Mark Bernardini

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martedì 31 ottobre 2017

Dante Bianchi per Dino Bernardini

Roma, Cimitero del Verano, Tempietto Egizio, 31 ottobre 2017

di Dante Bianchi

[...] In occasione dei suoi 75 anni (febbraio 2007) dedicai a Dino, all’epoca così pieno di vita e di energia, alcuni versi nei quali esaltavo in maniera spiritosa/scherzosa, la sua passione per il gioco, l’amore assoluto per Slavia, le preferenze culinarie, le “manie vestimentarie”.

Poi, però, ho conosciuto un altro Dino, quello degli ultimi mesi. Un Dino fragile, sofferente, mortificato nella sua dignità, lui così riservato, facile alla commozione. Nel guardarlo si percepiva la fatica che accompagnava ogni movimento ed espressione e ne offuscava il pensiero. Veniva così spontaneo andare, in una sorta di contrappunto esistenziale, alle tante luci che avevano illuminato la sua vita.

Anche a questo Dino, ho voluto dedicare dei versi, come mio personale saluto. Questa volta, però, non sono certo versi gioiosi, risentono dell’impatto emotivo per essergli stato vicino fino alla fine, della forte suggestione per averne seguito il travaglio. Sono versi che cercano di cogliere il suo stato d’animo, quello di una persona che guarda con dolore, afflizione e malinconia il mondo esterno (via Sannio, piazza S. Giovanni), le persone care e che ha smarrito nella tormenta anche il richiamo di quelle passioni che avevano accompagnato la sua esistenza (il gioco/Slavia).

Un sospiro accompagnò all’improvviso il ricordo:
la fuga degli anni,
la presenza degli adorati luoghi
violati dallo scempio della modernità senza anima,
magma indistinti di slogan urlati da gole lacerati di vocianti
dalla piazza sacra e militante,
persone care inghiottite dalla ferocia della storia
scivolate nell’abisso del tempo,
palline gravide roteanti senza meta
nel deserto di tavoli solitari,
caratteri opachi orfani di padre
in foga da fogli gelidi abbandonati nel loro candore,
membra prigioniere dell’amara solitudine della sofferenza,
improvvido destino nell’ultimo miglio dell’ardua esistenza
si fondevano ora
stemperandosi in una lacrima lucente
nel tramonto della vita delle cose
....mentre, caro Dino, come brezza leggera
delicatamente si posano sui nostri cuori dolenti
i tuoi “scampoli rossi” fonte sconfinata di stupore
e ricolmano di struggente nostalgia lo scrigno dei ricordi più preziosi.

domenica 12 marzo 2017

Rimskaja

E’ la 153-a stazione della metropolitana di Mosca, costruita relativamente da poco, appena poco più di vent’anni fa, una delle poche senza riferimenti topografici in superfice. Alla progettazione artistica parteciparono due architetti italiani, Imbrighi e Quattrocchi. I rivestimenti e le finiture sono state realizzate con marmi e granito di varie specie e colori.

Il tema è quello dei monumenti caratteristici di Roma, eseguito dallo scultore Leonid L’vovič Berlin, dei “Šestidesjatniki”, che deve il suo cognome (ebreo) al patrigno, mentre in realtà suo padre, armeno, Avetis Sultanovič Mikaeljan (nome in clandestinità Sultan-Zade), fu uno dei fondatori del Partito Comunista Iraniano, fucilato nel 1938.

Tra gli altri suoi monumenti presenti alla Rimskaja, la composizione architettonica “Fontana”, con raffigurati Romolo e Remo da bambini, e quattro medaglioni. E’ l’unica fontana della metropolitana di Mosca, a 54 metri di profondità. E’ presente, inoltre, la lupa capitolina, una madonna, la bocca della verità e l’arco di Tito (che erroneamente viene definito di Costantino: quest’ultimo è a tre arcate, quello di Tito ad una sola, come nel nostro caso), tutti realizzati in maiolica. Anche questo, per la metropolitana moscovita è un fatto unico. Il contorno in maiolica della lupa reca la scritta: “Urbs æterna Romulus Martis filius urbem Romam condit”. Analogamente, per la madonna con bambino: “Santa Maria mater Dei ora pro nobis peccatoribus nunc et in hora mortis nostræ amen” (proprio “Santa”, non “Sancta”). Sull’arco di Tito: “Ante victoria ne canas triumphum”. La bocca della verità è molto diversa da quella della Basilica di Santa Maria in Cosmedin, sembra piuttosto una maschera teatrale simile a quelle di Ostia antica. Anch’essa reca una scritta: “Abundans cautela non nocet pro bono publico ad verum via fert”. Ovviamente, tutti gli errori sono dello scultore.

Nell’atrio non c’è alcun cartello con indicazione delle fermate o dei passaggi da una linea all’altra, presenti invece in tutte le altre stazioni, per non compromettere la prospettiva.

Inizialmente, avrebbe dovuto chiamarsi “Serp i molot” (nelle vicinanze c’era una famosissima omonima fabbrica siderurgica), ma a metà anni ’90 non era molto popolare intitolare alcunché con definizioni “comuniste” (“Falce e martello”, appunto).

