Ottantacinquesimo notiziario settimanale
di lunedì 8 luglio 2024 degli italiani di Russia. Buon ascolto e buona visione.
Attualità
Non è assolutamente possibile “eliminare”,
o “cancellare” la Russia dalla politica globale, perché il “mondo ha bisogno”
della Russia. Lo ha scritto l’Ambasciatore della Russia in Italia, Aleksej
Paramonov, in un articolo pubblicato su “La Repubblica”, intitolato “Un errore
escludere la Russia dal proscenio internazionale”.
“I processi di globalizzazione
avviati dall’Occidente alle sue condizioni – ha sottolineato il capo della
Rappresentanza diplomatica russa a Roma – non sono riusciti a cancellare il
desiderio della maggior parte dei Paesi del mondo di preservare le origini
della propria tradizione, le fondamenta di cultura e civiltà; né sono riusciti
a cancellare la loro aspirazione alla giustizia, alla democratizzazione della
vita internazionale e alla sovranità”.
In questo contesto, l’Ambasciatore
Paramonov ha notato come “nel mondo non occidentale” stiano iniziando a “cristallizzarsi”
formati diversi, tra cui l’Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai, il
gruppo dei Paesi BRICS ed altre organizzazioni internazionali, che vogliono non
un mondo diviso in blocchi, ma un autentico mondo multipolare. Il diplomatico
ha sottolineato che “il fattivo azzeramento da parte dell’Occidente delle sue
interazioni con la Russia ha fatto saltare quella che era l’agenda globale
prevista per questioni chiave quali il controllo sugli armamenti e la non
proliferazione nucleare, il contrasto alla militarizzazione dello spazio
cosmico e del cyberspazio, la lotta al riscaldamento globale e molti altri
argomenti”.
Secondo Paramonov un “nuovo punto
di svolta nello sviluppo globale” è contraddistinto “dall’esigenza di
costituire un ordine mondiale multipolare che sia in grado di garantire spazio
di autonomia a tutti i popoli e a tutti i Paesi”.
Nelle fasi iniziali della sua
formazione, anche l’Unione Europea si stava integrando in tale contesto in
qualità di potenziale attore autonomo e dotato di una certa influenza.
Tuttavia, di fatto, la rinuncia da parte della burocrazia di Bruxelles, sempre
più autoreferenziale, alla propria “autonomia strategica” per il momento ha
messo fine a tale prospettiva.
Non è imputabile alla Russia il
fatto che l’architettura per la sicurezza europea abbia cessato di esistere:
ciò è conseguenza dell’ossessione occidentale per il NATO-centrismo e del suo
totale rifiuto di scendere a compromessi con Mosca.
Tale situazione ha spinto di recente
il Presidente Putin a farsi avanti con un’iniziativa fortemente proiettata
verso il futuro, incentrata sulla creazione in Eurasia di un sistema di
sicurezza internazionale che sia operativo per l’intero continente e aperto a
tutti i Paesi che ne fanno parte, a inclusione di quelli situati nelle sue
regioni più occidentali.
Questo nuovo punto di svolta
nello sviluppo globale è contraddistinto dall’esigenza di costituire un ordine
mondiale multipolare che sia in grado di garantire spazio di autonomia a tutti
i popoli e a tutti i Paesi.
Vi è anche la necessità di
svolgere un lavoro di eliminazione dei difetti sistemici presenti nell’architettura
internazionale, i quali continuano a sussistere dal 1945 per motivi di inerzia,
tra cui spicca la poca influenza esercitata dai Paesi non occidentali sui
meccanismi globali.
Per ogni nuova “regola del gioco”
che riguardi le questioni di armonizzazione tra gli interessi dei diversi
Paesi, sarà inaccettabile qualsiasi richiamo alla concezione dell’”ordine
basato su regole”. Pure l’idea della “contrapposizione tra democrazie e
autocrazie” è artificiale e dannosa.
Giorgia Meloni ha riferito sulla
situazione relativamente alle proposte di nuove nomine, al vertice della UE,
dopo le recenti elezioni per il Parlamento europeo.
Intanto, quello che colpisce
anche i più temprati e convinti oppositori della UE e del suo ruolo è che dopo
la sonora sconfitta subìta, con il diffuso astensionismo e l’avanzata delle
forze di destra, nel panorama europeo, proprio i leader più sonoramente “trombati”
dal voto popolare, il Presidente francese Macron ed il Cancelliere tedesco
Scholz, unitamente al leader polacco Tusk, abbiano fatto comunella, per
presentare agli altri leader europei, una “proposta” sugli incarichi più
importanti che dovrebbero essere assegnati nella prossima legislatura UE,
partendo da un rinnovato mandato di presidente, per un Ursula von der Leyen
bis, che dovrebbe caratterizzare i prossimi anni.
Naturalmente, un certo imbarazzo,
di fronte a tale situazione, lo ha espresso, anche, in aula, nel suo intervento
alla Camera dei Deputati, Giorgia Meloni che, come capo di governo di un Paese,
l’Italia appunto, cofondatore della stessa UE e terza economia del continente,
si vede messa di fronte ad un “fatto compiuto”, non di poco svilente il ruolo
del nostro Paese.
Ma, si sa che, una volta fatta la
“scelta dell’Europa”, della “NATO” e dell’alleanza “con gli USA”, non resterà,
al Premier italiano, che spingere nella direzione, peraltro consigliatagli
dalle sedicenti “opposizioni” di M5S e PD, di ottenere un “incarico di
prestigio”, all’interno dei nuovi organigrammi postelettorali della UE, per il
nostro Paese.
E qui emerge, a chiare lettere,
il ruolo di Parlamento europeo, Consiglio e Commissione Europea, dopo l’avvenuta
débâcle elettorale, in termini di consenso popolare, dopo anni di politiche
economiche e sociali antipopolari e filopadronali, improntate al più feroce
massacro sociale neoliberista, che ha ampliato le differenze e disuguaglianze
sociali, allargando sempre più gravemente miseria e povertà.
