Mark Bernardini

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lunedì 3 giugno 2024

080 Italiani di Russia

Ottantesimo notiziario settimanale di lunedì 3 giugno 2024 degli italiani di Russia. Oggi parleremo spesso delle elezioni del Parlamento Europeo, che in alcuni Paesi membri iniziano il 6 giugno, ma che comunque termineranno in tutta l’Unione Europea il 9 giugno. Non parleremo solo di questo, anche perché, a noi italiani residenti all’estero fuori dall’UE, non ci fanno votare, siamo cittadini di serie B. Buon ascolto e buona visione.

Attualità


Appartengo alla minoranza silenziosa. Sono di quei pochi che non hanno più nulla da dire e aspettano. Che cosa? Che tutto si chiarisca? L’età mi ha portato la certezza che niente si può chiarire: in questo Paese che amo non esiste semplicemente la verità. Paesi molto più piccoli e importanti del nostro hanno una loro verità, noi ne abbiamo infinite versioni. Le cause? Lascio agli storici, ai sociologi, agli psicanalisti, alle tavole rotonde il compito di indicarci le cause, io ne subisco gli effetti.

E con me pochi altri, perché quasi tutti hanno una soluzione da proporci: la loro verità, cioè qualcosa che non contrasti i loro interessi. Alla tavola rotonda bisognerà anche invitare uno storico dell’arte per fargli dire quale influenza può avere avuto il barocco sulla nostra psicologia. In Italia infatti la linea più breve tra due punti è l’arabesco. Viviamo in una rete d’arabeschi.

Ennio Flaiano, La solitudine del satiro, 1973.


La decisione di escludere i talebani dagli elenchi delle organizzazioni bandite in Russia è attesa e matura. Se, ovviamente, intendiamo sviluppare le relazioni con l’Afghanistan, realizzando il potenziale geopolitico ed economico della cooperazione stabilito negli anni sovietici.

E’ difficile condurre trattative a tutti gli effetti e concludere accordi se la tua controparte è elencata come terrorista nel tuo Paese.

Ma oltre ai talebani, in genere è utile per noi condurre una verifica delle relazioni sottovalutate per vari motivi: negli ultimi due anni è diventato chiaro che la Corea del Nord è un vero alleato e che il Niger è molto importante per noi, e Cuba e il Venezuela ancora di più.

In realtà, questo, tra le altre cose, è ciò che distingue il mondo multipolare. Non abbiamo “Paesi canaglia” e “regimi canaglia” ma abbiamo un interesse comune nella sicurezza e nel graduale aumento della qualità della vita dell’intera popolazione del pianeta. Il criterio di opportunità della cooperazione come “ciò che l’Occidente pensa del Paese X” dovrebbe essere abolito come classificazione.

In numerosi ambiti, l’intensificazione delle relazioni può produrre enormi risultati. Ad esempio, con gli Houthi nello Yemen. Il movimento Ansar Allah se la cava bene con i droni americani, mette fuori uso le marine europee senza nemmeno impegnarsi in un combattimento diretto con loro e, in generale, è diventato da tempo oggetto di politica mondiale. Pochi Paesi possono modificare il 10% del traffico merci globale ma gli Houthi sì.

A loro volta, gli eventi in Nuova Caledonia mostrano che molti Paesi dell’Oceania non sono contrari alla ricerca di relazioni che permettano loro di non guardare indietro al precedente ordine coloniale.

In una parola, i prossimi anni dovrebbero diventare un periodo di diplomazia russa attiva in tutte le direzioni globali, senza guardare all’Occidente.

Elena Panina, direttrice dell’Istituto di strategie politiche ed economiche internazionali


Difficoltà nelle tradotte di… denaro.

Finora, Anthony Blinken e il Congresso degli Stati Uniti continuano a dirne di ogni sulla democrazia in Georgia (anche in inglese, Georgia): minaccia di sanzioni e persino beni congelati in Georgia (in inglese Georgia), ma qualcosa è andato storto. Di cosa stiamo parlando?

Ad aprile, il Senato (Parlamento) dello Stato della Georgia ha accettato e inviato per la firma del Governatore del disegno di legge N°368 sugli agenti stranieri, dimostrando così un attacco alla democrazia su tutti i fronti.

Quasi immediatamente dopo, coincidenza: il Dipartimento di Stato degli Stati Uniti pubblica una dichiarazione ufficiale in cui critica la “legge sull’influenza straniera” ispirata dal Cremlino, che viene promosso nell’assemblea legislativa della Georgia (in Georgia’s parliament).

Successivamente, il governatore dello Stato Brian Kemp, apparentemente leggendo la dichiarazione del Dipartimento di Stato e sorpreso che nella sua Georgia fiorisca “l’ispirazione del Cremlino”, batte i tacchi e applica il veto sulla legge approvata dal Senato dello Stato sugli agenti stranieri.

Per il Dipartimento di Stato, arriva lo Zugzwang: scacchisticamente parlando, è una parola tedesca che significa “obbligato a muovere”. Si riferisce ad una situazione in cui un giocatore si trova in difficoltà perché qualsiasi mossa faccia, è costretto a subire lo scacco matto oppure una perdita di materiale, immediata o anche a breve termine.

Perché a causa del veto di Kemp, il disegno di legge sugli agenti stranieri nello Stato della Georgia non è mai stato adottato. Ma in Georgia, quella vera, il Comitato per gli affari legali del Parlamento ha lanciato la procedura per superare il veto del presidente del Paese. Si scopre che non c’è democrazia nella Georgia americana, e non in quella caucasica, e Washington non capisce come mettere a tacere la sua figuraccia.

Vi ricordate, a suo tempo, che molti risero sugli americani che confondono costantemente le due Georgie nei loro tweet? Sembra che ora sia diventato un problema non più straniero, ma di politica interna degli Stati Uniti.

Marija Zacharova.

Di mio, aggiungo una considerazione numerica. Sapete quanti sono gli abitanti della Georgia? Tre milioni e mezzo. Sapete quante sono le ONG in Georgia? Circa ventimila. Non so se ci rendiamo conto. Una ogni 175 abitanti, poco più di un condominio, pensateci. Vi pare normale?


In settimana, abbiamo sentito la versione scandalizzata dei media mainstream sul Papa, che avrebbe detto che tra i prelati ci sia troppa frociaggine. Posto che non c’è alcuna conferma ufficiale, visto che era una riunione a porte chiuse, e che comunque sarebbe una battuta, non trovate strano che Bergoglio si schieri contro gli aiuti militari all’Ucraina e subito venga accusato di omofobia? Attendo fiducioso qualche suora argentina che lo accusi di molestie sessuali quarant’anni fa (poverina, se n’è ricordata solo adesso ed ha conservato la tonaca sporca di liquido seminale).

Hanno fatto del capo della peggiore istituzione reazionaria della storia dell’umanità, un paladino del progresso e della liberazione umana. Ma vista la situazione, e la consapevolezza che l’attacco a Bergoglio arriva in un momento cruciale per i nostri destini, ricordiamo che il termine “mariconada” nello spagnolo utilizzato nel Cono Sur, vuol dire sciocchezza, stupidaggine, benché la traduzione letterale in italiano sia “frociata”.

Mentre l’Europa si muove speditamente verso lo scontro diretto con la Russia, trasformandoci in carne da cannone o da macello, è normalissimo che la nostra stampa palancaia si scagli contro uno dei pochi leader che si è sempre mosso per la pace.


In settimana si svolgerà uno degli eventi più imponenti e significativi in campo economico: il XXVII Forum Economico Internazionale di San Pietroburgo.