Ma perché proprio “Romana”? Certo, la metropolitana di Mosca ha molte altre fermate intitolate a città, capitali e Paesi euroasiatici, e non solo ex URSS, ma comunque ex Comecon: Bielorussia, Alma-Ata, Kiev, Riga, Praga, Bratislava, Varsavia. Invece, Roma fa eccezione. Naturalmente, si potrebbe supporre che sia un omaggio alla definizione di Mosca come “terza Roma” (dopo Costantinopoli). Non è così. Oltre al già citato “Serp i molot”, un altro nome preventivo era “Meždunarodnaja” (per l’omonima via nelle vicinanze, “Internazionale”, ora invece si trova vicino al complesso fieristico Ekspocentr e al quartiere di affari “Moscow City”), un altro ancora “Ploščad’ Il’iča”, che è tuttora il nome della piazza su cui sbuca, ed anche della fermata della linea che interseca la Rimskaja. Poi si optò per “ploščad’ Rogožskoj zastavy” (piazza della granguardia – o barriera doganale – Rogožskaja, dal villaggio Rogož’, poi Bogorodsk, ora Noginsk). Molto più banalmente, ci si fermò su Rimskaja quando, oltre a Lev Nikolaevič Popov, vennero coinvolti i due architetti italiani di cui parlavamo all’inizio.

Oltretutto, era una sorta di “scambio amichevole”, abbastanza diffuso in Europa. Sulla nuova linea della metropolitana della città eterna, l’attuale fermata “Cipro” avrebbe dovuto essere “Moscova” (inutile fu spiegare che la Moscova è un fiume, non la città attraversata da quest’ultimo), progettata in cooperazione con degli architetti russi. Non se ne fece nulla, pazienza.

In compenso, “Moscova” è una fermata del metrò di Milano, esistente fin dal 1978: prende nome dall’omonima via in superficie, che deve la sua denominazione a Bonaparte, in omaggio alla partecipazione del Regno d’Italia napoleonico (1805-1814) alla sua campagna di Russia del 1812 ed in particolare alla battaglia di Borodino (prima si chiamava via Santa Teresa). D’altro canto, da una mappa di Milano del 1878 della stamperia Ronchi, sita in via Torino (o in via Durini? Tra il Duomo e il Castello Sforzesco), in via Pattari, dietro al Duomo, risultavano ancora i “Bagni russi”, cioè la banja. Possiamo solo immaginare quanti fossero i russi perché fosse redditizio mantenere un esercizio commerciale del genere.

Infine, a Roma, tra le nuove fermate in progettazione (ma, si sa, i tempi a Roma sono imprevedibili) della diramazione B1, è prevista la stazione “Mosca”, verso la Bufalotta.

Di quale scambio amichevole parliamo? Per esempio, a Praga c’era una fermata “Moskevská”, ora rinominata “Anděl” (“Angelo”), alla cui progettazione partecipò lo stesso Popov della Rimskaja di Mosca. Ma poi a Pietroburgo, Minsk, Alma-Ata, Char’kov, Nižnij Novgorod, Samara, e presto Kazan’, Volgograd, Caterimburgo, Kiev (ora, ovviamente, rinominata Demievskaja, mentre a Mosca nessuno si sognerebbe di rinominare la Kievskaja, e nemmeno la Pražskaja, o la Varšavskaja, o la Rižskaja). Fin qui, però, siamo nell’ex Unione Sovietica. Abbiamo già citato Praga. Anche a Budapest esisteva la fermata “Moszkva Tér” (piazza Mosca), ora “Széll Kálmán tér”. A Varsavia, progettata, non fu nemmeno aperta. Si prevede che invece se ne debba aprire una a Sofia. A Düsseldorf c’è la Handelszentrum/Moskauer Straße.

[Pubblicato in Slavia N°3 2017]

domenica 10 aprile 2016

I (falsi) misteri della Novokuzneckaja

L'ingresso. Sullo sfondo, quella
che era la sede di "Radio Mosca"
Sarebbe interessante, ogni tanto, raccontare la storia e le storie meno note legate ad alcune fermate “storiche” della metropolitana di Mosca. Iniziamo, non certo in ordine di importanza, dalla Novokuzneckaja, sopra alla quale fino a due anni fa si trovava la radio “La Voce della Russia” (in un centinaio di lingue, compreso l’italiano), già “Radio Mosca”, da cui parlava Togliatti durante la Resistenza (ma la radio era lì solo dagli anni ’70 del secolo scorso, nel palazzo che originariamente doveva essere assegnato al direttorato per l’industria orafa del ministero sovietico per la metallurgia non ferrosa). Ora, purtroppo, la radio è stata chiusa.

La fermata Novokuzneckaja fu aperta ufficialmente nel novembre del 1943, in piena guerra, pochi mesi dopo la vittoria fondamentale dell’Armata Rossa a Stalingrado. Diamo questo riferimento non per caso: è opinione comune che debba il suo nome alla nota città mineraria di Novokuzneck, negli Urali. Al contrario, quest’ultima, dal 1932 al 1961, si chiamava Stalinsk. Infatti, il nome della stazione è motivato dalla via adiacente Novokuzneckaja, e questa, a sua volta, deve il suo nome alla “Čërnaja kuzneckaja sloboda”, fondata a fine XV secolo – letteralmente, “sobborgo dei fabbri tributari”, di coloro cioè che pagavano un dazio all’erario per esercitare la propria professione – che si trovava attorno alla chiesa di San Nicola benedettore taumaturgo.

Torniamo però alla fermata della metropolitana. In effetti, i marmi utilizzati nei rivestimenti dell’atrio provengono proprio dalle cave degli Urali, ma ci sono decine di altre fermate dove si può dire altrettanto. Quel che però è interessante notare è che i sei mosaici presenti furono creati da Vladimir Frolov, morto un anno prima nell’assedio di Leningrado. I mosaici furono portati a Mosca dalla città assediata ad opera dei marinai della Flottiglia del lago Ladoga. Essi rappresentano gli uomini del lavoro in tempo di pace, essendo stati concepiti negli anni ’30 per la fermata metropolitana Paveleckaja (aperta anch’essa nel novembre del ’43) della omonima stazione ferroviaria.