Gli sconfitti serrano i ranghi,
stringono i tempi delle decisioni sui nuovi organigrammi, per il rilancio delle
stesse politiche economiche e sociali devastanti, in un sempre più marcato
quadro di guerra europea ed internazionale, per riaffermare il proprio dominio
unipolare come imperialismo USA ed UE, sulla base di un rilancio della NATO,
nella guerra di aggressione contro la Federazione Russa, utilizzando l’Ucraina
nazifascista come piattaforma strategica ed il governo dello Stato sionista d’Israele,
nella guerra di sterminio contro il popolo palestinese. Questo il panorama che
ne esce confermato.
Non si sono sentite, nella Camera
dei Deputati della Repubblica Italiana, voci alternative a tale prospettiva.
Questa è la realtà del sistema politico italiano, nella fase post elettorale
che stiamo vivendo, in questi giorni successivi “ai ballottaggi”, di cui tanto
si discute, nei circoli massmediatici della informazione di regime, capitalista
ed imperialista.
Paradossalmente, la sinistra
dovrebbe imparare da Macron, Scholz e Tusk: diversi tra loro, ma uniti se si
tratta di raggiungere i loro scopi comuni. Se vogliamo, è proprio quel
principio che fece il successo del vecchio PCI, quello di allora, non di
adesso. Per esempio, si fossero presentati insieme i due Partiti
socialdemocratici slovacchi, uno di Fico, l’altro di Pellegrini, avrebbero
preso la maggioranza assoluta. Se in Germania si fossero presentati assieme
Sahra Wagenknecht e Die Linke, sarebbero entrati entrambi al Parlamento
Europeo, invece così solo la pur apprezzabile Wagenknecht.
Un esempio a parte è la Francia
Indomita di Mélenchon. La sinistra francese è andata divisa alle Europee e
infatti ha perso. Hanno imparato la lezione: al primo turno delle Politiche il
Nuovo Fronte Popolare è andato coeso, socialisti, comunisti, indomiti, verdi.
Non che non soffrano di contraddizioni fondanti: i socialisti sono totalmente
appiattiti sull’atlantismo e sull’appoggio incondizionato ai neonazisti
ucraini, i comunisti al contrario comprendono le ragioni russe, gli indomiti
sono contrari alle forniture agli ucraini pur senza condividere le posizioni
russe. Però intanto sono arrivati secondi dopo la destra della Le Pen, e questo
ha consentito loro di presentarsi al ballottaggio del 7 luglio. A chi dice che
ciò sia una spartizione delle poltrone e che sia disonesto nei confronti degli
elettori, basti considerare che se lo si dichiara prima, ci si può dividere
anche 24 ore dopo le elezioni, però comunque si è in Parlamento.
Questo riguarda anche l’Italia.
Se Santoro, DSP, PCI si fossero presentati assieme, pur dichiarando fin dall’inizio
di non voler stare assieme, li avremmo in seno al Parlamento Europeo, invece
così duri e puri fuori dall’arco parlamentare. Bella soddisfazione.
Colpisce, nella narrazione in
voga, che ci sia qualcuno che davvero sia convinto che la destra e il
centrodestra, grazie all’astensionismo, abbia perso. Per l’Italia, basti dire
che alle precedenti Europee (2019, i confronti vanno sempre fatti con elezioni
omogenee) la destra Sorella d’Italia aveva preso 1.726.189 voti, mentre ora
6.724.014, passando infatti dal 6,44% al 28,8%, confermandosi primo Partito d’Italia.
L’astensionismo, dunque, ha danneggiato ben altri. Su scala europea, il Partito
Popolare, cioè i democristiani, di centrodestra, a cui appartiene anche Ursula
Von Der Leyen, ora hanno 187 deputati su 720, mentre ne avevano 182 su 751
(effetto Brexit). Se questo è perdere, vuol dire che ora la matematica è un’opinione
come un’altra. Anche per l’astensione, facciamo attenzione: è vero, aveva
votato il 50,97%, ed ora il 49,22% (un decremento di appena l’1,73%), ma nel
2014 aveva votato il 42,61%. C’è quindi poco da gioire.
In settimana ci sono stati due
interventi di Putin, trovate la traduzione simultanea sia sui miei canali, sia
su Visione TV. Il primo è del 4 luglio ad Astana alla riunione del Consiglio
dei capi di Stato, membri dell’Organizzazione per la cooperazione di Shanghai. All’inizio
dell’incontro i leader hanno firmato la decisione di concedere alla Repubblica
di Bielorussia lo status di Stato membro della OCS. A seguito dell’incontro è
stata firmata la Dichiarazione di Astana, sono stati adottati e firmati
numerosi documenti.
Il secondo è stato nei colloqui
con Viktor Orbán, a Mosca. Charles Michel ha affermato che “la presidenza
ungherese di turno del Consiglio dell’UE non ha il mandato per i contatti con
la Russia a nome dell’Unione europea”. Orbán ha giustamente risposto che l’Ungheria
non ha bisogno di tale mandato, poiché agisce per proprio conto. Ma non è
questo il punto, ovviamente. Innanzitutto non è chiaro (è chiarissimo) a nome
di chi Michel stia parlando. Lui è il capo del Consiglio europeo (e i suoi
poteri scadranno presto), e l’Ungheria presiede il Consiglio dell’Unione
europea dal 1 luglio: non vanno confuse queste due strutture completamente
diverse; il Belgio, da dove proviene Michel, ha terminato i suoi poteri il 30
giugno. E in generale, cito testualmente l’articolo 15.6 dell’attuale versione
del Trattato sull’Unione europea, tra i compiti del capo del Consiglio europeo
figura quello di “rappresentare l’Unione europea sulla scena internazionale,
fatto salvo il ruolo dell’Alto rappresentante dell’Unione europea per gli
affari esteri e la politica di sicurezza”.
