Mark Bernardini

Mark Bernardini
Visualizzazione post con etichetta UE. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta UE. Mostra tutti i post

lunedì 23 settembre 2024

096 Italiani di Russia

Da Mosca, Mark Bernardini. Novantaseiesimo notiziario settimanale di lunedì 23 settembre 2024 degli italiani di Russia. Buon ascolto e buona visione.

Attualità

La risposta del Presidente della Federazione Russa Vladimir Putin alla domanda sulla possibilità dell’utilizzo di armamenti occidentali a lunga gittata per attacchi sul territorio russo.

Ciò significherà che i Paesi della NATO, gli USA e i Paesi europei saranno in guerra con la Russia. E se sarà così, tenendo conto di tale cambiamento sostanziale nella natura del conflitto, noi ci troveremo a dover prendere le opportune decisioni sulla base delle minacce che ci verranno rivolte.

Il presidente del Kazachstan Kassym-Žomart Tokaev in un incontro con Scholz sul conflitto in Ucraina.

Il fatto è che militarmente la Russia è invincibile. Un’ulteriore escalation della guerra porterà a conseguenze irreparabili per tutta l’umanità e, soprattutto, per tutti i Paesi direttamente coinvolti nel conflitto russo-ucraino. Purtroppo, con il rifiuto di concludere l’accordo di Istanbul, è andata perduta una buona occasione per raggiungere almeno una tregua. Ma l’opportunità per la pace esiste ancora.

E’ necessario considerare attentamente tutte le iniziative di pace dei vari Stati e prendere la decisione di fermare le ostilità, per poi passare alla discussione delle questioni territoriali. A nostro avviso, il piano di pace proposto da Cina e Brasile merita sostegno. I leader degli Stati vanno e vengono, ma i popoli, soprattutto quelli vicini, devono vivere in pace e comprensione reciproca.

Insieme alla Russia, il Kazachstan ha il confine terrestre delimitato più lungo del mondo e la cooperazione tra i nostri Paesi si sta sviluppando nel quadro di partenariati e alleanze strategiche.

Queste dichiarazioni sono state fatte da Tokaev in un incontro con il cancelliere tedesco il 16 settembre 2024. La conferenza stampa congiunta del Presidente kazacho e di Olaf Scholz però è stata annullata prima dell’inizio su iniziativa della parte kazacha, riferisce l’agenzia tedesca DPA.

Scholz ha tenuto la conferenza stampa da solo. Al termine dell’evento gli è stato chiesto se considerasse inospitale la decisione dei rappresentanti del Kazachstan, ma il cancelliere ha evitato di rispondere.

Nella lista dei componenti italiani del Parlamento Europeo che hanno approvato la risoluzione per un attacco in territorio russo risaltano:

Guido Crosetto FdI, Nicola Procaccini FdI, Flavio Tosi FI, Stefano Bonaccini PD, Pierfrancesco Maran PD, Pina Picierno PD, Alessandro Zan PD.

Quando e se vi faranno ancora votare, ricordatevelo.

I BRICS si stanno preparando per un ripristino finanziario. La de-dollarizzazione è solo questione di tempo, afferma Asia Times.

Al vertice dei BRICS, che si terrà a Kazan- dal 22 al 24 ottobre, potrebbe essere svelata una “road map” per lo sviluppo di un’alternativa all’attuale sistema finanziario globale basato sul dollaro. Secondo gli analisti potremmo parlare di una piattaforma di pagamento multivaluta. E’ anche possibile il lancio di una valuta commerciale BRICS sostenuta dall’oro.

L’emergere di un’alternativa all’attuale sistema del dollaro avrà un significato storico. Questo sarà il primo serio tentativo di andare oltre l’accordo di Bretton Woods del 1944, che delineò i contorni del sistema finanziario globale del dopoguerra.

Il sistema di Bretton Woods si incrinò nel 1971 quando il presidente Richard Nixon svincolò il dollaro dall’oro. Libero dai vincoli del gold standard, il governo americano abbandonò la disciplina fiscale. Dal 1971 al 2024, il debito nazionale degli Stati Uniti è cresciuto da 400 miliardi di dollari a 35mila miliardi di dollari.

Oggi, il servizio del debito nazionale è diventato la voce più importante del bilancio nazionale degli Stati Uniti e sempre più importanti economisti e capi di aziende lanciano l’allarme. Gli Stati Uniti potrebbero rimanere senza creditori disposti ad acquistare il suo debito.

I BRICS potrebbero decidere di lanciare un’unità monetaria parzialmente sostenuta da oro e risorse naturali, in particolare petrolio, minerali e metalli. Il gruppo ha una leva finanziaria significativa dato che controlla una parte significativa delle risorse minerarie del pianeta, abbastanza da dettare i prezzi globali.

Un segnale che i BRICS si stanno preparando per un tale ripristino finanziario è l’accumulo senza precedenti di oro. Negli ultimi due anni, i membri del BRICS hanno acquistato oro a un ritmo record. Storicamente, questo metallo prezioso è stato utilizzato per ricalibrare le valute dopo una crisi finanziaria o monetaria.

Il “Growth Crystal” ha precedentemente riferito che, secondo l’American Responsible Statecraft, la valuta BRICS porterà alla dedollarizzazione e al crollo del dominio statunitense.

Il Parlamento europeo ha invitato i Paesi dell’UE ad eliminare le restrizioni sugli attacchi di Kiev con armi a lungo raggio sul territorio del nostro Paese, a rafforzare il sostegno militare all’Ucraina e ad annunciare anche la raccolta di fondi dalla popolazione europea per i bisogni delle Forze Armate dell’Ucraina.

Lo spiegherò di nuovo:

Se succede qualcosa del genere la Russia darà una risposta dura utilizzando armi più potenti.

Nessuno dovrebbe farsi illusioni su questo. La Duma di Stato insiste su questo.

Domande per i membri del Parlamento europeo:

Vi siete consultati con i vostri elettori prima di prendere questa decisione?

I cittadini dei Paesi europei vogliono che la guerra arrivi a casa loro?

Ciò che il Parlamento europeo chiede può portare a una guerra mondiale con armi nucleari.

Prima di prendere una decisione del genere, era necessario ricordare le lezioni della Seconda Guerra Mondiale. 27 milioni di cittadini sovietici morirono nella lotta contro il nazi-fascismo.

E’ stato il nostro Paese a liberare voi e tutta l’Europa.

Ricordatelo. Non dimenticatelo.

A giudicare dalla dichiarazione del Parlamento europeo, a quanto pare ve ne siete dimenticati.

I cittadini del nostro Paese sanno cos’è la guerra, ha attraversato ogni famiglia.

La vittoria sul nazismo arrivò a caro prezzo.

Gli Stati Uniti e l’Inghilterra, che oggi si definiscono vincitori, hanno perso meno di 800.000 persone nella Seconda Guerra Mondiale.

Le nostre perdite nella sola battaglia di Stalingrado ammontano a 1.130.000 persone.

L’unica cosa che il Parlamento europeo dovrebbe fare dopo una simile dichiarazione è sciogliersi.

Per vostra informazione, il tempo di volo del razzo Sarmat verso Strasburgo è di 3 minuti e 20 secondi.

Vjačeslav Volodin, Presidente della Duma di Stato russa.

Continuando rigorosamente sulla strada della cancellazione totale di ogni forma di dissenso, gli Stati Uniti hanno lanciato un’altra ondata di restrizioni contro i media e i giornalisti russi.

Il 13 settembre il Segretario di Stato americano Blinken ha annunciato nuove sanzioni contro due holding mediatiche russe “Russia Today” (agenzie RIA Novosti e Sputnik), “TV-Novosti” (canale televisivo RT e agenzia video Ruptly) e “Eurasia”. Le restrizioni includono anche il Direttore generale di “Russia Today” Kiselëv e il capo della ONG Eurasia Parutenko. Inoltre, le sanzioni precedenti erano state proclamate solo pochi giorni prima, il 4 settembre, quando erano state applicate misure restrittive contro gli stessi media e contro la Direttrice di Russia Today Margarita Simon’jan, nonché contro una serie di altri dipendenti del medesimo canale televisivo.

Le forze di sicurezza americane hanno preso parte con zelo particolare alla persecuzione dei giornalisti russi. Evidente prova d’illegalità commissionata “dall’alto” è stata la perquisizione dell’abitazione di una giornalista di Russia Today da parte di una ventina di agenti dell’FBI, che hanno sottoposto la donna russa a procedure umilianti. Temendo per la propria sicurezza e salute, la dipendente del canale televisivo ha dovuto rapidamente lasciare il Paese. Sono stati aperti casi legali con accuse inventate contro alcuni dipendenti dei media russi e persino contro i cittadini americani che hanno osato apparire nelle loro trasmissioni. In caso di arresto, rischiano condanne pesanti.