Notevoli anche le splendide panchine in marmo bianco siberiano. Contrariamente a quanto si usa dire, non esistono prove che esse provengano dalla cattedrale del Cristo Salvatore, distrutta nel ’31.

La Novokuzneckaja interseca la fermata Tret’jakovskaja di altre due linee. Addentrandosi tra i vari sottopassaggi, se ne può notare uno che, curiosamente, risulta perennemente chiuso con delle saracinesche. Pare che esso porti alla cosiddetta D6 – o Metro-2 – di cui molti avranno sentito parlare, anche grazie ad alcuni romanzi, film e videogiochi di fantasia. Sarebbe la presunta metropolitana segreta costruita in epoca staliniana ed ampliata nel periodo della guerra fredda per evacuare il governo in caso di bombardamento nucleare. Ma di questo si potrà parlare un’altra volta.

[Pubblicato in Slavia, N°3 2016]

venerdì 4 dicembre 2015

Vorovskij

Nella toponomastica russa esistono molti luoghi intitolati a Vaclav Vaclavovič Vorovskij, o Wacław Worowski, alla polacca, noto agli storici anche con gli pseudonimi in clandestinità di Jurij Adamovič, P. Orlovskij, Schwartz, Šachov, Joséphine, Faunus, Profano e svariati altri, nato a Mosca nel 1871 e assassinato a Losanna nel 1923. Il nostro interesse per questo rivoluzionario, pubblicista e critico letterario è motivato dal fatto che, essendo uno dei primi diplomatici sovietici, fu il primo ambasciatore della Russia sovietica nel Regno d’Italia. Nel 1890 frequentò la storica facoltà di scienze fisiche e matematiche dell’Università di Mosca, per poi passare, un anno dopo, all’altrettanto storica “Scuola tecnica di Mosca”, ora nota come “Università tecnica statale moscovita”, intitolata dal 1930 allo studente rivoluzionario Bauman, della medesima università, che dopo un anno e mezzo di carcerazione nella tristemente rinomata prigione della Taganka fu ammazzato nel 1905 durante una manifestazione all’angolo fra la allora via dei tedeschi (Nemeckaja ulica, ora Baumanskaja) e il vicolo Denisov (Denisovskij pereulok, prima vicolo degli olandesi, per l’omonima chiesa), da tale Michal’čuk, membro dei “Centoneri” (che annoverava fra i suoi iscritti anche lo zar Nicola II, ora addirittura beatificato), organizzazione di estrema destra, monarchica, antisemita e sciovinista. Ma torniamo a Vorovskij.

Aderì al movimento rivoluzionario nel 1894, per cui in occasione dell’incoronazione di Nicola II fu deportato a Vologda. Arrestato nel 1897, fu nuovamente confinato nel 1899, stavolta nel governatorato di Vjatka. Liberato, emigrò a Ginevra, dove aderì al bolscevismo e divenne un collaboratore del giornale leninista “Iskra” (“La scintilla”). Nel 1903 giunse clandestinamente a Odessa per fare da tramite fra i bolscevichi e i polacchi di sinistra. Rientrato nel 1905 a Pietroburgo, l’anno successivo partecipò al IV congresso del Partito Operaio Socialdemocratico Russo a Stoccolma. Dopo l’ennesimo confino, si trasferisce a Mosca, dove, durante la Grande Guerra, lavora alla Siemens-Schuckertwerke (dopo la Rivoluzione d'Ottobre, si chiamerà "Elektrosila", esiste tuttora).

Breve digressione personale. Durante la perestrojka, lavoravo a Mosca per un’azienda italiana, per la quale spesso mi recavo ad un ente del ministero per le costruzioni meccaniche agricole, la “Traktoroeksport”, con sede in una piccola piazza a ridosso del famoso palazzo della Lubjanka, talmente piccola che non sapevo nemmeno avesse un nome. Solo recentemente, confesso, ho scoperto che, attaccata al palazzo dell’ente, si trovava a lungo la sede del Commissariato Popolare per gli Affari Esteri, poi trasformato nell’attuale ministero degli esteri. In mezzo alla piazza c’era – e c’è tuttora – un piccolo monumento, raffigurante un ometto ingobbito. Il monumento era ridotto male, il metallo era diventato verdastro, il basamento in pietra era ingiallito e corroso dallo smog. Non gli avevo mai dato importanza, Mosca è piena di monumenti meno rappresentativi poco curati. Ebbene, si tratta proprio del nostro Vorovskij, ora restaurato. Il progetto era curato dallo scultore M.I.Kac, che assieme a Vorovskij aveva lavorato in Italia come funzionario della rappresentanza commerciale, e in Italia fu creato, come testimonia una piccola incisione sul retro del basamento, peraltro eseguito in travertino italiano, raccolto dagli operai italiani.

Nel 1917, su proposta di Lenin (di passaggio nel suo viaggio alla volta della Russia), assieme al russo-polacco Jakub Ganeckij (Jakub Hanecki, in realtà Fürstenberg) e Karol Radek (al secolo Sobelsohn, nato a Leopoli quando era Lemberg nell’impero austroungarico, ma formatosi a Cracovia), divenne membro del comitato centrale del POSDR (bolscevico) a Stoccolma. Dopo la Rivoluzione d’Ottobre fu rappresentante plenipotenziario (in altre parole, ambasciatore) in Scandinavia, ma nel 1919, a seguito della dichiarazione della “Triplice” per il blocco della Russia sovietica, rientrò in patria. Al momento della sua partenza dalla Svezia, nei conti della rappresentanza sovietica presso le banche locali c’erano circa dieci milioni di corone, e quasi due milioni sul suo conto personale, oltre a svariati altri conti presso banche europee con nomi di fantasia, il tutto destinato a sostenere il movimento operaio internazionale.

