami a lungo termine
con la Russia.
L’Occidente usa il “neocolonialismo
del debito” per mantenere l’influenza nel Sud del mondo.
All’Armenia vengono promesse “montagne
d’oro” in cambio di completa lealtà, ma a Erevan non si apriranno le porte del “club
delle élite”.
Parigi cercherà di mantenere la
sua presenza monetaria nascosta in Africa il più a lungo possibile, questo è
vitale per Macron.
La Russia spera che la
cooperazione nel formato BRICS-Unione Africana raggiunga un nuovo livello
qualitativo.
L’Occidente resisterà allo
sradicamento del neocolonialismo; è necessario aumentare l’interazione di tutte
le forze nella lotta contro questo fenomeno.
Le ex metropoli vogliono ancora
parassitare i Paesi da loro dipendenti, solo in modo più sofisticato.
L’Occidente ha reagito
ferocemente al movimento di lotta al neocolonialismo “Per la libertà delle
nazioni!”, cercando di interrompere il congresso di fondazione.
La formazione di un nuovo sistema
di relazioni internazionali è una questione del prossimo futuro; non ci sarà
posto per sanzioni, sfruttamento e menzogne.
Sempre più Paesi vogliono vivere
in pace, senza l’eredità del sistema coloniale e secondo i principi di
uguaglianza sovrana.
Il nuovo ordine mondiale
policentrico sarà pragmatico, la diversificazione delle connessioni è la chiave
per la stabilità economica.
Il 12 giugno qui era festa
nazionale, il giorno della Russia. Qualche buontempone ha piazzato dei
cartelloni di invito davanti alle ambasciate dei Paesi ostili. Vi propongo un
brevissimo filmato davanti all’ambasciata italiana.
L’Occidente continua i suoi
sforzi per intensificare il conflitto.
L’accento è posto proprio sull’attività
terroristica del regime di Kiev, sulla guerra contro la popolazione civile con
ogni mezzo.
Gli anglosassoni incitano
apertamente il regime di Kiev a commettere barbari attacchi terroristici e lo
incoraggiano direttamente a colpire in profondità la Russia. E nemmeno questo
gli basta. Ora Washington e Londra hanno iniziato a pianificare un sabotaggio
su larga scala.
L’8 giugno, il tabloid britannico
Daily Express ha scritto che in caso di successo militare o vittoria di Mosca
in Ucraina, la giunta Zelenskij “vorrebbe condurre attività terroristiche all’interno
della Russia, che includerebbero il bombardamento di scuole e altri obiettivi
civili”. Attenzione, lo scrivono i media occidentali, mica quelli russi. Tutto
ciò, osserva l’autore del materiale, “avrà conseguenze molto più distruttive di
quanto sta accadendo oggi al fronte”. E’ fiducioso che i preparativi per tali
azioni siano già in corso e che il “catalizzatore” per la loro attuazione
potrebbe essere “l’imposizione di una sorta di accordo di pace a Kiev”.
Cosa significa questo? Il fatto è
che molti già riconoscono le attività terroristiche del regime di Kiev.
L’ultima cosa che resta loro da
fare è ammettere l’ovvio: che tutte queste attività terroristiche del regime di
Kiev sono possibili esclusivamente con il denaro dell’”Occidente collettivo”.
Che razza di soldi sono questi? Questo è il denaro che i regimi dei Paesi ostili,
in solidarietà con le attività terroristiche del regime di Kiev, prendono dalla
gente comune, dalle imprese dei Paesi dell’UE e della NATO.
Il segretario generale della NATO
Stoltenberg: “Le forniture di armi a Kiev diventeranno obbligatorie per i Paesi
della NATO, saranno coordinate da strutture di comando sotto la guida del
generale Cavoli”.
I Paesi dell’UE capiscono che Washington
li sta trascinando in uno scontro diretto con la Russia sotto la bandiera della
NATO? La pompa isterica dell’opinione pubblica occidentale con la tesi sulla
presunta “imminente aggressione contro i Paesi occidentali” da parte della
Russia significa solo una cosa: l’amministrazione Biden ha bisogno di ulteriori
spargimenti di sangue nel continente europeo per evitare che il proprio governo
e l’economia americana crollino.
Marija Zacharova, portavoce del
ministero degli esteri russo, sulle elezioni del Parlamento Europeo.