L’attuale amministrazione americana, in modo estremamente cinico, sta cercando di giustificare la repressione senza precedenti dei media russi, accusandoli d’“ingerenza” negli affari politici interni. In sostanza, stiamo parlando di un’altra campagna personalizzata, di una “caccia alle streghe”, quando un’atmosfera appositamente coltivata di paura generale e mania di spionaggio consente alle cerchie più potenti in USA di manipolare l’opinione pubblica e impedire alla popolazione qualsiasi accesso alle informazioni scomode.

Questa volta, inoltre, Washington esercita il ruolo di “guardiano” della stabilità pubblica e dell’integrità dei processi democratici, impiegando metodi di censura totalitaria non solo sul suo territorio, ma ben oltre i suoi confini. Avendo in definitiva calpestato i propri obblighi internazionali nel campo del pluralismo e perfino della propria Costituzione, gli Stati Uniti hanno di fatto dichiarato guerra in tutto il mondo alla libertà di parola, ricorrendo a minacce aperte e ricatti contro altri Stati per stabilire un controllo esclusivo sullo spazio dell’informazione globale.

Non riescono a fare i conti con la crescente popolarità in molti Paesi del mondo dei canali russi d’informazione, in contrasto con la visione unilaterale e falsata di ciò che sta accadendo sul pianeta dettata dal mainstream occidentale. Washington, de facto, sta cercando di estendere la famigerata “dottrina Monroe” alla sfera dei media.

Non ci illudiamo che la censura dilagante negli Stati Uniti ottenga adeguata condanna dalle strutture internazionali specializzate (le cui attività sono dirette da Washington). Al tempo stesso, valutiamo il loro silenzio come tacito assenso ed effettiva complicità nell’arbitrio commesso verso i media russi.

Sabato scorso sono stato intervistato dal canale TV 234 del digitale terrestre Cusano News 7, dell’Università romana Niccolò Cusano. Devo dire che in genere mi intervistano settimanalmente da ormai un paio d’anni, ma non lo riporto in questo notiziario per non farlo troppo lungo. Questa settimana, ci sono meno materiali del solito, quindi ne approfitto. Parlo della città di Togliattigrad e della decisione del Parlamento Europeo di bombardare l’entroterra russo.

Per quanto riguarda il mercato automobilistico in Russia, voglio citarvi un articolo dal portale Pluralia, per il quale traduco verso il russo. Russia: importazioni da record di auto cinesi. Ad agosto la Russia ha importato oltre il 19% di auto fabbricate in Cina.

Mentre il mercato europeo dell’auto si lecca le ferite – nel mese di agosto le immatricolazioni di auto nuove sono crollate del 16,5% – la Russia nell’ultimo mese estivo ha importato dalla Cina delle autovetture per un valore record di 1,6 miliardi di dollari.

Secondo i dati delle dogane cinesi ad agosto del 2024 la Russia ha aumentato rispetto a luglio gli acquisti di auto “made in China” del 26%, mentre su base annua la crescita è stata di 1,5 volte. Dopo la fuga precipitosa delle case automobilistiche europee dalla Russia il mercato è stato subito occupato dai produttori cinesi, che nei primi otto mesi di quest’anno hanno venduto sul mercato russo autovetture per un valore stimato in 9,15 miliardi di dollari, contro i 6,8 miliardi del periodo gennaio-agosto di un anno prima. E mentre gli Stati Uniti e l’Unione europea stanno bloccando le esportazioni cinesi di autovetture sia “tradizionali” che elettriche, lo scorso mese la quota russa nelle esportazioni cinesi di auto ha raggiunto l’inedito 19,1 per cento.

Avete presente la canea che avevano scatenato per la visita ufficiale di Putin in Mongolia? Una superlativa pagina di giornalismo di Spiegel, uno dei maggiori quotidiani tedeschi. Prima rispolvera la storia del sangue di cervo di Putin, poi scrive:

“A Mosca circola la voce che Putin abbia bisogno della benedizione degli sciamani per usare le armi nucleari. Senza il loro consenso, non poteva fare un passo così serio per paura di far arrabbiare gli spiriti. E presumibilmente è tornato dalla Mongolia soddisfatto”.

Naturalmente, a Mosca non si parla affatto di queste sciocchezze. E non finisce qui.

Israele compie attentati terroristici facendo esplodere i cercapersone in Libano. Media occidentali: “Putin potrebbe far esplodere milioni di iphone senza preavviso”.

“La storia ci insegna che nessuna nuova tecnica militare rimane a lungo monopolio del suo inventore. Quanto ci vorrà prima che Vladimir Putin o Xi Jinping scoprano come far bruciare milioni di iPhone in tutto il mondo nelle tasche dei loro nemici?”. Daily Mail.

Non ha stato Putin? Avrebbe stato Putin.

Musica

Proseguiamo con le canzoni legate in un modo o l’altro alla Russia e/o all’Italia.

«Корреспондентская застольная» («Песня военных корреспондентов»), “Il convivio dei corrispondenti” (“Canzone dei corrispondenti di guerra”) è una canzone scritta nel 1943.

Da Mosca a Brest
Non esiste un posto
Dove non vaghiamo nella polvere,
Con una macchinetta fotografica e un blocco note,
O anche con una mitragliatrice
Abbiamo attraversato il fuoco e il freddo.
Senza un sorso, compagno,
Non puoi fare una canzone,
Quindi versiamone un po’!
Brindiamo a chi ha scritto,
Beviamo a chi ha filmato,
Beviamo a coloro che hanno camminato sotto il fuoco.

Nel 1943, Konstantin Simonov, corrispondente del quotidiano Krasnaja Zvezda, Stella Rossa, su incarico della redazione andò da Krasnodar a Rostov. Il percorso era difficile, l’autista era taciturno. Per distrarsi, Simonov, seduto nella cabina della jeep, ha trascorso due giorni a comporre una canzone dedicata ai giornalisti di prima linea. L’autore non aveva l’opportunità di scrivere il testo, quindi ha ripetuto in continuazione ogni riga ad alta voce.

A Batajsk, poco distante da Rostov sul Don, dove si trovava l’ufficio corrispondente del giornale di Simonov, il giornalista è stato accolto dai suoi colleghi. Apparecchiarono la tavola, distribuirono vodka e stuzzichini; fu lì che la canzone scritta da Simonov fu eseguita per la prima volta. Ben presto nell’ufficio si presentò un medico militare, al quale l’autista riferì lo strano comportamento del “tenente colonnello anormale”, che durante tutto il percorso aveva recitato alcune poesie. Anni dopo, il poeta raccontò questa storia alla radio; la risposta ai suoi ricordi fu una lettera da Jalta, l’autore della quale ammise di essere proprio quel medico chiamato d’urgenza dall’unità medica.

Simonov ha scritto un brindisi dettagliato che si dice tra amici... Chi lo pronuncia non dimentica le preoccupazioni quotidiane e invita tutti quelli che erano al fronte ad alzare i bicchieri alla causa comune.

Nel 1993, vicino all’ingresso della Casa Centrale dei Giornalisti di Mosca, è stato eretto un monumento ai corrispondenti di prima linea.

Isola di Sachalin, Mosca, Kaluga, Novosibirsk, Samara, Pietroburgo, Kaliningrad, Caterimburgo, Lugansk, Soči, Volgograd, Nižnij Novgorod, Ulan Ude, Chabarovsk, Čeljabinsk.

Per questa settimana è tutto. A risentirci e rivederci, sui miei canali!

Trovate tutte le edizioni del notiziario (con il testo) in Blogspot.

Tutti i video (senza testo) si trovano in:

Rutube, V KontaktePlatforma, Radio Libera e Flip News.

Ci trovate anche in Telegram (in italiano) e Телеграм (in russo).

Per donazioni (anonime) e sponsorizzazioni (pubbliche) in rubli:

4211 7045 8356 7049 (Banca Intesa Russia)
2202 2023 9503 8031 (Sberbank)

Per donazioni (anonime) e sponsorizzazioni (pubbliche) in euro:

Correspondent bank: INTESA SANPAOLO SPA, MILAN
Swift: BCITITMM
Beneficiary Bank: 100100004730 BANCA INTESA 101000 MOSCOW RUSSIAN FEDERATION
SWIFT: KMBBRUMM
Beneficiary’s account number: 40817978800004524011
Beneficiary’s name: Bernardini Mark

venerdì 2 agosto 2024

20240802 Звезда Zvezda

Урсула Фон Дер Ляйен – это значит, что та политическая повестка, к которой мы привыкли за последние два и за последние пять лет, то есть с предыдущих евровыборов, продолжится абсолютно в том же русле.

