Mark Bernardini

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martedì 16 luglio 2024

20240716 Lavrov ONU

 16/07/2024 18:43

Discorso del ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov durante la riunione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite sulla cooperazione multilaterale nell’interesse della creazione di un ordine mondiale più giusto, democratico e sostenibile, New York, 16 luglio 2024

Desidero porgere un cordiale benvenuto agli illustri Alti Rappresentanti presenti nella Camera del Consiglio di Sicurezza. La loro partecipazione all’incontro di oggi conferma l’importanza del tema in discussione. In conformità con l’articolo 37 delle procedure legali provvisorie del Consiglio, invito a partecipare all’incontro i rappresentanti di Australia, Bangladesh, Bielorussia, Stato Plurinazionale della Bolivia, Brasile, Ungheria, Repubblica Bolivariana del Venezuela, Vietnam, Ghana, Guatemala, Repubblica Dominicana, Egitto, India, Indonesia, Iraq, Repubblica islamica dell’Iran, Kazachstan, Cambogia, Cuba, Kuwait, Maldive, Marocco, Nepal, Nicaragua, Emirati Arabi Uniti, Pakistan, Arabia Saudita, Serbia, Repubblica araba siriana, Tailandia, Timor-Est, Turchia, Uganda, Filippine, Cile, Etiopia e Sud Africa.

Sulla base dell’articolo 39 delle procedure giuridiche provvisorie del Consiglio, invito il capo della delegazione dell’Unione europea presso l’ONU, Sua Eccellenza Stavros Lambrinidis, a partecipare a questo incontro.

Il Consiglio di Sicurezza dell’ONU avvia l’esame del punto 2 dell’ordine del giorno. Vorrei attirare l’attenzione dei membri del Consiglio sul documento S/2024/537 – una lettera del Rappresentante permanente della Federazione Russa presso le Nazioni Unite datata 9 luglio 2024 indirizzata al Segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres, che trasmette una nota concettuale sull’oggetto in esame.

Signore e signori,

Sua Eccellenza,

Oggi, le basi stesse dell’ordine giuridico internazionale – la stabilità strategica e il sistema di politica mondiale incentrato sulle Nazioni Unite – vengono messe alla prova. E’ impossibile risolvere i crescenti conflitti senza comprenderne le cause profonde e senza ripristinare la fiducia nella nostra capacità di unire le forze per il bene comune e la giustizia per tutti.

Siamo franchi: non tutti gli Stati rappresentati in questa sala riconoscono il principio chiave della Carta delle Nazioni Unite, l’uguaglianza sovrana di tutti gli Stati. Gli Stati Uniti hanno da tempo dichiarato il proprio eccezionalismo per bocca dei loro presidenti. Ciò riguarda l’atteggiamento di Washington nei confronti dei suoi alleati, ai quali chiedono obbedienza incondizionata, anche a scapito dei loro interessi nazionali.

Governa, America! Questa è l’essenza del famigerato “ordine basato su regole” – una minaccia diretta al multilateralismo e alla pace internazionale.

Gli elementi più importanti del diritto internazionale – la Carta delle Nazioni Unite e le decisioni del nostro Consiglio – vengono interpretati dall’”Occidente collettivo” in modo perverso e selettivo, a seconda delle istruzioni provenienti dalla Casa Bianca. E molte risoluzioni del Consiglio di Sicurezza vengono completamente ignorate. Tra queste ci sono la risoluzione 2202, che ha approvato gli accordi di Minsk sull’Ucraina, e la risoluzione 1031, che ha approvato l’accordo di pace di Dayton in Bosnia Erzegovina basato sul principio di uguaglianza dei tre popoli che formano lo Stato e delle due entità. Si può parlare all’infinito del sabotaggio delle risoluzioni sul Medio Oriente: basta guardare la dichiarazione di Anthony Blinken in un’intervista alla CNN nel febbraio 2021 in risposta a una domanda su cosa pensa della decisione della precedente amministrazione statunitense di riconoscere la proprietà di Israele delle alture del Golan siriane. Se qualcuno non si ricorda gli rinfresco la memoria. In risposta a questa domanda, il Segretario di Stato ha affermato: “Legalità a parte, da un punto di vista pratico, il Golan è molto importante per garantire la sicurezza di Israele”. E questo nonostante il fatto che la risoluzione 497 del Consiglio di Sicurezza dell’ONU del 1981, tutti noi lo sappiamo bene, che non è stata abrogata, qualifica come illegale l’annessione da parte di Israele delle alture di Golan. Ma, secondo queste stesse “regole”, è necessario – per citare Anthony Blinken – “lasciare da parte la questione della legalità”. E, naturalmente, la dichiarazione del Rappresentante permanente degli Stati Uniti adottata il 25 marzo di quest’anno è fresca nella memoria di tutti. La risoluzione 2728, che chiede un cessate il fuoco immediato nella Striscia di Gaza, “non è giuridicamente vincolante”. Cioè, le “regole” americane sono più importanti dell’art. 25 della Carta delle Nazioni Unite.

Nel secolo scorso, George Orwell, nel suo racconto “La fattoria degli animali”, aveva già previsto l’essenza dell’”ordine basato su regole”: “tutti gli animali sono uguali, ma alcuni sono più uguali di altri”. Se esegui la volontà dell’egemone, tutto ti è permesso. E se osi e inizi a difendere i tuoi interessi nazionali, verrai dichiarato emarginato e soggetto a sanzioni.

La politica egemonica di Washington non cambia da decenni. Senza eccezioni, tutti i piani di sicurezza euro-atlantici erano basati sulla garanzia del dominio statunitense, compresa la sottomissione dell’Europa e il “contenimento” della Russia. Il ruolo principale è stato assegnato alla NATO, che alla fine ha assunto il controllo dell’Unione Europea, presumibilmente creata per gli europei. Le strutture dell’OSCE sono state vergognosamente privatizzate in flagrante violazione dell’Atto finale di Helsinki.