In sostanza, Orbán ha assunto
attivamente le sue funzioni. Aveva già visitato Kiev e per qualche motivo
Michel questo non lo ha commentato. Orbán ha dichiarato: “La missione di pace
continua. La prossima tappa è Mosca”. Cosa c’è di sbagliato in questo?
Putin ha rivelato di aver
discusso con Orbán possibili modi per risolvere il conflitto ucraino; il Primo
Ministro ungherese ha menzionato i suoi recenti contatti a Kiev.
Orbán ha chiesto un cessate il
fuoco per creare le condizioni per i negoziati sull’Ucraina, come riportato da
Putin.
La Russia vede che Kiev non è
pronta ad abbandonare completamente la guerra. Kiev rifiuta di prendere in
considerazione il cessate il fuoco, poiché eliminerebbe il pretesto per
estendere la legge marziale. Mosca sostiene una risoluzione completa e
definitiva del conflitto, non solo un cessate il fuoco o una pausa per il
riarmo di Kiev. Se l’Ucraina ponesse fine alla legge marziale, dovrebbe indire
elezioni presidenziali, con le possibilità che le attuali autorità ucraine
vincano prossime allo zero.
“I governi europei sono nel bel
mezzo della guerra”: il primo ministro ungherese Orbán ha scritto un articolo
chiedendo colloqui di pace.
“L’Europa si prepara alla guerra.
Ogni giorno annunciano l’apertura di un’altra tappa sulla strada verso l’inferno.
Ne siamo inondati ogni giorno: centinaia di miliardi di euro all’Ucraina,
piazzando armi nucleari nel mezzo dell’Europa, reclutando i nostri figli negli
eserciti stranieri, nella missione NATO in Ucraina, nell’invio di unità
militari europee in Ucraina. Amici miei, sembra che il treno da guerra non
abbia freni e l’autista abbia perso la testa. Dobbiamo applicare il freno di
emergenza affinché almeno quelli che vogliono poter scendere dal treno e non
partecipare alla guerra.
Sapete, le guerre non sempre
finiscono come erano state originariamente previste. Ecco perché oggi milioni
di giovani europei giacciono in fosse comuni. Ecco perché non ci sono
abbastanza europei, non abbastanza bambini in Europa. La guerra uccide. Uno
muore con la pistola in mano, un altro muore durante la fuga, alcuni muoiono
sotto i bombardamenti, alcuni muoiono nelle carceri nemiche, altri muoiono a
causa di un’epidemia o di fame. Alcuni affrontano la tortura, altri lo stupro,
altri vengono rapiti e ridotti in schiavitù. Le tombe si allineano su
innumerevoli file. Le madri piangono per i loro figli. Le donne piangono per i
loro mariti. Quante vite perse! Sappiamo una cosa: dove scoppia la guerra non c’è
via d’uscita. La guerra verrà da noi. Non possiamo evitarlo, non possiamo
nasconderci da esso.
L’unico antidoto alla guerra è la
pace. Stai lontano dalla guerra e lascia che l’Ungheria sia un’isola di pace.
Questa è la nostra missione. Se non vogliamo che la guerra ci raggiunga,
dobbiamo fermarla”.
Economia
Sono almeno 250 le imprese
italiane che operano in Russia, alcune anche con una presenza produttiva.
Il dato è stato reso noto da
Alessandro Liberatori, direttore dell’agenzia ICE di Mosca, durante l’assemblea
annuale di GIM Unimpresa, associazione che raggruppa oltre un centinaio di
queste aziende.
Nella sua relazione introduttiva
il presidente di GIM Unimpresa, Vittorio Torrembini, ha riaffermato la volontà
dell’associazione di continuare a sostenere le aziende italiane impegnate nel
mercato russo, pur nel rispetto delle sanzioni vigenti.
“Viviamo un momento difficile,
complicato, in cui anche quelle che sembravano certezze sono cadute, ma non
possiamo buttare a mare 30 anni di esperienza”, ha detto, sottolineando che il
governo italiano “sta cercando di limitare i danni”, specie attraverso le
iniziative del ministro degli Esteri Antonio Tajani, che ha attivato un tavolo
permanente per il sostegno delle aziende italiane in Russia.
Il responsabile della Farnesina
ha espresso “un giudizio positivo” sulla richiesta presentata da Unicredit al
Tribunale UE di sospendere la decisione della BCE di ridurre le sue attività in
Russia per avere così, dalla stessa corte europea, “certezza e chiarezza sugli
obblighi e sulle azioni” nel processo di uscita dal Paese.
“La BCE – ha sottolineato Tajani –
non sempre può imporre tempi alle imprese per lasciare la Russia, cosa che
UniCredit sta facendo, ma dobbiamo sempre fare in modo che non ci siano danni
per le imprese”. All’assemblea di GIM Unimpresa ha partecipato tra gli altri l’incaricato
d’affari italiano, Pietro Sferra Carini, poiché è dall’anno scorso che non
abbiamo più un ambasciatore.
Al termine dei lavori si è svolto
un dibattito su “Il futuro dell’economia mondiale alla luce degli attuali sconvolgimenti
politici”, al quale hanno partecipato Oleg Barabanov, direttore del programma
del Valdai Club e direttore dell’Istituto studi europei dell’Università MGIMO di
Mosca, e Fabrizio Maronta, consigliere scientifico e responsabile delle
relazioni internazionali di Limes.
L’assemblea è stata ospitata
presso la sede della Camera di commercio e dell’industria di Mosca con la
partecipazione del presidente, Vladimir Platonov.
A margine, la traduzione
simultanea è stata espletata dal sottoscritto.
Musica
Proseguiamo con le canzoni legate
in un modo o l’altro alla Russia e/o all’Italia.