Nel 1921 venne nominato rappresentante commerciale e plenipotenziario in Italia, dove riuscì, ad esempio, a concludere il primo accordo commerciale quadro con la Russia sovietica, il 24 maggio 1922, ed anche un grosso contratto di fornitura di materie prime all’Italia dalla regione agricola di Kuban’. Anche allora, in Italia, sotto dettatura d’Oltralpe, vi fu chi bollò i commercianti italiani coinvolti come “traditori”, il parallelismo con l’attualità sarebbe fin troppo facile. Sempre nel 1922 partecipò alla Conferenza di Genova (a cui partecipò anche il presidente del Consiglio dei ministri italiano Luigi Facta, ultimo prima dell’avvento del fascismo), chiamata a individuare delle “misure di risanamento dell’Europa centrale ed orientale”. Di fatto, la questione principale riguardava il desiderio dei Paesi europei di trovare un accordo con la Mosca comunista.

Un’apposita commissione di esperti preparò a Londra un progetto di risoluzione che stabiliva il riconoscimento da parte della Russia sovietica di tutti i debiti e gli impegni finanziari di ogni regime russo precedente. Essa doveva assumersi la responsabilità per tutti i danni derivanti dall’attività sia del governo sovietico che dei governi precedenti e delle autorità locali. La delegazione russa si dichiarò pronta a discutere una forma di compensazione agli ex proprietari stranieri in Russia, a condizione che i Soviet fossero riconosciuti de jure, e che ad essa fossero concessi dei crediti. La delegazione russa propose anche un disarmo generale. Non essendo state appianate tutte le controversie sollevate durante la conferenza, una parte di queste fu demandata alla conferenza dell’Aja del 1922.

Durante la conferenza di Genova, il governo sovietico riuscì a concludere con la Germania il Trattato di Rapallo del 1922. La partecipazione dei bolscevichi alla conferenza suscitò indignazione negli ambienti dell’emigrazione russa: il Consesso delle Chiese russe all’estero del novembre 1921 (noto in letteratura come Primo concilio pan-estero della Chiesa ortodossa russa all’estero) adottò, in dicembre, un apposito appello alla conferenza stilato dal metropolita Antonij Chrapovickij, in cui si contestava la legittimità del potere sovietico a rappresentare il popolo della Russia.

Nel 1923 Vorovskij fece parte della delegazione sovietica alla conferenza di Losanna (20 novembre 1922 – 24 luglio 1923, ma con un’interruzione significativa dal 4 febbraio al 22 aprile 1923), convocata su iniziativa di Gran Bretagna, Francia e Italia, per preparare un trattato di pace con la Turchia e regolamentare gli stretti del Mar Nero.

Oltre ai tre Paesi promotori, vi parteciparono la Grecia, la Romania, il Regno dei Serbi, Croati e Sloveni, il Giappone, la Turchia e gli Stati Uniti: questi ultimi, avendo rifiutato un coinvolgimento diretto, avevano lo status di osservatore ed erano rappresentati dall’ambasciatore in Italia Richard Washburn Child. Le potenze della “Triplice intesa” (Inghilterra, Francia e Russia zarista, in contrapposizione alla “Triplice alleanza” di Germania, Impero Austro-Ungarico e Italia) limitarono la partecipazione della delegazione sovietica e di quella bulgara alla discussione sulla regolamentazione degli stretti del Mar Nero. Il governo sovietico contestò questa discriminazione, ma ritenne comunque possibile partecipare alla conferenza ed inviò una delegazione con a capo Čičerin, commissario del popolo per gli affari esteri, che aveva sostituito Trockij.

Il progetto della delegazione sovietica in merito agli stretti, le cui linee guida erano state elaborate da Lenin stesso, prevedeva di ristabilire i diritti del popolo turco “ai suoi territori e superfici acquatiche”, di chiudere l’accesso agli stretti sia in tempi di pace che di guerra “alle navi armate e militari, nonché all’aviazione militare di tutti i Paesi, ad eccezione della Turchia”, e di consentire invece la totale libera navigazione commerciale.

La posizione della “Triplice intesa”, al contrario, prevedeva la libera circolazione delle navi militari di tutti i Paesi in tempi di pace, ed anche di guerra in caso di neutralità della Turchia; se invece quest’ultima fosse coinvolta in una guerra, doveva essere comunque garantita la circolazione delle navi militari dei Paesi neutrali. La delegazione inglese pretendeva anche la smilitarizzazione degli stretti ed il controllo internazionale su di essi.

La Turchia accettò il progetto inglese, confidando in concessioni su altri punti del trattato di pace in fase di elaborazione. Gli inglesi, invece, pretesero perentoriamente dalla delegazione turca di accettare tutta una serie di condizioni svantaggiose per la Turchia (sul confine fra Turchia e Iraq, sulle condizioni della resa, ecc.). Questo fece sì che le trattative si interruppero il 4 febbraio 1923 fino al 23 aprile dello stesso anno. Alla ripresa della conferenza, le potenze della Triplice discriminarono apertamente la delegazione sovietica (la cui partecipazione, come già detto, era di per se limitata alla questione degli stretti): addirittura, al rappresentante sovietico, il nostro Vorovskij appunto, non fu nemmeno notificata ufficialmente la ripresa della conferenza, e quando egli giunse a Losanna non fu ammesso a partecipare alle trattative. Il 10 maggio 1923 Vorovskij fu assassinato da un ufficiale in esilio della Guardia Bianca di origine svizzera, Moris Konradi (Maurice Conradi in francese, Moritz Conradi in tedesco). Su questo torneremo più in là.

