ZTL è un appuntamento con accesso limitato agli ascoltatori dotati di analisi critica, alto senso di responsabilità, altezza variabile tra 1,50 e 2 metri e attenti a seguire la trasmissione fuori dai luoghi comuni, senza pregiudizi e censure. ZTL è in onda su Giornale Radio, dal lunedì al venerdì dalle 18 alle 20.
Quarantanovesimo notiziario settimanale
di lunedì 30 ottobre 2023 degli italiani di Russia. Buon ascolto e buona
visione.
Attualità
Gli eventi della settimana appena
trascorsa, in particolare l’attacco alla centrale nucleare di Kursk da parte
dei droni ucraini, dimostrano che la situazione della sicurezza nucleare rimane
“potenzialmente pericolosa”, e non solo nella centrale nucleare di Zaporož’e.
Lo ha affermato il direttore generale dell’AIEA Rafael Grossi, assicurando che
l’agenzia continuerà a fare tutto ciò che è in suo potere per contribuire a
prevenire un disastro nucleare durante un conflitto militare.
La stessa AIEA ha affermato di
essere a conoscenza delle notizie russe riguardanti il ritrovamento di tre
veicoli aerei senza pilota nell’area della centrale nucleare di Kursk, nel sud
della Russia. Gli esperti sanno anche che uno dei droni è esploso, provocando
lievi danni alla facciata dell’edificio dove è immagazzinato il combustibile
nucleare esaurito.
“E’ stato riferito che non ci
sono vittime e il livello di radiazioni nel sito della centrale nucleare di
Kursk non supera gli standard stabiliti”, ha affermato l’AIEA in una nota. In
precedenza, il servizio stampa della centrale nucleare di Kursk aveva riferito
che la sera del 26 ottobre la difesa aerea aveva fermato un attacco di tre
droni ucraini alla stazione. Hanno affermato che l’attacco non ha influenzato
il funzionamento della struttura.
Sul posto sono arrivati gli
specialisti dell’Agenzia medica e biologica russa che hanno effettuato
misurazioni di controllo. Hanno confermato che il fondo radioattivo a Kurčatov
e nella centrale nucleare di Kursk è al livello dei valori naturali. La
stazione stessa non ha subito alcun danno e funziona normalmente.
La rappresentante ufficiale del
Ministero degli Esteri russo, Marija Zacharova, ha sottolineato: quanto
accaduto dimostra che non esistono restrizioni per il regime di Kiev, compresa
la commissione di atti di terrorismo nucleare. Ha osservato che l’Ucraina,
avendo effettuato un attacco a una centrale nucleare, si è messa alla pari con
le organizzazioni terroristiche più odiose. Di particolare preoccupazione è che
questo crimine non avrebbe potuto essere commesso senza il permesso dei
curatori occidentali di Kiev.
Aggiungo personalmente: ma gli
Stati Uniti non avevano giurato e spergiurato di essersi messi d’accordo con
gli ucraini che le armi statunitensi sarebbero state usate solo a scopi di
difesa in territorio ucraino? Qualcuno aveva forse il benché minimo dubbio che
tali promesse sarebbero state disattese?
Le operazioni di terra dell’IDF
nella Striscia di Gaza sono coperte da aerei statunitensi e NATO.
A meno di 100 km a ovest della
costa libanese si trova un aereo da ricognizione Boeing RC-135V Rivet Joint con
il nominativo HOMER42.
Si precisa che l’aereo è
decollato dalla base dell’aeronautica americana Souda Bay, sull’isola greca di
Creta.
Accanto a lui c’è un aereo da
ricognizione britannico Boeing P-8A Poseidon MRA1 (numero di riconoscimento
RFR7040) dalla base aerea di Sigonella in Italia.
In precedenza, il portavoce dell’IDF,
il contrammiraglio Daniel Hagari, aveva affermato che le forze israeliane
stavano ampliando la portata delle manovre di terra nella Striscia di Gaza.
L’Assemblea Generale delle
Nazioni Unite, durante la decima sessione speciale di emergenza per la
protezione del popolo palestinese, ha adottato una risoluzione sulla “Protezione
dei civili e rispetto degli obblighi legali e umanitari”.
120 paesi hanno votato a favore
della risoluzione, tra cui Federazione Russa, Cina, Turchia ed Emirati Arabi
Uniti. E’ stato sostenuto anche da un certo numero di Paesi europei. Allo
stesso tempo, 45 Stati si sono astenuti dal partecipare al voto, tra cui
Canada, Germania, Ucraina, Georgia, Italia, Giappone, Polonia e Serbia.
Al documento si sono opposti 14
paesi, in particolare Stati Uniti, Israele, Austria, Ungheria, Croazia e
Repubblica Ceca. Il ministro degli Esteri israeliano Eli Cohen ha definito
disgustosa la posizione dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite. Secondo
lui, lo Stato ebraico intende distruggere Hamas “nello stesso modo in cui il
mondo ha affrontato i nazisti e l’ISIS”.
Il documento è stato elaborato da
un gruppo di Paesi arabi con il sostegno di altri Stati, inclusa la Russia.
Richiede una tregua umanitaria immediata.
Il rappresentante permanente
della Russia all’ONU Vasilij Nebenzja, nel suo discorso sulle ragioni del voto,
ha osservato che all’Assemblea generale ha prevalso la voce di tutti i membri
sensibili della comunità internazionale. Allo stesso tempo ha osservato che il
Consiglio di Sicurezza dell’ONU non è stato in grado di prendere alcuna
decisione a causa della posizione delle delegazioni occidentali.
“Questa non è una vittoria di una
qualche posizione nazionale. Questa è una vittoria del buon senso, della
giustizia e di considerazioni umane. Questa è un’incarnazione tangibile dell’enorme
preoccupazione per la sorte dei civili a Gaza e in Israele che ci unisce tutti.
Questa risoluzione è il minimo di ciò che possiamo e dobbiamo fare per loro”,
ha affermato.
A suo avviso è necessario inviare
un segnale chiaro e unico sulla necessità di porre fine tempestivamente alla
violenza e di ritornare ai negoziati pacifici.
“Il loro risultato dovrebbe
essere la creazione di uno Stato palestinese sovrano entro i confini del 1967,
con capitale a Gerusalemme Est, che coesista in pace e sicurezza con Israele.
Ciò, più di ogni altra cosa, contribuirà alla sicurezza degli Stati del Medio
Oriente, compreso Israele, e alla pace nella regione”, ha sottolineato Nebenzja.
A sua volta, il vicepresidente
del Senato russo, Konstantin Kosačëv, ha osservato che il voto all’ONU
ha diviso il mondo in modo del tutto inaspettato.
“Si scopre che nel mondo c’è
ancora abbastanza spazio per reazioni sincere, anche se molto diverse. La
coscienza nella politica mondiale non è stata ancora del tutto relegata negli
archivi, come sembrava di recente”, ha scritto sul suo canale Telegram.
Musica
Proseguiamo con le canzoni legate
in un modo o l’altro alla Russia e/o all’Italia. Stavolta, la prendo alla
lontana, molto alla lontana. A cavallo tra il XVIII e il XIX secolo, due
fratelli berlinesi, i fratelli Grimm, linguisti e filologi, si dilettavano a rielaborare
le fiabe della tradizione popolare tedesca, scrivendo “Hänsel e Gretel”, “Cenerentola”,
“Il principe ranocchio”, “I musicanti di Brema”, “Raperonzolo”, “Cappuccetto
Rosso” e “Biancaneve”. Come vedete, non furono un’invenzione dello statunitense
Walt Disney, e anzi, a voler scavare, “Cenerentola” e “La bella addormentata
nel bosco”, sono sì parte del patrimonio europeo, ma da molto prima dei
fratelli Grimm, con una precedente trasposizione letteraria nell’opera in
lingua napoletana “Lo cunto de li cunti” di Giambattista Basile, che li precede
di più di due secoli.
Mi voglio soffermare sui “Musicanti
di Brema”. In breve, la trama, da Wikipedia: un asino, un cane, un gatto e un
gallo, vissuti in quattro diverse fattorie, sono stati sempre trattati male dai
loro padroni, che, una volta invecchiati, volevano sbarazzarsi di loro.
Decidono allora di abbandonare il proprio territorio e fuggire. Dopo essersi
incontrati, decidono di andare insieme a Brema, per vivere senza padroni e
provare a diventare musicisti nella banda della città.
E qui torniamo a noi. Nel 1969,
in Unione Sovietica fu girato un omonimo cartone animato, tuttora molto
popolare tra i bambini russi. Ciò che però rimane nella storia è la musica che
lo accompagna, basti ricordare che in vinile vi fu una tiratura di 28 milioni
di copie in due anni. Non posso farvi sentire e vedere tutto per intero,
altrimenti bisognerebbe farne una puntata a parte, ma vi propongo un breve “pot
purrie”, rende abbastanza bene il periodo quando i cartoni animati si disegnavano
a mano, non c’erano i computer.
Tra gli ascoltatori e gli
spettatori, sta crescendo il numero dei russi residenti in Italia, penso che
questo piccolo omaggio li farà tornare bambini. Coloro che seguono questo
notiziario da più tempo dovrebbero riconoscere a un certo punto la voce
inconfondibile di Muslim Magomaev, di cui vi ho parlato varie volte.
Trovate tutte le edizioni del notiziario (con il testo) in Blogspot.