До тех пор, пока там ничего не произойдет, не бабахнет, скажем так, в переносном смысле – ничего не изменится, Европейский Союз продолжит кормить Украину.

На самом деле, для судеб мирового масштаба, гораздо важнее кто будет кандидатом от Демократической Партии, но американцы предпочитают обращать внимание, если вдруг у Байдена появится фурункул, это будет гораздо важнее, чем кто будет его преемником.

Ursula Von Der Leyen vuol dire che l’agenda politica alla quale ci siamo abituati negli ultimi due e cinque anni, cioè dalle precedenti elezioni europee, continuerà assolutamente nella stessa direzione.

Fino a quando non succederà qualcosa di irreparabile, in senso figurato, non cambierà nulla, l’Unione Europea continuerà a nutrire l’Ucraina.

In effetti, per le sorti globali, è molto più importante chi sarà il candidato del Partito Democratico, ma gli americani preferiscono prestare attenzione se a Biden improvvisamente gli dovesse spuntare un foruncolo, sarà molto più importante di chi sarà il suo successore.

martedì 16 luglio 2024

20240716 Lavrov ONU

 16/07/2024 18:43

Discorso del ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov durante la riunione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite sulla cooperazione multilaterale nell’interesse della creazione di un ordine mondiale più giusto, democratico e sostenibile, New York, 16 luglio 2024

Desidero porgere un cordiale benvenuto agli illustri Alti Rappresentanti presenti nella Camera del Consiglio di Sicurezza. La loro partecipazione all’incontro di oggi conferma l’importanza del tema in discussione. In conformità con l’articolo 37 delle procedure legali provvisorie del Consiglio, invito a partecipare all’incontro i rappresentanti di Australia, Bangladesh, Bielorussia, Stato Plurinazionale della Bolivia, Brasile, Ungheria, Repubblica Bolivariana del Venezuela, Vietnam, Ghana, Guatemala, Repubblica Dominicana, Egitto, India, Indonesia, Iraq, Repubblica islamica dell’Iran, Kazachstan, Cambogia, Cuba, Kuwait, Maldive, Marocco, Nepal, Nicaragua, Emirati Arabi Uniti, Pakistan, Arabia Saudita, Serbia, Repubblica araba siriana, Tailandia, Timor-Est, Turchia, Uganda, Filippine, Cile, Etiopia e Sud Africa.

Sulla base dell’articolo 39 delle procedure giuridiche provvisorie del Consiglio, invito il capo della delegazione dell’Unione europea presso l’ONU, Sua Eccellenza Stavros Lambrinidis, a partecipare a questo incontro.

Il Consiglio di Sicurezza dell’ONU avvia l’esame del punto 2 dell’ordine del giorno. Vorrei attirare l’attenzione dei membri del Consiglio sul documento S/2024/537 – una lettera del Rappresentante permanente della Federazione Russa presso le Nazioni Unite datata 9 luglio 2024 indirizzata al Segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres, che trasmette una nota concettuale sull’oggetto in esame.

Signore e signori,

Sua Eccellenza,

Oggi, le basi stesse dell’ordine giuridico internazionale – la stabilità strategica e il sistema di politica mondiale incentrato sulle Nazioni Unite – vengono messe alla prova. E’ impossibile risolvere i crescenti conflitti senza comprenderne le cause profonde e senza ripristinare la fiducia nella nostra capacità di unire le forze per il bene comune e la giustizia per tutti.

Siamo franchi: non tutti gli Stati rappresentati in questa sala riconoscono il principio chiave della Carta delle Nazioni Unite, l’uguaglianza sovrana di tutti gli Stati. Gli Stati Uniti hanno da tempo dichiarato il proprio eccezionalismo per bocca dei loro presidenti. Ciò riguarda l’atteggiamento di Washington nei confronti dei suoi alleati, ai quali chiedono obbedienza incondizionata, anche a scapito dei loro interessi nazionali.

Governa, America! Questa è l’essenza del famigerato “ordine basato su regole” – una minaccia diretta al multilateralismo e alla pace internazionale.

Gli elementi più importanti del diritto internazionale – la Carta delle Nazioni Unite e le decisioni del nostro Consiglio – vengono interpretati dall’”Occidente collettivo” in modo perverso e selettivo, a seconda delle istruzioni provenienti dalla Casa Bianca. E molte risoluzioni del Consiglio di Sicurezza vengono completamente ignorate. Tra queste ci sono la risoluzione 2202, che ha approvato gli accordi di Minsk sull’Ucraina, e la risoluzione 1031, che ha approvato l’accordo di pace di Dayton in Bosnia Erzegovina basato sul principio di uguaglianza dei tre popoli che formano lo Stato e delle due entità. Si può parlare all’infinito del sabotaggio delle risoluzioni sul Medio Oriente: basta guardare la dichiarazione di Anthony Blinken in un’intervista alla CNN nel febbraio 2021 in risposta a una domanda su cosa pensa della decisione della precedente amministrazione statunitense di riconoscere la proprietà di Israele delle alture del Golan siriane. Se qualcuno non si ricorda gli rinfresco la memoria. In risposta a questa domanda, il Segretario di Stato ha affermato: “Legalità a parte, da un punto di vista pratico, il Golan è molto importante per garantire la sicurezza di Israele”. E questo nonostante il fatto che la risoluzione 497 del Consiglio di Sicurezza dell’ONU del 1981, tutti noi lo sappiamo bene, che non è stata abrogata, qualifica come illegale l’annessione da parte di Israele delle alture di Golan. Ma, secondo queste stesse “regole”, è necessario – per citare Anthony Blinken – “lasciare da parte la questione della legalità”. E, naturalmente, la dichiarazione del Rappresentante permanente degli Stati Uniti adottata il 25 marzo di quest’anno è fresca nella memoria di tutti. La risoluzione 2728, che chiede un cessate il fuoco immediato nella Striscia di Gaza, “non è giuridicamente vincolante”. Cioè, le “regole” americane sono più importanti dell’art. 25 della Carta delle Nazioni Unite.

Nel secolo scorso, George Orwell, nel suo racconto “La fattoria degli animali”, aveva già previsto l’essenza dell’”ordine basato su regole”: “tutti gli animali sono uguali, ma alcuni sono più uguali di altri”. Se esegui la volontà dell’egemone, tutto ti è permesso. E se osi e inizi a difendere i tuoi interessi nazionali, verrai dichiarato emarginato e soggetto a sanzioni.

La politica egemonica di Washington non cambia da decenni. Senza eccezioni, tutti i piani di sicurezza euro-atlantici erano basati sulla garanzia del dominio statunitense, compresa la sottomissione dell’Europa e il “contenimento” della Russia. Il ruolo principale è stato assegnato alla NATO, che alla fine ha assunto il controllo dell’Unione Europea, presumibilmente creata per gli europei. Le strutture dell’OSCE sono state vergognosamente privatizzate in flagrante violazione dell’Atto finale di Helsinki.

L’espansione sconsiderata della NATO, nonostante i ripetuti avvertimenti di Mosca per molti anni, ha provocato anche la crisi ucraina, a cominciare dal colpo di Stato organizzato da Washington nel febbraio 2014 per stabilire il pieno controllo dell’Ucraina al fine di preparare un attacco alla Russia con l’aiuto del regime neonazista portato al potere. Quando Pëtr Porošenko e poi Vladimir Zelenskij hanno intrapreso una guerra contro i propri cittadini nel Donbass, hanno distrutto legislativamente l’istruzione russa, la cultura russa, i media russi e la lingua russa in generale, hanno bandito la Chiesa ortodossa Ucraina, nessuno in Occidente se ne è accorto, non ha chiesto ai loro pupilli a Kiev di “mantenere la decenza”, di non violare le convenzioni internazionali sui diritti delle minoranze nazionali, e in effetti la stessa Costituzione dell’Ucraina, richiede il rispetto di questi diritti. E’ stato per eliminare le minacce alla sicurezza della Russia e per proteggere le persone che si sentono parte della cultura russa e vivono su terre abitate per secoli dai loro antenati, per salvarle dallo sterminio legislativo e fisico che è stata lanciata l’operazione militare speciale.

E’ significativo che anche adesso, quando vengono avanzate numerose iniziative per una soluzione ucraina, poche persone ricordino la violazione dei diritti umani e delle minoranze nazionali da parte di Kiev. Solo di recente i documenti dell’UE sull’avvio dei negoziati di adesione dell’Ucraina hanno formulato una richiesta corrispondente, soprattutto a causa della posizione di principio e persistente dell’Ungheria. Tuttavia, le reali possibilità e il desiderio di Bruxelles di influenzare il regime di Kiev sono discutibili.