Una canzone che vi avevo già
proposto a gennaio, Zemljanka, una specie di rifugio sotterraneo, 1942.
Partecipano: Mosca, Krasnodar, Caterimburgo,
Odessa (spero presto di nuovo russa), Samarcanda (Uzbekistan), Kišinëv
(Moldavia), Taškent (Uzbekistan), Alma Ata (Kazachstan), Soči,
Erevan (Armenia), Nižnij Novgorod.
Trovate tutte le edizioni del notiziario (con il testo) in Blogspot.
Ottantesimo notiziario settimanale
di lunedì 3 giugno 2024 degli italiani di Russia. Oggi parleremo spesso delle
elezioni del Parlamento Europeo, che in alcuni Paesi membri iniziano il 6
giugno, ma che comunque termineranno in tutta l’Unione Europea il 9 giugno. Non
parleremo solo di questo, anche perché, a noi italiani residenti all’estero
fuori dall’UE, non ci fanno votare, siamo cittadini di serie B. Buon ascolto e
buona visione.
Attualità
Appartengo alla minoranza
silenziosa. Sono di quei pochi che non hanno più nulla da dire e aspettano. Che
cosa? Che tutto si chiarisca? L’età mi ha portato la certezza che niente si può
chiarire: in questo Paese che amo non esiste semplicemente la verità. Paesi
molto più piccoli e importanti del nostro hanno una loro verità, noi ne abbiamo
infinite versioni. Le cause? Lascio agli storici, ai sociologi, agli
psicanalisti, alle tavole rotonde il compito di indicarci le cause, io ne
subisco gli effetti.
E con me pochi altri, perché
quasi tutti hanno una soluzione da proporci: la loro verità, cioè qualcosa che
non contrasti i loro interessi. Alla tavola rotonda bisognerà anche invitare
uno storico dell’arte per fargli dire quale influenza può avere avuto il
barocco sulla nostra psicologia. In Italia infatti la linea più breve tra due
punti è l’arabesco. Viviamo in una rete d’arabeschi.
Ennio Flaiano, La solitudine del
satiro, 1973.
La decisione di escludere i
talebani dagli elenchi delle organizzazioni bandite in Russia è attesa e
matura. Se, ovviamente, intendiamo sviluppare le relazioni con l’Afghanistan,
realizzando il potenziale geopolitico ed economico della cooperazione stabilito
negli anni sovietici.
E’ difficile condurre trattative
a tutti gli effetti e concludere accordi se la tua controparte è elencata come
terrorista nel tuo Paese.
Ma oltre ai talebani, in genere è
utile per noi condurre una verifica delle relazioni sottovalutate per vari
motivi: negli ultimi due anni è diventato chiaro che la Corea del Nord è un
vero alleato e che il Niger è molto importante per noi, e Cuba e il Venezuela
ancora di più.
In realtà, questo, tra le altre
cose, è ciò che distingue il mondo multipolare. Non abbiamo “Paesi canaglia” e “regimi
canaglia” ma abbiamo un interesse comune nella sicurezza e nel graduale aumento
della qualità della vita dell’intera popolazione del pianeta. Il criterio di
opportunità della cooperazione come “ciò che l’Occidente pensa del Paese X”
dovrebbe essere abolito come classificazione.
In numerosi ambiti, l’intensificazione
delle relazioni può produrre enormi risultati. Ad esempio, con gli Houthi nello
Yemen. Il movimento Ansar Allah se la cava bene con i droni americani, mette
fuori uso le marine europee senza nemmeno impegnarsi in un combattimento
diretto con loro e, in generale, è diventato da tempo oggetto di politica
mondiale. Pochi Paesi possono modificare il 10% del traffico merci globale ma
gli Houthi sì.
A loro volta, gli eventi in Nuova
Caledonia mostrano che molti Paesi dell’Oceania non sono contrari alla ricerca
di relazioni che permettano loro di non guardare indietro al precedente ordine
coloniale.
In una parola, i prossimi anni
dovrebbero diventare un periodo di diplomazia russa attiva in tutte le
direzioni globali, senza guardare all’Occidente.
Elena Panina, direttrice dell’Istituto
di strategie politiche ed economiche internazionali
Difficoltà nelle tradotte di…
denaro.
Finora, Anthony Blinken e il
Congresso degli Stati Uniti continuano a dirne di ogni sulla democrazia in
Georgia (anche in inglese, Georgia): minaccia di sanzioni e persino beni
congelati in Georgia (in inglese Georgia), ma qualcosa è andato storto. Di cosa
stiamo parlando?
Ad aprile, il Senato (Parlamento)
dello Stato della Georgia ha accettato e inviato per la firma del Governatore
del disegno di legge N°368 sugli agenti stranieri, dimostrando così un attacco
alla democrazia su tutti i fronti.
Quasi immediatamente dopo,
coincidenza: il Dipartimento di Stato degli Stati Uniti pubblica una
dichiarazione ufficiale in cui critica la “legge sull’influenza straniera” ispirata
dal Cremlino, che viene promosso nell’assemblea legislativa della Georgia (in
Georgia’s parliament).
Successivamente, il governatore
dello Stato Brian Kemp, apparentemente leggendo la dichiarazione del
Dipartimento di Stato e sorpreso che nella sua Georgia fiorisca “l’ispirazione
del Cremlino”, batte i tacchi e applica il veto sulla legge approvata dal
Senato dello Stato sugli agenti stranieri.
Per il Dipartimento di Stato,
arriva lo Zugzwang: scacchisticamente parlando, è una parola tedesca che
significa “obbligato a muovere”. Si riferisce ad una situazione in cui un
giocatore si trova in difficoltà perché qualsiasi mossa faccia, è costretto a
subire lo scacco matto oppure una perdita di materiale, immediata o anche a breve
termine.