Discorso e risposte alle domande
dei media del Ministro degli Affari Esteri della Federazione Russa Sergej
Lavrov a conclusione della riunione ministeriale della Piattaforma consultiva
regionale “3+3” per il Caucaso meridionale, Teheran, 23 ottobre 2023
Si è conclusa la riunione
ministeriale del gruppo “3+3”. E’ stato formato su iniziativa di Baku e Ankara
e prevede l’interazione tra i tre Paesi del Caucaso meridionale (Azerbajdžan,
Armenia, Georgia) e i loro tre grandi vicini (Russia, Turchia, Iran).
Il primo incontro in questo
formato si è svolto a Mosca a livello dei nostri deputati nel dicembre 2021. In
esso, la parte russa, in qualità di organizzatore dell’evento, ha presentato il
suo documento, in cui delineava la nostra visione delle prospettive per
progetti pratici di cooperazione (economia, energia, commercio, trasporti,
tecnologie dell’informazione e della comunicazione, risorse naturali, ambito
umanitario, istruzione, cultura, turismo).
Oggi c’è accordo in tutti questi
ambiti. Le parti hanno concordato che i Paesi partecipanti nomineranno
rappresentanti speciali. Formuleranno idee nazionali all’interno di ciascuna
delle aree menzionate. Il coordinamento sarà poi svolto dai colleghi turchi,
che ospiteranno il secondo incontro ministeriale (previsto nella prima metà del
2024).
Valutazioni e accordi specifici
saranno resi noti dal Ministro degli Affari Esteri della Repubblica Islamica
dell’Iran Amirabdollahian.
Abbiamo prestato molta attenzione
alla situazione geopolitica nella regione. Hanno espresso soddisfazione per il
processo di normalizzazione delle relazioni tra Azerbajdžan e Armenia, Azerbajdžan
e Iran, Armenia e Turchia. Su tutte queste questioni, la Russia li sostiene
attivamente. Continueremo a farlo.
Non potevamo fare a meno di
parlare della Palestina. Abbiamo posizioni vicine. La Russia non accetta alcuna
manifestazione di terrorismo o violenza in violazione del diritto
internazionale umanitario, compreso l’uso indiscriminato della forza. Partiamo
dal fatto che è necessario impedire la presa di persone in ostaggio e il blocco
delle aree popolate da popolazioni civili. Tutto questo è ben noto. Abbiamo
condiviso le nostre valutazioni su come questo tema viene considerato nel
Consiglio di Sicurezza dell’ONU. Abbiamo ricevuto supporto dai partner nel
formato “3+3”.
Tutto si rifletterà nella
dichiarazione finale che presenterà l’Iran. Tutti hanno convenuto che la porta
resta aperta per la Georgia nel nostro formato. Comprendiamo le ragioni per cui
la leadership georgiana finora si astiene dall’unirsi ai “sei”. Apprezziamo che
Tbilisi si assuma la possibilità di farlo in futuro (come comprendiamo). In
ogni caso, le attuali autorità georgiane, in tutte le loro azioni, muovono da
interessi nazionali fondamentali, come hanno ripetutamente dimostrato. Ciò dà
motivo di credere che un vero e proprio formato “3+3” potrebbe funzionare nel
prossimo futuro.
Domanda: Il formato “3+3”
è un’iniziativa di Baku e Ankara. Cosa puoi dire dell’atteggiamento di Erevan
nei suoi confronti? L’Azerbajdžan e l’Armenia percepiscono questo formato come
una piattaforma a tutti gli effetti per risolvere il conflitto armeno-azero?
Cosa pensa Mosca di questo formato?
Lavrov: L’Armenia ha un
atteggiamento positivo nei confronti di questo sito, perché partecipa qui.
Per quanto riguarda l’atteggiamento
di questo formato nei confronti di ciò che sta accadendo tra Erevan e Baku, nel
complesso il conflitto è stato risolto. Le parti hanno convenuto che il Nagornyj
Karabach appartiene all’Azerbajdžan. Questo era il principale problema irrisolto.
Ora ci sono passi concreti per
normalizzare completamente le relazioni. Innanzitutto sulla preparazione di un
trattato di pace, sulla delimitazione dei confini e sulla creazione di legami
economici e di trasporto senza ostacoli. Questo è stato concordato negli
incontri tra il presidente russo Putin, il presidente azero Aliev e il primo
ministro armeno Pašinjan. Questi aspetti delle relazioni armeno-azere non sono
discussi direttamente nel formato “3+3”. Per questo ci sono altri canali
concordati dalle parti.
La Russia svolge un ruolo di
coordinamento in relazione a tutti questi processi. Di per sé, una piattaforma
aggiuntiva (oltre alla CSI e ad altri formati in cui sono presenti Baku e Erevan),
dedicata all’espansione delle tendenze positive e alla creazione delle
condizioni per lo sviluppo sostenibile dell’intera regione, aiuta
oggettivamente a risolvere le questioni rimanenti nelle relazioni tra Azerbajdžan
e Armenia.
Domanda: Il Ministero
degli Esteri russo ha ripetutamente chiesto l’avvio del processo di
delimitazione dei confini. In seguito alla notizia dell’abolizione del Nagornyj
Karabach come repubblica, Erevan si è dichiarata pronta ad avviare questo
processo. Sono state create tutte le condizioni per procedere verso un trattato
di pace tra Baku e Erevan? Cosa o chi sta fermando tutto ciò?
Lavrov: Un accordo
separato tra Mosca, Baku e Erevan era dedicato alla delimitazione. Gli armeni e
gli azeri hanno concordato di creare una commissione di delimitazione, ai
lavori della quale, con il loro consenso, la parte russa parteciperà come
consulente. Purtroppo la commissione non si è riunita per un lungo periodo.
Anche se nell’ultimo anno ci sono stati tentativi (e continuano) da parte degli
Stati Uniti e, soprattutto, dell’Unione Europea di infiltrarsi nel processo di
delimitazione.
La Russia non è contraria ai
contatti che armeni e azeri ritengono utili. Ma gli esperti sanno bene che
tutto il necessario per discutere e concordare la delimitazione, comprese le
mappe risalenti all’epoca sovietica, è nelle mani solo della Federazione Russa.
I partner lo capiscono. Non stiamo cercando di farne un grosso problema.
Lasciamoli “tentare la fortuna” a Bruxelles, se lo desiderano. Ma siamo sempre
pronti ad aiutare davvero ad avviare la delimitazione pratica.
Domanda: La Striscia di
Gaza è adesso sotto i riflettori. Il segretario di Stato americano Blinken ha
detto che sono pronti ad agire se il conflitto dovesse intensificarsi a causa
di alcune “terze forze” di sostenitori filo-iraniani. C’è stata un’altra forte
affermazione secondo cui non sarebbe stato possibile ritornare al meccanismo
che esisteva prima, lo status quo tra Israele e la Striscia di Gaza. E’
necessario qualche nuovo meccanismo, ma Blinken non specifica cosa. E’ d’accordo?
Qual è la formula per il futuro? Che aspetto potrebbe avere?
Lavrov: Per quanto
riguarda le previsioni del segretario di Stato americano Blinken riguardo all’intervento
di “forze terze” in questo conflitto. Gli Stati Uniti sono tra i leader tra
coloro che stanno già intervenendo. Ciò include l’invio nella zona del
conflitto di due gruppi di portaerei e di diverse migliaia di soldati con tutte
le armi necessarie, comprese quelle pesanti. Maggiore è il numero di iniziative
proattive da parte di uno Stato, maggiore è il rischio e il pericolo che il
conflitto si inasprisca.
Siamo convinti che il primo e
fondamentale passo dovrebbe essere un cessate il fuoco, risolvendo le questioni
umanitarie e facilitando la partenza dei cittadini stranieri dalla Striscia di
Gaza. Sarà quindi necessario un meccanismo per guardare la situazione in un
contesto più ampio. Se ne parla da decenni all’ONU. L’intera comunità
internazionale (questo resta un dato di fatto) ha confermato e continua a
confermare il proprio impegno a favore del principio dei due Stati. Questa è la
cosiddetta soluzione al problema dei due Stati, quando due Stati sovrani a
pieno titolo, Palestina e Israele, vivranno fianco a fianco in buon vicinato,
pace e sicurezza tra loro e con tutti gli altri vicini. Come sapete, questo
piano è sancito in una serie di decisioni del Consiglio di sicurezza delle
Nazioni Unite e nell’Iniziativa di pace araba, avanzata dall’Arabia Saudita nel
2002. E’ approvato da tutti i musulmani e accolto favorevolmente da altri
membri della comunità internazionale. Questo piano era incarnato negli accordi
secondo cui i corrispondenti negoziati diretti sarebbero stati coordinati da
quattro “attori”: Russia, Stati Uniti, ONU e UE – un “quartetto” di mediatori
internazionali. Per molti anni, gli Stati Uniti hanno sostanzialmente bloccato
il lavoro di questo meccanismo, si sono incontrati “per spettacolo” e non hanno
cercato in alcun modo di trovare le misure che avrebbero permesso di attuare la
decisione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite sui confini del
futuro. Lo Stato palestinese, la sua capitale, risolve i problemi dei rifugiati
e dell’approvvigionamento idrico. Tutto ciò è descritto nella risoluzione del
Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Negli ultimi due anni, gli Stati
Uniti hanno interrotto il lavoro del Quartetto. Ora non esiste altra autorità
che possa essere accettabile per tutti. Se il segretario di Stato americano
Blinken abbia qualche idea brillante a questo riguardo, non lo sappiamo.
Sono convinto che da solo, come
hanno cercato di fare gli Stati Uniti per molti anni, nessuno riuscirà a
riconciliare palestinesi e israeliani. Dobbiamo agire in base al potenziale
collettivo dei Paesi della regione, dell’UE e degli USA (anche qui è difficile
farne a meno). Dobbiamo agire collettivamente e non unilateralmente.