Invitiamo tutti coloro che mostrano un sincero interesse per il superamento della crisi in Ucraina a tenere conto nelle loro proposte della questione fondamentale dei diritti di tutte le minoranze nazionali, senza eccezioni. Il suo silenzio svaluta le iniziative pacifiche, e la politica razzista di Vladimir Zelenskij riscuote infatti consensi. E’ caratteristico che nel 2014 (dieci anni fa) Vladimir Zelenskij abbia detto: “Se nell’Ucraina orientale e in Crimea la gente vuole parlare russo, lasciateli perdere, lasciateli in pace, lasciateli legalmente parlare russo. La lingua non dividerà mai il nostro Paese natale”. Da allora, Washington lo ha rieducato con successo e già nel 2021 Vladimir Zelenskij in una delle sue interviste ha chiesto che coloro che si sentono coinvolti nella cultura russa si trasferiscano in Russia per il bene del futuro dei loro figli e nipoti.

Faccio appello ai padroni del regime ucraino: obbligatelo a rispettare l’art. 1.3 della Carta delle Nazioni Unite, che garantisce i diritti e le libertà fondamentali di tutte le persone “senza distinzione di razza, sesso, lingua o religione”.

Cari colleghi,

All’Alleanza Nord Atlantica non basta più la guerra che ha scatenato contro la Russia per mano del governo illegale di Kiev; non le basta più manco l’intero spazio dell’OSCE. Dopo aver distrutto quasi fino alle basi gli accordi fondamentali nel campo del controllo degli armamenti, gli Stati Uniti continuano ad intensificare lo scontro. Recentemente, in un vertice a Washington, i leader dei Paesi dell’alleanza hanno confermato le loro pretese di un ruolo guida non solo nella regione euro-atlantica, ma anche nella regione dell’Asia-Pacifico. Si dichiara che la NATO è ancora guidata dal compito di proteggere il territorio dei suoi membri, ma per questo, dicono, è necessario estendere il dominio dell’alleanza all’intero continente eurasiatico e alle aree marittime adiacenti. L’infrastruttura militare della NATO si sta spostando nel Pacifico con l’ovvio obiettivo di minare l’architettura incentrata sull’ASEAN, costruita nel corso di molti decenni sui principi di uguaglianza, considerazione degli interessi reciproci e consenso. Per sostituire i meccanismi inclusivi creati attorno all’ASEAN, gli Stati Uniti e i loro alleati stanno mettendo insieme blocchi chiusi di confronto a loro subordinati, come l’AUCUS e altri vari “quartetti” e “troike”. L’altro giorno, il vice capo del Pentagono Kathleen Hicks ha affermato che gli Stati Uniti e i loro alleati “devono prepararsi a guerre di lunga durata, e non solo in Europa”.

Per “contenere” la Russia, la Cina e altri Paesi le cui politiche indipendenti sono percepite come una sfida all’egemonia, l’Occidente, con le sue azioni aggressive, sta rompendo il sistema di globalizzazione originariamente formato secondo i suoi stessi modelli. Washington ha fatto di tutto per far saltare (anche letteralmente, organizzando attacchi terroristici sui gasdotti Nord Stream) le basi di una cooperazione energetica reciprocamente vantaggiosa tra Russia e Germania e l’Europa nel suo insieme. Berlino allora rimase in silenzio. Oggi assistiamo a un’altra umiliazione per la Germania, il cui governo si è sottomesso incondizionatamente alla decisione degli Stati Uniti di schierare missili americani a terra a medio raggio sul territorio tedesco. Il cancelliere tedesco Olaf Scholz lo ha detto in modo innocente: “Gli Stati Uniti hanno deciso di schierare sistemi d’attacco ad alta precisione in Germania, e questa è una buona decisione”. Gli USA hanno deciso.

E con tutto ciò, John Kirby, coordinatore per le questioni dei media a Washington, a nome del Presidente degli Stati Uniti, dichiara: “Non stiamo lottando per una terza guerra mondiale. Ciò avrebbe conseguenze disastrose per il continente europeo”. Come si suol dire, un lapsus freudiano: Washington è convinta che a soffrire una nuova guerra globale non saranno gli Stati Uniti, ma i suoi alleati europei. Se la strategia dell’amministrazione Biden si basa su tale analisi, allora si tratta di un’illusione estremamente pericolosa. Ebbene, gli europei, ovviamente, devono rendersi conto del ruolo suicida che è loro destinato.

Gli americani, dopo aver messo “sotto le armi” l’intero Occidente collettivo, stanno espandendo la guerra commerciale ed economica con gli indesiderabili, scatenando una campagna senza precedenti di misure coercitive unilaterali che ha un effetto boomerang, prima di tutto, in tutta Europa e porta a un’ulteriore frammentazione dell’economia. I Paesi del Sud del mondo in Asia, Africa e America Latina soffrono delle pratiche neocoloniali dei Paesi occidentali. Sanzioni illegali, numerose misure protezionistiche e restrizioni all’accesso alla tecnologia contraddicono direttamente il vero multilateralismo e creano seri ostacoli al raggiungimento degli obiettivi dell’agenda di sviluppo delle Nazioni Unite.

Dove sono tutti gli attributi del libero mercato che gli Stati Uniti e i loro alleati hanno insegnato a tutti per così tanti anni? Economia di mercato, concorrenza leale, inviolabilità della proprietà, presunzione di innocenza, libertà di movimento delle persone, delle merci, dei capitali e dei servizi: oggi tutto questo è stato gettato nella spazzatura. La geopolitica ha sepolto le leggi del mercato che un tempo erano sacre per l’Occidente. Recentemente abbiamo ascoltato le richieste pubbliche da parte dei funzionari statunitensi e dell’UE affinché la Cina riduca la “produzione in eccesso” nelle industrie ad alta tecnologia, dal momento che l’Occidente ha iniziato a perdere i suoi vantaggi a lungo termine in tali settori. Ora, invece dei principi del mercato, ci sono quelle stesse “regole”.

Cari colleghi,

Le azioni degli Stati Uniti e dei loro alleati interferiscono con la cooperazione internazionale e con la costruzione di un mondo più giusto, prendono in ostaggio interi Paesi e regioni, impediscono alle persone di realizzare i diritti sovrani sanciti dalla Carta delle Nazioni Unite e distraggono dal tanto necessario lavoro congiunto per risolvere conflitti in Medio Oriente, Africa e altre regioni, per ridurre la disuguaglianza globale, eliminare le minacce del terrorismo e della criminalità legata alla droga, della fame e delle malattie.

Sono convinto che questa situazione possa essere corretta, ovviamente con la buona volontà. Per fermare lo sviluppo degli eventi secondo uno scenario negativo, vorremmo proporre alla discussione una serie di passi volti a ripristinare la fiducia e stabilizzare la situazione internazionale.

1) E’ necessario eliminare una volta per tutte le cause profonde della crisi scoppiata in Europa. Le condizioni per stabilire una pace duratura in Ucraina sono state delineate dal presidente della Federazione Russa Vladimir Putin, non le ripeterò.

Una soluzione politica e diplomatica deve essere accompagnata da passi concreti per eliminare le minacce alla Federazione Russa provenienti dalla direzione occidentale ed euro-atlantica. Nel concordare garanzie e accordi reciproci, sarà necessario tenere conto delle nuove realtà geostrategiche del continente eurasiatico, dove si sta formando un’architettura continentale di sicurezza veramente uguale e indivisibile. L’Europa rischia di rimanere indietro rispetto a questo processo storico oggettivo. Siamo pronti a trovare un equilibrio di interessi.

2) Il ripristino dell’equilibrio di potere regionale e globale deve essere accompagnato da sforzi attivi per affrontare le disuguaglianze nell’economia globale. In un mondo multipolare, per definizione, non dovrebbero esserci monopolisti nella regolamentazione monetaria e finanziaria, nel commercio o nella tecnologia. Questo punto di vista è condiviso dalla stragrande maggioranza dei membri della comunità mondiale. Di particolare importanza è la rapida riforma delle istituzioni di Bretton Woods e dell’OMC, le cui attività dovrebbero riflettere il peso reale dei centri di crescita e sviluppo non occidentali.

3) Se vogliamo che funzionino a beneficio di tutti, devono verificarsi cambiamenti seri e qualitativi in altre istituzioni di governance globale. Si tratta innanzitutto della nostra Organizzazione che, nonostante tutto, è l’incarnazione del multilateralismo, ha una legittimità unica e universale e un’ampiezza di competenze generalmente riconosciuta.