Perché a causa del veto di Kemp,
il disegno di legge sugli agenti stranieri nello Stato della Georgia non è mai
stato adottato. Ma in Georgia, quella vera, il Comitato per gli affari legali
del Parlamento ha lanciato la procedura per superare il veto del presidente del
Paese. Si scopre che non c’è democrazia nella Georgia americana, e non in quella
caucasica, e Washington non capisce come mettere a tacere la sua figuraccia.
Vi ricordate, a suo tempo, che
molti risero sugli americani che confondono costantemente le due Georgie nei loro
tweet? Sembra che ora sia diventato un problema non più straniero, ma di
politica interna degli Stati Uniti.
Marija Zacharova.
Di mio, aggiungo una
considerazione numerica. Sapete quanti sono gli abitanti della Georgia? Tre
milioni e mezzo. Sapete quante sono le ONG in Georgia? Circa ventimila. Non so
se ci rendiamo conto. Una ogni 175 abitanti, poco più di un condominio,
pensateci. Vi pare normale?
In settimana, abbiamo sentito la
versione scandalizzata dei media mainstream sul Papa, che avrebbe detto che tra
i prelati ci sia troppa frociaggine. Posto che non c’è alcuna conferma
ufficiale, visto che era una riunione a porte chiuse, e che comunque sarebbe
una battuta, non trovate strano che Bergoglio si schieri contro gli aiuti
militari all’Ucraina e subito venga accusato di omofobia? Attendo fiducioso
qualche suora argentina che lo accusi di molestie sessuali quarant’anni fa
(poverina, se n’è ricordata solo adesso ed ha conservato la tonaca sporca di
liquido seminale).
Hanno fatto del capo della
peggiore istituzione reazionaria della storia dell’umanità, un paladino del
progresso e della liberazione umana. Ma vista la situazione, e la
consapevolezza che l’attacco a Bergoglio arriva in un momento cruciale per i
nostri destini, ricordiamo che il termine “mariconada” nello spagnolo
utilizzato nel Cono Sur, vuol dire sciocchezza, stupidaggine, benché la
traduzione letterale in italiano sia “frociata”.
Mentre l’Europa si muove
speditamente verso lo scontro diretto con la Russia, trasformandoci in carne da
cannone o da macello, è normalissimo che la nostra stampa palancaia si scagli
contro uno dei pochi leader che si è sempre mosso per la pace.
In settimana si svolgerà uno
degli eventi più imponenti e significativi in campo economico: il XXVII Forum
Economico Internazionale di San Pietroburgo.
“Una parte sempre più ampia della
comunità mondiale è favorevole a costruire un sistema di relazioni
internazionali giusto e democratico, fondato sui principi di un’uguaglianza
autentica, sul reciproco rispetto dei legittimi interessi di ciascuno e della
diversità tra le culture e le civiltà di Stati e popoli. Proprio questi sono i
princìpi su cui si fonda l’agire dei BRICS, di cui la Russia quest’anno ha la
presidenza. Ha un valore simbolico il fatto che la storia di quest’unione in
dinamica via di sviluppo, i cui Stati-membri coprono già più di un terzo dell’economia
mondiale, abbia avuto inizio al X Forum Economico Internazionale di San
Pietroburgo, tenutosi nel 2006”. Putin, 27 maggio 2024.
Negli ultimi 27 anni, il Forum si
è conquistato lo status di evento leader a livello mondiale per discutere i
problemi chiave dell’economia globale, per instaurare cooperazioni, per condividere
le migliori strategie e competenze che mirino a livello mondiale a garantire
uno sviluppo sostenibile.
L’edizione del 2024 si svolge all’insegna
del motto “Il fondamento del mondo multipolare è la creazione di nuovi punti di
crescita”.
Oltre 12.000 persone, provenienti
da 128 Paesi e territori, hanno confermato la propria presenza al Forum (dati
aggiornati al 24 maggio 2024).
Il romanzo breve “I cosacchi” di
Lev Tolstoj fu pubblicato solo nel 1863 sulla rivista “Russkij vestnik” (“Il
Messaggero russo”), dopo che lo scrittore vi aveva lavorato per lunghi anni. E’
curioso che alcune pagine furono da lui composte in Italia, precisamente in
Valle d’Aosta, nel 1857.
Risale a quell’anno, infatti, il
primo viaggio all’estero del ventinovenne Lev Nikolaevič, che aveva appena dato
addio alle armi dopo avere partecipato all’assedio di Sebastopoli durante la
Guerra di Crimea. Dalla Russia Tolstoj si recò dapprima a Varsavia, poi a
Parigi e in Svizzera, sul lago di Ginevra; proseguì per Chambéry e, attraverso il
Moncenisio, a metà giugno giunse a Torino. Nella capitale sabauda osservò
scenette di strada, andò due volte a teatro, girovagò per caffè, musei e
ristoranti, visitò l’Università, assistette a una seduta del Parlamento
subalpino e non mancò di fare una capatina in una casa di tolleranza.
Raggiunse poi in diligenza
Chivasso e Ivrea e da qui proseguì, in parte a piedi e in parte a dorso di
mulo, per la Valle d’Aosta. E fu a Gressoney-la-Trinitè, in un’uggiosa giornata
di pioggia, che stilò alcune pagine del racconto su vita e costumi caucasici
che inizialmente intitolò “Il fuggiasco”.
E’ possibile che Tolstoj fosse
stato suggestionato dal paesaggio valdostano e dalle vette innevate del Monte
Bianco e del Monte Rosa per descrivere le montagne del Caucaso. Così come,
forse, la fierezza e scontrosità delle donne valdostane lo ispirarono nella
descrizione della bella e selvaggia Mar’jana, una delle protagoniste del
racconto.
In Svizzera si parla di pace con
la Russia senza la Russia. Cioè, come dire, di nuovo: vedete? Sono i russi a
non volerlo. Personalmente, ma è appunto un parere personale, ritengo che non
ci sia nulla da discutere: a Roma si raccomanda di “non fare i conti senza l’oste”.