L’espansione sconsiderata della NATO, nonostante i ripetuti avvertimenti di Mosca per molti anni, ha provocato anche la crisi ucraina, a cominciare dal colpo di Stato organizzato da Washington nel febbraio 2014 per stabilire il pieno controllo dell’Ucraina al fine di preparare un attacco alla Russia con l’aiuto del regime neonazista portato al potere. Quando Pëtr Porošenko e poi Vladimir Zelenskij hanno intrapreso una guerra contro i propri cittadini nel Donbass, hanno distrutto legislativamente l’istruzione russa, la cultura russa, i media russi e la lingua russa in generale, hanno bandito la Chiesa ortodossa Ucraina, nessuno in Occidente se ne è accorto, non ha chiesto ai loro pupilli a Kiev di “mantenere la decenza”, di non violare le convenzioni internazionali sui diritti delle minoranze nazionali, e in effetti la stessa Costituzione dell’Ucraina, richiede il rispetto di questi diritti. E’ stato per eliminare le minacce alla sicurezza della Russia e per proteggere le persone che si sentono parte della cultura russa e vivono su terre abitate per secoli dai loro antenati, per salvarle dallo sterminio legislativo e fisico che è stata lanciata l’operazione militare speciale.

E’ significativo che anche adesso, quando vengono avanzate numerose iniziative per una soluzione ucraina, poche persone ricordino la violazione dei diritti umani e delle minoranze nazionali da parte di Kiev. Solo di recente i documenti dell’UE sull’avvio dei negoziati di adesione dell’Ucraina hanno formulato una richiesta corrispondente, soprattutto a causa della posizione di principio e persistente dell’Ungheria. Tuttavia, le reali possibilità e il desiderio di Bruxelles di influenzare il regime di Kiev sono discutibili.

Invitiamo tutti coloro che mostrano un sincero interesse per il superamento della crisi in Ucraina a tenere conto nelle loro proposte della questione fondamentale dei diritti di tutte le minoranze nazionali, senza eccezioni. Il suo silenzio svaluta le iniziative pacifiche, e la politica razzista di Vladimir Zelenskij riscuote infatti consensi. E’ caratteristico che nel 2014 (dieci anni fa) Vladimir Zelenskij abbia detto: “Se nell’Ucraina orientale e in Crimea la gente vuole parlare russo, lasciateli perdere, lasciateli in pace, lasciateli legalmente parlare russo. La lingua non dividerà mai il nostro Paese natale”. Da allora, Washington lo ha rieducato con successo e già nel 2021 Vladimir Zelenskij in una delle sue interviste ha chiesto che coloro che si sentono coinvolti nella cultura russa si trasferiscano in Russia per il bene del futuro dei loro figli e nipoti.

Faccio appello ai padroni del regime ucraino: obbligatelo a rispettare l’art. 1.3 della Carta delle Nazioni Unite, che garantisce i diritti e le libertà fondamentali di tutte le persone “senza distinzione di razza, sesso, lingua o religione”.

Cari colleghi,

All’Alleanza Nord Atlantica non basta più la guerra che ha scatenato contro la Russia per mano del governo illegale di Kiev; non le basta più manco l’intero spazio dell’OSCE. Dopo aver distrutto quasi fino alle basi gli accordi fondamentali nel campo del controllo degli armamenti, gli Stati Uniti continuano ad intensificare lo scontro. Recentemente, in un vertice a Washington, i leader dei Paesi dell’alleanza hanno confermato le loro pretese di un ruolo guida non solo nella regione euro-atlantica, ma anche nella regione dell’Asia-Pacifico. Si dichiara che la NATO è ancora guidata dal compito di proteggere il territorio dei suoi membri, ma per questo, dicono, è necessario estendere il dominio dell’alleanza all’intero continente eurasiatico e alle aree marittime adiacenti. L’infrastruttura militare della NATO si sta spostando nel Pacifico con l’ovvio obiettivo di minare l’architettura incentrata sull’ASEAN, costruita nel corso di molti decenni sui principi di uguaglianza, considerazione degli interessi reciproci e consenso. Per sostituire i meccanismi inclusivi creati attorno all’ASEAN, gli Stati Uniti e i loro alleati stanno mettendo insieme blocchi chiusi di confronto a loro subordinati, come l’AUCUS e altri vari “quartetti” e “troike”. L’altro giorno, il vice capo del Pentagono Kathleen Hicks ha affermato che gli Stati Uniti e i loro alleati “devono prepararsi a guerre di lunga durata, e non solo in Europa”.

Per “contenere” la Russia, la Cina e altri Paesi le cui politiche indipendenti sono percepite come una sfida all’egemonia, l’Occidente, con le sue azioni aggressive, sta rompendo il sistema di globalizzazione originariamente formato secondo i suoi stessi modelli. Washington ha fatto di tutto per far saltare (anche letteralmente, organizzando attacchi terroristici sui gasdotti Nord Stream) le basi di una cooperazione energetica reciprocamente vantaggiosa tra Russia e Germania e l’Europa nel suo insieme. Berlino allora rimase in silenzio. Oggi assistiamo a un’altra umiliazione per la Germania, il cui governo si è sottomesso incondizionatamente alla decisione degli Stati Uniti di schierare missili americani a terra a medio raggio sul territorio tedesco. Il cancelliere tedesco Olaf Scholz lo ha detto in modo innocente: “Gli Stati Uniti hanno deciso di schierare sistemi d’attacco ad alta precisione in Germania, e questa è una buona decisione”. Gli USA hanno deciso.

E con tutto ciò, John Kirby, coordinatore per le questioni dei media a Washington, a nome del Presidente degli Stati Uniti, dichiara: “Non stiamo lottando per una terza guerra mondiale. Ciò avrebbe conseguenze disastrose per il continente europeo”. Come si suol dire, un lapsus freudiano: Washington è convinta che a soffrire una nuova guerra globale non saranno gli Stati Uniti, ma i suoi alleati europei. Se la strategia dell’amministrazione Biden si basa su tale analisi, allora si tratta di un’illusione estremamente pericolosa. Ebbene, gli europei, ovviamente, devono rendersi conto del ruolo suicida che è loro destinato.