Domanda: Alcuni politici
palestinesi e israeliani affermano che la Russia potrebbe diventare un
mediatore nei negoziati tra Israele e Palestina. La Russia prevede di lanciare
un’iniziativa di pace nel prossimo futuro? Se sì, quando e quali principi di
base potrebbe riflettere questa iniziativa?
Lavrov: Ho appena
risposto che i servizi di mediazione unilaterali difficilmente saranno d’aiuto
in questo caso. La Russia faceva parte del meccanismo di mediazione sotto forma
di un “quartetto” di mediatori internazionali. Il nostro Paese resta pronto ad
aiutare in ogni modo possibile a fermare lo spargimento di sangue e a passare
alla discussione di una soluzione a lungo termine basata su una risoluzione del
Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Abbiamo rapporti veramente normali
con Israele e Palestina. Il presidente russo Putin ha sempre invariabilmente
sottolineato il nostro impegno speciale nel garantire la sicurezza di Israele
nei suoi discorsi internazionali sul Medio Oriente. I nostri cittadini in
Israele sono un milione e mezzo o addirittura due milioni.
Vediamo in quali condizioni
geopolitiche si sta sviluppando questo Paese. Comprendiamo che ha bisogno di
pace proprio come i suoi vicini. Ciò include la Siria, il Libano e i palestinesi,
ai quali per più di settantacinque anni non è stato permesso di creare il
proprio Stato, a cui tutta l’umanità progressista aveva giurato fedeltà alla
fine degli anni Quaranta del secolo scorso.
Recentemente i nostri colleghi
turchi hanno avanzato l’idea che i Paesi che hanno influenza sulle parti in
conflitto individuino i loro garanti, che potrebbero unirsi e concordare alcune
raccomandazioni alle parti. Oggi ho chiesto al mio collega, il ministro degli
Esteri turco Fidan, di concretizzare questa idea. Vediamo. In ogni caso, i
pensieri si muovono nella giusta direzione dell’azione collettiva.
Domanda: A che punto è il
nuovo accordo di partenariato strategico globale russo-iraniano? In precedenza
si era avanzata la proposta che il documento potesse essere concluso entro la
fine dell’anno. L’escalation in Medio Oriente potrebbe influenzare i tempi o i
contenuti?
Lavrov: La preparazione
di un nuovo grande accordo è in fase avanzata. L’85% era d’accordo. Rimangono
alcune questioni specifiche sulle quali è in corso un attivo processo di
negoziazione. Non mi preoccuperò delle scadenze. Per noi la cosa più importante
non sono sempre state le scadenze artificiali, ma il risultato. Così è in
questo caso. Non vedo alcun impatto diretto, in qualsiasi forma, su ciò che sta
accadendo tra palestinesi e israeliani sul nostro processo di negoziazione con
la Repubblica islamica dell’Iran.
Oggi, nell’incontro con il
presidente iraniano Raisi, hanno confermato il loro impegno per la rapida
conclusione dei lavori su questo nuovo documento.
ZTL è un appuntamento con accesso limitato agli ascoltatori dotati di analisi critica, alto senso di responsabilità, altezza variabile tra 1,50 e 2 metri e attenti a seguire la trasmissione fuori dai luoghi comuni, senza pregiudizi e censure. ZTL è in onda su Giornale Radio, dal lunedì al venerdì dalle 18 alle 20.
“L’Attimo Fuggente”, programma condotto da Luca Telese, dal lunedì al venerdì, dalle 7.00 alle 9.00. Oggi Luca Telese ha parlato con Mark Bernardini (politologo e sociologo in Russia).
Quarantottesimo notiziario settimanale di lunedì 23 ottobre 2023 degli italiani di Russia. Buon ascolto e buona visione.
Attualità
Il Ministro degli Affari Esteri della Federazione Russa Sergej Lavrov del 10 ottobre 2023 ha scritto un articolo sulla “osservanza dei principi della Carta delle Nazioni Unite nella loro totalità e interconnessione, che è la chiave per la pace e la stabilità sul piano internazionale”. E’ lungo, non voglio tediarvi con la lettura integrale, ve ne faccio un sunto. Per chi lo desidera, non è difficile reperirlo su Telegraph, a cura dell’ambasciata russa a Roma.
Il dibattito politico generale conclusosi di recente nell’ambito della 78° sessione dell’Assemblea Generale dell’ONU ha confermato in maniera ben chiara che il mondo sta vivendo profondi e radicali cambiamenti.
Davanti ai nostri occhi sta prendendo forma un nuovo ordine mondiale multipolare, più giusto, che riflette la grande varietà delle culture e delle civiltà del mondo. I contorni del futuro nascono dalla lotta. La Maggioranza mondiale, che rappresenta l’85% della popolazione del pianeta, si schiera a favore di una distribuzione più equa dei beni globali, del rispetto della molteplicità delle nostre civiltà e della conseguente democratizzazione della vita internazionale. Dall’altra parte, un ristretto gruppo di Paesi occidentali guidato dagli Stati Uniti punta, con metodi neocoloniali, a frenare il corso naturale degli eventi e a mantenere il suo sempre più debole dominio.
Punti chiave:
Si ha la netta sensazione che gli Stati Uniti, assieme al “collettivo occidentale” ad essi completamente soggiogato, abbiano deciso di proiettare la “dottrina Monroe” su scala globale.
Le élite al comando in Occidente, in violazione della Carta delle Nazioni Unite, danno indicazioni agli altri Paesi in merito a come e con chi costruire legami interstatali.
La linea aggressiva e fortemente interessata della minoranza occidentale ha causato una grave crisi nelle relazioni internazionali. Cresce il rischio di un conflitto mondiale. […] E’ necessario fare in modo che lo spirito multipolare di cui è intrisa la Carta delle Nazioni Unite diventi realtà.
E’ proprio nella ricerca del comune accordo, e non nella divisione del mondo tra “democrazie” e “autocrazie”, che risiede la missione delle Nazioni Unite. E la Russia, assieme a coloro che la pensano allo stesso modo, è assolutamente preparata a contribuire al compimento di questa missione.
Se i membri della comunità globale troveranno la determinazione necessaria per un ritorno alle origini e tramuteranno gli obblighi da loro assunti in accordo con la Carta delle Nazioni Unite in fatti concreti, allora l’umanità avrà finalmente l’opportunità di superare il dannoso retaggio dell’epoca del monopolarismo.
Sempre Lavrov il 20 ottobre ha rilasciato un’intervista alla giornalista Ol’ga Skabeeva, nella quale ha spiegato la posizione russa riguardo al conflitto israelo-palestinese.
Il capo del ministero degli Esteri russo ha osservato che Mosca aderisce alle decisioni del Consiglio di sicurezza dell’ONU del 1967 e spera in una soluzione del conflitto armato tenendo conto degli accordi precedentemente adottati.
“Siamo impegnati nelle decisioni del Consiglio di Sicurezza, che nessuno ha annullato o abbandonato, e che implicano il raggiungimento di accordi sulla creazione di uno Stato palestinese basato sui confini del 1967 con capitale a Gerusalemme Est”, ha affermato il capo della politica estera russa.
Lavrov ha ricordato che Israele viola regolarmente le risoluzioni delle Nazioni Unite espandendo le sue zone di insediamento. Ciò sta causando nuove crisi nella regione e intensificando i conflitti irrisolti. Questa politica di Israele è sostenuta dall’estero.
“Se gli Stati Uniti avessero contribuito alla creazione di uno Stato palestinese, non ci sarebbe stata una tale tensione nella Striscia di Gaza, attorno ad essa e in tutto il Medio Oriente”, è sicuro Sergej Lavrov. “Uno dei risultati sono le avventure americane che stiamo vedendo ora”.
Sempre in settimana, Lavrov è stato in missione ufficiale nella Corea del Nord. Ecco alcune sue dichiarazioni da Pyongyang.
“Gli Stati Uniti hanno sottomesso tutti, si considerano in diritto di decidere chi deve riunirsi e chi è obbligato a rispettare i divieti. Esiste un solo documento – la Carta delle Nazioni Unite – sulla sovranità degli Stati. Gli Stati Uniti non seguono mai questa regola”, ha detto Sergej Lavrov.
Non solo non si adeguano, ma esercitano anche pressioni sui loro alleati, come nel caso del conflitto in Ucraina. Sergej Lavrov ha parlato della stanchezza degli europei nel sostenere Kiev: “Penso che molti in Europa siano stanchi dell’Ucraina. Per inerzia, attraverso l’autoipnosi, stanno ancora cercando di tenere a galla questa situazione. Non so quando sarà abbastanza, troppo, quando i loro elettori non saranno più disposti a sopportare il deterioramento della situazione socioeconomica in una situazione in cui l’Ucraina riceve favolosi miliardi di dollari ed euro”.
Qualcuno si chiederà perché ho dedicato così tanta attenzione a Lavrov. Beh, intanto perché faccio sempre più fatica a reperire nei media russi qualcosa che riguardi l’Italia, e mi pare piuttosto logico. E poi certe notizie dalla Russia se non ve le fornisco io, non ve le fornisce nessuno. Comunque, a parte le questioni calcistiche, questa settimana l’Italia ha meritato un paio di menzioni persino qui, ma non ne gioisco.