A seguito di vari cedimenti sia da parte dei Paesi della Triplice, sia da quella turca, la conferenza di Losanna si concluse con la firma di diciassette documenti, tra i quali i più importanti furono quelli sulla pace del 1923 e sugli stretti.

Riassumendo, la Convenzione fu firmata il 24 luglio 1923 da Gran Bretagna, Francia, Italia, Giappone, Grecia, Romania, Bulgaria, Regno dei Serbi, croati e sloveni e Turchia; l’URSS non la ratificò per assenza delle necessarie condizioni di sicurezza. Essa, pur prevedendo la smilitarizzazione delle zone degli stretti, consentiva però il passaggio libero attraverso il Bosforo e i Dardanelli non solo delle navi commerciali, ma anche di quelle militari (con limitazioni trascurabili) di qualunque Paese del mondo, e questo creava condizioni anormali per i Paesi del mar Nero. La mancata ratifica da parte dell’URSS era motivata dall’infrazione dei suoi legittimi diritti.

Dunque, Vorovskij fu ammazzato a pistolettate nel ristorante dell’hôtel Cecil di Losanna. Bisogna dire che il Consiglio federale svizzero non aveva assicurato alla delegazione sovietica alcuna protezione, e non aveva concesso ai suoi membri i visti diplomatici. In pratica, i sovietici si ritrovano bloccati all’hôtel Savoy, dove sono fatti oggetto di intimidazioni da parte di gruppuscoli in odor di fascismo, come la “Lega Nazionale” del posto. Un sentimento di odio nei confronti dei bolscevichi, accompagnato dall’antisemitismo, domina a Losanna come in tutta la Svizzera e in tutta Europa, eppure le minacce di morte sono ignorate dalle autorità, che non intraprendono alcuna precauzione particolare per proteggerli.

Vorovskij aveva perciò traslocato al Cecil, e lì trovò la morte. Dopo avere anche ferito i due aiutanti di quest’ultimo, Arens (successivamente, inviato plenipotenziario in Francia, in Canada e poi console a Nuova York) e Divilkovskij, il suo assassino, Conradi, consegnò spontaneamente la rivoltella al maître d'hôtel. Solo la sera dopo l’attentato Conradi viene arrestato e condotto alla prigione dell’Ancien-Evêché. La direzione dell’hôtel Cecil ha l’ardire di inviare una fattura alla delegazione russa per “i danni procurati da Conradi, concretamente la rottura dei piatti”. Un dettaglio forse trascurabile, ma sintomatico dell’antibolscevismo che regnava in Svizzera, e che contribuirà a fare di Conradi una “vittima del comunismo”, un eroe autoproclamatosi Guglielmo Tell, assolto dai giurati (nove contro cinque) del tribunale penale di Losanna il 15 novembre 1923, assieme al suo complice e mandante, Arkadij Polunin, dopo che più di settanta testimoni raccontarono alla corte dei crimini bolscevichi: l’omicidio di Vorovskij fu considerato un atto di giustizia. Nel frattempo, l’immagine di Conradi veniva bruciata in piazza nelle maggiori città russe: rottura totale fra i due Paesi, interruzione dei rapporti diplomatici. Vent’anni dopo, nel 1944, il Consiglio federale ritenne opportuno normalizzare le proprie relazioni con i vincitori di Stalingrado. I sovietici rifiutarono sdegnati. Solo nel 1946, lo scambio dei prigionieri e la dissoluzione della “Lega contro la III Internazionale” (fondata dall’avvocato difensore di Polunin, Théodore Aubert) contribuirono a ristabilire le relazioni diplomatiche.

Lo scrittore ucraino di origine polacca, emigrato ovviamente a Varsavia, Michail Arcybašev (le cui opere grondavano di contenuto pessimistico, violento ed erotico), scriveva a proposito del processo: “Vorovskij non è stato ucciso in quanto comunista ideologico, ma come boia […] come agente dei fomentatori e degli avvelenatori mondiali che stanno riservando a tutto il mondo il destino dell’infelice Russia”.

Dopo essere stato liberato, Conradi entrò nella Legione Straniera francese e combatté nell’Africa coloniale. Secondo alcune versioni, ivi morì nel 1931, secondo altre nel 1947 in Svizzera di alcolismo.

Vorovskij fu sepolto in piazza Rossa, in una fossa comune lungo le mura del Cremlino. Come detto all’inizio, numerosissimi luoghi portarono o portano il suo nome (anche qualche francobollo). Tra questi, dal 1923 al 1937, degna di nota è la oggi tristemente nota via principale di Kiev, Kreščatik.

A parte un film sull’omicidio del 1977, pochi sanno che addirittura Brežnev stesso in gioventù si dilettava di poesia. Ventenne, nel 1926, scrisse [ABAB]:

Accadde a Losanna, dove fioriscono gli eliotropi,
dove si sognano meraviglie da fiaba,
al centro dell’Europa culturalmente spocchiosa,
al centro di un Paese da favola
[…]
Inutili e stupidi i lunghi discorsi,
le frasi altisonanti sulle buone azioni,
i volti inutilmente ottusi per droga,
l’insolenza nello sguardo e la menzogna sulle labbra
[…]
Il mattino seguente nell’hôtel firmato “Astoria”,
il nostro ambasciatore fu ucciso per mano assassina
e nel libro della grande storia russa
si aggiunse un’ennesima vittima…

Sempre nel 1923, Majakovskij dedicò a Vorovskij una poesia [ABBA, ABAB]:

O proletariato, oggi libera le voci tuonanti,
dimentica il perdono onnipresente come cera.
Fatto fuori da una cricca fascista di ladroni,
per l’ultima volta per Mosca passerà Vorovskij.
Quanti non ce ne saranno… Quanti non ce n’è più…
Quanti a brandelli… Quanti in fumo…
Ovunque fossero traditi. Chiunque abbia tradito
Noi non abbiamo tradito, noi non tradiremo.
Oggi comprimi l’ira in un’enorme palla di bomba.
Oggi libera le voci come saette splendenti di baionette.
Appari negli occhi dei capitalisti.
Compari sui sipari regali.
Rispondi con milioni di passi all’insolenza delle note.
Mostra una folla di milioni alle mura del Cremlino.
Che oggi la morte del nostro compagno sottolinei
l’immortalità della causa del comunismo.