Un passo importante verso il ripristino dell’efficacia delle Nazioni Unite sarebbe che tutti i suoi membri riaffermassero il loro impegno nei confronti dei principi della Carta delle Nazioni Unite, e non in modo selettivo, ma nella loro interezza e interconnessione. Possiamo riflettere insieme su quale forma potrebbe assumere tale riconferma.

Il Gruppo di Amici in Difesa della Carta delle Nazioni Unite, formato su iniziativa del Venezuela, sta facendo molto lavoro. Invitiamo tutti i Paesi che mantengono la fede nello stato del diritto internazionale a unirsi al suo lavoro.

Un elemento chiave della riforma delle Nazioni Unite dovrebbe essere un cambiamento nella composizione del Consiglio di Sicurezza, anche se questo da solo non consentirà di ottenere risultati produttivi a meno che non vi sia un accordo di base sul modus operandi tra i membri permanenti. Questa considerazione, tuttavia, non cancella l’imperativo di eliminare gli squilibri geografici e geopolitici nel Consiglio di Sicurezza, dove oggi i Paesi dell’Occidente collettivo sono chiaramente sovrarappresentati. Raggiungere l’accordo più ampio possibile sui parametri specifici della riforma per rafforzare la rappresentanza di Asia, Africa e America Latina è un passo atteso da tempo.

Sono necessari cambiamenti anche nella politica del personale del Segretariato per eliminare il predominio dei cittadini e dei sudditi dei Paesi occidentali nelle strutture amministrative dell’Organizzazione. Il Segretario Generale ed il suo personale sono tenuti ad osservare rigorosamente, senza alcuna eccezione, i principi di imparzialità e neutralità, come prescritto dall’art. 100 della Carta dell’ONU, che non ci stanchiamo di ricordarvi.

4) Oltre all’ONU, altre associazioni multilaterali sono chiamate a contribuire al rafforzamento dei principi multipolari della vita internazionale. Tra questi c’è il G20, che comprende sia i Paesi a maggioranza mondiale che gli Stati occidentali. Il mandato del G20 è strettamente limitato alle questioni di economia e sviluppo, quindi è importante che un dialogo sostanziale su questa piattaforma sia libero da tentativi opportunistici di introdurre temi geopolitici. Altrimenti rovineremo questa utile piattaforma.

I BRICS e l’Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai stanno svolgendo un ruolo sempre più importante nella costruzione di un ordine multilaterale giusto basato sui principi della Carta delle Nazioni Unite. Riuniscono Paesi che rappresentano diverse regioni e civiltà, cooperando sulla base dell’uguaglianza, del rispetto reciproco, del consenso e dei compromessi reciprocamente accettabili: il “gold standard” dell’interazione multilaterale che coinvolge le grandi potenze.

Associazioni regionali come la Comunità degli Stati Indipendenti, l’Organizzazione-Trattato per la Sicurezza Collettiva, l’Unione Economica Euroasiatica, l’Associazione delle Nazioni del Sud-est asiatico, il Consiglio di cooperazione degli Stati del golfo Persico, la Lega degli Stati arabi, l’Unione Africana e la Comunità di Stati Latinoamericani e dei Caraibi sono di importanza pratica per l’instaurazione della multipolarità. Riteniamo che sia un compito importante stabilire diversi legami tra loro, coinvolgendo anche il potenziale delle Nazioni Unite. La presidenza russa del Consiglio dedicherà uno dei suoi prossimi incontri all’interazione tra l’ONU e le organizzazioni regionali eurasiatiche.

Cari colleghi,

Intervenendo al forum parlamentare BRICS il 9 luglio di quest’anno a San Pietroburgo, il presidente russo Vladimir Putin ha affermato: “La formazione di un ordine mondiale che rifletta i reali equilibri di potere è un processo complesso e per molti versi persino doloroso”. Riteniamo che il dibattito su questo argomento debba essere costruito senza scivolare in sterili polemiche, sulla base di un’analisi sobria dell’insieme dei fatti. E’ necessario, innanzitutto, ripristinare la diplomazia professionale, la cultura del dialogo, la capacità di ascoltare e sentire, e mantenere canali di comunicazione di crisi. La vita di milioni di persone dipende dalla capacità dei politici e dei diplomatici di formulare qualcosa come una visione condivisa del futuro. Se il nostro mondo sarà diverso ed equo dipende solo dai Paesi membri. Vorrei sottolineare ancora una volta che esiste un fulcro: questa è la Carta della nostra Organizzazione. Se tutti, senza eccezione, ne seguiranno lo spirito e la lettera, le Nazioni Unite saranno in grado di superare le attuali differenze e giungere a un denominatore comune sulla maggior parte delle questioni. La “fine della storia” non è avvenuta. Lavoriamo insieme per iniziare la storia del vero multilateralismo, che riflette tutta la ricchezza della diversità culturale e di civiltà dei popoli del mondo. Vi invitiamo ad una discussione che, ovviamente, dovrebbe essere solo onesta.

Fonte: Ministero degli esteri russo (in russo, con traduzioni in francese ed inglese)

domenica 7 luglio 2024

085 Italiani di Russia

Ottantacinquesimo notiziario settimanale di lunedì 8 luglio 2024 degli italiani di Russia. Buon ascolto e buona visione.

Attualità

Non è assolutamente possibile “eliminare”, o “cancellare” la Russia dalla politica globale, perché il “mondo ha bisogno” della Russia. Lo ha scritto l’Ambasciatore della Russia in Italia, Aleksej Paramonov, in un articolo pubblicato su “La Repubblica”, intitolato “Un errore escludere la Russia dal proscenio internazionale”.

“I processi di globalizzazione avviati dall’Occidente alle sue condizioni – ha sottolineato il capo della Rappresentanza diplomatica russa a Roma – non sono riusciti a cancellare il desiderio della maggior parte dei Paesi del mondo di preservare le origini della propria tradizione, le fondamenta di cultura e civiltà; né sono riusciti a cancellare la loro aspirazione alla giustizia, alla democratizzazione della vita internazionale e alla sovranità”.

In questo contesto, l’Ambasciatore Paramonov ha notato come “nel mondo non occidentale” stiano iniziando a “cristallizzarsi” formati diversi, tra cui l’Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai, il gruppo dei Paesi BRICS ed altre organizzazioni internazionali, che vogliono non un mondo diviso in blocchi, ma un autentico mondo multipolare. Il diplomatico ha sottolineato che “il fattivo azzeramento da parte dell’Occidente delle sue interazioni con la Russia ha fatto saltare quella che era l’agenda globale prevista per questioni chiave quali il controllo sugli armamenti e la non proliferazione nucleare, il contrasto alla militarizzazione dello spazio cosmico e del cyberspazio, la lotta al riscaldamento globale e molti altri argomenti”.

Secondo Paramonov un “nuovo punto di svolta nello sviluppo globale” è contraddistinto “dall’esigenza di costituire un ordine mondiale multipolare che sia in grado di garantire spazio di autonomia a tutti i popoli e a tutti i Paesi”.

Nelle fasi iniziali della sua formazione, anche l’Unione Europea si stava integrando in tale contesto in qualità di potenziale attore autonomo e dotato di una certa influenza. Tuttavia, di fatto, la rinuncia da parte della burocrazia di Bruxelles, sempre più autoreferenziale, alla propria “autonomia strategica” per il momento ha messo fine a tale prospettiva.

Non è imputabile alla Russia il fatto che l’architettura per la sicurezza europea abbia cessato di esistere: ciò è conseguenza dell’ossessione occidentale per il NATO-centrismo e del suo totale rifiuto di scendere a compromessi con Mosca.

Tale situazione ha spinto di recente il Presidente Putin a farsi avanti con un’iniziativa fortemente proiettata verso il futuro, incentrata sulla creazione in Eurasia di un sistema di sicurezza internazionale che sia operativo per l’intero continente e aperto a tutti i Paesi che ne fanno parte, a inclusione di quelli situati nelle sue regioni più occidentali.

Questo nuovo punto di svolta nello sviluppo globale è contraddistinto dall’esigenza di costituire un ordine mondiale multipolare che sia in grado di garantire spazio di autonomia a tutti i popoli e a tutti i Paesi.

Vi è anche la necessità di svolgere un lavoro di eliminazione dei difetti sistemici presenti nell’architettura internazionale, i quali continuano a sussistere dal 1945 per motivi di inerzia, tra cui spicca la poca influenza esercitata dai Paesi non occidentali sui meccanismi globali.

Per ogni nuova “regola del gioco” che riguardi le questioni di armonizzazione tra gli interessi dei diversi Paesi, sarà inaccettabile qualsiasi richiamo alla concezione dell’”ordine basato su regole”. Pure l’idea della “contrapposizione tra democrazie e autocrazie” è artificiale e dannosa.