Gli americani, dopo aver messo “sotto le armi” l’intero Occidente collettivo, stanno espandendo la guerra commerciale ed economica con gli indesiderabili, scatenando una campagna senza precedenti di misure coercitive unilaterali che ha un effetto boomerang, prima di tutto, in tutta Europa e porta a un’ulteriore frammentazione dell’economia. I Paesi del Sud del mondo in Asia, Africa e America Latina soffrono delle pratiche neocoloniali dei Paesi occidentali. Sanzioni illegali, numerose misure protezionistiche e restrizioni all’accesso alla tecnologia contraddicono direttamente il vero multilateralismo e creano seri ostacoli al raggiungimento degli obiettivi dell’agenda di sviluppo delle Nazioni Unite.

Dove sono tutti gli attributi del libero mercato che gli Stati Uniti e i loro alleati hanno insegnato a tutti per così tanti anni? Economia di mercato, concorrenza leale, inviolabilità della proprietà, presunzione di innocenza, libertà di movimento delle persone, delle merci, dei capitali e dei servizi: oggi tutto questo è stato gettato nella spazzatura. La geopolitica ha sepolto le leggi del mercato che un tempo erano sacre per l’Occidente. Recentemente abbiamo ascoltato le richieste pubbliche da parte dei funzionari statunitensi e dell’UE affinché la Cina riduca la “produzione in eccesso” nelle industrie ad alta tecnologia, dal momento che l’Occidente ha iniziato a perdere i suoi vantaggi a lungo termine in tali settori. Ora, invece dei principi del mercato, ci sono quelle stesse “regole”.

Cari colleghi,

Le azioni degli Stati Uniti e dei loro alleati interferiscono con la cooperazione internazionale e con la costruzione di un mondo più giusto, prendono in ostaggio interi Paesi e regioni, impediscono alle persone di realizzare i diritti sovrani sanciti dalla Carta delle Nazioni Unite e distraggono dal tanto necessario lavoro congiunto per risolvere conflitti in Medio Oriente, Africa e altre regioni, per ridurre la disuguaglianza globale, eliminare le minacce del terrorismo e della criminalità legata alla droga, della fame e delle malattie.

Sono convinto che questa situazione possa essere corretta, ovviamente con la buona volontà. Per fermare lo sviluppo degli eventi secondo uno scenario negativo, vorremmo proporre alla discussione una serie di passi volti a ripristinare la fiducia e stabilizzare la situazione internazionale.

1) E’ necessario eliminare una volta per tutte le cause profonde della crisi scoppiata in Europa. Le condizioni per stabilire una pace duratura in Ucraina sono state delineate dal presidente della Federazione Russa Vladimir Putin, non le ripeterò.

Una soluzione politica e diplomatica deve essere accompagnata da passi concreti per eliminare le minacce alla Federazione Russa provenienti dalla direzione occidentale ed euro-atlantica. Nel concordare garanzie e accordi reciproci, sarà necessario tenere conto delle nuove realtà geostrategiche del continente eurasiatico, dove si sta formando un’architettura continentale di sicurezza veramente uguale e indivisibile. L’Europa rischia di rimanere indietro rispetto a questo processo storico oggettivo. Siamo pronti a trovare un equilibrio di interessi.

2) Il ripristino dell’equilibrio di potere regionale e globale deve essere accompagnato da sforzi attivi per affrontare le disuguaglianze nell’economia globale. In un mondo multipolare, per definizione, non dovrebbero esserci monopolisti nella regolamentazione monetaria e finanziaria, nel commercio o nella tecnologia. Questo punto di vista è condiviso dalla stragrande maggioranza dei membri della comunità mondiale. Di particolare importanza è la rapida riforma delle istituzioni di Bretton Woods e dell’OMC, le cui attività dovrebbero riflettere il peso reale dei centri di crescita e sviluppo non occidentali.

3) Se vogliamo che funzionino a beneficio di tutti, devono verificarsi cambiamenti seri e qualitativi in altre istituzioni di governance globale. Si tratta innanzitutto della nostra Organizzazione che, nonostante tutto, è l’incarnazione del multilateralismo, ha una legittimità unica e universale e un’ampiezza di competenze generalmente riconosciuta.

Un passo importante verso il ripristino dell’efficacia delle Nazioni Unite sarebbe che tutti i suoi membri riaffermassero il loro impegno nei confronti dei principi della Carta delle Nazioni Unite, e non in modo selettivo, ma nella loro interezza e interconnessione. Possiamo riflettere insieme su quale forma potrebbe assumere tale riconferma.

Il Gruppo di Amici in Difesa della Carta delle Nazioni Unite, formato su iniziativa del Venezuela, sta facendo molto lavoro. Invitiamo tutti i Paesi che mantengono la fede nello stato del diritto internazionale a unirsi al suo lavoro.

Un elemento chiave della riforma delle Nazioni Unite dovrebbe essere un cambiamento nella composizione del Consiglio di Sicurezza, anche se questo da solo non consentirà di ottenere risultati produttivi a meno che non vi sia un accordo di base sul modus operandi tra i membri permanenti. Questa considerazione, tuttavia, non cancella l’imperativo di eliminare gli squilibri geografici e geopolitici nel Consiglio di Sicurezza, dove oggi i Paesi dell’Occidente collettivo sono chiaramente sovrarappresentati. Raggiungere l’accordo più ampio possibile sui parametri specifici della riforma per rafforzare la rappresentanza di Asia, Africa e America Latina è un passo atteso da tempo.

Sono necessari cambiamenti anche nella politica del personale del Segretariato per eliminare il predominio dei cittadini e dei sudditi dei Paesi occidentali nelle strutture amministrative dell’Organizzazione. Il Segretario Generale ed il suo personale sono tenuti ad osservare rigorosamente, senza alcuna eccezione, i principi di imparzialità e neutralità, come prescritto dall’art. 100 della Carta dell’ONU, che non ci stanchiamo di ricordarvi.

4) Oltre all’ONU, altre associazioni multilaterali sono chiamate a contribuire al rafforzamento dei principi multipolari della vita internazionale. Tra questi c’è il G20, che comprende sia i Paesi a maggioranza mondiale che gli Stati occidentali. Il mandato del G20 è strettamente limitato alle questioni di economia e sviluppo, quindi è importante che un dialogo sostanziale su questa piattaforma sia libero da tentativi opportunistici di introdurre temi geopolitici. Altrimenti rovineremo questa utile piattaforma.