Ironia della sorte. Quando nel 1930 il poeta si suicidò, la camera ardente venne allestita alla Casa degli scrittori di bulgakoviana memoria (nel “Maestro e Margherita”), al civico 52 della storica via Povarskaja (ed esattamente lì, nel 1940, venne allestita la camera ardente anche per Bulgakov). Ebbene, dal 1923 e fino al 1994 quella era… la via Vorovskij.

[Pubblicato in "Slavia", N°4 2015]

giovedì 28 febbraio 2013

Il voto degli italiani in Russia


Anche gli italiani all’estero hanno partecipato alle elezioni. Tre milioni e mezzo nel mondo gli iscritti all’AIRE (di questi, quest’anno ha votato oltre un milione), circa due milioni nella circoscrizione Europa (con poco meno di mezzo milione di votanti, da non confondersi con l’UE), appena 1.674 nella Federazione Russa (708 votanti), di questi quasi un migliaio a Mosca. Inutile qui riportare i risultati in Italia, sono già ben noti agli italiani. Più interessante vedere gli umori tra i cittadini italiani residenti permanentemente in Russia. Per varie ragioni.
La prima è che, pur trattandosi di un numero risibile, parliamo di una comunità che smuove capitali davvero impressionanti, nella bilancia commerciale dei nostri due Paesi. In secondo luogo, da quando esiste la legge sul voto per corrispondenza, è questa la terza volta che gli italiani all’estero hanno la possibilità di partecipare ai destini del loro Paese, e quindi comincia ad essere fattibile un raffronto con le consultazioni precedenti (solo 2006 e 2008, poiché nei Paesi extra-UE non si può votare per le Europee). Infine, perché si è sempre votato in modo diverso da come si vota in Italia: per i singoli Partiti anziché per le coalizioni quando in Italia si è votato per le coalizioni anziché per i Partiti, e viceversa, ed esprimendo preferenze quando in Italia non si possono esprimere, e viceversa.
Con queste doverose premesse, visto anche il numero esiguo di liste presenti in scheda, e nonostante gli sconvolgimenti nelle denominazioni di questi ultimi anni, è possibile ricollegare gli orientamenti a determinati macro-indirizzi.
Intanto, l’affluenza. 40,86% nel 2006 (in Italia, 83,62%), 36,26% nel 2008 (80,51%), 42,29% nel 2013 (75,19%). Dunque, balzo in avanti in Russia a fronte di una progressiva erosione in Italia. Trascurabili le schede bianche e annullate: undici (2,24%, in Italia 2,91%) nel 2006, addirittura zero (0%, Italia 3,74%) nel 2008, ma ben 58 (corrispondenti all’8,18%, Italia 3,59%) nel 2013.
Adesso i risultati veri e propri, in alcuni casi piuttosto sorprendenti. Qui non ci sono mai stati gli italiani con le valigie di cartone, non è mai stato un Paese di tradizionale emigrazione italiana, la stragrande maggioranza sono imprenditori. Indipendentemente da come la si pensi, è abbastanza prevedibile che in larga misura essi votino per il centrodestra (o conservatori, moderati, chiamiamoli come vogliamo, la sostanza non cambia). Repetita juvant, non parliamo di coalizioni governative, ma di umori. Invece, nulla di tutto questo.
Centrosinistra. Nel 2006 L’Unione di Prodi prese il 47,24% (47,51% in Italia). Assieme al 2,51 dell’IdV (2,30%), si arriva al 49,75 (49,81%). UDEur, zero assoluto (1,40% in Italia). Insomma, nessuna differenza sostanziale. Dopo i risultati, evidentemente giudicati insoddisfacenti, del governo di centrosinistra, nel 2008 il PD si attesta al 42,22% (33,18% in Italia), cui tuttavia, per completezza, occorre aggiungere il 2,47 della Sinistra Arcobaleno (3,08 in Italia), altrettanto per l’IdV (4,37 in Italia), il 2,22 di Sinistra Critica (0,46) e lo 0,25 del Partito Socialista (0,98), arrivando al 49,63 complessivo (42,07). In Italia, rispetto alla Russia, ci rimette di molto il PD. Nel 2013, il PD è al 25,23 (25,41 in Italia), SEL al 3,23 (3,20), Rivoluzione Civile allo 0,76 (2,24), Partito Comunista (avete inteso bene: all’estero esiste) allo 0,92. Totale, 30,14% (30,85).
Centrodestra. 2006, Forza Italia appena (paragonate questi dati, e anche quelli degli altri Partiti, con il voto in Italia) al 26,13% (23,72). Aggiungiamo l’UDC (all’epoca, alleata) al 7,79 (6,76), Lega Nord al 5,09 (4,58). Si arriva al 39,01 (35,06). 2008, quadro ben diverso (vedi centrosinistra), ma comunque 45,93% al PDL (37,38), e non si può aggiungere l’UDC, uscita dalla coalizione, che comunque è crollata, con l’1,48 (5,62). 2013, PDL 23,38%, non c’è altro (21,56 in Italia).
Centro. Doveroso ripetere che si parla di umori, per questo troverete alcune ripetizioni. 2006, UDC al 7,79% (6,76), UDEur zero (1,40). 2008, UDC 1,48, null’altro (5,62). Ben diverso il quadro nel 2013: Scelta Civica (Monti) 17,69% (8,30 in Italia). Ragguardevole.
Destra. 2006, appena lo 0,75 l’Alternativa Sociale di Mussolini (0,67), mentre nel 2008 la Destra – Fiamma Tricolore (Santanchè) arriva al 2,72 (2,43). Nel 2013 non c’è nessuna lista dichiaratamente di destra (in Italia, tra la Destra di Storace, Fratelli d’Italia, Forza Nuova, Casapound e Fiamma Tricolore si arriva al 3,12).
Sinistra. Più che altro, in questo caso è interessante vedere la differenza tra i Partiti minori schierati col centrosinistra e quelli che non si sono schierati. Nel 2006, erano tutti nell’Unione di Prodi. Nel 2008, la Sinistra Arcobaleno prese il 2,47 (3,08), ma Sinistra Critica (fuori da questa logica) prese il 2,22 (0,46). Abbastanza probabile che, nel 2013, l’ex Arcobaleno abbia votato per SEL, e gli elettori di Sinistra Critica per il Partito Comunista (in entrambe le tornate, unica falce e martello). Ebbene, SEL al 3,23%, e PC allo 0,92. Molto probabile che i voti di Rivoluzione Civile (Ingroia), 0,76% (2,24 in Italia), siano collocabili in questo contesto, ma non è possibile giudicare se siano tra quelli “schierati” o meno.
Movimento 5 stelle. Ovviamente, nessun raffronto, ma è importante informare che nel 2013 in Russia ha preso il 23,23%, a fronte del 25,55 in Italia.
Altre liste non collocabili. Non esistevano nel 2006. Nel 2008, la lista “Valori e Futuro” (quella di Emanuele Filiberto) ha preso zero. 2013, “Fare per Fermare il Declino” (di Giannino) 4,15% (1,12 in Italia).
A conclusione, qui fuori dall’Italia è importante monitorare, pur se in un contesto di una manciata di voti, le liste “tipiche” da italiani all’estero. 2006, “Per l’Italia nel Mondo” (Tremaglia) ben il 9,30%; “Partito degli Italiani nel Mondo” (lista “civetta”?) 1,01%; “L’altra Sicilia per il Sud” 0,25%; “Amare l’Italia” zero; totale, 10,31%, non poco. 2008, “L’altra Sicilia per il Sud” mantiene il suo 0,25%, ma non c’è nessun altro. 2013, Movimento Associativo Italiani all’Estero 1,38%. Non essendoci altre liste analoghe, dovrebbe essere la “summa” delle elezioni precedenti.
Riassumiamo analogie e differenze.
In Italia Grillo è il primo Partito, i Democratici il secondo, il PDL il terzo. Le differenze sono minime. Tutti insieme rappresentano oltre il 70%. Italia ingovernabile. In Russia i Democratici sono il primo Partito, il PDL il secondo, Grillo il terzo. Le differenze sono minime. Tutti insieme superano il 70%. Dipendesse dagli italiani in Russia, l’Italia sarebbe ingovernabile.
Monti passa per fautore di un’Europa forte ad ogni costo. Per questo in Italia è stato punito, e sempre per questo tra gli italiani all’estero è stato premiato. La Russia non fa eccezione, Monti prende il doppio di quel che ha preso in Italia.