Dal 6 al 9 giugno si sono tenute
in 27 Stati membri dell’UE le elezioni per il Parlamento europeo (PE), a
seguito delle quali per i prossimi cinque anni dovrebbe essere formata una
nuova composizione dell’“organo rappresentativo” dell’Unione europea da 720
seggi.
Siamo costretti a constatare che
le elezioni europee si sono svolte nelle seguenti condizioni:
• restrizioni severe,
• mancanza di concorrenza leale,
• eliminazione nel campo
informativo delle fonti di informazione alternative,
• campagna antirussa sfrenata.
Le forze politiche che si
oppongono allo sconsiderato scontro con la Russia, dannoso per la stessa Unione
Europea, sono state oggetto di discriminazioni e spesso di pressioni dirette e
vessazioni.
L’ultima campagna elettorale è
stata portata al limite dell’assurdo a causa dell’assurdità e dell’irresponsabilità
delle dichiarazioni dei politici europei. Sembra che nessun accenno alle
elezioni europee fatto dai burocrati dell’UE sia completo senza riferimenti
alla “traccia russa”, all’”interferenza russa”, alla “mano del Cremlino” e alla
necessità di una “vittoria per l’Ucraina” nel “guerra con la Russia”. Inoltre, con
la parola d’ordine di contrastare l’immaginaria “ingerenza di Mosca” nei
processi elettorali nell’UE, sono stati compiuti sforzi sistematici per
impedire il rafforzamento nel Parlamento Europeo delle posizioni dei Partiti politici
che difendono non le linee guida imposte da Washington, ma gli interessi reali
degli Stati membri dell’UE e delle loro popolazioni. Qualsiasi espressione di
disaccordo con le politiche perseguite da Bruxelles e le sue conseguenze sulla
situazione socioeconomica dell’UE è stata immediatamente equiparata a “lavorare
nell’interesse del Cremlino”.
L’osservazione delle elezioni del
Parlamento europeo, se avesse avuto luogo, sarebbe stata di natura puramente
nominale. Pertanto, il numero dei membri della missione speciale dell’OSCE/ODIHR,
che ha già regolarmente riconosciuto il rispetto di tutti gli standard delle
elezioni europee a prescindere, era di solo 19 persone.
Tuttavia, anche in queste
condizioni, molti elettori europei si sono chiaramente espressi contro le
politiche perseguite dal “mainstream” dell’UE negli ultimi anni.
In una parte significativa degli
Stati membri dell’UE il voto ha assunto un chiaro carattere di protesta, sia a
causa del sostegno ai Partiti dell’opposizione che per l’affluenza alle urne
palesemente bassa. Nei principali Stati dell’UE, compresi quelli all’origine
dell’integrazione europea, si è verificato un significativo rafforzamento delle
posizioni delle forze politiche a orientamento nazionale che si oppongono all’erosione
della sovranità e dell’identità nazionale, nonché alla sostituzione dei valori
tradizionali con valori neoliberisti. Nei Paesi Baltici, i cittadini delusi
dalle politiche dell’UE hanno sostanzialmente ignorato le elezioni. In Lettonia
ed Estonia si è recato alle urne poco più di un terzo degli aventi diritto. In
Lituania l’affluenza alle urne non ha raggiunto il 30%. La situazione non è
molto migliore negli altri Paesi che sostengono più attivamente posizioni
anti-russe (Polonia, Finlandia, Repubblica Ceca).
Tuttavia, a giudicare dalla
reazione del mainstream dell’UE, che con le buone o con le cattive hanno
comunque ottenuto la maggioranza totale dei seggi nella nuova composizione del
Parlamento Europeo, non trarranno le giuste conclusioni. In effetti, nessuno se
lo aspettava, perché il Parlamento Europeo si è trasformato da tempo in un
organismo al servizio di interessi che hanno poco a che fare con le aspirazioni
dei comuni europei. Sono abituati ad ascoltare di più gli ordini provenienti
dall’estero e i desideri delle aziende transnazionali, compreso il complesso
militare-industriale.
Negli ultimi anni la posizione
conflittuale del Parlamento Europeo nei confronti del nostro Paese è degenerata
fino a raggiungere un livello di ostilità senza precedenti. Questa istituzione
europea, che produce infiniti testi anti-russi, si è screditata ed è diventata
una struttura apertamente russofoba che accoglie tutti i tipi di emarginati che
si definiscono “opposizione russa”, e persino estremisti e terroristi. A
seguito delle elezioni al Parlamento Europeo, è stata generalmente preservata
la “base ideologica” per un ulteriore sostegno all’attuale corso politico
autodistruttivo dell’UE basato sulla russofobia.