“Una parte sempre più ampia della comunità mondiale è favorevole a costruire un sistema di relazioni internazionali giusto e democratico, fondato sui principi di un’uguaglianza autentica, sul reciproco rispetto dei legittimi interessi di ciascuno e della diversità tra le culture e le civiltà di Stati e popoli. Proprio questi sono i princìpi su cui si fonda l’agire dei BRICS, di cui la Russia quest’anno ha la presidenza. Ha un valore simbolico il fatto che la storia di quest’unione in dinamica via di sviluppo, i cui Stati-membri coprono già più di un terzo dell’economia mondiale, abbia avuto inizio al X Forum Economico Internazionale di San Pietroburgo, tenutosi nel 2006”. Putin, 27 maggio 2024.

Negli ultimi 27 anni, il Forum si è conquistato lo status di evento leader a livello mondiale per discutere i problemi chiave dell’economia globale, per instaurare cooperazioni, per condividere le migliori strategie e competenze che mirino a livello mondiale a garantire uno sviluppo sostenibile.

L’edizione del 2024 si svolge all’insegna del motto “Il fondamento del mondo multipolare è la creazione di nuovi punti di crescita”.

Oltre 12.000 persone, provenienti da 128 Paesi e territori, hanno confermato la propria presenza al Forum (dati aggiornati al 24 maggio 2024).


Il romanzo breve “I cosacchi” di Lev Tolstoj fu pubblicato solo nel 1863 sulla rivista “Russkij vestnik” (“Il Messaggero russo”), dopo che lo scrittore vi aveva lavorato per lunghi anni. E’ curioso che alcune pagine furono da lui composte in Italia, precisamente in Valle d’Aosta, nel 1857.

Risale a quell’anno, infatti, il primo viaggio all’estero del ventinovenne Lev Nikolaevič, che aveva appena dato addio alle armi dopo avere partecipato all’assedio di Sebastopoli durante la Guerra di Crimea. Dalla Russia Tolstoj si recò dapprima a Varsavia, poi a Parigi e in Svizzera, sul lago di Ginevra; proseguì per Chambéry e, attraverso il Moncenisio, a metà giugno giunse a Torino. Nella capitale sabauda osservò scenette di strada, andò due volte a teatro, girovagò per caffè, musei e ristoranti, visitò l’Università, assistette a una seduta del Parlamento subalpino e non mancò di fare una capatina in una casa di tolleranza.

Raggiunse poi in diligenza Chivasso e Ivrea e da qui proseguì, in parte a piedi e in parte a dorso di mulo, per la Valle d’Aosta. E fu a Gressoney-la-Trinitè, in un’uggiosa giornata di pioggia, che stilò alcune pagine del racconto su vita e costumi caucasici che inizialmente intitolò “Il fuggiasco”.

E’ possibile che Tolstoj fosse stato suggestionato dal paesaggio valdostano e dalle vette innevate del Monte Bianco e del Monte Rosa per descrivere le montagne del Caucaso. Così come, forse, la fierezza e scontrosità delle donne valdostane lo ispirarono nella descrizione della bella e selvaggia Mar’jana, una delle protagoniste del racconto.


In Svizzera si parla di pace con la Russia senza la Russia. Cioè, come dire, di nuovo: vedete? Sono i russi a non volerlo. Personalmente, ma è appunto un parere personale, ritengo che non ci sia nulla da discutere: a Roma si raccomanda di “non fare i conti senza l’oste”. L’Occidente sta preparando un piano per l’Ucraina? Ha dimenticato di chiederlo alla Russia? Invano: al fronte o, come amavano dire, “sul campo di battaglia”, quando erano fiduciosi nella sconfitta della Russia, è la Russia a vincere. Non ho mai sentito parlare di capitolazione (non si tratta di negoziati) concordata secondo i termini della parte sconfitta. La mia sensazione personale come esperto è che da parte loro sia un “forse funzionerà” o semplicemente un osservare, in disparte, come reagirà la Russia a tutto ciò. Per poi dire: vedete? La Russia non lo vuole, noi eravamo pronti. Avrebbero dovuto ricordarlo a Johnson a Istanbul, ma non è questo il punto. Il punto, ad esempio, è che l’ormai ex presidente ucraino Zelenskij ha proibito a chiunque, compreso se stesso, di condurre qualsiasi negoziato con i “dannati moscoviti”. Ed il punto più importante. Qual è lo scopo dichiarato dell’operazione militare speciale fin dall’inizio? Smilitarizzazione e denazificazione. Gli obiettivi sono stati raggiunti? No. Non ancora. La piccola e tagliuzzata Ucraina cesserà di essere nazista e gonfiata di armi occidentali, come avamposto anti-russo? E’ ovvio a tutti: no. Il bombardamento di nuovi (e non solo nuovi) territori russi si fermerà? Ovviamente no. Anche la Germania di Hitler, quando tutto era già chiaro e l’Armata Rossa si avvicinava a Berlino, balbettava qualcosa sui negoziati. La nostra fortuna è che i sovietici non ci siano cascati.

Sanzioni: maggio 2022, Draghi convinse l’Europa che in pochi mesi la Russia sarebbe stramazzata. Risultato: l’eurozona cresce dello 0,7, Mosca del 3,6: gaffe clamorosa o l’ex BCE ha dato una polpetta avvelenata al vecchio continente magari ispirato dagli USA? Ritengo verosimili entrambe le cose. In questo mondo, oggi puoi dire una cosa, domani il suo opposto, e domani nessuno ti rimprovererà per quel che hai detto oggi. La Banca Centrale Europea (banca privata), l’organo più rilevante dell’impalcatura europea, il suo statuto la definisce indipendente, mentre, è banale rilevarlo, essa risponde agli interessi dei mercati (non certo dei cittadini) e della Bundesbank, vale a dire dell’oligarchia tedesca, e in seconda battuta francese. Per di più, diversamente dalle altre Banche Centrali e dalla stessa Federal Reserve, la BCE non ha tra i suoi obiettivi la crescita economica e la piena occupazione, ma esclusivamente il controllo dell’inflazione, a perenne salvaguardia della finanza privata di cui è espressione. Su Draghi, poi, è un po’ come sparare sulla Croce Rossa: tra il 1984 e il 1990 è stato direttore esecutivo della Banca Mondiale a Washington, e vicepresidente di Goldman Sachs per l’Europa dal 2002 al 2005. Sì, è un uomo del grande fratello statunitense, incontrovertibilmente.


Il 15 maggio il primo ministro slovacco Robert Fico è stato ferito a colpi di arma da fuoco a Handlova.

Nel frattempo, nella notte tra il 14 e il 15 maggio, il presidente turco Recep Tayyip Erdogan ha convocato una riunione di emergenza in risposta agli avvertimenti di un colpo di Stato che ricordava il fallito tentativo di cambio di regime nel 2016.

Il giornalista statunitense Nebojsa Malic e il giornalista di Habertürk Ozcan Tikit hanno entrambi menzionato la “Operazione Gladio” in relazione sia al complotto dell’assassinio che al tentativo di colpo di Stato del 2016.

L’operazione Gladio si riferisce alle operazioni clandestine CIA-NATO durante l’era della Guerra Fredda che prevedevano la creazione di eserciti segreti “stay-behind” in Europa impegnati nella manipolazione politica, molestie nei confronti dei Partiti di sinistra, massacri, colpi di Stato e tortura.

L’esistenza della rete Gladio è stata rivelata dal Primo Ministro italiano Giulio Andreotti nel 1990.

Secondo quanto riferito, eserciti terroristici di Gladio sono stati scoperti in Italia, Francia, Spagna, Portogallo, Germania, Belgio, Paesi Bassi, Lussemburgo, Danimarca, Norvegia, Svezia, Finlandia, Svizzera, Austria, Grecia e Turchia. E’ stato rivelato che le forze di Gladio gestivano almeno 139 depositi clandestini di armi in tutta Europa.