La scandalosa rottura del primo ministro italiano con il suo compagno è diventata l’argomento numero uno per i media italiani. Giorgia Meloni ha annunciato che dopo dieci anni di relazione lascia il giornalista Andrea Giambruno. Il motivo sarebbe un fuori onda, che non era destinato alla trasmissione, ma che comunque è finito nelle mani dei giornalisti. In esso Giambruno assilla la conduttrice, le fa proposte indecenti e usa parolacce. Gran parte di ciò che ha detto Giambruno è stato taciuto per ragioni etiche.
I giornalisti italiani cercano risvolti politici nello scandalo che circonda la famiglia Meloni. La registrazione è stata trasmessa da un canale televisivo appartenente alla famiglia del defunto ex primo ministro Silvio Berlusconi. Durante la campagna elettorale, Meloni si è avvalsa attivamente del sostegno del politico in pensione e dei suoi sostenitori, ma subito dopo la vittoria le loro opinioni divergevano. Prima di salire al potere, la Meloni aveva promesso di mettere gli interessi dell’Italia al di sopra di ogni altra cosa, ma poi ha cambiato bruscamente posizione e ha iniziato a eseguire senza tentennamenti tutte le istruzioni dei vertici dell’UE e della NATO.
Le prove “incriminanti” contro Giambruno sono apparse nell’anniversario del mandato di Meloni come primo ministro.
Vi avevo detto che di notizie riguardanti l’Italia ce n’era un paio. La seconda riguarda Berlusconi. I suoi parenti hanno ereditato una collezione di 25mila dipinti privi di valore artistico. Gli eredi intendono sbarazzarsi della collezione distruggendola, poiché conservare un tale numero di dipinti costa la cifra davvero impressionante di 800mila euro l’anno.
La collezione è conservata in un magazzino a Milano, dove Berlusconi aveva la residenza. L’amico dell’ex primo ministro italiano Vittorio Sgarbi ha detto che in età avanzata Berlusconi iniziò a soffrire di insonnia, che degenerò in ossessione.
Il politico ha acquistato un’infinità di semplici dipinti nelle vendite televisive e nelle aste. L’ex primo ministro ha acquistato la maggior parte dei 25.000 dipinti sui canali televisivi notturni.
I cinque eredi di Berlusconi hanno già deciso di distruggere gran parte della collezione, lasciando alcuni quadri come ricordo. I critici d’arte assicurano che questo non costituirà un delitto e l’arte non subirà alcuna perdita.
Torniamo agli esponenti russi. L’OSCE rischia di perdere la sua importanza nello spazio paneuropeo; questa organizzazione ha completamente perso la sua bussola.
Questa opinione è stata espressa dal rappresentante permanente della Russia Vasilij Nebenzja in un dibattito aperto al Consiglio di sicurezza dell’ONU, dove è stata discussa l’importanza dei meccanismi regionali nella sicurezza globale.
Il diplomatico ha sottolineato che nelle condizioni dello scontro occidentale l’OSCE si è completamente degradata, sebbene inizialmente disponesse di strumenti unici per la risoluzione pacifica delle controversie. Le presidenze polacca e macedone del Nord, compiacendo l’Occidente, hanno ucrainizzato l’agenda, calpestando le regole dell’uguaglianza sovrana degli Stati.
Il lavoro dell’OSCE è ora paralizzato. Per uscire dalla crisi dobbiamo solo tornare alle nostre radici, ma gli oppositori non si sono ancora mostrati pronti a farlo, ha concluso Nebenzja.
La costa della Crimea è di nuovo inquieta, scrive il Military Chronicle: un aereo da ricognizione radio britannico Boeing RC-135W Rivet Joint, accompagnato da due caccia Eurofighter Typhoon della base aerea britannica di Akrotiri a Cipro, ha sorvolato 150 km a sud di Sebastopoli. A quanto pare, i velivoli erano lì per sostituire l’RQ-4 Global Hawk in avaria, che questa mattina ha lasciato l’area di servizio in modo imprevisto, rileva il rapporto. La mattina del 19 ottobre, un drone americano ha inviato un segnale di soccorso vicino alla Crimea. Dopo aver lanciato il segnale, l’aereo ha interrotto il volo di ricognizione a 100 km da Sebastopoli ed è tornato alla base aerea di Sigonella in Italia.
Precedentemente, da Pechino, Putin aveva affermato che gli aerei MiG-31 delle forze aerospaziali russe con sistemi ipersonici Kinžal stanno iniziando a pattugliare il Mar Nero su base permanente, ed ha spiegato che la Russia monitorerà ciò che accade nel Mar Mediterraneo.
L’ex cancelliere tedesco Gerhard Schröder, discutendo delle possibilità di risolvere il conflitto in Ucraina, ha definito la Crimea parte della storia della Russia, in un’intervista al Berliner Zeitung.
Schröder ha sottolineato che per risolvere la crisi Kiev ha bisogno di garanzie di sicurezza, che dovrebbero essere fornite dal Consiglio di sicurezza dell’ONU, così come dalla Germania.
Inoltre, secondo l’ex cancelliere, l’Ucraina non dovrebbe tentare di aderire alla NATO, soprattutto perché non sarà ancora in grado di soddisfare le condizioni per l’adesione all’Alleanza. Kiev deve inoltre revocare il divieto del bilinguismo nel Paese.
In precedenza Schröder aveva criticato l’attuale governo tedesco, affermando che si è lasciato trasportare dal cambiamento climatico e si è dimenticato dei problemi economici. L’ex cancelliere ha accusato il Partito socialdemocratico tedesco di perdere la volontà politica e di seguire ciecamente i suoi partner di coalizione, i Verdi.
E il capo del Ministero degli Esteri tedesco, Annalena Bärbock, secondo Schröder, con le sue dichiarazioni distrugge tutto ciò che l’imprenditoria tedesca ha realizzato in Cina. Ha ricordato che Bärbock ha definito il leader cinese Xi Jinping un “dittatore”.
Lo stesso Schröder viene criticato in Germania per aver mantenuto i contatti con la Russia dopo l’inizio dell’operazione speciale in Ucraina. La moglie dell’ex cancelliere So Young Kim- Schröder è stata licenziata dalla NRW.Global Business dopo che lei e suo marito avevano partecipato a un evento festivo in onore del Giorno della Vittoria presso l’ambasciata russa a Berlino il 9 maggio di quest’anno.
Musica
Proseguiamo con le canzoni legate in un modo o l’altro alla Russia e/o all’Italia. Dopo l’uscita del film “I vendicatori imprendibili”, che divenne il leader del botteghino cinematografico del 1967 in URSS, il regista Edmond Keosajan iniziò a lavorare alla sua prosecuzione. La musica fu affidata a Jan Frenkel’, che scrisse due canzoni: una era “Russkoe pole” (campi russi) con testi di Inna Goff, classe 1928, e adesso potrete intuire perché sia importante pensare a quando è nata.
Inna Goff ha ricordato la storia della creazione del testo: “L'ho scritta perché amo i campi. Adoro i campi russi perché sono nata in Russia. Come la terra è piccola rispetto alla “piana del mare”, così piccole sono le città rispetto alla vastità dei nostri campi. Campi… Questa vista libera sui confini del mondo, per cui il sole sorge al mattino e dietro il quale si nasconde di notte… Il campo dorato e frusciante di spighe di grano gravide è stata l’ultima visione pacifica della mia adolescenza…”. Nel 1941, all’invasione dei nazisti nella sua città natale, Char’kov, nella repubblica socialista sovietica ucraina, aveva tredici anni. La Goff è morta nell’aprile 1991, dunque poco prima del tentato golpe che poi portò alla dissoluzione dell’URSS.
Qui mi si permetta una digressione personale, a proposito di campi sterminati e di orizzonti. Ho sempre vissuto in grandi città: Roma, Milano, Mosca, Bruxelles. Per questo, quando si andava in campagna, cercavo sempre un orizzonte. Nei trent’anni passati in Italia, metà della mia vita, lo vedevo solo al mare, sul Tirreno per i tramonti e sull’Adriatico per le albe. Mai sulla terraferma. In Russia, esattamente il contrario. Comunque, memorabile Nanni Moretti in Ecce bombo, quando dormono sul litorale romano per vedere l’alba.
La prosecuzione del film è uscita nel 1969 e, come il suo predecessore, è diventata leader nella distribuzione cinematografica in URSS. Nel film, la canzone “Russkoe pole” è stata eseguita dall’attore Vladimir Ivašov, perché era piuttosto normale ed un punto in più se un attore sapeva anche cantare. Ivašov è morto nel 1995, nel film interpretava una Guardia Bianca. A quei tempi, la decisione del regista di mettere in bocca a un ufficiale della Guardia Bianca una canzone patriottica era un passo piuttosto inusuale, e testimonia in parte quante balle vi abbiano raccontato sulla censura in epoca sovietica. Notate anche lo scudetto, il gallone, sul suo avambraccio sinistro. Ripeto, siamo nel 1969.
Trovate tutte le edizioni del notiziario (con il testo) in Blogspot.
Concludendo la sua visita di lavoro nella Repubblica popolare cinese,
Vladimir Putin ha risposto alle domande dei giornalisti russi.
Vladimir Putin: Buonasera!
Sono pronto. Domande?
Pavel Minakov, agenzia Interfax: Oggi ha parlato con Xi Jinping per più di
tre ore. Di cosa avete parlato? Quali prospettive vede per le relazioni
bilaterali sullo sfondo di fattori esterni, compresi i conflitti regionali, in
Ucraina, il conflitto israelo-palestinese? Non è un segreto che molti Paesi vi
siano coinvolti in un modo o nell’altro. Oggi tutti sono rimasti scioccati dall’attacco
ad un ospedale di Gaza. Come vede l’impatto di questi fattori sullo sviluppo e
sulle prospettive delle relazioni bilaterali con la Cina?