In settimana, Putin ha incontrato
i vertici del ministero degli esteri russo. Potete trovare la mia traduzione
completa del suo intervento, come sempre, sui miei canali RuTube, YouTube,
Telegram, Blogspot e su Visione TV. Qui voglio darvene solo un sunto, i punti
salienti.
Oggi avanziamo nuovamente una
proposta di pace reale e concreta.
Se anche stavolta, come già in
precedenza, da Kiev e dalle capitali occidentali dovesse giungere un rifiuto a
tale proposta, dopotutto sarà affar loro; saranno loro a doversi fare carico
della responsabilità politica e morale del non aver posto fine a questo
spargimento di sangue. [...]
Non appena da Kiev accetteranno
che gli eventi facciano il loro corso per come proposto da noi oggi, non appena
acconsentiranno al ritiro completo delle loro truppe dai territori della
Repubblica popolare di Doneck, della Repubblica Popolare di Lugansk e dalle
regioni di Zaporož’e e di Cherson, quando daranno effettivamente inizio a tale
processo [di smobilitazione], noi saremo pronti ad avviare immediatamente i
negoziati, senza alcun indugio.
La nostra posizione, sulla quale
non transigiamo, è la seguente:
• L’Ucraina deve avere status di
Paese neutrale, non allineato e denuclearizzato;
• L’Ucraina deve essere
demilitarizzata e denazificata [...].
Ovviamente, i diritti, le libertà
e gli interessi dei cittadini russofoni residenti in Ucraina dovranno essere
pienamente garantiti, e le nuove realtà territoriali dovranno essere
riconosciute; la Crimea, Sebastopoli, la Repubblica popolare di Doneck, la
Repubblica Popolare di Lugansk, così come le regioni di Zaporož’e e di Cherson
dovranno essere riconosciute come soggetti territoriali della Federazione
Russa.
In seguito, tali imprescindibili
disposizioni dovranno essere ufficializzate nella forma di accordi
internazionali fondamentali. Naturalmente, questo presupporrà altresì il ritiro
di tutte le sanzioni occidentali imposte alla Russia.
Si tratta, in prospettiva
tangibile, di formulare i termini per una sicurezza equa e inscindibile, per
una collaborazione e uno sviluppo reciprocamente vantaggiosi e paritari nel
continente eurasiatico.
Quali passi andranno affrontati
in tal senso e secondo quali princìpi?
Primo: va agevolato il dialogo
con chiunque possa potenzialmente partecipare a un siffatto futuro sistema di
sicurezza […]
Secondo: è importante partire
dall’idea che la futura architettura della sicurezza sia accessibile a tutti i
Paesi euroasiatici che desiderino prendere parte alla sua creazione [...]
Non è la Russia a costituire un
pericolo per l’Europa.
La principale minaccia per gli europei
è la loro dipendenza critica, in pratica totale e in costante aumento, dagli
Stati Uniti [...]
Se l’Europa vuole conservare se
stessa come un autonomo centro di sviluppo mondiale e come uno dei riferimenti
planetari di cultura e civiltà, deve senza dubbio essere in rapporti molto
buoni con la Russia e, fatto importante, noi siamo disponibili in tal senso […]
Terzo: per far progredire l’idea
di un sistema di sicurezza eurasiatico va significativamente incentivato il
processo dialogico tra le organizzazioni multidirezionali che lavorano in
Eurasia.
Quarto: riteniamo che sia giunto
il momento per un’ampia discussione sul nuovo sistema di garanzie bilaterali e
multilaterali per la sicurezza collettiva in Eurasia. In prospettiva, nello
spazio eurasiatico si deve giungere inoltre a un graduale regresso della
presenza militare delle potenze esterne […]
Quinto: tra le importanti
componenti del sistema di sicurezza e di sviluppo eurasiatico vanno senza
dubbio annoverate le questioni legate all’economia, al benessere sociale, all’integrazione
e a una collaborazione mutuamente proficua. […]
Do incarico al Ministero degli
Affari Esteri che proceda a cooperare il più possibile all’elaborazione di
accordi internazionali in tutte queste direzioni.