I BRICS e l’Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai stanno svolgendo un ruolo sempre più importante nella costruzione di un ordine multilaterale giusto basato sui principi della Carta delle Nazioni Unite. Riuniscono Paesi che rappresentano diverse regioni e civiltà, cooperando sulla base dell’uguaglianza, del rispetto reciproco, del consenso e dei compromessi reciprocamente accettabili: il “gold standard” dell’interazione multilaterale che coinvolge le grandi potenze.

Associazioni regionali come la Comunità degli Stati Indipendenti, l’Organizzazione-Trattato per la Sicurezza Collettiva, l’Unione Economica Euroasiatica, l’Associazione delle Nazioni del Sud-est asiatico, il Consiglio di cooperazione degli Stati del golfo Persico, la Lega degli Stati arabi, l’Unione Africana e la Comunità di Stati Latinoamericani e dei Caraibi sono di importanza pratica per l’instaurazione della multipolarità. Riteniamo che sia un compito importante stabilire diversi legami tra loro, coinvolgendo anche il potenziale delle Nazioni Unite. La presidenza russa del Consiglio dedicherà uno dei suoi prossimi incontri all’interazione tra l’ONU e le organizzazioni regionali eurasiatiche.

Cari colleghi,

Intervenendo al forum parlamentare BRICS il 9 luglio di quest’anno a San Pietroburgo, il presidente russo Vladimir Putin ha affermato: “La formazione di un ordine mondiale che rifletta i reali equilibri di potere è un processo complesso e per molti versi persino doloroso”. Riteniamo che il dibattito su questo argomento debba essere costruito senza scivolare in sterili polemiche, sulla base di un’analisi sobria dell’insieme dei fatti. E’ necessario, innanzitutto, ripristinare la diplomazia professionale, la cultura del dialogo, la capacità di ascoltare e sentire, e mantenere canali di comunicazione di crisi. La vita di milioni di persone dipende dalla capacità dei politici e dei diplomatici di formulare qualcosa come una visione condivisa del futuro. Se il nostro mondo sarà diverso ed equo dipende solo dai Paesi membri. Vorrei sottolineare ancora una volta che esiste un fulcro: questa è la Carta della nostra Organizzazione. Se tutti, senza eccezione, ne seguiranno lo spirito e la lettera, le Nazioni Unite saranno in grado di superare le attuali differenze e giungere a un denominatore comune sulla maggior parte delle questioni. La “fine della storia” non è avvenuta. Lavoriamo insieme per iniziare la storia del vero multilateralismo, che riflette tutta la ricchezza della diversità culturale e di civiltà dei popoli del mondo. Vi invitiamo ad una discussione che, ovviamente, dovrebbe essere solo onesta.

Fonte: Ministero degli esteri russo (in russo, con traduzioni in francese ed inglese)

domenica 7 luglio 2024

085 Italiani di Russia

Ottantacinquesimo notiziario settimanale di lunedì 8 luglio 2024 degli italiani di Russia. Buon ascolto e buona visione.

Attualità

Non è assolutamente possibile “eliminare”, o “cancellare” la Russia dalla politica globale, perché il “mondo ha bisogno” della Russia. Lo ha scritto l’Ambasciatore della Russia in Italia, Aleksej Paramonov, in un articolo pubblicato su “La Repubblica”, intitolato “Un errore escludere la Russia dal proscenio internazionale”.

“I processi di globalizzazione avviati dall’Occidente alle sue condizioni – ha sottolineato il capo della Rappresentanza diplomatica russa a Roma – non sono riusciti a cancellare il desiderio della maggior parte dei Paesi del mondo di preservare le origini della propria tradizione, le fondamenta di cultura e civiltà; né sono riusciti a cancellare la loro aspirazione alla giustizia, alla democratizzazione della vita internazionale e alla sovranità”.

In questo contesto, l’Ambasciatore Paramonov ha notato come “nel mondo non occidentale” stiano iniziando a “cristallizzarsi” formati diversi, tra cui l’Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai, il gruppo dei Paesi BRICS ed altre organizzazioni internazionali, che vogliono non un mondo diviso in blocchi, ma un autentico mondo multipolare. Il diplomatico ha sottolineato che “il fattivo azzeramento da parte dell’Occidente delle sue interazioni con la Russia ha fatto saltare quella che era l’agenda globale prevista per questioni chiave quali il controllo sugli armamenti e la non proliferazione nucleare, il contrasto alla militarizzazione dello spazio cosmico e del cyberspazio, la lotta al riscaldamento globale e molti altri argomenti”.

Secondo Paramonov un “nuovo punto di svolta nello sviluppo globale” è contraddistinto “dall’esigenza di costituire un ordine mondiale multipolare che sia in grado di garantire spazio di autonomia a tutti i popoli e a tutti i Paesi”.

Nelle fasi iniziali della sua formazione, anche l’Unione Europea si stava integrando in tale contesto in qualità di potenziale attore autonomo e dotato di una certa influenza. Tuttavia, di fatto, la rinuncia da parte della burocrazia di Bruxelles, sempre più autoreferenziale, alla propria “autonomia strategica” per il momento ha messo fine a tale prospettiva.

Non è imputabile alla Russia il fatto che l’architettura per la sicurezza europea abbia cessato di esistere: ciò è conseguenza dell’ossessione occidentale per il NATO-centrismo e del suo totale rifiuto di scendere a compromessi con Mosca.

Tale situazione ha spinto di recente il Presidente Putin a farsi avanti con un’iniziativa fortemente proiettata verso il futuro, incentrata sulla creazione in Eurasia di un sistema di sicurezza internazionale che sia operativo per l’intero continente e aperto a tutti i Paesi che ne fanno parte, a inclusione di quelli situati nelle sue regioni più occidentali.

Questo nuovo punto di svolta nello sviluppo globale è contraddistinto dall’esigenza di costituire un ordine mondiale multipolare che sia in grado di garantire spazio di autonomia a tutti i popoli e a tutti i Paesi.

Vi è anche la necessità di svolgere un lavoro di eliminazione dei difetti sistemici presenti nell’architettura internazionale, i quali continuano a sussistere dal 1945 per motivi di inerzia, tra cui spicca la poca influenza esercitata dai Paesi non occidentali sui meccanismi globali.