Putin: La prima parte
della domanda riguarda ciò di cui abbiamo parlato. Lei stesso ha detto che
abbiamo parlato con il presidente della Repubblica popolare cinese per tre ore:
è impossibile riassumere tutto. E’ l’intera agenda bilaterale, ce n’è molta, ci
sono molte questioni: economia, finanza, interazione politica, lavoro congiunto
su piattaforme internazionali.
Abbiamo discusso in dettaglio
anche la situazione in Medio Oriente. Ho informato, anche in modo abbastanza
dettagliato, il Presidente della situazione che si sta sviluppando sulla pista
ucraina. Quindi, probabilmente – abbiamo appunto parlato per tre ore – per
presentare tutto nel dettaglio ci vorrebbero altrettante tre ore. Non abbiamo
tutto questo tempo e non ne abbiamo bisogno: ho nominato gli argomenti e le
direzioni principali. Primo.
Secondo: riguardo all’impatto di
fattori esterni e di conflitti sullo sviluppo delle relazioni russo-cinesi.
Tutti questi fattori esterni rappresentano minacce comuni e rafforzano la
cooperazione russo-cinese.
Per quanto riguarda le
prospettive, le guardo con ottimismo. A marzo abbiamo raggiunto alcuni accordi;
tra l’altro sono stati stabiliti otto punti. Ora a Biškek i primi ministri
dovranno dettagliare questi punti e firmare un piano per la nostra interazione
fino al 2030. Questo è un ottimo piano: è specifico e significativo.
Vorrei anche attirare l’attenzione
sul fatto che ciò viene fatto da entrambe le parti senza esitazione e senza
ritardi amministrativi, il che, francamente, è insolito anche per le strutture
governative di qualsiasi Paese – qualsiasi Paese, non si tratta della Cina, non
della Russia. Tuttavia, di regola, si tratta di eventi su larga scala che
abbiamo pianificato fino al 2030, sono di natura specifica e di solito le
strutture burocratiche restano ferme per mesi. Lo abbiamo fatto abbastanza
rapidamente e questo dà motivo di ritenere che verrà implementato altrettanto
rapidamente.
Inoltre, il volume del fatturato
commerciale di cui parliamo oggi è davvero impressionante. Dopotutto, ci siamo
posti l’obiettivo di raggiungere i 200 miliardi di dollari nel 2024. E quando
lo abbiamo formulato nel 2019, le dirò francamente, poche persone credevano che
ciò fosse possibile, perché a quel tempo il nostro fatturato commerciale era di
100 miliardi, e ora, prima del previsto, è già di 200.
E vorrei attirare la sua
attenzione su un’altra cosa: ho detto che la Russia è al sesto posto tra i
partner commerciali della Cina. In realtà, se adottiamo un approccio puramente
formale, non è così: occupa un posto molto più alto, perché c’è sia Hong Kong
che la seconda parte della Cina – tutto questo è Cina insieme – e, in senso
stretto, queste due fattori non possono non essere presi in considerazione. E
se teniamo presente che ogni Paese ha sempre un fatturato commerciale maggiore
con i Paesi vicini, intendo la Corea del Sud e il Giappone, allora tra i Paesi
non regionali, infatti, occupiamo il secondo posto nel commercio con la Cina
dopo gli Stati Uniti, avendo già superato come indicatore la Repubblica
federale di Germania.
Viktor Sineok, Centro di informazione
internazionale Izvestija: Probabilmente
ha discusso con il suo collega cinese non solo del progetto One Belt, One Road,
ma anche dell’iniziativa del Grande Partenariato Eurasiatico. Mi dica, secondo
lei, queste iniziative sono complementari o c’è qualche elemento di
concorrenza?
Putin: Guardi, l’ho già
detto e lo ripeto in tutta sincerità. Basta guardare cos’è l’iniziativa cinese “One
Belt, One Road”: è un’iniziativa globale, riguarda quasi tutte le regioni del mondo,
tutti: il continente americano, l’Africa, l’Europa, i suoi vicini nella regione
Asia-Pacifico, e la Russia.
Invece quello che viene chiamato
partenariato eurasiatico è locale. Si tratta di un ampio spazio e di una
priorità assoluta per noi, per la Russia, ma non ha ancora lo stesso carattere
globale dell’iniziativa cinese. Pertanto, senza alcun dubbio, l’uno è
complementare all’altro, e le nostre dichiarazioni lo contengono. Abbiamo
lavorato su questo da entrambe le parti.
Inoltre, siamo interessati allo
sviluppo dell’iniziativa cinese “One Belt, One Road”. Perché, mentre creiamo la
nostra infrastruttura, di cui ho parlato oggi, intervenendo alla sessione
odierna, alla sessione plenaria, dopo tutto, quando creiamo e sviluppiamo la
Ferrovia Transiberiana, la direttrice del Bajkal-Amur, e la Rotta del Mare del
Nord, il corridoio Nord-Sud, le nostre reti ferroviarie e stradali e così via,
se si sviluppa, l’iniziativa cinese “One Belt, One Road” creerà un effetto
sinergico sia per quegli sforzi che per quegli investimenti che stiamo facendo
ora creando e sviluppando le capacità russe.
Questo ci interessa e lavoreremo
insieme. Non c’è concorrenza in questo.
Konstantin Panjuškin, Primo Canale
TV: Proprio alla vigilia del suo
viaggio qui a Pechino, ha organizzato una maratona telefonica con i capi degli Stati
del Medio Oriente. Che impressione ha avuto allora, dopo queste conversazioni
telefoniche? Sembrava allora che una nuova grande guerra in Medio Oriente
potesse essere evitata? E la sua posizione è cambiata, cosa pensa adesso, oggi,
dopo il mostruoso attacco all’ospedale di Gaza e come il mondo islamico ha
reagito a questo attacco?
Putin: Per quanto
riguarda l’attacco, come lei ha detto, all’ospedale, la tragedia avvenuta lì è
stata un evento terribile: centinaia sono stati uccisi e centinaia feriti.
Questo, ovviamente, è un disastro in un luogo, soprattutto in un luogo di
natura umanitaria. Spero davvero che questo diventi un segnale della necessità
di porre fine a questo conflitto il più rapidamente possibile, in ogni caso
dobbiamo riportare la questione alla possibilità di avviare qualche tipo di
contatto e negoziazione. Questo è il primo punto.
In secondo luogo, per quanto
riguarda la mia impressione dopo aver parlato con cinque leader della regione –
sono state conversazioni importanti e tempestive – le dirò ora la cosa
principale, senza dettagli: ho l’impressione che nessuno voglia continuare a
sviluppare il conflitto e peggiorare la situazione.
Secondo me, tra i principali
attori, alcuni, per definizione, non vogliono, altri hanno paura di qualcosa,
ma non c’è praticamente alcuna disponibilità a sviluppare il conflitto, a
trasformarlo in una guerra su larga scala: questa è la mia impressione. E
questo è molto importante.
Pavel Zarubin, canale TV Rossija:
Il presidente dell’Ucraina si è
praticamente vantato del fatto che Kiev non solo ha ricevuto, ma ha già
iniziato a utilizzare i missili americani ATACMS a lungo raggio. Washington ha
anche confermato di aver effettivamente trasferito questi missili al regime di
Kiev in segreto.
Putin: Cioè? Confermato
in segreto?
Zarubin: Che ha trasferito questi missili in
segreto.
Per quanto ne sappiamo, questi missili espandono significativamente il
raggio dei possibili attacchi, anche in profondità nel territorio russo. Quanto
seriamente questo può cambiare la situazione? E come reagirà la Russia?
Putin: In primo luogo,
questo, ovviamente, provoca danni e crea un’ulteriore minaccia.
In secondo luogo, saremo
ovviamente in grado di respingere questi attacchi. La guerra è guerra e
ovviamente ho detto che rappresentano una minaccia, questo è ovvio. Ma ciò che
più conta è che essa non è assolutamente in grado di cambiare la situazione
lungo la linea di contatto. Impossibile. Questo si può dire con certezza.
E infine, il punto successivo è
un altro errore da parte degli Stati Uniti, e per diverse ragioni.
In primo luogo, se non fornissero
armi, in futuro potrebbero dire: “Se fornissimo tutto ciò che possiamo, la
situazione cambierebbe, ma ciò porterebbe a vittime inutili. Siamo così bravi –
non l’abbiamo fatto”. Ma lo hanno fatto e non ci saranno risultati. Ecco perché
è un errore.
E infine, anche in questo senso
non c’è nulla di buono per l’Ucraina: prolunga semplicemente l’agonia. Hanno
lanciato la tanto annunciata e tanto attesa ennesima controffensiva, ora in
direzione di Cherson – per ora senza risultato alcuno. Ci sono perdite: non ci
sono risultati, proprio come a Zaporož’e e in altre direzioni. Quindi anche da
questo punto di vista è un errore.
Infine, un errore di portata più
ampia, ancora invisibile, ma pur sempre di grande importanza, è che gli Stati
Uniti vengono coinvolti sempre più personalmente in questo conflitto. Sono
attratti: questa è una cosa ovvia. E nessuno dica che non c’entrano nulla.
Crediamo che lo abbiano fatto. Inoltre, sullo sfondo del conflitto in Medio
Oriente, tutto questo sta accadendo, tutto questo sta riscaldando l’atmosfera.