Un intervento dell’ambasciatore
russo Paramonov.
La Russia ha la propria strada.
La vigente Concezione della politica estera russa definisce la Russia come
unico Stato-civiltà, una vasta potenza eurasiatica ed euro-pacifica che ha
unito il popolo russo e le altre nazioni che compongono la comunità culturale e
civile del “Mondo russo”. […] Si basa su più di mille anni di indipendenza
dello Stato, e su profondi legami storici con la cultura tradizionale europea e
con le altre culture dell’Eurasia. Più di ogni altro Paese, si distingue per la
sua capacità di armonizzare la coesistenza di diversi popoli, gruppi etnici,
religiosi e linguistici. Per questo la missione storica della Russia è quella
di essere sempre aperta al mondo e di svolgere un ruolo di equilibrio negli
affari internazionali, di impedire l’egemonia mondiale, di fermare e convincere
l’aggressore e, in linea con la propria tradizione culturale e storica, di
schierarsi dalla parte della verità e della giustizia. E su questa base
armonizzare il mondo.
Tutti gli obiettivi, i progetti e
i piani di sviluppo dichiarati e attuati in Russia smentiscono completamente le
affermazioni sulle presunte intenzioni aggressive di Mosca nei confronti dell’Occidente
e collettivo e in particolare degli Stati membri della UE dopo la fine del
conflitto in Ucraina, sulla presunta inevitabilità o alta probabilità di uno
scontro armato tra Russia e NATO nel giro di pochi anni. Si tratta di un’assoluta
e deliberata menzogna e manipolazione volte a fomentare un’atmosfera di psicosi
prebellica, a favore dell’oligarchia globalista e dei complessi finanziari e
militari-industriali che ne servono gli interessi.
Tutti coloro che non possono
accettare l’esistenza di una Russia forte e sovrana devono comprendere
chiaramente le conseguenze che inevitabilmente ne deriveranno se i loro folli
scenari di massacro e di sconfitta strategica della Russia dovessero
realizzarsi. […] La Russia ha già ripetutamente avvertito della possibilità di
una risposta a tali azioni irresponsabili e criminali.
La Russia non si rifiuta di
dialogare con l’Italia e gli altri Paesi occidentali, purché questi non tentino
di frenare ulteriormente il suo sviluppo e non proseguano nella loro politica
di aggressione e di pressione, ma cerchino un percorso di cooperazione e di
pace. L’importante è che questo dialogo, possibile su qualsiasi tema, sia
condotto su un piano di parità e nel rispetto degli interessi reciproci.
Negli ultimi due anni, la vita
dei connazionali in Italia è stata tormentata da difficoltà impreviste – nella
collaborazione con banche, strutture amministrative e istituti scolastici. […]
Ma vediamo che, nonostante tutto questo, i nostri connazionali sono ancora più
uniti, più patriottici, ancora più consapevoli del loro coinvolgimento negli
interessi della Patria e del suo presente e futuro.
Il 10 giugno 1924, Giacomo
Matteotti veniva rapito e ucciso da una squadra fascista scesa a Roma apposta
da Milano.
Capogruppo e segretario del
Partito Socialista Unitario, viene ricordato come l’antifascista che il 30
maggio 1924 denunciò alla Camera la corruzione che aveva caratterizzato la
campagna elettorale che aveva portato all’affermazione ad aprile del “listone
fascista”: i brogli e le violenze, le aggressioni e gli omicidi.
Giacomo Matteotti per i fascisti
era pericoloso. Una pericolosità composta non soltanto dal suo coraggio nel
denunciare la violenza squadrista, ma anche dalle sue capacità d’inchiesta e di
smascherare le truffe, anche contabili, del governo fascista.
L’11 giugno 1924, il giorno
successivo alla sua uccisione, Matteotti avrebbe dovuto riportare alla Camera
delle informazioni riguardanti un accordo stipulato tra i più alti gerarchi
fascisti e la Sinclair Oil, società fittizia dietro la quale si nascondeva la
ricchissima e monopolistica Standard Oil di Rockefeller, la “piovra”, come la
definiva Matteotti.
La Standard Oil già deteneva il
monopolio energetico in Italia, e attraverso la corruzione e l’elargizione di
tangenti era riuscita ad ottenere a condizioni vantaggiosissime anche i diritti
di sfruttamento dei giacimenti di petrolio sul suolo dell’Italia (e delle sue
colonie), in particolare Emilia e Sicilia.