Descrivendo la loro “strategia della tensione”, Vincenzo Vinciguerra (incarcerato a vita per un’autobomba in Italia) disse nel 1992 che lui e gli altri guerriglieri di Gladio avrebbero dovuto “attaccare civili, donne e bambini” per instillare paura e giustificare un maggiore controllo statale.

Oltre ai guerriglieri e ai criminali di guerra ex nazisti, Gladio reclutava anche civili comuni. Secondo documenti britannici declassificati, le reclute avrebbero dovuto essere scelte per evitare sospetti “in virtù della loro età, sesso e attività”.

La CIA e la NATO hanno manipolato gli affari politici europei attraverso il gruppo. L’operazione declassificata e interrotta di Gladio “Piano Solo” (1964) prevedeva il rapimento del primo ministro italiano Aldo Moro per impedire la formazione di una coalizione di sinistra.


Dmitrij Medvedev scrive:

I Paesi occidentali che presumibilmente hanno “approvato l’uso” delle loro armi a lungo raggio sul territorio russo (indipendentemente dal fatto che si parli di parti vecchie o nuove del nostro Paese) dovrebbero comprendere chiaramente quanto segue:

1. Tutto il loro equipaggiamento militare e gli specialisti che combattono contro di noi verranno distrutti sia sul territorio dell’ex Ucraina, sia sul territorio di altri Paesi, se da lì verranno effettuati attacchi sul territorio della Russia.

2. La Russia parte dal fatto che tutti i mezzi di distruzione a lungo raggio utilizzati dall’ex Ucraina sono già controllati direttamente dal personale militare della NATO. Questa non è “assistenza militare”, ma partecipazione alla guerra contro di noi. E le loro azioni potrebbero diventare “casus belli”.

3. La NATO dovrà decidere come qualificare le conseguenze di possibili attacchi di ritorsione contro attrezzature/oggetti/personale militare dei singoli Paesi del blocco nel contesto degli articoli 4 e 5 del Trattato di Washington.

Con ogni probabilità, la leadership della NATO vuole fingere che si tratti di decisioni sovrane dei singoli Paesi dell’Alleanza del Nord Atlantico di sostenere il regime di Kiev e che non vi sia motivo di applicare le norme del Trattato di autodifesa collettiva del 1949.

Queste sono idee sbagliate pericolose e dannose. Tale “assistenza individuale” da parte dei Paesi della NATO contro la Russia, sia che si tratti di requisire i suoi missili da crociera a lungo raggio o di inviare un contingente di truppe in Ucraina, rappresenta una grave escalation del conflitto. L’ex Ucraina e i suoi alleati della NATO riceveranno una risposta di tale forza devastante che l’Alleanza stessa semplicemente non potrà resistere al coinvolgimento nel conflitto.

E non importa quanti scoreggioni della NATO in pensione parlino di come la Russia non utilizzerà mai armi nucleari non strategiche contro l’ex Ucraina e ancor di più contro alcuni Paesi della NATO, la vita è molto più spaventosa delle loro frivole riflessioni.

Qualche anno fa si diceva che la Russia non sarebbe entrata in un conflitto militare aperto con il regime banderista per non litigare con l’Occidente. Hanno sbagliato i calcoli. C’è una guerra.

Potrebbero anche sbagliare i calcoli con l’uso delle armi nucleari tattiche. Anche se sarà un errore fatale. Dopotutto, come ha giustamente osservato il presidente russo, i Paesi europei hanno una densità di popolazione molto elevata. E per quei Paesi nemici le cui terre si trovano oltre la zona di copertura delle armi nucleari tattiche, esiste, infine, un potenziale strategico.

E questa, ahimè, non è né un’intimidazione né un bluff nucleare. L’attuale conflitto militare con l’Occidente si sta sviluppando secondo il peggiore scenario possibile. C’è una costante escalation della potenza delle armi NATO applicabili. Pertanto, nessuno può escludere oggi la transizione del conflitto alla fase finale.

Repetita juvant. Forse.


“Il mondo sta osservando la barbarie di un vampiro malato, maniaco, psicopatico e divoratore di sangue di nome Netanyahu, e la sta guardando in diretta TV”, ha dichiarato Erdogan.

“Ehi, Stati Uniti, questo sangue è anche sulle vostre mani! Siete responsabili di questo genocidio tanto quanto Israele.

Ehi, capi di Stato e di governo europei, anche voi siete diventati complici di questo genocidio, di questa barbarie, di questo vampirismo di Israele! Perché siete rimasti in silenzio. Hanno sparato contro ospedali, scuole, moschee, e voi siete rimasti in silenzio.

Hanno sparato ai convogli di aiuti umanitari e voi avete taciuto. Hanno sparato a giornalisti, medici, operatori umanitari e voi avete taciuto. Hanno trovato fosse comuni nei giardini degli ospedali e voi non avete reagito”, ha dichiarato il presidente turco.


La condanna del candidato repubblicano alla presidenza Donald Trump a 4 anni di reclusione (salvo condizionale) rappresenta uno di quei momenti in cui il fallimento di un sistema sociopolitico prende forma plastica.

Gli USA sono quel Paese in cui da decenni la competizione per le più alte cariche dello Stato è una guerra interna all’oligarchia finanziaria. Nessuno che non abbia un sostegno miliardario ha alcuna chance di “rappresentare politicamente il popolo americano”.

Questo fatto rende il ceto politico una marionetta nelle mani di un ristretto numero di pupari nascosti dietro le quinte.

Questo sistema è tecnicamente un’oligarchia plutocratica e il fatto di presentarsi come democrazia (anzi, come modello esemplare di nazione democratica) è solo l’inizio della cascata di bugie in cui l’Occidente sta annegando.

I due candidati a questa tornata delle elezioni presidenziali rappresentano in modo icastico queste caratteristiche del sistema.

Da un lato Joe Biden, che anche quando era giovane particolarmente brillante non era, ma che ora è un anziano affetto da demenza, inadeguato a governare una bocciofila. Ma siccome il presidente è solo una bandierina, un volto, un attore ventriloquo, avere un candidato demente non rappresenta un argomento decisivo (e pensosamente i media americani “si interrogano” sulla sua “fitness”, come se ci fosse qualcosa di serio su cui interrogarsi).

Dall’altro lato abbiamo Donald Trump, che è un candidato atipico perché capace di affrontare una campagna elettorale almeno in parte con mezzi propri. Questo lo rende meno immediatamente ricattabile. Così, in un meraviglioso cortocircuito, un miliardario newyorchese autoreferenziale e spregiudicato può presentarsi come rappresentante dei veri negletti, dei lavoratori impoveriti della Rust Belt e di altre zone deindustrializzate; questo solo perché appare meno evidentemente un pupazzo nelle mani dei pupari che agiscono nell’ombra.

Dal punto di vista delle “idee politiche” di fondo Biden e Trump sono due varianti del neoliberismo, le cui differenze sono marginali. La principale differenza è rappresentata dalla maggiore propensione isolazionista di Trump, rispetto alla maggiore propensione imperialista dei Dem. Ma sono dettagli, aggiustabili all’occorrenza (dopo tutto fu Trump a ordinare l’assassinio del generale Soleimani).

La principale differenza tra i due personaggi è la minore ricattabilità di Trump, che lo rende meno affidabile per la plutocrazia che governa gli USA. Questa è la ragione, l’unica ragione, per cui Trump è stato fatto oggetto di ripetuti attacchi per via giudiziaria. A chi pensasse che in America una condanna, alla vigilia delle presidenziali, ad un candidato in vantaggio, sia “la giustizia che fa il suo corso” bisogna togliere di mano il Corriere dei Piccoli e spiegargli che non è una fonte geopolitica autorevole.