Per ogni nuova “regola del gioco” che riguardi le questioni di armonizzazione tra gli interessi dei diversi Paesi, sarà inaccettabile qualsiasi richiamo alla concezione dell’”ordine basato su regole”. Pure l’idea della “contrapposizione tra democrazie e autocrazie” è artificiale e dannosa.

Giorgia Meloni ha riferito sulla situazione relativamente alle proposte di nuove nomine, al vertice della UE, dopo le recenti elezioni per il Parlamento europeo.

Intanto, quello che colpisce anche i più temprati e convinti oppositori della UE e del suo ruolo è che dopo la sonora sconfitta subìta, con il diffuso astensionismo e l’avanzata delle forze di destra, nel panorama europeo, proprio i leader più sonoramente “trombati” dal voto popolare, il Presidente francese Macron ed il Cancelliere tedesco Scholz, unitamente al leader polacco Tusk, abbiano fatto comunella, per presentare agli altri leader europei, una “proposta” sugli incarichi più importanti che dovrebbero essere assegnati nella prossima legislatura UE, partendo da un rinnovato mandato di presidente, per un Ursula von der Leyen bis, che dovrebbe caratterizzare i prossimi anni.

Naturalmente, un certo imbarazzo, di fronte a tale situazione, lo ha espresso, anche, in aula, nel suo intervento alla Camera dei Deputati, Giorgia Meloni che, come capo di governo di un Paese, l’Italia appunto, cofondatore della stessa UE e terza economia del continente, si vede messa di fronte ad un “fatto compiuto”, non di poco svilente il ruolo del nostro Paese.

Ma, si sa che, una volta fatta la “scelta dell’Europa”, della “NATO” e dell’alleanza “con gli USA”, non resterà, al Premier italiano, che spingere nella direzione, peraltro consigliatagli dalle sedicenti “opposizioni” di M5S e PD, di ottenere un “incarico di prestigio”, all’interno dei nuovi organigrammi postelettorali della UE, per il nostro Paese.

E qui emerge, a chiare lettere, il ruolo di Parlamento europeo, Consiglio e Commissione Europea, dopo l’avvenuta débâcle elettorale, in termini di consenso popolare, dopo anni di politiche economiche e sociali antipopolari e filopadronali, improntate al più feroce massacro sociale neoliberista, che ha ampliato le differenze e disuguaglianze sociali, allargando sempre più gravemente miseria e povertà.

Gli sconfitti serrano i ranghi, stringono i tempi delle decisioni sui nuovi organigrammi, per il rilancio delle stesse politiche economiche e sociali devastanti, in un sempre più marcato quadro di guerra europea ed internazionale, per riaffermare il proprio dominio unipolare come imperialismo USA ed UE, sulla base di un rilancio della NATO, nella guerra di aggressione contro la Federazione Russa, utilizzando l’Ucraina nazifascista come piattaforma strategica ed il governo dello Stato sionista d’Israele, nella guerra di sterminio contro il popolo palestinese. Questo il panorama che ne esce confermato.

Non si sono sentite, nella Camera dei Deputati della Repubblica Italiana, voci alternative a tale prospettiva. Questa è la realtà del sistema politico italiano, nella fase post elettorale che stiamo vivendo, in questi giorni successivi “ai ballottaggi”, di cui tanto si discute, nei circoli massmediatici della informazione di regime, capitalista ed imperialista.

Paradossalmente, la sinistra dovrebbe imparare da Macron, Scholz e Tusk: diversi tra loro, ma uniti se si tratta di raggiungere i loro scopi comuni. Se vogliamo, è proprio quel principio che fece il successo del vecchio PCI, quello di allora, non di adesso. Per esempio, si fossero presentati insieme i due Partiti socialdemocratici slovacchi, uno di Fico, l’altro di Pellegrini, avrebbero preso la maggioranza assoluta. Se in Germania si fossero presentati assieme Sahra Wagenknecht e Die Linke, sarebbero entrati entrambi al Parlamento Europeo, invece così solo la pur apprezzabile Wagenknecht.

Un esempio a parte è la Francia Indomita di Mélenchon. La sinistra francese è andata divisa alle Europee e infatti ha perso. Hanno imparato la lezione: al primo turno delle Politiche il Nuovo Fronte Popolare è andato coeso, socialisti, comunisti, indomiti, verdi. Non che non soffrano di contraddizioni fondanti: i socialisti sono totalmente appiattiti sull’atlantismo e sull’appoggio incondizionato ai neonazisti ucraini, i comunisti al contrario comprendono le ragioni russe, gli indomiti sono contrari alle forniture agli ucraini pur senza condividere le posizioni russe. Però intanto sono arrivati secondi dopo la destra della Le Pen, e questo ha consentito loro di presentarsi al ballottaggio del 7 luglio. A chi dice che ciò sia una spartizione delle poltrone e che sia disonesto nei confronti degli elettori, basti considerare che se lo si dichiara prima, ci si può dividere anche 24 ore dopo le elezioni, però comunque si è in Parlamento.

Questo riguarda anche l’Italia. Se Santoro, DSP, PCI si fossero presentati assieme, pur dichiarando fin dall’inizio di non voler stare assieme, li avremmo in seno al Parlamento Europeo, invece così duri e puri fuori dall’arco parlamentare. Bella soddisfazione.

Colpisce, nella narrazione in voga, che ci sia qualcuno che davvero sia convinto che la destra e il centrodestra, grazie all’astensionismo, abbia perso. Per l’Italia, basti dire che alle precedenti Europee (2019, i confronti vanno sempre fatti con elezioni omogenee) la destra Sorella d’Italia aveva preso 1.726.189 voti, mentre ora 6.724.014, passando infatti dal 6,44% al 28,8%, confermandosi primo Partito d’Italia. L’astensionismo, dunque, ha danneggiato ben altri. Su scala europea, il Partito Popolare, cioè i democristiani, di centrodestra, a cui appartiene anche Ursula Von Der Leyen, ora hanno 187 deputati su 720, mentre ne avevano 182 su 751 (effetto Brexit). Se questo è perdere, vuol dire che ora la matematica è un’opinione come un’altra. Anche per l’astensione, facciamo attenzione: è vero, aveva votato il 50,97%, ed ora il 49,22% (un decremento di appena l’1,73%), ma nel 2014 aveva votato il 42,61%. C’è quindi poco da gioire.