Giorgia Meloni ha riferito sulla situazione relativamente alle proposte di nuove nomine, al vertice della UE, dopo le recenti elezioni per il Parlamento europeo.

Intanto, quello che colpisce anche i più temprati e convinti oppositori della UE e del suo ruolo è che dopo la sonora sconfitta subìta, con il diffuso astensionismo e l’avanzata delle forze di destra, nel panorama europeo, proprio i leader più sonoramente “trombati” dal voto popolare, il Presidente francese Macron ed il Cancelliere tedesco Scholz, unitamente al leader polacco Tusk, abbiano fatto comunella, per presentare agli altri leader europei, una “proposta” sugli incarichi più importanti che dovrebbero essere assegnati nella prossima legislatura UE, partendo da un rinnovato mandato di presidente, per un Ursula von der Leyen bis, che dovrebbe caratterizzare i prossimi anni.

Naturalmente, un certo imbarazzo, di fronte a tale situazione, lo ha espresso, anche, in aula, nel suo intervento alla Camera dei Deputati, Giorgia Meloni che, come capo di governo di un Paese, l’Italia appunto, cofondatore della stessa UE e terza economia del continente, si vede messa di fronte ad un “fatto compiuto”, non di poco svilente il ruolo del nostro Paese.

Ma, si sa che, una volta fatta la “scelta dell’Europa”, della “NATO” e dell’alleanza “con gli USA”, non resterà, al Premier italiano, che spingere nella direzione, peraltro consigliatagli dalle sedicenti “opposizioni” di M5S e PD, di ottenere un “incarico di prestigio”, all’interno dei nuovi organigrammi postelettorali della UE, per il nostro Paese.

E qui emerge, a chiare lettere, il ruolo di Parlamento europeo, Consiglio e Commissione Europea, dopo l’avvenuta débâcle elettorale, in termini di consenso popolare, dopo anni di politiche economiche e sociali antipopolari e filopadronali, improntate al più feroce massacro sociale neoliberista, che ha ampliato le differenze e disuguaglianze sociali, allargando sempre più gravemente miseria e povertà.

Gli sconfitti serrano i ranghi, stringono i tempi delle decisioni sui nuovi organigrammi, per il rilancio delle stesse politiche economiche e sociali devastanti, in un sempre più marcato quadro di guerra europea ed internazionale, per riaffermare il proprio dominio unipolare come imperialismo USA ed UE, sulla base di un rilancio della NATO, nella guerra di aggressione contro la Federazione Russa, utilizzando l’Ucraina nazifascista come piattaforma strategica ed il governo dello Stato sionista d’Israele, nella guerra di sterminio contro il popolo palestinese. Questo il panorama che ne esce confermato.

Non si sono sentite, nella Camera dei Deputati della Repubblica Italiana, voci alternative a tale prospettiva. Questa è la realtà del sistema politico italiano, nella fase post elettorale che stiamo vivendo, in questi giorni successivi “ai ballottaggi”, di cui tanto si discute, nei circoli massmediatici della informazione di regime, capitalista ed imperialista.

Paradossalmente, la sinistra dovrebbe imparare da Macron, Scholz e Tusk: diversi tra loro, ma uniti se si tratta di raggiungere i loro scopi comuni. Se vogliamo, è proprio quel principio che fece il successo del vecchio PCI, quello di allora, non di adesso. Per esempio, si fossero presentati insieme i due Partiti socialdemocratici slovacchi, uno di Fico, l’altro di Pellegrini, avrebbero preso la maggioranza assoluta. Se in Germania si fossero presentati assieme Sahra Wagenknecht e Die Linke, sarebbero entrati entrambi al Parlamento Europeo, invece così solo la pur apprezzabile Wagenknecht.

Un esempio a parte è la Francia Indomita di Mélenchon. La sinistra francese è andata divisa alle Europee e infatti ha perso. Hanno imparato la lezione: al primo turno delle Politiche il Nuovo Fronte Popolare è andato coeso, socialisti, comunisti, indomiti, verdi. Non che non soffrano di contraddizioni fondanti: i socialisti sono totalmente appiattiti sull’atlantismo e sull’appoggio incondizionato ai neonazisti ucraini, i comunisti al contrario comprendono le ragioni russe, gli indomiti sono contrari alle forniture agli ucraini pur senza condividere le posizioni russe. Però intanto sono arrivati secondi dopo la destra della Le Pen, e questo ha consentito loro di presentarsi al ballottaggio del 7 luglio. A chi dice che ciò sia una spartizione delle poltrone e che sia disonesto nei confronti degli elettori, basti considerare che se lo si dichiara prima, ci si può dividere anche 24 ore dopo le elezioni, però comunque si è in Parlamento.

Questo riguarda anche l’Italia. Se Santoro, DSP, PCI si fossero presentati assieme, pur dichiarando fin dall’inizio di non voler stare assieme, li avremmo in seno al Parlamento Europeo, invece così duri e puri fuori dall’arco parlamentare. Bella soddisfazione.

Colpisce, nella narrazione in voga, che ci sia qualcuno che davvero sia convinto che la destra e il centrodestra, grazie all’astensionismo, abbia perso. Per l’Italia, basti dire che alle precedenti Europee (2019, i confronti vanno sempre fatti con elezioni omogenee) la destra Sorella d’Italia aveva preso 1.726.189 voti, mentre ora 6.724.014, passando infatti dal 6,44% al 28,8%, confermandosi primo Partito d’Italia. L’astensionismo, dunque, ha danneggiato ben altri. Su scala europea, il Partito Popolare, cioè i democristiani, di centrodestra, a cui appartiene anche Ursula Von Der Leyen, ora hanno 187 deputati su 720, mentre ne avevano 182 su 751 (effetto Brexit). Se questo è perdere, vuol dire che ora la matematica è un’opinione come un’altra. Anche per l’astensione, facciamo attenzione: è vero, aveva votato il 50,97%, ed ora il 49,22% (un decremento di appena l’1,73%), ma nel 2014 aveva votato il 42,61%. C’è quindi poco da gioire.

In settimana ci sono stati due interventi di Putin, trovate la traduzione simultanea sia sui miei canali, sia su Visione TV. Il primo è del 4 luglio ad Astana alla riunione del Consiglio dei capi di Stato, membri dell’Organizzazione per la cooperazione di Shanghai. All’inizio dell’incontro i leader hanno firmato la decisione di concedere alla Repubblica di Bielorussia lo status di Stato membro della OCS. A seguito dell’incontro è stata firmata la Dichiarazione di Astana, sono stati adottati e firmati numerosi documenti.

Il secondo è stato nei colloqui con Viktor Orbán, a Mosca. Charles Michel ha affermato che “la presidenza ungherese di turno del Consiglio dell’UE non ha il mandato per i contatti con la Russia a nome dell’Unione europea”. Orbán ha giustamente risposto che l’Ungheria non ha bisogno di tale mandato, poiché agisce per proprio conto. Ma non è questo il punto, ovviamente. Innanzitutto non è chiaro (è chiarissimo) a nome di chi Michel stia parlando. Lui è il capo del Consiglio europeo (e i suoi poteri scadranno presto), e l’Ungheria presiede il Consiglio dell’Unione europea dal 1 luglio: non vanno confuse queste due strutture completamente diverse; il Belgio, da dove proviene Michel, ha terminato i suoi poteri il 30 giugno. E in generale, cito testualmente l’articolo 15.6 dell’attuale versione del Trattato sull’Unione europea, tra i compiti del capo del Consiglio europeo figura quello di “rappresentare l’Unione europea sulla scena internazionale, fatto salvo il ruolo dell’Alto rappresentante dell’Unione europea per gli affari esteri e la politica di sicurezza”.

In sostanza, Orbán ha assunto attivamente le sue funzioni. Aveva già visitato Kiev e per qualche motivo Michel questo non lo ha commentato. Orbán ha dichiarato: “La missione di pace continua. La prossima tappa è Mosca”. Cosa c’è di sbagliato in questo?

Putin ha rivelato di aver discusso con Orbán possibili modi per risolvere il conflitto ucraino; il Primo Ministro ungherese ha menzionato i suoi recenti contatti a Kiev.

Orbán ha chiesto un cessate il fuoco per creare le condizioni per i negoziati sull’Ucraina, come riportato da Putin.

La Russia vede che Kiev non è pronta ad abbandonare completamente la guerra. Kiev rifiuta di prendere in considerazione il cessate il fuoco, poiché eliminerebbe il pretesto per estendere la legge marziale. Mosca sostiene una risoluzione completa e definitiva del conflitto, non solo un cessate il fuoco o una pausa per il riarmo di Kiev. Se l’Ucraina ponesse fine alla legge marziale, dovrebbe indire elezioni presidenziali, con le possibilità che le attuali autorità ucraine vincano prossime allo zero.