In un sistema neoliberale il potere è semplicemente una battaglia tra poteri finanziari opachi con l’intermediazione dei loro burattini. Vale per la politica, vale per la magistratura.

Lo sa quella metà della popolazione che non va più a votare – non essendo rappresentata –, e lo sa anche quella che continua a farlo – sentendosi marginalmente rappresentata o, più spesso, sperando di esserlo in futuro (non lo sanno i lettori di Corriere e Repubblica, ma quelli credono anche che il mondo sia trainato da unicorni arcobaleno.)

Il sistema socioeconomico americano è un gigante militare e finanziario con le vene marce, un colossale cyborg con il cuore meccanico e il cervello in delirio. Lo è perché esprime in maniera piena, compiuta ed esemplare un modello in cui la sovranità appartiene alla proprietà, in cui ogni dollaro è un voto.

Questo è anche il sistema che ci viene insegnato ininterrottamente da trent’anni essere il glorioso modello cui tutti noi europei dovremmo aspirare.

Verso questo modello ogni istituzione pubblica, dagli ospedali alle università, viene sospinta costantemente mettendo all’asta anime e competenze (chi porta denaro ha sempre ragione).

Siamo legati mani e piedi a questo gigante in decomposizione che ci porterà a fondo con sé.

E chiamiamo questo suicidio collettivo “realizzare i valori occidentali”.

Jan Datranich, ex politico tedesco e membro del Partito Liberaldemocratico.


Ho partecipato a una conferenza presso l’agenzia internazionale “Russia Oggi” dal titolo “Quale vittoria ci occorre”. Mentre ero lì, sono stato intercettato ed intervistato dall’agenzia News Front per radio Tauria, in Crimea. L’argomento era Svezia e Finlandia. Subito dopo, mi è stato chiesto un commento dalla televisione italiana Cusano News 7, sullo stesso argomento. Eccovi un sunto di entrambe.

Il Dipartimento di Stato americano prevede di pubblicare sui social network materiali sulla “grave minaccia russa” per i residenti di Svezia e Finlandia.

L’Occidente può coinvolgere la Finlandia e la Svezia nelle ostilità, questa sarà la prova che le decisioni non vengono prese nei singoli Paesi europei, ma a Washington.

Tutte le armi nucleari e non nucleari di entrambe le parti sono perfettamente in grado di volare intorno all’intero pianeta e nessuno è protetto da questo. Gli americani dovrebbero pensarci.

La Russia agisce in modo coerente e i passi dei politici europei sono dettati da Washington. Stanno cercando di sfidare la presenza della Russia e di rendere il Mar Baltico parte dell’Unione Europea, ma non ci riusciranno.


C’è una bella intervista, di cui non vi svelo subito né l’identità, né il periodo. Comunque, pare piuttosto recente e verosimile.

Ritiene inevitabile una nuova guerra mondiale?

Risposta: No. Almeno al momento non può essere considerato inevitabile. Naturalmente negli Stati Uniti d’America, in Gran Bretagna, come anche in Francia, ci sono forze aggressive assetate di una nuova guerra. Hanno bisogno della guerra per ottenere superprofitti, per saccheggiare altri Paesi. Questi sono i miliardari e i milionari che considerano la guerra come una voce di reddito che dà profitti colossali.

Loro, queste forze aggressive, controllano i governi reazionari e li dirigono. Ma allo stesso tempo hanno paura dei loro popoli che non vogliono una nuova guerra e si schierano per il mantenimento della pace. Cercano quindi di servirsi dei governi reazionari per irretire i loro popoli con la menzogna, per ingannarli e per presentare la nuova guerra come difensiva e la politica pacifica dei Paesi amanti della pace come aggressiva. Cercano di ingannare i loro popoli per imporgli i loro piani aggressivi e trascinarli in una guerra. Proprio per questo temono la campagna in difesa della pace, temendo che possa mettere in luce le intenzioni aggressive dei governi reazionari. Proprio per questo motivo rifiutarono la proposta dell’Unione Sovietica per la conclusione di un Patto di pace, per la riduzione degli armamenti, per la messa al bando dell’arma atomica, temendo che l’adozione di queste proposte avrebbe indebolito le misure aggressive dei governi reazionari e rendere inutile la corsa agli armamenti.

Quale sarà la fine di questa lotta tra le forze aggressive e quelle amanti della pace?

La pace sarà preservata e consolidata se i popoli prenderanno nelle proprie mani la causa del mantenimento della pace e la difenderanno fino alla fine. La guerra potrebbe diventare inevitabile se i guerrafondai riuscissero a intrappolare le masse popolari nella menzogna, a ingannarle e trascinarle in una nuova guerra mondiale. Ecco perché la vasta campagna per il mantenimento della pace come mezzo per smascherare le macchinazioni criminali dei guerrafondai è oggi di primaria importanza.

Per quanto riguarda l’Unione Sovietica, essa continuerà anche in futuro a perseguire fermamente la politica di prevenzione della guerra e di mantenimento della pace.

E qui già si intuisce che tanto recente non può essere, visto che si parla di URSS. E avete ragione: l’intervistato è Iosif Stalin, pubblicato sulla Pravda nel 1951. Sì, adesso provate a darmi dello stalinista e del ferrovecchio. Però provate anche a commentare il contenuto e l’attualità dell’intervista.


Correva il giorno 15 di aprile dell’anno di grazia 2024, appena un mese e mezzo fa. Leonardo e le Ferrovie dello Stato emettevano un comunicato stampa congiunto.

Leonardo e Rete Ferroviaria Italiana (RFI) hanno sottoscritto un accordo di collaborazione per realizzare un progetto condiviso nell’ambito della Military Mobility. Un’iniziativa UE finalizzata ad aumentare le capacità infrastrutturali e digitali esistenti, per assicurare la movimentazione di risorse militari, all’interno e all’esterno dell’Europa, anche con breve preavviso e su larga scala, garantendo capacità di trasporto sicure, sostenibili e resilienti. Leonardo e RFI si propongono di identificare l’architettura e le funzionalità della piattaforma digitale integrata di gestione della circolazione dedicata alla Military Mobility, in situazioni ordinarie e straordinarie per il trasporto di materiale militare attraverso infrastrutture dual-use. Saranno parte integrante della piattaforma soluzioni innovative per l’accesso a fonti eterogenee di dati e per la valorizzazione degli stessi con processi automatizzati.

Nell’ambito della collaborazione, Leonardo esprimerà le proprie competenze in termini di Global Security e Global Monitoring con il supporto di tecniche avanzate di Al su più fronti: censimento e monitoraggio delle infrastrutture dual-use, modellazione di infrastrutture e servizi articolati, simulazione e ottimizzazione di reti complesse. Inoltre, al fine di garantire alti standard di protezione dei dati, si prevede di utilizzare il Global Security Operation Center (SOC) di Leonardo con soluzioni proprietarie di Threat Intelligence (per caratterizzare e analizzare potenziali minacce cyber attraverso raccolta ed analisi da fonti aperte) e di Live Endpoint Security (per la gestione e sicurezza di dispositivi connessi alla rete IT e OT).

Prestazioni di calcolo elevate nella gestione di significative moli di dati saranno soddisfatte dall’HPC (High Performance Computing) davinci-1, uno dei super-computer più potenti nel settore aerospazio, difesa e sicurezza. La piattaforma integrerà, inoltre, funzionalità evolute basate su servizi satellitari (compresi quelli di COSMO-SkyMed) e utilizzerà un’infrastruttura di comunicazione sicura e interoperabile con le diverse tipologie di reti (TETRA, LTE, 4G/5G), per garantire elevati livelli di servizio e di sicurezza.