Camera dei Deputati - 24-25 febbraio 2013
Liste Mosca Pietroburgo Russia
Voti % Voti % Voti %
Partito Democratico 0,0% 0,0% 164 25,23%
Popolo della Libertà 0,0% 0,0% 152 23,38%
Movimento Cinque Stelle 0,0% 0,0% 151 23,23%
Con Monti per l'Italia 0,0% 0,0% 115 17,69%
Fare per Fermare il Declino 0,0% 0,0% 27 4,15%
Sinistra Ecologia Libertà 0,0% 0,0% 21 3,23%
Movimento Associativo Italiani all'Estero 0,0% 0,0% 9 1,38%
Partito Comunista 0,0% 0,0% 6 0,92%
Rivoluzione Civile 0,0% 0,0% 5 0,76%
Elettori 1.674
Votanti 0,0% 0,0% 708 42,29%
Schede bianche 2 0,28%
Schede non valide (bianche incluse) 58 8,18%

Senato della Repubblica - 24-25 febbraio 2013
Liste Mosca Pietroburgo Russia
Voti % Voti % Voti %
Partito Democratico 0,0% 0,0% 179 28,46%
Popolo della Libertà 0,0% 0,0% 154 24,48%
Movimento Cinque Stelle 0,0% 0,0% 139 22,10%
Con Monti per l'Italia 0,0% 0,0% 116 18,44%
Fare per Fermare il Declino 0,0% 0,0% 28 4,45%
Partito Comunista 0,0% 0,0% 7 1,11%
Rivoluzione Civile 0,0% 0,0% 6 0,95%
Elettori 1.579
Votanti 0,0% 0,0% 642 40,66%
Schede bianche 0 0,00%
Schede non valide (bianche incluse) 13 2,03%