L’omicidio di Matteotti impedì
allo scandalo di scoppiare, e di mettere il regime con le spalle al muro,
dimostrando per la prima volta che dietro alla retorica della legalità si
nascondeva la corruzione, dietro la retorica del patriottismo si svendevano a
compagnie statunitensi i tesori del sottosuolo italiano in perfetta continuità
con gli interessi del capitale.
In effetti questo non è stato l’unico
caso di favoreggiamento della classe ricca da parte del regime fascista: nel
1914 Mussolini, da socialista, si vende per 30 denari ai produttori di armi e
con quel denaro ci fonda un giornale incentrato sulla propaganda bellicista;
come Partito politico, il movimento fascista si presenta nel 1919 come
antipartito antiparlamentare antiliberale e violento, e prende pochissimi voti,
e quindi diventa il Partito anticomunista che impone (sempre con la violenza)
la fine degli scioperi e l’interruzione delle manifestazioni (per “riportare la
legalità”), alleandosi de facto con i padroni delle fabbriche e delle imprese
agricole, conquistando così il consenso della classe borghese, e riuscendo
così, grazie al beneplacito dei padroni e degli sfruttatori, ad andare al
governo nelle elezioni del 1924; una volta al governo, riduce la spesa del
welfare, licenzia oltre 65.000 dipendenti pubblici, elimina l’imposta
progressiva di successione, applica quello che Germà Bel definisce “primo caso
di privatizzazione su larga scala in un’economia capitalista”, riduce i salari
e scioglie i sindacati non fascisti, il tutto con il plauso di Luigi Einaudi,
Winston Churchill e della stampa liberale internazionale.
Per ironia della storia, o per
propaganda, questo regime corrotto e classista viene ad oggi chiamato “destra
sociale”, laddove di sociale non ha mai avuto nulla: analizzando la storia del
fascismo, dietro alle retoriche nauseanti Dio Patria Famiglia, o alla
millantata lotta alle plutocrazia, si arriva a una verità mai abbastanza
sottolineata: il fascismo è una delle facce del capitalismo.
Il capitalismo, che quando si
sente potente mostra il suo volto liberale e aperto, e che quando viene messo
alle strette dall’emersione delle sue intrinseche contraddizioni, e si scontra
con chi vuole liberarsi dal giogo dei potenti, non esita a diventare bigotto,
repressivo, violento, noioso come solo i violenti possono essere, asfissiante:
fascista.
L’omicidio di Matteotti sarebbe
dovuto diventare l’ennesimo evidente campanello d’allarme dei tempi a seguire,
poteva essere quella cartina al tornasole necessaria per riconoscere il
fascismo in ogni sua sfaccettatura. Non serviva la marcia su Roma, il saluto
romano o le camicie nere per riconoscere il fascismo, ma oggi come ieri, il
fascismo, va riconosciuto in nuce nella lotta di classe dall’alto verso il
basso, nella privatizzazione dei nostri pochi beni che rimangono comuni, nella
colpevolizzazione dei poveri e delle povere, nella disposizione a ogni
sacrificio (da parte degli oppressi) per salvare l’economia.
Il neoliberismo non è una teoria
economica, è un dispositivo fascista; ciò che ci serve è un antifascismo che
riconosca che nel mondo esiste la classe degli oppressori e quella degli
oppressi, e che tutti siamo chiamati a scegliere da quale parte stare.
Amarcord
La settimana scorsa vi avevo
proposto un mio viaggio di 6.000 km in auto lungo tutta l’Europa di 35 anni fa.
Ebbene, eccovi una panoramica di 7.500 km lungo tutta la Russia, senza muoversi
dal Paese. Un breve filmato diffuso dall’ambasciata russa a Roma.
Ed eccone un altro, stavolta del
ministero degli esteri.
Musica
Proseguiamo con le canzoni legate
in un modo o l’altro alla Russia e/o all’Italia.
Il 22 giugno in Russia è il
giorno dello struggimento, della rabbia, della pena, del cordoglio. Alle
quattro del mattino, nel 1941, i nazifascisti hanno iniziato a bombardare l’Unione
Sovietica. E’ iniziata la Grande Guerra Patriottica.
Trovate tutte le edizioni del notiziario (con il testo) in Blogspot.