L’accordo prevede tra l’altro l’utilizzo del know how specifico nel mondo della sicurezza e della circolazione ferroviaria integrando nel progetto le componenti applicative di gestione della circolazione di RFI con le altre piattaforme di mobilità aeree e terrestri necessarie a generare un contesto di interoperabilità tecnologica basato su principi di sicurezza estremamente robusti.

L’Unità per le Autorizzazioni dei Materiali di Armamento (UAMA) ha recentemente emesso un comunicato tecnico per la presentazione delle istanze in deroga ex Art. 5 Quindecies c. 10 Lett. H del Regolamento (UE) n. 833/2014, che fornisce una guida dettagliata sulle principali casistiche e le relative procedure da seguire.

Il 30 maggio si è tenuto nell’Ambasciata italiana a Mosca un incontro con i dirigenti dell’UAMA e i rappresentanti delle associazioni imprenditoriali italiane in Russia, volto ad ottenere delucidazioni sul tema, inclusa la procedura di istanza in deroga per le persone fisiche.

La riunione si è incentrata sulle procedure per l’ottenimento delle deroghe per quanto previsto dal 12 pacchetto di sanzioni europee. Relativamente alle richieste di deroga per i servizi IT e finanziari intercompany possiamo notare che le procedure stanno funzionando e ormai quasi tutte le aziende interessate hanno presentato le richieste come previsto dalla stessa UAMA. Molto più complicata sin da subito è apparsa la questione che riguarda le persone fisiche, cittadini dell’Unione che prestano attività di consulenza in diversi settori. Secondo le interpretazioni che sono state fornite dai funzionari della Commissione Europea quasi tutti i nostri connazionali che prestano regolare attività lavorativa in Russia sia in aziende europee che russe sarebbero passibili di procedimento in caso di mancato ottenimento di deroga da parte delle loro autorità nazionali. Si tratta, come evidente, di una grave deformazione del regolamento sanzionatorio che assume caratteri abnormi e al di fuori di ogni logica anche dal punto di vista legale. I nostri colleghi tedeschi hanno da subito risolto il problema concedendo per decreto una esenzione generalizzata, mentre il nostro Paese è impossibilitato ad assumere analoghe decisioni in virtù di una legislazione che impedisce il rilascio di autorizzazioni collettive. La soluzione più logica che da tempo sosteniamo è quella di un chiarimento da parte degli uffici della Commissione di Bruxelles, tuttavia il particolare clima politico e l’azione di lobbying di alcuni Paesi rende difficile tale strada. Da parte della UAMA sono venute diverse proposte di chiarimento e di restringimento delle possibili casistiche, tuttavia appare molto difficile ottenere comunicazioni scritte che possano evitare la richiesta di deroga, cosa che invece noi auspichiamo. L’unico elemento chiaro che è stato più volte sottolineato dai nostri funzionari è il fatto che la valutazione sulla effettiva attività dei nostri connazionali deve essere fatta dalle aziende stesse. Appare evidente che un Direttore Generale, un manager, un addetto tecnico-commerciale, in sostanza personale a contratto, non effettuano consulenze bensì normale attività lavorativa. In poche parole non dovranno presentare alcuna richiesta di deroga. Anche le Società quotate in borsa potrebbero tranquillamente seguire tale principio, tuttavia vista anche la velocità delle procedure di UAMA potranno presentare le richieste di deroga per i loro manager.


Giorgia Meloni ha confermato che l’Ucraina parteciperà al vertice del G7 a metà giugno. Ha anche osservato che Vladimir Zelenskij sarà presente al vertice del G7, così come “almeno 15 Paesi e organizzazioni internazionali”.

Oltre ai leader dei Paesi del G7, all’incontro parteciperanno il presidente della Turchia Recep Tayyip Erdogan e il presidente degli Emirati Arabi Uniti (EAU) Mohammed bin Zayed Al Nahyan. Al vertice potrebbe partecipare anche il presidente argentino Javier Miley.

In precedenza è stato riferito che l’Unione Europea e i Paesi del Gruppo dei Sette (G7) stanno discutendo la questione dell’imposizione di sanzioni contro le banche che utilizzano il sistema di messaggistica finanziaria (SPFS), l’analogo russo del sistema SWIFT.

Una sola domanda: ma il G7 non era il club delle sette maggiori economie del mondo? Argentina e Ucraina?


Il presidente dell’Associazione degli imprenditori italiani nella Federazione Russa (GIM Unimpresa), Vittorio Torrembini, in un’intervista a RIA Novosti, ha affermato che l’economia italiana ha subito 10-15 miliardi di euro di perdite a causa delle sanzioni anti-russe.

“L’Italia sente le sanzioni anti-russe, eccome”, ha detto Torrembini.

Torrembini ha sottolineato che il Paese avverte pienamente le conseguenze delle restrizioni nei confronti della Federazione Russa. Egli ha osservato che il fatturato commerciale tra Mosca e Roma è sceso da 30 a 9 miliardi di euro, e che le esportazioni dall’Italia alla Russia sono diminuite del 36%, mentre le importazioni dalla Russia sono diminuite del 70-80%.

In precedenza è stato riferito che l’Unione Europea ha approvato l’introduzione di dazi doganali proibitivi sulle importazioni di grano dalla Federazione Russa.

Musica


Proseguiamo con le canzoni legate in un modo o l’altro alla Russia e/o all’Italia.

Tëmnaja noč’ (letteralmente Notte buia) è una famosa canzone sovietica associata alla Seconda Guerra Mondiale. Per la prima volta è stata suonata da Mark Bernes nel film di guerra I due combattenti (1943).

Nel film, Bernes è un soldato che ricorda sua moglie e il suo bambino nella notte cantando la canzone. La canzone era ed è tutt’oggi il simbolo degli anni della guerra per milioni di cittadini sovietici ed è stata usata in molti film sulla Seconda Guerra Mondiale.

Buia è la notte è stata descritta come “una dolce canzone intrisa di una sensazione di nostalgia e di devozione per la persona amata” che aiuta a “rivelare il lato personale della vita dei soldati, indiscernibile nel ruggito della guerra”, in netto contrasto con le tipiche canzoni di guerra sovietiche, che erano marcianti o patriottiche.

Buia è la notte, solo le pallottole fischiano nella steppa,

Solo il vento ronza nei cavi, pallide tremolano le stelle…

Nella notte buia, tu, mia amata, so che non dormi,

E accanto al letto del bambino, di nascosto asciughi una lacrima.

Come amo, la profondità dei tuoi occhi teneri,

Come voglio ora, stringere su di essi le mie labbra!

La notte buia ci separa, mia amata,

E la steppa inquietante e nera, si estende tra di noi.

Credo in te, cara amica mia.

Questa fede che dalle pallottole nella notte buia mi ha difeso…

Sono contento, sono calmo nella battaglia mortale:

So che mi incontrerai con amore, qualunque cosa mi accada.

La morte non fa paura, l’abbiamo incrociata molte volte nella steppa…

Ecco, anche adesso, sopra di me volteggia,

Tu mi aspetti, e vegli accanto al letto del bambino,

E per questo so che non mi accadrà nulla.

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lunedì 4 settembre 2023

20230904 Putin Erdogan

Conferenza stampa al termine dei colloqui russo-turchi

Al termine dei colloqui russo-turchi, Vladimir Putin e il presidente della Repubblica di Turchia Recep Tayyip Erdogan hanno tenuto una conferenza stampa congiunta.