Hanno preso e trascinato due
gruppi di aerei nel Mar Mediterraneo. Voglio dire che questa non è una minaccia
– quello che dirò ora e di cui vi informerò, ma su mie istruzioni, le forze
aerospaziali russe stanno iniziando a pattugliare su base permanente la zona
neutrale dello spazio aereo sopra il Mar Nero. I nostri aerei MiG-31 sono
armati con sistemi Kinžal. E’ noto che hanno un’autonomia di oltre mille
chilometri ad una velocità di Mach nove.
Aleksandr Kolesnikov, quotidiano
Kommersant: Mi dica, per favore,
è possibile, sulla base dei risultati dei negoziati, presumere – almeno
supporre – che a seguito del conflitto arabo-israeliano verrà finalmente creato
lo Stato di Palestina? E come può accadere se oggi ci sono, di fatto, due
Palestine in conflitto?
Putin: “Due Palestine in conflitto”
è un’esagerazione. Ci sono contraddizioni all’interno della comunità palestinese,
sia in Cisgiordania che a Gaza. Ma non li definirei faide. E la reazione del
presidente Abbas suggerisce che non è ostile alla Striscia di Gaza e a coloro
che gestiscono la situazione lì. Ma questo non significa che non sia necessario
aumentare il livello di interazione, e non significa che non sia necessario
raggiungere l’unità nella comunità palestinese, o nella società nel suo
insieme. Naturalmente i palestinesi dovrebbero lottare per questo. Ma sono
affari loro. Non possiamo condurre questo processo qui.
Per quanto riguarda la creazione
di uno Stato palestinese, a nostro avviso – abbiamo una posizione di principio,
non è affatto collegata alla crisi attuale, anche se, ovviamente, porta in
superficie questo problema – tuttavia, abbiamo sempre sostenuto la creazione di
uno Stato palestinese, indipendente, sovrano, con capitale a Gerusalemme Est.
Ma ne parliamo da molto tempo, la comunità internazionale ne parla da molto
tempo, a partire dal 1948, quando fu fissato l’obiettivo di creare due Stati sovrani
indipendenti. Non so se la crisi attuale aiuterà a risolvere questo problema.
Ma se così fosse, sarebbe corretto, perché creerebbe le condizioni per un
possibile mondo futuro in una lunga prospettiva storica. Perché è assolutamente
impossibile sostituire le questioni politiche fondamentali legate alla
determinazione del destino del popolo palestinese con una sorta di aiuto
economico a breve termine, come hanno cercato di fare gli Stati Uniti, e l’attuale
crisi lo dimostra. I problemi politici fondamentali devono essere risolti.
Anastasija Savinych, agenzia TASS:
Ieri lei ha incontrato il primo
ministro ungherese Orbán e al termine dell’incontro lui ha affermato di aver
sollevato la questione della possibilità di un cessate il fuoco in Ucraina. E
dopo la conversazione con lei, come ha detto, non è rimasto speranzoso. Potrebbe
dirci cosa gli ha detto, perché Orbán ha perso il suo ultimo rimasto ottimismo?
E forse è riuscito a parlare con Vučić, il presidente serbo?
Putin: Sì, Vučić e io
abbiamo parlato con calma. E’ preoccupato anche per la situazione che si sta
sviluppando nella sua regione, attorno alla Serbia. Condividiamo queste
preoccupazioni.
Per quanto riguarda l’incontro
con il primo ministro Orbán, lei ha detto che il suo ottimismo è esaurito. Non
lo so, mi sembra che Orbán sia una persona pragmatica e ottimista in linea di
principio. Non credo sia vero che il suo ultimo briciolo di ottimismo si sia
esaurito.
Ma la mia posizione in questa
parte della nostra conversazione è ben nota; non ci sono segreti qui. Quando mi
è stato chiesto se sia possibile la prospettiva di una sorta di soluzione
pacifica, ho detto quello che ho già detto molte volte: se la parte ucraina
vuole un vero processo negoziale, allora non deve farlo con gesti teatrali, ma
come prima cosa non resta altro che annullare il decreto del presidente dell’Ucraina
che vieta i negoziati.
Ora sentiamo che sembrano essere
pronti per qualche tipo di negoziato. I responsabili che supervisionano la
direzione della politica estera e che recentemente hanno parlato della
necessità di infliggere una sconfitta strategica alla Russia sul campo di
battaglia, ora hanno già parlato con una voce diversa e dicono che questi
problemi devono essere risolti attraverso negoziati pacifici. Questa è la
trasformazione giusta, una evoluzione nella giusta direzione, Borrell ne ha già
parlato, non c’è che da rallegrarsene. Ma non basta. Se vuole veramente
negoziare deve compiere passi concreti.
Per quanto riguarda il primo
ministro Orbán, è spesso accusato di essere filo-russo: questa è una
sciocchezza. Non ha sentimenti filorussi, non è un politico filorusso, è un
politico filoungherese. E lo attaccano soprattutto non perché abbia una
posizione diversa da quella degli altri leader europei, ma perché ha il
coraggio di difendere gli interessi del suo popolo. E molte figure politiche in
Europa oggi sono prive di questo coraggio; non hanno tale coraggio. Lo
invidiano e per questo lo attaccano.
E un’ultima domanda.
Murad Gazdiev, Russia Today: Il presidente degli Stati Uniti ha detto che
la Russia ha perso la guerra.
Putin: Eccellente.
Gazdiev: Dice che ora il compito degli Stati Uniti è
quello di unire l’Europa contro la Russia.
Putin: Ben fatto.
Gazdiev: Come dovrebbe essere valutata una simile affermazione?
Putin: Se la Russia ha perso
la guerra, perché forniscono gli ATACMS? Lasciamo che gli Stati Uniti si
riprendano gli ATACMS e tutte le altre armi, e il presidente Biden si sieda per
assaggiare delle crepes e venga da noi per una tazza di the. Se la guerra è
persa, beh, di cosa stiamo parlando allora? Perchè gli ATACMS? Gli faccia
questa domanda. Beh, divertente.
Aleksandr Junašev, canale Life: Posso?
Putin: Sì, certo, prego.
Junašev: A proposito del the. Se non è un segreto,
due o tre ore fa lei è uscito dalla casa dove si sono svolte le trattative ed è
arrivato qui solo poco fa. Forse il presidente Xi le ha fatto fare un giro di
Pechino, proprio come una volta lei lo ha invitato a casa sua per bere un the
vicino al caminetto? Se non è un segreto.
Putin: Ebbene sì, abbiamo
fatto un piccolo pranzo di lavoro, al quale erano presenti i ministri degli
Esteri di entrambe le parti e i loro assistenti, e poi il presidente Xi ci ha
invitato a parlare a quattr’occhi. Abbiamo parlato con lui faccia a faccia,
anzi, davanti a una tazza di the. Abbiamo parlato per un’altra ora,
probabilmente un’ora e mezza, o forse anche due, discutendo faccia a faccia
alcune questioni di carattere assolutamente confidenziale. Questa è stata una
parte molto produttiva e significativa della conversazione.
Zarubin: Mi scusi, ma quello che ha detto sul
pattugliamento del Mar Nero, non lo chiameranno un’altra minaccia proveniente
dalla Russia?
Putin: Ho avvertito che
questa non è una minaccia. Ma eserciteremo un controllo visivo, un controllo
con le armi, su ciò che sta accadendo nel Mar Mediterraneo.
Molte grazie. Vi auguro ogni
bene, grazie per l’attenzione.
Vladimir Putin è intervenuto alla cerimonia di apertura del terzo Forum internazionale “One Belt, One Road”.
Stimato presidente Xi Jinping, caro amico!
Signore e signori!
Innanzitutto vorrei ringraziare il presidente cinese Xi Jinping per l’invito a prendere parte al terzo Belt and Road International Forum.
L’attuale forum si svolge sotto il segno del decimo anniversario di questa iniziativa avanzata da Xi Jinping: un progetto davvero importante, globale, orientato al futuro, volto a creare un mondo multipolare più equo, un sistema di relazioni. Questo è veramente un piano globale.
Sono d’accordo con il Presidente della Repubblica popolare cinese che l’idea cinese di “One Belt, One Road” si inserisce logicamente negli sforzi multilaterali volti a rafforzare l’interazione creativa e costruttiva in tutta la comunità globale.
Abbiamo ripetutamente notato che Russia e Cina, come la maggior parte dei Paesi del mondo, condividono il desiderio di una cooperazione equa e reciprocamente vantaggiosa al fine di raggiungere un progresso economico universale sostenibile e a lungo termine e un benessere sociale, nel rispetto della diversità di civiltà e del diritto di ciascuno Stato al proprio modello di sviluppo.
L’iniziativa “One Belt, One Road”, costruita su tali principi di base, si adatta bene ai processi di integrazione che si stanno sviluppando in varie regioni. E’ anche in sintonia con le idee russe creare un circuito di integrazione in cui la libertà di commercio, investimento e lavoro sarebbe pienamente garantita e verrebbe creata un’infrastruttura interconnessa.
Ciò è in linea con la nostra ben nota proposta di formare un grande partenariato eurasiatico come spazio di cooperazione e interazione di persone che la pensano allo stesso modo, dove saranno collegati una varietà di processi di integrazione: “One Belt, One Road”, l’Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai, l’Associazione delle nazioni del Sud-Est asiatico (ASEAN) e l’Unione economica eurasiatica, che la Russia sta sviluppando con successo insieme ai suoi partner nello spazio post-sovietico.