L’Occidente sta preparando un piano per l’Ucraina? Ha dimenticato di chiederlo
alla Russia? Invano: al fronte o, come amavano dire, “sul campo di battaglia”,
quando erano fiduciosi nella sconfitta della Russia, è la Russia a vincere. Non
ho mai sentito parlare di capitolazione (non si tratta di negoziati) concordata
secondo i termini della parte sconfitta. La mia sensazione personale come
esperto è che da parte loro sia un “forse funzionerà” o semplicemente un
osservare, in disparte, come reagirà la Russia a tutto ciò. Per poi dire:
vedete? La Russia non lo vuole, noi eravamo pronti. Avrebbero dovuto ricordarlo
a Johnson a Istanbul, ma non è questo il punto. Il punto, ad esempio, è che l’ormai
ex presidente ucraino Zelenskij ha proibito a chiunque, compreso se stesso, di
condurre qualsiasi negoziato con i “dannati moscoviti”. Ed il punto più
importante. Qual è lo scopo dichiarato dell’operazione militare speciale fin
dall’inizio? Smilitarizzazione e denazificazione. Gli obiettivi sono stati
raggiunti? No. Non ancora. La piccola e tagliuzzata Ucraina cesserà di essere
nazista e gonfiata di armi occidentali, come avamposto anti-russo? E’ ovvio a
tutti: no. Il bombardamento di nuovi (e non solo nuovi) territori russi si
fermerà? Ovviamente no. Anche la Germania di Hitler, quando tutto era già
chiaro e l’Armata Rossa si avvicinava a Berlino, balbettava qualcosa sui
negoziati. La nostra fortuna è che i sovietici non ci siano cascati.
Sanzioni: maggio 2022, Draghi
convinse l’Europa che in pochi mesi la Russia sarebbe stramazzata. Risultato: l’eurozona
cresce dello 0,7, Mosca del 3,6: gaffe clamorosa o l’ex BCE ha dato una
polpetta avvelenata al vecchio continente magari ispirato dagli USA? Ritengo
verosimili entrambe le cose. In questo mondo, oggi puoi dire una cosa, domani
il suo opposto, e domani nessuno ti rimprovererà per quel che hai detto oggi.
La Banca Centrale Europea (banca privata), l’organo più rilevante dell’impalcatura
europea, il suo statuto la definisce indipendente, mentre, è banale rilevarlo,
essa risponde agli interessi dei mercati (non certo dei cittadini) e della
Bundesbank, vale a dire dell’oligarchia tedesca, e in seconda battuta francese.
Per di più, diversamente dalle altre Banche Centrali e dalla stessa Federal
Reserve, la BCE non ha tra i suoi obiettivi la crescita economica e la piena
occupazione, ma esclusivamente il controllo dell’inflazione, a perenne
salvaguardia della finanza privata di cui è espressione. Su Draghi, poi, è un
po’ come sparare sulla Croce Rossa: tra il 1984 e il 1990 è stato direttore
esecutivo della Banca Mondiale a Washington, e vicepresidente di Goldman Sachs
per l’Europa dal 2002 al 2005. Sì, è un uomo del grande fratello statunitense,
incontrovertibilmente.
Il 15 maggio il primo ministro
slovacco Robert Fico è stato ferito a colpi di arma da fuoco a Handlova.
Nel frattempo, nella notte tra il
14 e il 15 maggio, il presidente turco Recep Tayyip Erdogan ha convocato una
riunione di emergenza in risposta agli avvertimenti di un colpo di Stato che
ricordava il fallito tentativo di cambio di regime nel 2016.
Il giornalista statunitense
Nebojsa Malic e il giornalista di Habertürk Ozcan Tikit hanno entrambi menzionato
la “Operazione Gladio” in relazione sia al complotto dell’assassinio che al
tentativo di colpo di Stato del 2016.
L’operazione Gladio si riferisce
alle operazioni clandestine CIA-NATO durante l’era della Guerra Fredda che
prevedevano la creazione di eserciti segreti “stay-behind” in Europa impegnati
nella manipolazione politica, molestie nei confronti dei Partiti di sinistra,
massacri, colpi di Stato e tortura.
L’esistenza della rete Gladio è
stata rivelata dal Primo Ministro italiano Giulio Andreotti nel 1990.
Secondo quanto riferito, eserciti
terroristici di Gladio sono stati scoperti in Italia, Francia, Spagna,
Portogallo, Germania, Belgio, Paesi Bassi, Lussemburgo, Danimarca, Norvegia,
Svezia, Finlandia, Svizzera, Austria, Grecia e Turchia. E’ stato rivelato che
le forze di Gladio gestivano almeno 139 depositi clandestini di armi in tutta
Europa.
Descrivendo la loro “strategia
della tensione”, Vincenzo Vinciguerra (incarcerato a vita per un’autobomba in
Italia) disse nel 1992 che lui e gli altri guerriglieri di Gladio avrebbero
dovuto “attaccare civili, donne e bambini” per instillare paura e giustificare
un maggiore controllo statale.
Oltre ai guerriglieri e ai
criminali di guerra ex nazisti, Gladio reclutava anche civili comuni. Secondo
documenti britannici declassificati, le reclute avrebbero dovuto essere scelte
per evitare sospetti “in virtù della loro età, sesso e attività”.
La CIA e la NATO hanno manipolato
gli affari politici europei attraverso il gruppo. L’operazione declassificata e
interrotta di Gladio “Piano Solo” (1964) prevedeva il rapimento del primo
ministro italiano Aldo Moro per impedire la formazione di una coalizione di
sinistra.