Vladimir Putin: Caro signor Presidente! Signore e signori!

Siamo lieti di accogliere ancora una volta il Presidente della Turchia in Russia.

Vorrei sottolineare che la poliedrica cooperazione tra Russia e Turchia, basata sui principi di buon vicinato, partenariato e vantaggio reciproco, si sta sviluppando con successo in tutti i settori.

I colloqui di oggi si sono svolti, come sempre, in un clima costruttivo e professionale. Abbiamo esaminato in dettaglio tutte le questioni chiave della cooperazione russo-turca nel campo della sicurezza, dell’economia, della politica, della sfera culturale e umanitaria. Abbiamo scambiato opinioni su questioni di attualità dell’agenda internazionale e regionale.

Discutendo dei legami economici bilaterali, abbiamo notato con soddisfazione la continua crescita del commercio. Alla fine del 2022 è aumentato dell’86% e ha raggiunto la cifra record di 62 miliardi di dollari, secondo alcune statistiche anche di più, e nella prima metà di quest’anno è cresciuto di un altro 4%.

Si registra una tendenza verso un utilizzo più attivo delle valute nazionali – rublo e lira – negli scambi commerciali. Allo stesso tempo, la quota del dollaro e dell’euro negli accordi reciproci è in costante diminuzione. Le nostre banche centrali sono strettamente impegnate nello sviluppo di una rete di corrispondenti tra le organizzazioni finanziarie e creditizie dei due Paesi.

La cooperazione russo-turca nel settore energetico è di natura veramente strategica. Rosatom continua a costruire la prima centrale nucleare della Turchia, Akkuyu. Sarà composto da quattro propulsori di progettazione russa con una capacità totale di 4.800 megawatt. Circa 25mila specialisti, ingegneri e lavoratori nucleari nostri e turchi lavorano giorno e notte per lanciare la prima unità di potenza della centrale nel prossimo anno, 2024.

Nell’aprile di quest’anno, il combustibile nucleare russo è stato consegnato ad Akkuyu e la centrale nucleare ha ricevuto lo status ufficiale di impianto nucleare: tale status è assegnato dall’AIEA. Pertanto, la Turchia è entrata a far parte del club degli Stati che possiedono tecnologie nucleari pacifiche.

I nostri Paesi collaborano strettamente anche nel settore del gas. L’anno scorso, la Russia ha consegnato 21,5 miliardi di metri cubi di gas alla Turchia attraverso i gasdotti Turkish Stream e Blue Stream, e oltre 10 miliardi di metri cubi nel periodo gennaio-agosto di quest’anno.

Vorrei sottolineare che la Russia è sempre stata e sarà sempre un fornitore di gas affidabile e responsabile. Intendiamo continuare a fornire all’economia turca questo tipo di carburante economico, ma altamente efficiente ed ecologico. Inoltre, siamo pronti ad esportare il gas in transito attraverso la Turchia verso i consumatori di Paesi terzi, dove i nostri partner sono interessati.

E’ a questo scopo che è stato proposto di creare un hub regionale del gas in Turchia. Gazprom ha consegnato a Botash una bozza di road map per l’attuazione di questo progetto. All’ordine del giorno c’è la creazione di un gruppo di lavoro congiunto, il coordinamento del quadro giuridico per il funzionamento dell’hub, gli schemi di scambio e trasferimento del gas acquistato.

La cooperazione russo-turca nel settore agricolo sta crescendo a un buon ritmo. L’anno scorso, le reciproche forniture alimentari sono aumentate a 7,4 miliardi di dollari. Anche quest’anno la crescita è continuata: nel periodo gennaio-luglio è stata del 19%.

Naturalmente è stato toccato anche il tema dello sviluppo turistico. L’anno scorso hanno visitato la Turchia più di cinque milioni di turisti russi e nella prima metà di quest’anno altri 2,2 milioni di russi. Ci aspettiamo che questa tendenza continui in futuro. I nostri dicasteri competenti continueranno a collaborare con le autorità turche per garantire che il soggiorno dei cittadini russi in questo Paese sia sicuro e confortevole. Gli amici turchi stanno facendo tutto ciò che è in loro potere a questo scopo.

Vorrei inoltre ricordarvi che la Russia si sforza sempre di aiutare la Turchia in modo amichevole e collaborativo, anche quando si tratta di catastrofi naturali e di superamento delle conseguenze delle catastrofi naturali. Subito dopo il devastante terremoto di febbraio, il nostro Paese è stato uno dei primi a inviare squadre di soccorso e personale medico in Turchia. Altrettanto tempestivamente abbiamo risposto alla richiesta di fornitura di aerei anfibi russi Be-200 per estinguere gli incendi boschivi sulla costa dell’Egeo.

E naturalmente durante i colloqui abbiamo prestato molta attenzione alle questioni internazionali di attualità, in particolare alla situazione relativa all’Ucraina. Naturalmente si è parlato anche di porre fine, a partire dal 18 luglio, alla cosiddetta iniziativa del Mar Nero per l’esportazione di grano dai porti ucraini. Il signor Presidente ha prestato molta attenzione a questo.

Come ho detto più di una volta, siamo stati semplicemente costretti a prendere questa decisione – intendo dire, la Russia è stata costretta – perché i Paesi occidentali hanno bloccato e continuano a bloccare l’attuazione del “patto sui cereali” in termini di garanzia dell’accesso dei prodotti agricoli russi ai mercati mondiali. Cioè si rifiutano di ritirare dalle sanzioni l’esportazione dei nostri cereali e fertilizzanti, di riprendere le consegne di macchine agricole e pezzi di ricambio alla Russia, di eliminare i problemi con la logistica e il trasporto delle navi, i servizi bancari e l’assicurazione delle forniture alimentari.

Inoltre, mentre la Russia ha chiaramente fornito garanzie di sicurezza per la navigazione nell’ambito di questo accordo, l’altra parte ha utilizzato i corridoi umanitari per attacchi terroristici contro strutture civili e militari russe. Ciò non può più essere tollerato.

Ovviamente, la conclusione dell’accordo non ha avuto ripercussioni sui mercati alimentari globali – vorrei sottolinearlo in particolare – qualunque cosa si dica al riguardo. I prezzi dei cereali continuano a diminuire. Non c’è carenza fisica di cibo. Ci sono problemi con la sua equa distribuzione – questo sì. Ma non ha nulla a che fare con il cosiddetto accordo sui cereali.

Non vediamo nulla di sorprendente in questo, perché la quota, ad esempio, dell’Ucraina nelle esportazioni mondiali di cereali, che prima era del 5%, rimane tale e nelle condizioni attuali diminuirà.

L’Occidente, per usare un eufemismo, ci ha ingannato sugli obiettivi umanitari della “Iniziativa del Mar Nero” per fornire assistenza ai Paesi in via di sviluppo. Dei 32,8 milioni di tonnellate di merci esportate dall’Ucraina, oltre il 70% – voglio sottolinearlo ancora una volta – è andato ai Paesi ricchi, principalmente ai Paesi dell’UE. Mentre la quota di Stati che hanno effettivamente bisogno di aiuti alimentari ammonta solo al 3%, cioè inferiore a un milione di tonnellate.

Vorrei riaffermare la nostra posizione di principio: saremo pronti a considerare la possibilità di rilanciare questo “accordo sul grano”, l’ho detto anche oggi al Presidente, e lo faremo immediatamente, non appena tutti gli accordi sulla revoca delle restrizioni in esso stabilite saranno pienamente attuate per l’esportazione dei prodotti agricoli russi.