“I governi europei sono nel bel mezzo della guerra”: il primo ministro ungherese Orbán ha scritto un articolo chiedendo colloqui di pace.

“L’Europa si prepara alla guerra. Ogni giorno annunciano l’apertura di un’altra tappa sulla strada verso l’inferno. Ne siamo inondati ogni giorno: centinaia di miliardi di euro all’Ucraina, piazzando armi nucleari nel mezzo dell’Europa, reclutando i nostri figli negli eserciti stranieri, nella missione NATO in Ucraina, nell’invio di unità militari europee in Ucraina. Amici miei, sembra che il treno da guerra non abbia freni e l’autista abbia perso la testa. Dobbiamo applicare il freno di emergenza affinché almeno quelli che vogliono poter scendere dal treno e non partecipare alla guerra.

Sapete, le guerre non sempre finiscono come erano state originariamente previste. Ecco perché oggi milioni di giovani europei giacciono in fosse comuni. Ecco perché non ci sono abbastanza europei, non abbastanza bambini in Europa. La guerra uccide. Uno muore con la pistola in mano, un altro muore durante la fuga, alcuni muoiono sotto i bombardamenti, alcuni muoiono nelle carceri nemiche, altri muoiono a causa di un’epidemia o di fame. Alcuni affrontano la tortura, altri lo stupro, altri vengono rapiti e ridotti in schiavitù. Le tombe si allineano su innumerevoli file. Le madri piangono per i loro figli. Le donne piangono per i loro mariti. Quante vite perse! Sappiamo una cosa: dove scoppia la guerra non c’è via d’uscita. La guerra verrà da noi. Non possiamo evitarlo, non possiamo nasconderci da esso.

L’unico antidoto alla guerra è la pace. Stai lontano dalla guerra e lascia che l’Ungheria sia un’isola di pace. Questa è la nostra missione. Se non vogliamo che la guerra ci raggiunga, dobbiamo fermarla”.

Economia

Sono almeno 250 le imprese italiane che operano in Russia, alcune anche con una presenza produttiva.

Il dato è stato reso noto da Alessandro Liberatori, direttore dell’agenzia ICE di Mosca, durante l’assemblea annuale di GIM Unimpresa, associazione che raggruppa oltre un centinaio di queste aziende.

Nella sua relazione introduttiva il presidente di GIM Unimpresa, Vittorio Torrembini, ha riaffermato la volontà dell’associazione di continuare a sostenere le aziende italiane impegnate nel mercato russo, pur nel rispetto delle sanzioni vigenti.

“Viviamo un momento difficile, complicato, in cui anche quelle che sembravano certezze sono cadute, ma non possiamo buttare a mare 30 anni di esperienza”, ha detto, sottolineando che il governo italiano “sta cercando di limitare i danni”, specie attraverso le iniziative del ministro degli Esteri Antonio Tajani, che ha attivato un tavolo permanente per il sostegno delle aziende italiane in Russia.

Il responsabile della Farnesina ha espresso “un giudizio positivo” sulla richiesta presentata da Unicredit al Tribunale UE di sospendere la decisione della BCE di ridurre le sue attività in Russia per avere così, dalla stessa corte europea, “certezza e chiarezza sugli obblighi e sulle azioni” nel processo di uscita dal Paese.

“La BCE – ha sottolineato Tajani – non sempre può imporre tempi alle imprese per lasciare la Russia, cosa che UniCredit sta facendo, ma dobbiamo sempre fare in modo che non ci siano danni per le imprese”. All’assemblea di GIM Unimpresa ha partecipato tra gli altri l’incaricato d’affari italiano, Pietro Sferra Carini, poiché è dall’anno scorso che non abbiamo più un ambasciatore.

Al termine dei lavori si è svolto un dibattito su “Il futuro dell’economia mondiale alla luce degli attuali sconvolgimenti politici”, al quale hanno partecipato Oleg Barabanov, direttore del programma del Valdai Club e direttore dell’Istituto studi europei dell’Università MGIMO di Mosca, e Fabrizio Maronta, consigliere scientifico e responsabile delle relazioni internazionali di Limes.

L’assemblea è stata ospitata presso la sede della Camera di commercio e dell’industria di Mosca con la partecipazione del presidente, Vladimir Platonov.

A margine, la traduzione simultanea è stata espletata dal sottoscritto.

Musica

Proseguiamo con le canzoni legate in un modo o l’altro alla Russia e/o all’Italia.

Una canzone che vi avevo già proposto a gennaio, Zemljanka, una specie di rifugio sotterraneo, 1942.

Partecipano: Mosca, Krasnodar, Caterimburgo, Odessa (spero presto di nuovo russa), Samarcanda (Uzbekistan), Kišinëv (Moldavia), Taškent (Uzbekistan), Alma Ata (Kazachstan), Soči, Erevan (Armenia), Nižnij Novgorod.

Trovate tutte le edizioni del notiziario (con il testo) in Blogspot.

Tutti i video (senza testo) si trovano in:

Rutube, Youtube, Platforma e Flip News.

Ci trovate anche in Telegram (in italiano) e Телеграм (in russo).

Per donazioni (anonime) e sponsorizzazioni (pubbliche) in rubli:

4211 7045 8356 7049 (Banca Intesa Russia)

2202 2023 9503 8031 (Sberbank)

Per donazioni (anonime) e sponsorizzazioni (pubbliche) in euro:

Correspondent bank: INTESA SANPAOLO SPA, MILAN

Swift: BCITITMM

Beneficiary Bank: 100100004730 BANCA INTESA 101000 MOSCOW RUSSIAN FEDERATION

SWIFT: KMBBRUMM

Beneficiary’s account number: 40817978800004524011

Beneficiary’s name: Bernardini Mark

venerdì 5 luglio 2024

Orbán da Putin al Cremlino

Charles Michel ha affermato che “la presidenza ungherese di turno del Consiglio dell’UE non ha il mandato per i contatti con la Russia a nome dell’Unione europea”. Orbán ha giustamente risposto che l’Ungheria non ha bisogno di tale mandato, poiché agisce per proprio conto. Ma non è questo il punto, ovviamente. Innanzitutto non è chiaro (è chiarissimo) a nome di chi Michel stia parlando. Lui è il capo del Consiglio europeo (e i suoi poteri scadranno presto), e l’Ungheria presiede il Consiglio dell’Unione europea dal 1 luglio: non vanno confuse queste due strutture completamente diverse; Il Belgio, da dove proviene Michel, ha terminato i suoi poteri il 30 giugno. E in generale, cito testualmente l’articolo 15.6 dell’attuale versione del Trattato sull’Unione europea, tra i compiti del capo del Consiglio europeo figura quello di “rappresentare l’Unione europea sulla scena internazionale, fatto salvo il ruolo dell’Alto rappresentante dell’Unione europea per gli affari esteri e la politica di sicurezza”.

In sostanza, Orbán ha assunto attivamente le sue funzioni. Aveva già visitato Kiev e per qualche motivo Michel questo non lo ha commentato. Orbán ha dichiarato: “La missione di pace continua. La prossima tappa è Mosca”. Cosa c’è di sbagliato in questo?

Negoziati con il primo ministro ungherese Viktor Orbán

Vladimir Putin sta tenendo colloqui al Cremlino con il primo ministro ungherese Viktor Orbán, arrivato in Russia in visita di lavoro.

5 luglio 2024 14:00 Mosca, Cremlino

* * *

V. Putin: Caro signor Primo Ministro! Cari colleghi!

Benvenuti a Mosca, in Russia.

Capisco che questa volta lei è arrivato non solo come nostro partner di lunga data, ma anche come Presidenza del Consiglio dell’UE. Spero che avremo l’opportunità di scambiare opinioni sulla costruzione delle relazioni bilaterali in questa difficile situazione e, naturalmente, parlare delle prospettive per lo sviluppo della più grande crisi europea, intendo in direzione ucraina.

So che di recente, il 2 luglio, credo, era a Kiev ed è venuto qui per discutere tutte le sfumature della situazione che si è sviluppata nella direzione di Kiev, nella direzione ucraina. Sono al suo servizio.

Probabilmente saprà del mio discorso recentemente tenuto a Mosca alla direzione del Ministero degli Affari Esteri. Espone le nostre posizioni riguardo ad una possibile soluzione pacifica. E, naturalmente, sono pronto a discuterne con lei e parlare di alcune sfumature. Spero che mi farà conoscere la sua posizione e quella dei vostri partner europei.