In settimana ci sono stati due interventi di Putin, trovate la traduzione simultanea sia sui miei canali, sia su Visione TV. Il primo è del 4 luglio ad Astana alla riunione del Consiglio dei capi di Stato, membri dell’Organizzazione per la cooperazione di Shanghai. All’inizio dell’incontro i leader hanno firmato la decisione di concedere alla Repubblica di Bielorussia lo status di Stato membro della OCS. A seguito dell’incontro è stata firmata la Dichiarazione di Astana, sono stati adottati e firmati numerosi documenti.

Il secondo è stato nei colloqui con Viktor Orbán, a Mosca. Charles Michel ha affermato che “la presidenza ungherese di turno del Consiglio dell’UE non ha il mandato per i contatti con la Russia a nome dell’Unione europea”. Orbán ha giustamente risposto che l’Ungheria non ha bisogno di tale mandato, poiché agisce per proprio conto. Ma non è questo il punto, ovviamente. Innanzitutto non è chiaro (è chiarissimo) a nome di chi Michel stia parlando. Lui è il capo del Consiglio europeo (e i suoi poteri scadranno presto), e l’Ungheria presiede il Consiglio dell’Unione europea dal 1 luglio: non vanno confuse queste due strutture completamente diverse; il Belgio, da dove proviene Michel, ha terminato i suoi poteri il 30 giugno. E in generale, cito testualmente l’articolo 15.6 dell’attuale versione del Trattato sull’Unione europea, tra i compiti del capo del Consiglio europeo figura quello di “rappresentare l’Unione europea sulla scena internazionale, fatto salvo il ruolo dell’Alto rappresentante dell’Unione europea per gli affari esteri e la politica di sicurezza”.

In sostanza, Orbán ha assunto attivamente le sue funzioni. Aveva già visitato Kiev e per qualche motivo Michel questo non lo ha commentato. Orbán ha dichiarato: “La missione di pace continua. La prossima tappa è Mosca”. Cosa c’è di sbagliato in questo?

Putin ha rivelato di aver discusso con Orbán possibili modi per risolvere il conflitto ucraino; il Primo Ministro ungherese ha menzionato i suoi recenti contatti a Kiev.

Orbán ha chiesto un cessate il fuoco per creare le condizioni per i negoziati sull’Ucraina, come riportato da Putin.

La Russia vede che Kiev non è pronta ad abbandonare completamente la guerra. Kiev rifiuta di prendere in considerazione il cessate il fuoco, poiché eliminerebbe il pretesto per estendere la legge marziale. Mosca sostiene una risoluzione completa e definitiva del conflitto, non solo un cessate il fuoco o una pausa per il riarmo di Kiev. Se l’Ucraina ponesse fine alla legge marziale, dovrebbe indire elezioni presidenziali, con le possibilità che le attuali autorità ucraine vincano prossime allo zero.

“I governi europei sono nel bel mezzo della guerra”: il primo ministro ungherese Orbán ha scritto un articolo chiedendo colloqui di pace.

“L’Europa si prepara alla guerra. Ogni giorno annunciano l’apertura di un’altra tappa sulla strada verso l’inferno. Ne siamo inondati ogni giorno: centinaia di miliardi di euro all’Ucraina, piazzando armi nucleari nel mezzo dell’Europa, reclutando i nostri figli negli eserciti stranieri, nella missione NATO in Ucraina, nell’invio di unità militari europee in Ucraina. Amici miei, sembra che il treno da guerra non abbia freni e l’autista abbia perso la testa. Dobbiamo applicare il freno di emergenza affinché almeno quelli che vogliono poter scendere dal treno e non partecipare alla guerra.

Sapete, le guerre non sempre finiscono come erano state originariamente previste. Ecco perché oggi milioni di giovani europei giacciono in fosse comuni. Ecco perché non ci sono abbastanza europei, non abbastanza bambini in Europa. La guerra uccide. Uno muore con la pistola in mano, un altro muore durante la fuga, alcuni muoiono sotto i bombardamenti, alcuni muoiono nelle carceri nemiche, altri muoiono a causa di un’epidemia o di fame. Alcuni affrontano la tortura, altri lo stupro, altri vengono rapiti e ridotti in schiavitù. Le tombe si allineano su innumerevoli file. Le madri piangono per i loro figli. Le donne piangono per i loro mariti. Quante vite perse! Sappiamo una cosa: dove scoppia la guerra non c’è via d’uscita. La guerra verrà da noi. Non possiamo evitarlo, non possiamo nasconderci da esso.

L’unico antidoto alla guerra è la pace. Stai lontano dalla guerra e lascia che l’Ungheria sia un’isola di pace. Questa è la nostra missione. Se non vogliamo che la guerra ci raggiunga, dobbiamo fermarla”.

Economia

Sono almeno 250 le imprese italiane che operano in Russia, alcune anche con una presenza produttiva.

Il dato è stato reso noto da Alessandro Liberatori, direttore dell’agenzia ICE di Mosca, durante l’assemblea annuale di GIM Unimpresa, associazione che raggruppa oltre un centinaio di queste aziende.

Nella sua relazione introduttiva il presidente di GIM Unimpresa, Vittorio Torrembini, ha riaffermato la volontà dell’associazione di continuare a sostenere le aziende italiane impegnate nel mercato russo, pur nel rispetto delle sanzioni vigenti.

“Viviamo un momento difficile, complicato, in cui anche quelle che sembravano certezze sono cadute, ma non possiamo buttare a mare 30 anni di esperienza”, ha detto, sottolineando che il governo italiano “sta cercando di limitare i danni”, specie attraverso le iniziative del ministro degli Esteri Antonio Tajani, che ha attivato un tavolo permanente per il sostegno delle aziende italiane in Russia.

Il responsabile della Farnesina ha espresso “un giudizio positivo” sulla richiesta presentata da Unicredit al Tribunale UE di sospendere la decisione della BCE di ridurre le sue attività in Russia per avere così, dalla stessa corte europea, “certezza e chiarezza sugli obblighi e sulle azioni” nel processo di uscita dal Paese.