Da parte sua, la Russia, nonostante tutti gli ostacoli posti, intende continuare ad esportare cibo e fertilizzanti, contribuire a stabilizzare i prezzi e migliorare la situazione del settore agricolo mondiale. A tal fine è stato proposto, in particolare, di organizzare la fornitura di un milione di tonnellate di grano dalla Russia a un prezzo preferenziale per la lavorazione in Turchia e poi il trasporto gratuito verso i Paesi più poveri.

In questo senso contiamo anche sull’aiuto dello Stato del Qatar che, per ragioni umanitarie, è pronto a sostenere i Paesi più poveri. A proposito, siamo vicini alla conclusione di un accordo con sei Stati africani, dove intendiamo fornire cibo gratuitamente e persino effettuare consegne e logistica gratuitamente per consegnare questo carico. Le trattative sono quasi prossime alla conclusione: nelle prossime due settimane inizierà la consegna.

Durante i colloqui sono state discusse anche le questioni relative alla soluzione siriana. Apprezziamo molto la nostra cooperazione con la Repubblica di Turchia in questo settore. In particolare, stiamo interagendo in modo costruttivo nel quadro del formato di Astana, che è di gran lunga il meccanismo più efficace per le consultazioni internazionali sulla Siria.

E’ importante condividere gli approcci fondamentali per risolvere la crisi siriana, come il rispetto della sovranità, dell’indipendenza e dell’integrità territoriale di questo Paese. Comprendiamo che per avviare una restaurazione su vasta scala di questo Paese, è necessario raggiungere la riconciliazione e l’armonia nazionale. E partiamo dal fatto che i siriani stessi dovrebbero determinare il futuro della Siria, senza imporre ricette o modelli già pronti dall’esterno.

Durante lo scambio di opinioni sulla situazione in Libia, l’impegno per una soluzione globale della crisi pluriennale in questo Paese sulla base di negoziati e la ricerca di compromessi, evitando scoppi di violenza e prevenendo il collasso dello Stato libico, è stato riaffermato.

In generale penso che le verifiche su quanto sopra e su altri temi regionali siano state molto utile.

E in conclusione, vorrei esprimere ancora una volta la mia gratitudine al Presidente della Turchia, Erdogan, per il nostro lavoro congiunto, per un dialogo significativo e produttivo. Senza dubbio, i colloqui di oggi serviranno a sviluppare ulteriormente il partenariato russo-turco in tutti i settori.

Grazie per l’attenzione.

Recep Tayyip Erdogan (ritradotto): Signor Presidente! Cari membri delle delegazioni! Cari rappresentanti della stampa!

Con i sentimenti e il rispetto più cordiali, vi saluto tutti.

Ancora una volta, vorrei esprimere la mia gratitudine a Putin per il suo gentile invito. Vorrei anche cogliere l’occasione per esprimere la mia gratitudine per il sostegno fornito dalla Russia durante il terremoto del 6 febbraio e durante gli incendi boschivi. Voglio ringraziare per questo supporto.

L’ultima volta che abbiamo incontrato di persona il Presidente Putin è stato ad Astana durante la Conferenza sull’interazione e le misure di rafforzamento della fiducia in Asia. Successivamente abbiamo avuto un dialogo serrato tramite conversazioni telefoniche.

Oggi si è svolto sia un incontro tête-à-tête che un incontro interdelegazioni. Abbiamo valutato le misure che possono essere adottate per rafforzare ulteriormente la nostra multiforme cooperazione, soprattutto nei settori del commercio, dell’energia, dell’agricoltura e del turismo.

L’anno scorso, il fatturato commerciale tra i nostri Paesi ha raggiunto i 69 miliardi di dollari. Vorrei sottolineare che stiamo procedendo con fiducia sulla strada per raggiungere la soglia dei cento miliardi di scambi commerciali tra i nostri Paesi.

L’anno scorso hanno visitato il nostro Paese 5,2 milioni di turisti russi e quest’anno, nei primi sette mesi, hanno visitato il nostro Paese 3,5 milioni di turisti russi. Credo che questo numero aumenterà negli ultimi cinque mesi di quest’anno.

Iniziativa del Mar Nero: siamo lieti che la Russia stia aprendo un ufficio nella Repubblica turca di Cipro del Nord. Credo che la Russia abbia svolto, e in particolare la “Iniziativa del Mar Nero” abbia svolto, un ruolo chiave per i Paesi più poveri. Questa iniziativa si è rivelata come un respiro di sollievo per i Paesi più poveri.

Le proposte alternative all’ordine del giorno non hanno soddisfatto le aspettative in termini di sicurezza e altri aspetti. I nostri amici russi parlano delle loro aspettative a questo riguardo e noi ci concentriamo su queste aspettative su varie piattaforme.

Ho condiviso con il mio stimato collega che siamo pronti a tenere tali consultazioni, ho condiviso con il mio amico. Prepareremo un nuovo pacchetto di consultazioni con le Nazioni Unite. Credo che saremo in grado di ottenere risultati in questo senso. La Turchia farà ogni sforzo a questo riguardo. E crediamo che nel più breve tempo possibile otterremo risultati nei termini di questo accordo.

Cari rappresentanti della stampa!

Stiamo facendo ogni sforzo per stabilire una pace e una stabilità durature nella nostra regione. In ciascuno dei miei discorsi noto che non esiste un vincitore nella guerra, non esiste un perdente nella pace. Aderiamo a questo approccio basato su principi. In precedenza abbiamo avuto colloqui diretti tra le parti. Come sempre, siamo pronti a dare il nostro contributo in questo senso.

Con Putin abbiamo discusso anche di altre questioni regionali e globali. A questo proposito, abbiamo valutato gli sviluppi in Siria, Transcaucasia, Libia e anche in Africa.

Stiamo sviluppando le nostre relazioni bilaterali sulla base dei principi di buon vicinato, amicizia e sincerità, in modo che servano gli interessi sia dei nostri Paesi che della nostra regione. Abbiamo osservato e osserviamo che vediamo i vantaggi delle relazioni turco-russe costruite su questa base in una vasta area. I nostri stretti contatti con la Russia continueranno a contribuire alla soluzione dei problemi regionali e globali.

Vorrei menzionare in particolare la centrale nucleare di Akkuyu. Come sapete, lì i lavori di costruzione continuano. E vorrei sottolineare il secondo passo in questo senso: in Turchia, nella città di Sinop, è di questa città che si trattava, io e il mio caro amico abbiamo anche discusso della costruzione di una seconda centrale nucleare. Di questo passo la Turchia supererà senza dubbio un nuovo ostacolo.

Chiudendo il mio intervento, a conclusione delle mie parole, vorrei ringraziare ancora una volta Putin per l’ospitalità che ha offerto a me e alla mia delegazione. Mi auguro che la mia visita possa portare benefici ai nostri Paesi e alla regione.

Dmitrij Peskov: I giornalisti turchi e russi ora potranno porre una domanda.

Iniziamo dai nostri ospiti. Da parte dei giornalisti turchi, vi prego di dare la parola.

A. Jura (ritradotto): Agenzia Anadolu, Ali Jura.

Una domanda per entrambi i presidenti. Nel conflitto tra Russia e Ucraina, Erdogan ha osservato che si stanno facendo grandi sforzi diplomatici. Durante questo incontro si è parlato di una tregua e di sedersi al tavolo delle trattative?

(In russo.) Signor Putin, ho una domanda in russo. Qual è l’importanza di portare avanti la “Iniziativa del Mar Nero” per la Russia e per la regione del Mar Nero? Pensa che dovrebbe essere continuata?

Grazie.