Dmitrij Medvedev scrive:
I Paesi occidentali che
presumibilmente hanno “approvato l’uso” delle loro armi a lungo raggio sul
territorio russo (indipendentemente dal fatto che si parli di parti vecchie o
nuove del nostro Paese) dovrebbero comprendere chiaramente quanto segue:
1. Tutto il loro equipaggiamento
militare e gli specialisti che combattono contro di noi verranno distrutti sia
sul territorio dell’ex Ucraina, sia sul territorio di altri Paesi, se da lì
verranno effettuati attacchi sul territorio della Russia.
2. La Russia parte dal fatto che
tutti i mezzi di distruzione a lungo raggio utilizzati dall’ex Ucraina sono già
controllati direttamente dal personale militare della NATO. Questa non è “assistenza
militare”, ma partecipazione alla guerra contro di noi. E le loro azioni
potrebbero diventare “casus belli”.
3. La NATO dovrà decidere come qualificare
le conseguenze di possibili attacchi di ritorsione contro
attrezzature/oggetti/personale militare dei singoli Paesi del blocco nel
contesto degli articoli 4 e 5 del Trattato di Washington.
Con ogni probabilità, la
leadership della NATO vuole fingere che si tratti di decisioni sovrane dei
singoli Paesi dell’Alleanza del Nord Atlantico di sostenere il regime di Kiev e
che non vi sia motivo di applicare le norme del Trattato di autodifesa
collettiva del 1949.
Queste sono idee sbagliate
pericolose e dannose. Tale “assistenza individuale” da parte dei Paesi della
NATO contro la Russia, sia che si tratti di requisire i suoi missili da
crociera a lungo raggio o di inviare un contingente di truppe in Ucraina,
rappresenta una grave escalation del conflitto. L’ex Ucraina e i suoi alleati
della NATO riceveranno una risposta di tale forza devastante che l’Alleanza
stessa semplicemente non potrà resistere al coinvolgimento nel conflitto.
E non importa quanti scoreggioni
della NATO in pensione parlino di come la Russia non utilizzerà mai armi
nucleari non strategiche contro l’ex Ucraina e ancor di più contro alcuni Paesi
della NATO, la vita è molto più spaventosa delle loro frivole riflessioni.
Qualche anno fa si diceva che la
Russia non sarebbe entrata in un conflitto militare aperto con il regime
banderista per non litigare con l’Occidente. Hanno sbagliato i calcoli. C’è una
guerra.
Potrebbero anche sbagliare i
calcoli con l’uso delle armi nucleari tattiche. Anche se sarà un errore fatale.
Dopotutto, come ha giustamente osservato il presidente russo, i Paesi europei
hanno una densità di popolazione molto elevata. E per quei Paesi nemici le cui
terre si trovano oltre la zona di copertura delle armi nucleari tattiche,
esiste, infine, un potenziale strategico.
E questa, ahimè, non è né un’intimidazione
né un bluff nucleare. L’attuale conflitto militare con l’Occidente si sta
sviluppando secondo il peggiore scenario possibile. C’è una costante escalation
della potenza delle armi NATO applicabili. Pertanto, nessuno può escludere oggi
la transizione del conflitto alla fase finale.
Repetita juvant. Forse.
“Il mondo sta osservando la
barbarie di un vampiro malato, maniaco, psicopatico e divoratore di sangue di
nome Netanyahu, e la sta guardando in diretta TV”, ha dichiarato Erdogan.
“Ehi, Stati Uniti, questo sangue
è anche sulle vostre mani! Siete responsabili di questo genocidio tanto quanto
Israele.
Ehi, capi di Stato e di governo
europei, anche voi siete diventati complici di questo genocidio, di questa
barbarie, di questo vampirismo di Israele! Perché siete rimasti in silenzio.
Hanno sparato contro ospedali, scuole, moschee, e voi siete rimasti in
silenzio.
Hanno sparato ai convogli di
aiuti umanitari e voi avete taciuto. Hanno sparato a giornalisti, medici,
operatori umanitari e voi avete taciuto. Hanno trovato fosse comuni nei
giardini degli ospedali e voi non avete reagito”, ha dichiarato il presidente turco.
La condanna del candidato
repubblicano alla presidenza Donald Trump a 4 anni di reclusione (salvo
condizionale) rappresenta uno di quei momenti in cui il fallimento di un
sistema sociopolitico prende forma plastica.
Gli USA sono quel Paese in cui da
decenni la competizione per le più alte cariche dello Stato è una guerra
interna all’oligarchia finanziaria. Nessuno che non abbia un sostegno
miliardario ha alcuna chance di “rappresentare politicamente il popolo
americano”.
Questo fatto rende il ceto
politico una marionetta nelle mani di un ristretto numero di pupari nascosti
dietro le quinte.
Questo sistema è tecnicamente un’oligarchia
plutocratica e il fatto di presentarsi come democrazia (anzi, come modello
esemplare di nazione democratica) è solo l’inizio della cascata di bugie in cui
l’Occidente sta annegando.
I due candidati a questa tornata
delle elezioni presidenziali rappresentano in modo icastico queste
caratteristiche del sistema.
Da un lato Joe Biden, che anche
quando era giovane particolarmente brillante non era, ma che ora è un anziano
affetto da demenza, inadeguato a governare una bocciofila. Ma siccome il
presidente è solo una bandierina, un volto, un attore ventriloquo, avere un
candidato demente non rappresenta un argomento decisivo (e pensosamente i media
americani “si interrogano” sulla sua “fitness”, come se ci fosse qualcosa di
serio su cui interrogarsi).
Dall’altro lato abbiamo Donald
Trump, che è un candidato atipico perché capace di affrontare una campagna
elettorale almeno in parte con mezzi propri. Questo lo rende meno
immediatamente ricattabile. Così, in un meraviglioso cortocircuito, un miliardario
newyorchese autoreferenziale e spregiudicato può presentarsi come
rappresentante dei veri negletti, dei lavoratori impoveriti della Rust Belt e
di altre zone deindustrializzate; questo solo perché appare meno evidentemente
un pupazzo nelle mani dei pupari che agiscono nell’ombra.