“La BCE – ha sottolineato Tajani – non sempre può imporre tempi alle imprese per lasciare la Russia, cosa che UniCredit sta facendo, ma dobbiamo sempre fare in modo che non ci siano danni per le imprese”. All’assemblea di GIM Unimpresa ha partecipato tra gli altri l’incaricato d’affari italiano, Pietro Sferra Carini, poiché è dall’anno scorso che non abbiamo più un ambasciatore.

Al termine dei lavori si è svolto un dibattito su “Il futuro dell’economia mondiale alla luce degli attuali sconvolgimenti politici”, al quale hanno partecipato Oleg Barabanov, direttore del programma del Valdai Club e direttore dell’Istituto studi europei dell’Università MGIMO di Mosca, e Fabrizio Maronta, consigliere scientifico e responsabile delle relazioni internazionali di Limes.

L’assemblea è stata ospitata presso la sede della Camera di commercio e dell’industria di Mosca con la partecipazione del presidente, Vladimir Platonov.

A margine, la traduzione simultanea è stata espletata dal sottoscritto.

Musica

Proseguiamo con le canzoni legate in un modo o l’altro alla Russia e/o all’Italia.

Una canzone che vi avevo già proposto a gennaio, Zemljanka, una specie di rifugio sotterraneo, 1942.

Partecipano: Mosca, Krasnodar, Caterimburgo, Odessa (spero presto di nuovo russa), Samarcanda (Uzbekistan), Kišinëv (Moldavia), Taškent (Uzbekistan), Alma Ata (Kazachstan), Soči, Erevan (Armenia), Nižnij Novgorod.

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giovedì 4 luglio 2024

Putin all'OCS

Riunione del Consiglio dei Capi di Stato – Membri della OCS

Ad Astana, Vladimir Putin ha preso parte alla riunione del Consiglio dei capi di Stato, membri dell’Organizzazione per la cooperazione di Shanghai.

4 luglio 2024 11:00 Astana

L’incontro è presieduto dal presidente del Kazachstan Kassym-Žomart Tokaev. All’incontro partecipano i capi delle delegazioni degli Stati membri della OCS e i capi degli organi permanenti dell’organizzazione.

All’inizio dell’incontro i leader hanno firmato la decisione di concedere alla Repubblica di Bielorussia lo status di Stato membro della OCS.

A seguito dell’incontro è stata firmata la Dichiarazione di Astana, sono stati adottati e firmati numerosi documenti.

* * *

Discorso del presidente della Russia al vertice della OCS

Vladimir Putin: Caro Kassym-Žomart Kemelevič [Tokaev]! Cari colleghi!

Innanzitutto desidero salutare tutti voi e, naturalmente, il Presidente della Bielorussia Aleksandr Grigor’evič Lukašenko in merito al completamento della procedura per l’ammissione della Repubblica di Bielorussia a membro a pieno titolo dell’Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai.

La Russia attribuisce grande importanza all’interazione del partenariato all’interno della OCS. Siamo lieti di constatare che questa interazione continua a svilupparsi progressivamente sui principi di uguaglianza, considerazione degli interessi reciproci, rispetto per la diversità culturale e di civiltà e ricerca di soluzioni collegiali a questioni urgenti nel campo della sicurezza.

Con la partecipazione attiva dei nostri colleghi kazachi è stato preparato un pacchetto di documenti e decisioni davvero solido da sottoporre all’approvazione dell’attuale Consiglio dei Capi di Stato. La loro attuazione contribuirà senza dubbio a rafforzare il ruolo e l’influenza della OCS.

Gli approcci coordinati dei Paesi OCS agli aspetti chiave dell’agenda globale e regionale si riflettono nella Dichiarazione di Astana presentata per l’approvazione al vertice. Evidenzia ulteriormente l’impegno di tutti i partecipanti alla OCS per la formazione di un giusto ordine mondiale multipolare basato sul ruolo centrale delle Nazioni Unite, sul diritto internazionale e sul desiderio degli Stati sovrani di una partnership reciprocamente vantaggiosa.

Le linee guida a lungo termine per approfondire ulteriormente l’interazione non solo nella politica e nella sicurezza, ma anche nell’economia, nell’energia, nell’agricoltura, nell’alta tecnologia e nell’innovazione sono contenute nel progetto di decisione sullo sviluppo della strategia di sviluppo della OCS fino al 2035. Ciò è importante dal punto di vista dell’approfondimento della cooperazione pratica in tutti i settori che rientrano nell’ambito delle attività della nostra organizzazione.

Gli stretti legami economici portano evidenti dividendi a tutti i partecipanti. I fatti parlano da soli: la crescita media del PIL dei Paesi membri della nostra organizzazione lo scorso anno è stata di oltre il 5%, la produzione industriale del 4,5%, mentre il tasso di inflazione è stato solo del 2,4%. Allo stesso tempo, il fatturato commerciale della Russia con gli Stati della OCS è aumentato di un quarto.

In questo contesto, vorrei sottolineare che i nostri Paesi stanno aumentando l’uso della loro valuta nazionale negli accordi reciproci. Ad esempio, la loro quota nelle transazioni commerciali della Russia con i partecipanti dell’organizzazione nei primi quattro mesi di quest’anno ha già superato il 92%. Permettetemi di ricordarvi la proposta russa di creare un proprio meccanismo di pagamento e regolamento nella OCS.

Le riunioni regolari dei ministri responsabili del blocco economico e le riunioni dei capi dei ministeri delle finanze e delle banche centrali danno un contributo significativo allo sviluppo dei legami commerciali e di investimento nello spazio OCS.

Il consiglio aziendale dell’organizzazione lavora in modo dinamico, con l’aiuto del quale gli ambienti imprenditoriali dei nostri Paesi hanno l’opportunità di aderire a progetti comuni reciprocamente vantaggiosi. L’Associazione interbancaria dell’Organizzazione di Shanghai è strettamente coinvolta nel finanziamento di tali progetti.

Naturalmente, uno dei compiti prioritari nelle attività della OCS è stato e rimane il mantenimento della sicurezza negli Stati membri e lungo il perimetro delle frontiere esterne. Questo è esattamente l’obiettivo delle decisioni prese oggi di trasformare la struttura antiterrorismo regionale della OCS in un centro universale che risponderà all’intera gamma di minacce alla sicurezza, nonché di istituire un centro antidroga a Dušanbe. Il programma triennale di cooperazione in questo ambito che abbiamo approvato contribuirà anche alla lotta al terrorismo, al separatismo e all’estremismo.