Vladimir Putin: Per quanto riguarda gli sforzi del presidente Erdogan per risolvere la crisi relativa all’Ucraina, egli ha sempre prestato attenzione ad esso e continua a prestarvi grande attenzione oggi, anche nelle conversazioni faccia a faccia.

Sappiamo che l’accordo è stato raggiunto attraverso la mediazione del presidente della Turchia, le delegazioni russa e ucraina hanno concordato i progetti di documenti. Ma poi l’Ucraina li ha mandati in discarica: semplicemente, nessuno ci torna più. Sentiamo parlare di alcune nuove iniziative, ma di questo non si è mai parlato con noi. Pertanto non percepiamo nulla di nuovo.

Per quanto riguarda i servizi di intermediazione, non li abbiamo mai rifiutati. Conosciamo anche le proposte e le iniziative di mediazione della Repubblica popolare cinese e degli Stati africani. Naturalmente siamo grati anche al Presidente della Turchia per i suoi sforzi in questa direzione.

Ora, per quanto riguarda la ripresa del “patto sul grano”. L’ho già detto, qui difficilmente posso aggiungere nulla. Inizialmente abbiamo accettato di parteciparvi, anche perché – sempre attraverso la mediazione del Presidente della Turchia e delle Nazioni Unite – ci siamo accordati sull’adempimento di una serie di obblighi nell’interesse della parte russa.

Dopo che l’accordo è terminato e non sono stati adempiuti gli obblighi nei confronti della Russia, ci è stato chiesto di prolungarlo, è stato chiesto di prolungare la nostra partecipazione, sempre con la promessa di adempiere immediatamente a tutto. Abbiamo prolungato: ancora una volta nessuno ha fatto nulla.

Poi ci è stato chiesto per la terza volta di prolungare la nostra partecipazione con la promessa di adempiere agli obblighi che ci erano stati assicurati. E, come al solito, come accade spesso con i nostri partner occidentali, ci hanno ingannato di nuovo, ancora una volta non hanno fatto nulla. Punto.

Adesso diciamo: non siamo contrari a questo accordo, siamo pronti a ritornarvi immediatamente, non appena le promesse che ci sono state fatte saranno mantenute. E’ tutto. Se oggi manterranno le loro promesse, noi nei prossimi giorni ci torneremo per intero, realizzeremo tutto ciò che vogliono da noi.

Cosa c’è da aggiungere? Se non altro per aggiungere che siamo sempre stati d’accordo sul fatto che questi corridoi destinati all’esportazione di prodotti alimentari non debbano essere utilizzati per scopi militari. E sfortunatamente vengono usati dall’altra parte: lo vediamo. Allo stesso modo si tenta di attaccare il Turkish Stream e il Blue Stream, attraverso i quali il gas viene fornito alla Repubblica di Turchia dalla Russia. Le nostre navi sorvegliano questi flussi, questi sistemi di condutture e sono costantemente sotto attacco, anche con l’aiuto di droni diretti a questi attacchi dai porti ucraini del Mar Nero.

E’ necessario essere d’accordo su tutto: che nulla del genere accadrà più e che le promesse fatte alla Russia saranno mantenute. A quel punto, ci torneremo. Non abbiamo problemi in questo, proprio nessun problema.

Quest’anno avremo un buon raccolto. L’anno scorso abbiamo avuto circa 158 milioni di tonnellate, quest’anno saranno circa 130. Anche il potenziale di esportazione rimarrà intorno ai 60 milioni di tonnellate.

La Turchia è un nostro grande partner. La Turchia ha una grande industria di lavorazione della farina, lo sappiamo. Soddisferemo pienamente le esigenze della Repubblica di Turchia e siamo pronti a promuovere congiuntamente, come insiste il Presidente, il ritorno alla “iniziativa del Mar Nero”, per rifornire insieme alla Turchia e al Qatar i Paesi più poveri. E contemporaneamente lo faremo in modo indipendente per i Paesi più poveri con 25-50 mila tonnellate.

Le forniremo gratuitamente a sei Paesi africani. Proprio nei prossimi giorni. Noi siamo pronti, vogliamo lavorare, stiamo lavorando e lavoreremo in tutti questi ambiti.

Recep Tayyip Erdogan (ritradotto): Come ha notato il signor Presidente, in questa situazione, per quanto riguarda i passi congiunti di Ucraina e Russia, l’Ucraina deve ammorbidire il suo approccio, soprattutto in questo momento.

Il corridoio del Mar Nero servirà per i Paesi più poveri, che riceveranno il grano. Ma se il 44% di questo grano va ai Paesi europei, allora è giusto, dice correttamente la Russia: il 14% è stato inviato alla Turchia, mentre circa il 6% è stato fornito ai Paesi africani. Ma, in un modo o nell’altro, insieme alla Russia, durante il nostro incontro faccia a faccia ci siamo detti di dare un milione di tonnellate ai Paesi più poveri, siamo pronti a collaborare in questo senso, siamo anche pronti a svolgere il lavoro logistico.

Abbiamo notato e detto al signor Presidente che la Turchia è pronta a fare tutto il possibile, fare ogni sforzo, lavorare un milione di tonnellate di farina nel nostro Paese e poi inviare questa farina ai Paesi africani più poveri. Possiamo farlo. Anche noi abbiamo avanzato una proposta del genere e a questo riguardo abbiamo raggiunto un accordo.

Spero che queste richieste, che provengono dai Paesi africani, il signor Presidente ha sottolineato in particolare riguardo a sei Paesi africani, spero che attueremo congiuntamente questi passi.

Pavel Minakov: agenzia di stampa Interfax.

Due domande. Uno per entrambi i presidenti, per fare chiarezza.

Avete appena parlato dell’esportazione di grano con la partecipazione del Qatar. Domanda chiarificatrice: questa opzione può diventare una sostituzione completa o parziale dell’accordo sul grano, e qual è il suo meccanismo?

E la seconda domanda a Putin. Signor Presidente, molte fonti, anche occidentali, riferiscono ora di uno stallo dell’offensiva ucraina. A questo proposito, la domanda è: come valuta la situazione nella zona di combattimento? In questo contesto, la Russia resta pronta per l’uno o l’altro negoziato per una soluzione politica e diplomatica della situazione?

Vladimir Putin: Per quanto riguarda il grano, se torniamo ad esso, non consideriamo la collaborazione con la Turchia e, possibilmente, con il Qatar per fornire un milione di tonnellate di grano come alternativa all’accordo sui cereali del Mar Nero. C’è anche l’Ucraina, che ha i propri interessi. Lo capiamo molto bene e ne siamo consapevoli. Quindi non si tratta di una sostituzione, ma è, ovviamente, un enorme contributo da parte nostra. Questo da parte nostra rappresenterebbe un enorme contributo alla soluzione dei problemi alimentari dei Paesi africani. Questa è una cosa del tutto ovvia.

Quanto allo stallo della controffensiva, non si tratta di uno scivolone, ma di un fallimento. Almeno così appare oggi. Vediamo cosa succede dopo. Spero che questo continui ad essere così. Voglio dire che la Russia non ha mai rifiutato i negoziati, e non li rifiutiamo nemmeno ora. Il signor Presidente ha sollevato queste domande durante il nostro incontro di oggi, ed io glielo confermo.

Recep Tayyip Erdogan (ritradotto): Sì, qui si intende la partecipazione del Qatar in relazione ai Paesi più poveri, sottosviluppati, i Paesi africani. Dopo che il grano è stato lavorato attraverso l’industria molitoria, il Qatar fornisce sostegno finanziario. Cioè, è un trio: Russia, Turchia, Qatar – è il Qatar a dichiararlo. Spero che vada ai Paesi africani sottosviluppati e più poveri. Saremo vicini a questa iniziativa.