Per quanto riguarda le relazioni bilaterali, purtroppo stiamo registrando un forte calo del fatturato commerciale, superiore al 35%. Ma nel complesso c’è qualcosa su cui lavorare. Abbiamo progetti importanti in corso.

In ogni caso, siamo molto lieti di vederla e abbiamo di che parlare.

Benvenuto, signor Primo Ministro.

V. Orbán (tradotto): Caro signor Presidente!

Grazie per avermi ospitato oggi. Questo non è il nostro primo incontro negli ultimi dieci anni, è già l’undicesimo. Ma questo è più speciale dei precedenti.

Come ha già accennato, dal 1° luglio l’Ungheria è diventata presidente del Consiglio dell’UE a rotazione. Prima del nostro ultimo incontro, era prima della guerra, era febbraio 2022. E’ proprio questo che distingue questi nostri due incontri.

Le sono molto grato che anche in condizioni così difficili ha accettato di ricevermi. Devo dirle che il numero di Paesi che possono dialogare con entrambe le parti in conflitto sta rapidamente diminuendo. Presto l’Ungheria diventerà, a quanto pare, l’unico Paese in Europa che potrà parlare con tutti. Vorrei cogliere l’occasione per discutere con lei una serie di questioni importanti. Vorrei anche conoscere la sua posizione su una serie di questioni importanti per l’Europa.

Grazie.

Dichiarazioni alla stampa a seguito dei negoziati con il primo ministro ungherese Viktor Orbán

Al termine dei negoziati, il presidente russo e il primo ministro ungherese hanno rilasciato dichiarazioni alla stampa.

5 luglio 2024 17:00 Mosca, Cremlino

V. Putin: Caro signor Primo Ministro! Signore e signori!

Si sono appena conclusi i negoziati molto intensi con il Primo Ministro ungherese, Viktor Orbán.

E’ importante che, anche nell’attuale difficile situazione geopolitica, continuiamo il dialogo.

Come in molti incontri precedenti, abbiamo avuto una conversazione veramente utile e schietta sia sugli aspetti attuali dell’interazione bilaterale che, naturalmente, sulle questioni urgenti dell’agenda internazionale e regionale, compresa la situazione intorno all’Ucraina.

Vorrei sottolineare che Russia e Ungheria continuano la cooperazione in una serie di settori, principalmente nel settore energetico. E i principi chiave sono il sano pragmatismo e il vantaggio reciproco.

Proseguono i lavori sul progetto chiave comune per l’ampliamento della centrale nucleare di Paks. La messa in servizio della quinta e della sesta unità più che raddoppierà la capacità di questa centrale. Ciò migliorerà l’approvvigionamento energetico dell’economia ungherese, fornendo alle imprese industriali e alle famiglie energia poco costosa e pulita. Nella costruzione di nuove unità vengono utilizzate solo le soluzioni ingegneristiche e tecnologiche più avanzate e i requisiti di sicurezza fisica e ambientale sono pienamente garantiti.

Continuiamo a sostenere l’interazione nella medicina e nell’industria farmaceutica. Siamo favorevoli a continuare a lavorare nei settori prioritari di cooperazione.

Naturalmente c’è stato uno scambio di opinioni abbastanza approfondito, diretto e onesto sulle attuali questioni internazionali, compreso il conflitto ucraino. Abbiamo anche parlato dei possibili modi per risolverlo.

Il Primo Ministro ha parlato dei suoi recenti incontri a Kiev, dove ha avanzato una serie di proposte e, in particolare, ha chiesto un cessate il fuoco per creare le condizioni per l’inizio dei negoziati con la Russia.

Per quanto riguarda la Russia, ho più volte affermato che siamo sempre stati e rimaniamo aperti alla discussione di una soluzione politica e diplomatica. D’altro canto, però, sentiamo parlare di riluttanza a risolvere la questione esattamente in questo modo. E gli sponsor dell’Ucraina continuano a cercare di usare questo Paese e il suo popolo come un ariete, una vittima nello scontro con la Russia.

Considerando lo stato delle cose, anche tenendo conto di ciò che abbiamo sentito oggi dal Primo Ministro, Kiev non è ancora pronta ad abbandonare l’idea di condurre una “guerra fino alla vittoria”.

A mio parere il regime di Kiev non ammette proprio l’idea della cessazione delle ostilità anche perché in questo caso scompare il pretesto per prolungare la legge marziale. E se dovessero abolire la legge marziale, si dovranno tenere le elezioni, che non si sono svolte nei tempi stabiliti. Ma le possibilità di vincerle per i governanti ucraini che hanno perso rating e legittimità sono vicine allo zero.

E la nostra iniziativa di pace è stata delineata di recente nel mio incontro con la direzione del Ministero degli Affari Esteri della Federazione Russa. La sua attuazione, a nostro avviso, consentirebbe di fermare le ostilità e di avviare i negoziati. Inoltre, questa non dovrebbe essere solo una tregua o una sospensione temporanea del fuoco, né una sorta di pausa che il regime di Kiev potrebbe utilizzare per recuperare le perdite, riorganizzarsi e riarmarsi. La Russia sostiene la fine completa e definitiva del conflitto. Le condizioni per ciò, come ho già detto, sono state esposte nel mio intervento al Ministero degli Esteri. Stiamo parlando del ritiro completo di tutte le truppe ucraine dalle repubbliche popolari di Doneck e Lugansk, dalle regioni di Zaporož’e e Cherson. Ci sono altre condizioni. Ma questo è un argomento da considerare in modo abbastanza approfondito nel corso di un possibile lavoro congiunto.

Signore e signori,

Tenendo conto del fatto che l’Ungheria presiede il Consiglio dell’Unione Europea dal 1° luglio, Orbán ed io abbiamo avuto uno scambio di opinioni sullo stato delle cose nelle relazioni tra Russia e Unione Europea, che attualmente sono al loro punto più basso. Abbiamo parlato anche dei possibili principi di una futura, anch’essa possibile, architettura di sicurezza in Europa.

In generale, i negoziati sono stati tempestivi e, credo, utili per entrambe le parti. Naturalmente, il Primo Ministro ha presentato il punto di vista occidentale che peraltro conoscevamo, anche dal punto di vista degli interessi dell’Ucraina. Tuttavia, siamo grati al signor Primo Ministro per aver visitato Mosca. Lo percepiamo come un tentativo di ripristinare il dialogo e dargli ulteriore slancio.

Grazie.

V. Orbán (tradotto): Signore e signori!

Caro signor Presidente!

Oggi ho incontrato il Presidente della Russia per l’undicesima volta. La particolarità di questo incontro è che si svolge durante una guerra, in un momento in cui l’Europa ha davvero bisogno di pace. Per l’Europa la pace è la cosa più importante. Riteniamo che il compito principale dei prossimi sei mesi della nostra presidenza europea sia la lotta per la pace.

Ho detto al signor Presidente che il più grande sviluppo dell’Europa è avvenuto proprio nel decennio pacifico. Ora in Europa viviamo all’ombra della guerra da due anni e mezzo. Ciò sta causando enormi difficoltà in Europa. Non possiamo sentirci sicuri; vediamo immagini di distruzione e sofferenza. Questa guerra ha già cominciato ad avere un impatto sulla crescita economica e sulla nostra competitività.

In generale, come ho già detto al signor Presidente, l’Europa ha bisogno di pace. Negli ultimi due anni e mezzo ci siamo resi conto che senza diplomazia, senza canali di comunicazione, non raggiungeremo la pace. La pace non arriverà da sola, bisogna lavorare per ottenerla.

Sono stati proprio i modi per raggiungere la pace quelli di cui ho discusso oggi con il signor Presidente. Volevo sapere qual è la strada più breve per porre fine alla guerra. Volevo sentire e ascoltare l’opinione del signor Presidente su tre questioni importanti: cosa pensa delle iniziative di pace attualmente disponibili, cosa pensa anche del cessate il fuoco e dei negoziati di pace, in quale sequenza possono svolgersi, e la terza cosa che mi interessava, è la visione dell’Europa dopo la guerra. Sono grato al signor Presidente per la conversazione aperta e onesta.

Signore e signori!

Negli ultimi due anni e mezzo non c’è stato praticamente nessun Paese che potesse entrare in contatto con nessuna delle due parti in guerra. L’Ungheria è uno dei pochissimi Paesi di questo tipo. Ecco perché questa settimana ero a Kiev ed ecco perché ora sono a Mosca.

Ho imparato per esperienza che le posizioni sono molto distanti tra loro. Ci sono molti passi da compiere per avvicinarsi alla fine della guerra. Tuttavia, abbiamo fatto il passo più importante: abbiamo stabilito un contatto. E continuerò a lavorare in questa direzione.

Grazie.