E’ gratificante che i Paesi della OCS stiano costantemente aumentando l’interazione sul piano culturale e umanitario. Si sviluppano contatti nei settori della scienza e dell’istruzione, della tutela dell’ambiente, della sanità e della lotta contro le epidemie. Crescono il turismo, lo sport e gli scambi giovanili.

L’Università OCS funziona con successo, unendo 77 università dei nostri Stati. Si tengono regolarmente forum di rettori universitari e settimane di formazione, che aiutano a costruire collegamenti tra studenti, insegnanti, imprese e settore pubblico.

Il Consiglio dei giovani della OCS, creato su iniziativa della Russia, svolge un ruolo di coordinamento nell’espansione dei contatti giovanili.

Questa primavera i Paesi dell’associazione hanno preso parte al Festival Mondiale della Gioventù a Soči e ad una conferenza dei giovani dedicata al dialogo interculturale. Aspettiamo i rappresentanti di tutti i vostri Stati, cari amici, a settembre a Dubna, nella regione di Mosca, al programma internazionale per giovani “Incubatrice degli affari dell’OCS”.

Cari colleghi! Nelle condizioni attuali, quando nel mondo si stanno verificando cambiamenti rapidi e irreversibili, la posizione attiva e proattiva della OCS negli affari internazionali è senza dubbio richiesta.

Un mondo multipolare è diventato una realtà. Si sta espandendo la cerchia degli Stati che sostengono un ordine mondiale giusto e sono pronti a difendere con risolutezza i propri diritti legittimi e i valori tradizionali. Nuovi centri di potere e di crescita economica stanno emergendo e rafforzandosi.

Siamo convinti che l’Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai, insieme ai BRICS, siano i pilastri principali del nuovo ordine mondiale emergente. Sono queste associazioni che agiscono come una potente locomotiva per i processi di sviluppo globale e l’instaurazione di una vera multipolarità.

Un passo in questa direzione è l’iniziativa degli Stati membri della OCS sull’unità mondiale per una pace e un’armonia giuste, la decisione che dobbiamo prendere oggi. Questa iniziativa è chiaramente mirata a sviluppare misure di rafforzamento della fiducia nel campo della stabilità e della sicurezza, principalmente nella nostra comune regione eurasiatica, misure che garantiscano le condizioni per una crescita sostenibile per tutti allo stesso modo, indipendentemente dal sistema politico ed economico, o dall’appartenenza ad un particolare religione e confessioni, caratteristiche dello stile di vita culturale.

A proposito, nella stessa linea va la proposta della Russia di creare una nuova architettura di cooperazione, sicurezza indivisibile e sviluppo in Eurasia, progettata per sostituire i modelli eurocentrici ed euro-atlantici obsoleti, che davano vantaggi unilaterali solo a un singolo Stato. Il risultato di un tale ordine mondiale è noto: un numero crescente di crisi in tutto il mondo, una delle quali, ovviamente, è quella ucraina.

La Russia ha sempre sostenuto e sostiene una soluzione pacifica, politica e diplomatica della situazione in Ucraina, una crisi nata a seguito della politica assolutamente senza cerimonie degli Stati Uniti guidati dai suoi satelliti. Abbiamo più volte avanzato proposte concrete a questo riguardo. Permettetemi di ricordarvi che a metà giugno abbiamo presentato un’altra opzione di soluzione che, se la parte ucraina e, soprattutto, i suoi sponsor occidentali fossero pronti ad accettare, consentirebbe letteralmente all’istante di fermare immediatamente le ostilità, salvare vite umane e iniziare le trattative.

Cari colleghi! Siamo grati ai partecipanti dell’Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai per le loro proposte per risolvere questo conflitto. La Russia è certamente pronta a tenere conto delle vostre idee e iniziative.

Riteniamo che sia corretto affermare che l’Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai è stata tradizionalmente coinvolta da vicino nei problemi dell’Afghanistan. Sosteniamo l’idea di riprendere le attività del gruppo di contatto OCS-Afghanistan. Riteniamo che ciò contribuirà a un’ulteriore normalizzazione della situazione in questo Paese.

Sfortunatamente, nel continente eurasiatico, nella Grande Eurasia, ci sono ancora altri potenziali focolai di conflitto, la cui crescita è irta di caos e instabilità.

Innanzitutto si tratta, ovviamente, del Medio Oriente e, in particolare, della situazione nella Striscia di Gaza. La storia ha chiaramente dimostrato l’impossibilità e la controproduttività dei tentativi individuali, in particolare da parte degli Stati Uniti, di tagliare il “nodo” palestinese e del rifiuto di attuare le decisioni delle Nazioni Unite che prevedono chiaramente la creazione e la coesistenza pacifica di due Stati indipendenti e sovrani – Israele e Palestina.

In generale, le questioni relative alla garanzia della sicurezza e della stabilità sia nello spazio eurasiatico che nella più ampia dimensione globale richiedono persistentemente un coinvolgimento attivo da parte della OCS e dei suoi Stati membri, una linea energica e calibrata che tenga conto delle aspirazioni dei nostri Paesi che la pensano allo stesso modo tra i Paesi della maggioranza mondiale.

Cari colleghi!

Come è già stato sottolineato, man mano che si rafforzano l’autorità e l’influenza della OCS, cresce l’interesse per le sue attività da parte di altri Stati e strutture internazionali. Molti di loro si sforzano di stabilire un dialogo paritario con la nostra organizzazione e di unirsi al suo lavoro. E, naturalmente, dobbiamo considerare attentamente l’intero solido portafoglio di domande di coloro che desiderano collaborare con noi in un modo o nell’altro.

In conclusione, vorrei ringraziare i nostri amici kazachi per aver organizzato il nostro incontro e, naturalmente, augurare successo al Presidente della Repubblica popolare cinese, al nostro amico Xi Jinping e a tutti gli amici cinesi, ai quali, dopo l’attuale vertice, vengono trasferite le funzioni di presidente dell’organizzazione.

Grazie per l’attenzione.

Fonte (in russo): Cremlino