Camera dei Deputati - 13 aprile 2008
Liste Mosca Pietroburgo Russia
Voti % Voti % Voti %
Popolo della Libertà 168 46,54% 18 40,91% 186 45,93%
Partito Democratico 154 42,66% 17 38,64% 171 42,22%
La Destra - Fiamma Tricolore 10 2,77% 1 2,27% 11 2,72%
La Sinistra l'Arcobaleno 9 2,49% 1 2,27% 10 2,47%
Di Pietro Italia dei Valori 7 1,94% 3 6,82% 10 2,47%
Sinistra Critica 6 1,66% 3 6,82% 9 2,22%
Unione di Centro 5 1,39% 1 2,27% 6 1,48%
L'altra Sicilia per il Sud 1 0,28% 0 0,00% 1 0,25%
Partito Socialista 1 0,28% 0 0,00% 1 0,25%
Valori e Futuro 0 0,00% 0 0,00% 0 0,00%
Elettori 1.013 104 1.117
Votanti 361 35,64% 44 42,31% 405 36,26%
Schede bianche 0 0 0 0,00%
Schede non valide (bianche incluse) 0 0 0 0,00%

Senato della Repubblica - 13 aprile 2008
Liste Mosca Pietroburgo Russia
Voti % Voti % Voti %
Popolo della Libertà 164 47,13% 17 39,53% 181 46,29%
Partito Democratico 149 42,82% 18 41,86% 167 42,71%
Di Pietro Italia dei Valori 9 2,59% 3 6,98% 12 3,07%
La Destra - Fiamma Tricolore 9 2,59% 2 4,65% 11 2,81%
Sinistra Critica 7 2,01% 1 2,33% 8 2,05%
La Sinistra l'Arcobaleno 5 1,44% 1 2,33% 6 1,53%
Unione di Centro 5 1,44% 1 2,33% 6 1,53%
Partito Socialista 0 0,00% 0 0,00% 0 0,00%
L'altra Sicilia per il Sud 0 0,00% 0 0,00% 0 0,00%
Elettori 977 100 1.077
Votanti 348 35,62% 46 46,00% 394 36,58%
Schede bianche 0 0,00% 1 2,17% 1 0,25%
Schede non valide (bianche incluse) 0 0,00% 3 6,52% 3 0,76%

Camera dei Deputati - 9 aprile 2006
Liste Mosca Pietroburgo Russia
Voti % Voti % Voti %
L'Unione 167 45,75% 21 63,64% 188 47,24%
Forza Italia 99 27,12% 5 15,15% 104 26,13%
Per l'Italia nel Mondo 37 10,14% 0 0,00% 37 9,30%
Unione di Centro 28 7,67% 1 2,27% 31 7,79%
Lega Nord 20 5,48% 0 0,00% 20 5,03%
Di Pietro Italia dei Valori 7 1,92% 3 9,09% 10 2,51%
Partito degli Italiani nel Mondo 4 1,10% 0 0,00% 4 1,01%
Alternativa Sociale Mussolini 3 0,82% 0 0,00% 3 0,75%
L'altra Sicilia per il Sud 0 0,00% 1 3,03% 1 0,25%
Amare l'Italia 0 0,00% 0 0,00% 0 0,00%
U.D.EUR Popolari 0 0,00% 0 0,00% 0 0,00%
Elettori 908 93 1.001
Votanti 376 41,41% 33 35,48% 409 40,86%
Schede bianche 5 1,33% 0 0,00% 5 1,22%
Schede non valide (bianche incluse) 11 2,93% 0 0,00% 11 2,69%

Senato della Repubblica - 9 aprile 2006
Liste Mosca Pietroburgo Russia
Voti % Voti % Voti %
L'Unione 157 44,86% 21 65,63% 178 46,60%
Forza Italia 109 31,14% 5 15,63% 114 29,84%
Per l'Italia nel Mondo 33 9,43% 0 0,00% 33 8,64%
Unione di Centro 25 7,14% 1 3,13% 26 6,81%
Lega Nord 14 4,00% 0 0,00% 14 3,66%
Di Pietro Italia dei Valori 7 2,00% 3 9,38% 10 2,62%
Fiamma Tricolore 4 1,14% 1 3,13% 5 1,31%
Partito degli Italiani nel Mondo 1 0,29% 0 0,00% 1 0,26%
L'altra Sicilia per il Sud 0 0,00% 1 3,13% 1 0,26%
U.D.EUR Popolari 0 0,00% 0 0,00% 0 0,00%
Elettori 875 92 967
Votanti 360 41,14% 32 34,78% 392 40,54%
Schede bianche 4 1,11% 0 0,00% 4 1,02%
Schede non valide (bianche incluse) 10 2,78% 0 0,00% 10 2,55%

Referenda - 12-13 giugno 2011
VotoMosca Pietroburgo Russia
Voti % Voti % Voti %
SI' 215 88,11%
NO 29 11,89%
Elettori 1.436
Votanti 249 17,34%
Schede bianche 4 1,64%
Schede non valide (bianche incluse) 5 2,05%

Referenda - 12-13 giugno 2011
VotoMosca Pietroburgo Russia
Voti % Voti % Voti %
SI' 215 88,11%
NO 29 11,89%
Elettori 1.436
Votanti 245 17,06%
Schede bianche 1 0,41%
Schede non valide (bianche incluse) 1 0,41%

Referenda - 12-13 giugno 2011
VotoMosca Pietroburgo Russia
Voti % Voti % Voti %
SI' 196 81,67%
NO 44 18,33%
Elettori 1.436
Votanti 246 17,13%
Schede bianche 4 1,67%
Schede non valide (bianche incluse) 6 2,50%

Referenda - 12-13 giugno 2011
VotoMosca Pietroburgo Russia
Voti % Voti % Voti %
SI' 211 86,48%
NO 33 13,52%
Elettori 1.436
Votanti 246 17,13%
Schede bianche 1 0,41%
Schede non valide (bianche incluse) 2 0,82%

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Questo articolo è disponibile anche in lingua russa.
Questo articolo è stato parzialmente pubblicato nel N°2 del 2013 di Slavia.