Roma, Cimitero del Verano, Tempietto Egizio, 31 ottobre 2017
di Dante Bianchi
[...] In occasione dei suoi 75 anni (febbraio 2007) dedicai a Dino, all’epoca così pieno di vita e di energia, alcuni versi nei quali esaltavo in maniera spiritosa/scherzosa, la sua passione per il gioco, l’amore assoluto per Slavia, le preferenze culinarie, le “manie vestimentarie”.
Poi, però, ho conosciuto un altro Dino, quello degli ultimi mesi. Un Dino fragile, sofferente, mortificato nella sua dignità, lui così riservato, facile alla commozione. Nel guardarlo si percepiva la fatica che accompagnava ogni movimento ed espressione e ne offuscava il pensiero. Veniva così spontaneo andare, in una sorta di contrappunto esistenziale, alle tante luci che avevano illuminato la sua vita.
Anche a questo Dino, ho voluto dedicare dei versi, come mio personale saluto. Questa volta, però, non sono certo versi gioiosi, risentono dell’impatto emotivo per essergli stato vicino fino alla fine, della forte suggestione per averne seguito il travaglio. Sono versi che cercano di cogliere il suo stato d’animo, quello di una persona che guarda con dolore, afflizione e malinconia il mondo esterno (via Sannio, piazza S. Giovanni), le persone care e che ha smarrito nella tormenta anche il richiamo di quelle passioni che avevano accompagnato la sua esistenza (il gioco/Slavia).
Un sospiro accompagnò all’improvviso il ricordo:
la fuga degli anni,
la presenza degli adorati luoghi
violati dallo scempio della modernità senza anima,
magma indistinti di slogan urlati da gole lacerati di vocianti
dalla piazza sacra e militante,
persone care inghiottite dalla ferocia della storia
scivolate nell’abisso del tempo,
palline gravide roteanti senza meta
nel deserto di tavoli solitari,
caratteri opachi orfani di padre
in foga da fogli gelidi abbandonati nel loro candore,
membra prigioniere dell’amara solitudine della sofferenza,
improvvido destino nell’ultimo miglio dell’ardua esistenza
si fondevano ora
stemperandosi in una lacrima lucente
nel tramonto della vita delle cose
....mentre, caro Dino, come brezza leggera
delicatamente si posano sui nostri cuori dolenti
i tuoi “scampoli rossi” fonte sconfinata di stupore
e ricolmano di struggente nostalgia lo scrigno dei ricordi più preziosi.