E’ importante che esista un accordo specifico tra Russia e Cina sullo sviluppo parallelo e coordinato della Comunità eurasiatica e del programma “One Belt, One Road”, e un accordo non preferenziale sulla cooperazione commerciale ed economica tra gli Stati membri della Comunità Eurasiatica e la Repubblica Popolare Cinese sono in fase di attuazione. E’ stata istituita una commissione congiunta per unire gli sforzi per attuare questo accordo. Nel febbraio di quest’anno è stata adottata una “road map” dettagliata che, tra le altre cose, prevede l’instaurazione di un’interazione tra l’Unione Eurasiatica e la Cina nel campo della politica commerciale e della digitalizzazione dei circuiti di trasporto.
Vorrei anche sottolineare che l’agenda di integrazione nel suo senso più ampio è parte integrante della strategia di sviluppo nazionale della Russia e del rafforzamento della nostra sovranità economica, tecnologica e finanziaria, della modernizzazione e dell’espansione delle infrastrutture.
Il Presidente della Repubblica popolare cinese, nel suo discorso poc’anzi, ha parlato di questo sviluppo in varie regioni del mondo. Cari colleghi e amici, vorrei mostrare cosa si sta facendo nella Federazione Russa in questo settore. Spero e parto dal fatto che questo è importante per molti partecipanti, compreso al nostro evento di oggi, perché la Russia è il Paese più grande del mondo in termini di territorio e la connettività di tutti i partner attraverso il nostro territorio è di grande importanza per tutti i nostri partner e amici.
Citerò solo alcuni dei nostri piani a lungo termine, che stanno già iniziando ad essere attuati nella pratica e integrano armoniosamente altri progetti infrastrutturali in Eurasia, compresi quelli promossi nel quadro dell’iniziativa “One Belt, One Road”, e insieme essi ci permettono di creare un quadro unificato di trasporto e logistica, diversificare i flussi di merci attraverso consegne più efficienti, affidabili e sicure.
Nella parte europea della Russia stiamo formando un corridoio internazionale “Nord-Sud”, ha sottolineato anche il presidente della Repubblica popolare cinese, “che collega i porti russi nel Baltico e nell’Artico con i porti sulla costa del Golfo Persico e Oceano Indiano. Lungo l’intero percorso – dalla nostra città settentrionale di Murmansk all’iraniano Bandar Abbas – come dicono gli esperti, sarà assicurata una comunicazione ferroviaria senza interruzioni.
Un altro meridiano di trasporto da nord a sud passerà attraverso la regione degli Urali in Russia e Siberia. I suoi elementi chiave sono la modernizzazione della sezione centrale della Ferrovia Transiberiana, compresa la Ferrovia della Siberia Occidentale sul territorio delle nostre regioni – regione di Omsk, Novosibirsk, Kemerovo, regione di Tomsk, territorio dell’Altai – queste sono tutte regioni della Siberia russa. Questa è anche la costruzione della Ferrovia Latitudinale Settentrionale, come la chiamiamo noi, questa è un’altra linea ferroviaria con accesso ai porti dell’Oceano Artico e della penisola di Jamal nel nord del territorio russo di Krasnojarsk e della nuova Ferrovia della Siberia Settentrionale dal distretto autonomo russo di Chanty-Mansijsk ai suoi collegamenti con la nostra più grande rete ferroviaria, con la Ferrovia Transiberiana e la linea principale Bajkal-Amur.
Allo stesso tempo, stiamo lavorando con partner stranieri per costruire linee ferroviarie dalla Siberia centrale in direzione sud, verso la Cina, la Mongolia e i porti degli oceani Indiano e Pacifico.
E infine, stiamo progettando un altro corridoio dall’Artico al sud dell’Estremo Oriente, anche i suoi elementi si stanno formando. Questa è una linea ferroviaria dalla direttrice del Bajkal-Amur alla Jacuzia, i ponti attraverso la Lena e l’Amur: questi sono enormi fiumi siberiani, la ferrovia del Pacifico, la modernizzazione delle autostrade, la creazione di terminali in acque profonde nella sezione orientale della rotta del Mare del Nord.
Tutti questi corridoi di trasporto da Nord a Sud – nella parte europea della Russia, in Siberia e in Estremo Oriente – offrono l’opportunità di collegare e integrare direttamente la Rotta del Mare del Nord con i grandi hub logistici nel sud del nostro continente, sulla costa degli oceani Indiano e Pacifico.
Per quanto riguarda la rotta del Mare del Nord, la Russia non si limita a invitare i suoi partner a sfruttare attivamente il suo potenziale di transito. Dirò di più: invitiamo gli Stati interessati a partecipare direttamente al suo sviluppo, siamo pronti a fornire cablaggi, comunicazioni e forniture per il ghiaccio affidabili. A partire dal prossimo anno, la navigazione per le navi mercantili di classe “ghiaccio” lungo l’intera rotta del Mare del Nord diventerà annuale, dodici mesi all’anno.
La creazione delle menzionate rotte logistiche e commerciali internazionali e regionali riflette oggettivamente i profondi cambiamenti che stanno avvenendo nell’economia mondiale, il nuovo ruolo svolto dai Paesi della regione Asia-Pacifico, dal Sud del mondo e da altri centri di crescita e sviluppo.
Tenendo conto di ciò, la Russia, che l’anno prossimo presiederà i BRICS allargati, ha preso l’iniziativa di istituire nell’ambito di questa associazione una commissione permanente sulla logistica dei trasporti, che – con la partecipazione dei membri BRICS, dei Paesi partner della nostra associazione, e altri Stati interessati – potrebbero occuparsi dello sviluppo dei corridoi di trasporto internazionali nel loro intero complesso.
Aggiungerò che questi argomenti vengono discussi anche durante la Settimana dei trasporti, che si svolge ogni anno a Mosca. Invitiamo gli specialisti dei vostri Paesi, cari amici, a partecipare al prossimo forum di questo tipo che si terrà a metà novembre nella capitale russa.
In conclusione, vorrei esprimere fiducia che l’iniziativa “One Belt, One Road” e le priorità russe appena delineate, le proposte costruttive e più audaci di altri Stati, compresi quelli che partecipano al forum oggi, consentiranno di trovare soluzioni collettive e veramente efficaci, ci permetteranno di risolvere problemi regionali e internazionali veramente importanti e urgenti.
Cari colleghi, amici! Ognuno di noi, quando avvia una grande impresa, ovviamente, si aspetta che abbia successo. Ma, naturalmente, con una scala così globale, avviata dal Presidente della Repubblica popolare cinese dieci anni fa, francamente, è difficile aspettarsi che tutto funzioni. I nostri amici cinesi ci stanno riuscendo. Siamo molto soddisfatti di questi successi perché riguardano tanti di noi. Giusto ora il Presidente della Repubblica popolare cinese ha delineato un intero programma di ulteriori azioni: costruttive, mirate a un risultato comune.
Vorrei augurare successo alla Repubblica popolare cinese, al Presidente della Repubblica popolare cinese nell’attuazione dei suoi piani, a tutti noi successo nell’attuazione dei nostri piani e tutto il meglio.
ZTL è un appuntamento con accesso limitato agli ascoltatori dotati di analisi critica, alto senso di responsabilità, altezza variabile tra 1,50 e 2 metri e attenti a seguire la trasmissione fuori dai luoghi comuni, senza pregiudizi e censure. ZTL è in onda su Giornale Radio, dal lunedì al venerdì dalle 18 alle 20.
Quarantasettesimo notiziario settimanale di lunedì 16 ottobre 2023 degli italiani di Russia. Buon ascolto e buona visione.
Attualità
Ci sono numerosi hater e commentatori salottieri che, inevitabilmente, riducono le mie posizioni sul conflitto mediorientale o ad un essere filoisraeliano, o ad un essere filoterrorista. Lo riassumo in un ossimoro: sono stufo di essere un sionista antisemita. Non accetto quel che ha fatto Hamas (che non è il popolo palestinese), e non accetto quel che sta facendo Netanyahu (che non è il popolo israeliano). La mia posizione personale è: prendere ostaggi è da fascisti, ora come allora. Violentare e sgozzare è da fascisti, ora come allora. Viceversa, bombardare la popolazione per colpire i terroristi è da fascisti, ora come allora. Condivido e faccio mie le posizioni delle autorità russe, ed è di questo che voglio parlarvi.
Il rappresentante permanente della Federazione Russa presso le Nazioni Unite, Vasilij Nebenzja, ha dichiarato quanto segue.
La Russia ha chiesto ai membri del Consiglio di Sicurezza dell’ONU di rispondere al progetto di risoluzione di Mosca;
La responsabilità dell’attuale deterioramento della situazione in Medio Oriente ricade in gran parte sugli Stati Uniti;
L’attuale ondata di violenza in Medio Oriente si inserisce nel contesto delle recenti violazioni da parte di Israele delle risoluzioni del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite;
La Russia è pronta a mediare nel conflitto in Medio Oriente;
La Federazione Russa riconosce il diritto di Israele all’autodifesa, ma ritiene inaccettabili le azioni volte alla punizione collettiva dei palestinesi.
“Ci auguriamo che, una volta terminato questo conflitto, tutti si assumano seriamente la responsabilità di creare uno Stato di Palestina”.
Il ministro degli esteri russo, Sergej Lavrov, ha rilasciato una serie di dichiarazioni sulla situazione in Medio Oriente:
Per molti decenni, la decisione delle Nazioni Unite di creare lo Stato di Palestina è stata sabotata, innanzitutto, dagli Stati Uniti;
Gli Stati Uniti vogliono usurpare gli sforzi di mediazione per creare lo stato di Palestina, cercando di mettere da parte la Russia, l’ONU e l’Unione Europea, e interrompendo così il lavoro del quartetto di mediatori internazionali;
In una riunione dei vertici del Ministero degli Esteri della CSI è stato toccato il tema del conflitto tra Israele e Palestina. Tutti sono della stessa opinione: questo conflitto deve essere fermato immediatamente, il diritto internazionale umanitario deve essere rispettato e non devono essere consentiti atti terroristici e l’uso indiscriminato della forza.
Vladimir Putin:
Israele, ovviamente, ha dovuto affrontare un attacco senza precedenti, che non è mai accaduto nella storia, e non solo in termini di portata, ma anche di natura dell’esecuzione, di crudeltà. Israele risponde su larga scala e anche con metodi piuttosto crudeli. Naturalmente comprendiamo la logica degli eventi, ma nonostante tutta l’amarezza di entrambe le parti, continuo a credere che, ovviamente, dobbiamo pensare alla popolazione civile.
Ora vediamo che negli Stati Uniti stanno emergendo valutazioni su ciò che sta accadendo e stanno emergendo varie opzioni per lo sviluppo degli eventi, tra cui l’affermazione che misure militari e non militari dello stesso tipo possono essere adottate in relazione alla Striscia di Gaza e durante l’assedio di Leningrado durante la seconda guerra mondiale. Ma capiamo a cosa è connesso e, secondo me, questo è inaccettabile. Ci vivono più di due milioni di persone. Non tutti sostengono Hamas, ma tutti dovrebbero soffrire, comprese donne e bambini. Naturalmente, quasi nessuno sarà d’accordo con questo.
D’altra parte, Israele, ovviamente, ha il diritto di garantire la propria sicurezza e di garantirla. Ma dobbiamo trovare questi strumenti, trovare questa via d’uscita dalla situazione. Naturalmente, può anche essere raggiunto come risultato di qualche tipo di sforzo di mediazione.
In Israele vivono molti nostri connazionali, ex cittadini dell'Unione Sovietica e della Russia. Questo fattore è reale per noi, ovviamente. Non possiamo dimenticarlo.
Ma, d’altro canto, abbiamo ottimi rapporti con il mondo arabo – da molti anni, decenni – e prima di tutto, ovviamente, con la Palestina, alla quale una volta era stato promesso che sarebbe stato creato uno Stato palestinese con capitale a Gerusalemme Est. E’ stato loro promesso che le decisioni sarebbero state prese a livello delle Nazioni Unite. Hanno il diritto di aspettarsi l’adempimento di queste promesse. Tutto questo deve essere combinato e, naturalmente, prima di tutto, pensare alle persone che non hanno alcuna colpa per l’escalation odierna. E far finta che nessuno lo veda, lo capisca e lo metta fuori dall’equazione è impossibile.
La Russia può aiutare proprio perché negli ultimi 15 anni abbiamo sviluppato ottimi rapporti con Israele, assolutamente, e rapporti tradizionali con la Palestina. Se, ovviamente, qualcuno ha bisogno della nostra mediazione. Ciò avviene sempre e solo sulla base di accordi tra le parti.
Sempre Putin:
La deputata Marjorie Taylor Greene ha recentemente affermato, riguardo alla fornitura di armi americane dall'Ucraina al movimento palestinese Hamas per utilizzarle contro Israele, [che] ciò è possibile.
Indubbiamente, c’è una fuga di armi dall’Ucraina. Il livello di corruzione in Ucraina è noto, è molto alto e il mercato nero è formato in modo tale che ci sono molti che vogliono comprare, e in Ucraina ci sono molti che vogliono vendere.
Questa è la tragica storia della stessa Federazione Russa: a metà degli anni ‘90, purtroppo, si sono ripetuti casi di guerra nel Caucaso, vendite di armi da parte delle nostre Forze Armate alla parte opposta, quella che combatteva contro l’esercito russo nel Caucaso. Li prelevavano direttamente dai nostri magazzini e li vendevano per denaro. Sfortunatamente, è così. E’ un disastro, una tragedia, ma è successo.
La stessa cosa sta accadendo oggi in Ucraina: vendono tutto, tutto ciò che può essere venduto, tutto viene venduto: se è possibile vendere armi, si vendono anche le armi. Inutile dire che vendono sicuramente sui mercati internazionali attraverso i paesi dell’Africa e del Medio Oriente. Il mercato nero delle armi è fatto in modo che chi vuole comprarle le trovi, di terza o quarta mano. Non c’è nulla di sorprendente.
Quindi, ovviamente, disponiamo di dati sulle vendite di armi, anche in Medio Oriente.
Le guardie di frontiera finlandesi hanno scoperto una perdita nel gasdotto Balticconnector. Ritengono che la causa dell’incidente sia stata un sabotaggio. Come previsto, subito ne è stata incolpata Mosca. Nel frattempo, il mercato ha già reagito alla situazione.
Questa volta non è il Nord Stream ad essere danneggiato, ma il Balticconnector. La notte dell’8 ottobre, nel Mar Baltico abbiamo assistito ad un deja vu: la pressione nell’arteria del gas tra la Finlandia e l’Estonia è diminuita drasticamente.
“La perdita si è verificata nella zona economica della Finlandia. Secondo una valutazione preliminare, il danno di cui stiamo parlando non potrebbe essersi verificato a causa del normale funzionamento del tubo o delle fluttuazioni di pressione. E’ probabile che il danno sia il risultato di fattori esterni. Ora abbiamo avviato un’indagine e stiamo aspettando i risultati”, così il primo ministro finlandese Petteri Orpo.
Inizialmente i sismologi hanno negato che i loro dispositivi abbiano registrato un’esplosione. Ma la stampa finlandese, senza attendere i risultati delle indagini, ha subito incolpato di tutto i russi. Poi sono intervenuti i sismologi norvegesi: hanno affermato che, secondo i loro dati, la notte dell’incidente si è verificata una “probabile esplosione” sul gasdotto. A proposito, è stata la Norvegia, come si è appreso dall’indagine di Seymour Hersh, a prendere parte attiva nel distruggere il Nord Stream su ordine di Joe Biden. Ma i finlandesi non avevano domande circa i loro vicini.
“La polizia criminale centrale ha avviato un’indagine preliminare su possibili danni intenzionali a un tubo del gas. Al momento classifichiamo l’accaduto come vandalismo aggravato”, ha detto Timo Kilpeläinen, portavoce della polizia criminale centrale finlandese.
Il capo della NATO Jens Stoltenberg ha promesso di fornire agli alleati tutte le informazioni necessarie. Oddio, a giudicare dall’esperienza con il Nord Stream, non vale la pena di aspettare risultati imparziali delle indagini.
La stessa Balticconnector è stata messa in funzione solo nel 2019. Non ha avuto un ruolo notevole, ma era abbastanza adatta per un’altra provocazione. “Questo riguarda piuttosto l’uso dei fondi dell’Unione Europea, perché è stata in gran parte finanziata con fondi dell’UE con la parola d’ordine di sviluppare le infrastrutture. E non c’era alcuna esigenza particolare”, ha detto Il direttore generale per i problemi del gas del Fondo nazionale russo per la sicurezza energetica Aleksej Grivač.
Gli esperti sottolineano che l’Europa dipende ormai quasi interamente dalle forniture di gas americane. Dopo che i Nord Stream furono fatti esplodere, gli Stati Uniti sono diventati il principale fornitore, aumentando di quasi tre volte le vendite di gas naturale liquefatto. Ma recentemente i prezzi hanno cominciato a scendere e l’esplosione di un altro gasdotto ha scosso il mercato. E ha già portato a un aumento significativo dei futures dell’offerta. E’ abbastanza ovvio chi trarrà profitto da questo.
Una notizia emblematica e un destino tragico. Il 7 ottobre, durante un attacco terroristico da parte di militanti di Hamas, Sergej Andreevič Gredeskul e sua moglie sono stati uccisi nella loro casa nella città di Ofakim.
Sergej Gredeskul era un eccezionale fisico teorico, uno degli studenti più famosi dell’accademico Il’ja Michajlovič Lifšic, uno degli autori della classica monografia “Introduzione alla teoria dei sistemi disordinati”. Lo scienziato ha scritto più di 100 articoli scientifici.
Ha continuato a lavorare con Il’ja Lifšic dopo essersi trasferito a Mosca, spesso veniva al dipartimento teorico dell’Istituto di problemi fisici. Dal 1991, Gredeskul ha lavorato come professore all’Università Ben-Gurion di Beer Sheva. Si è ritirato diversi anni fa. Aveva 81 anni. Gredeskul ha lavorato presso l’Istituto fisico-tecnico della Repubblica Socialista Sovietica Ucraina dal 1967 al 1972, e dal 1972 al 1991 presso l’omonimo Istituto fisico-tecnico delle basse temperature di Char’kov.
Sapete cosa vuol dire 81 anni? Vuol dire che era nato nel 1942, ancora non c’era stata manco la battaglia di Stalingrado. E sapete cosa vuol dire 1991? Vuol dire che con la dissoluzione dell’Unione Sovietica il suo Paese non esisteva più, fu così che, quarantanovenne, emigrò in Israele. Avrebbe mai potuto immaginare che 32 anni dopo sarebbe stato ammazzato da, presumibilmente, ragazzi che per età potrebbero essere suoi figli o addirittura nipoti?
Musica
Proseguiamo con le canzoni legate in un modo o l’altro alla Russia e/o all’Italia. Oggi, una esecuzione poco ilare, davvero non ce n’è motivo. Poljuško-Pole, scritta negli anni ’30 del secolo scorso, nella versione strumentale di André Rieu con l’orchestra Johann Strauss ed il Trio di San Pietroburgo.
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