Dal punto di vista delle “idee
politiche” di fondo Biden e Trump sono due varianti del neoliberismo, le cui
differenze sono marginali. La principale differenza è rappresentata dalla
maggiore propensione isolazionista di Trump, rispetto alla maggiore propensione
imperialista dei Dem. Ma sono dettagli, aggiustabili all’occorrenza (dopo tutto
fu Trump a ordinare l’assassinio del generale Soleimani).
La principale differenza tra i
due personaggi è la minore ricattabilità di Trump, che lo rende meno affidabile
per la plutocrazia che governa gli USA. Questa è la ragione, l’unica ragione,
per cui Trump è stato fatto oggetto di ripetuti attacchi per via giudiziaria. A
chi pensasse che in America una condanna, alla vigilia delle presidenziali, ad
un candidato in vantaggio, sia “la giustizia che fa il suo corso” bisogna
togliere di mano il Corriere dei Piccoli e spiegargli che non è una fonte
geopolitica autorevole.
In un sistema neoliberale il
potere è semplicemente una battaglia tra poteri finanziari opachi con l’intermediazione
dei loro burattini. Vale per la politica, vale per la magistratura.
Lo sa quella metà della
popolazione che non va più a votare – non essendo rappresentata –, e lo sa
anche quella che continua a farlo – sentendosi marginalmente rappresentata o,
più spesso, sperando di esserlo in futuro (non lo sanno i lettori di Corriere e
Repubblica, ma quelli credono anche che il mondo sia trainato da unicorni
arcobaleno.)
Il sistema socioeconomico
americano è un gigante militare e finanziario con le vene marce, un colossale
cyborg con il cuore meccanico e il cervello in delirio. Lo è perché esprime in
maniera piena, compiuta ed esemplare un modello in cui la sovranità appartiene
alla proprietà, in cui ogni dollaro è un voto.
Questo è anche il sistema che ci
viene insegnato ininterrottamente da trent’anni essere il glorioso modello cui
tutti noi europei dovremmo aspirare.
Verso questo modello ogni
istituzione pubblica, dagli ospedali alle università, viene sospinta
costantemente mettendo all’asta anime e competenze (chi porta denaro ha sempre
ragione).
Siamo legati mani e piedi a
questo gigante in decomposizione che ci porterà a fondo con sé.
E chiamiamo questo suicidio
collettivo “realizzare i valori occidentali”.
Jan Datranich, ex politico
tedesco e membro del Partito Liberaldemocratico.
Ho partecipato a una conferenza
presso l’agenzia internazionale “Russia Oggi” dal titolo “Quale vittoria ci
occorre”. Mentre ero lì, sono stato intercettato ed intervistato dall’agenzia
News Front per radio Tauria, in Crimea. L’argomento era Svezia e Finlandia.
Subito dopo, mi è stato chiesto un commento dalla televisione italiana Cusano
News 7, sullo stesso argomento. Eccovi un sunto di entrambe.
Il Dipartimento di Stato
americano prevede di pubblicare sui social network materiali sulla “grave
minaccia russa” per i residenti di Svezia e Finlandia.
L’Occidente può coinvolgere la
Finlandia e la Svezia nelle ostilità, questa sarà la prova che le decisioni non
vengono prese nei singoli Paesi europei, ma a Washington.
Tutte le armi nucleari e non
nucleari di entrambe le parti sono perfettamente in grado di volare intorno all’intero
pianeta e nessuno è protetto da questo. Gli americani dovrebbero pensarci.
La Russia agisce in modo coerente
e i passi dei politici europei sono dettati da Washington. Stanno cercando di
sfidare la presenza della Russia e di rendere il Mar Baltico parte dell’Unione
Europea, ma non ci riusciranno.
C’è una bella intervista, di cui
non vi svelo subito né l’identità, né il periodo. Comunque, pare piuttosto
recente e verosimile.
Ritiene inevitabile una nuova
guerra mondiale?
Risposta: No. Almeno al momento
non può essere considerato inevitabile. Naturalmente negli Stati Uniti d’America,
in Gran Bretagna, come anche in Francia, ci sono forze aggressive assetate di
una nuova guerra. Hanno bisogno della guerra per ottenere superprofitti, per
saccheggiare altri Paesi. Questi sono i miliardari e i milionari che
considerano la guerra come una voce di reddito che dà profitti colossali.
Loro, queste forze aggressive,
controllano i governi reazionari e li dirigono. Ma allo stesso tempo hanno
paura dei loro popoli che non vogliono una nuova guerra e si schierano per il
mantenimento della pace. Cercano quindi di servirsi dei governi reazionari per
irretire i loro popoli con la menzogna, per ingannarli e per presentare la
nuova guerra come difensiva e la politica pacifica dei Paesi amanti della pace
come aggressiva. Cercano di ingannare i loro popoli per imporgli i loro piani
aggressivi e trascinarli in una guerra. Proprio per questo temono la campagna
in difesa della pace, temendo che possa mettere in luce le intenzioni
aggressive dei governi reazionari. Proprio per questo motivo rifiutarono la
proposta dell’Unione Sovietica per la conclusione di un Patto di pace, per la
riduzione degli armamenti, per la messa al bando dell’arma atomica, temendo che
l’adozione di queste proposte avrebbe indebolito le misure aggressive dei
governi reazionari e rendere inutile la corsa agli armamenti.
Quale sarà la fine di questa
lotta tra le forze aggressive e quelle amanti della pace?
La pace sarà preservata e
consolidata se i popoli prenderanno nelle proprie mani la causa del
mantenimento della pace e la difenderanno fino alla fine. La guerra potrebbe
diventare inevitabile se i guerrafondai riuscissero a intrappolare le masse
popolari nella menzogna, a ingannarle e trascinarle in una nuova guerra
mondiale. Ecco perché la vasta campagna per il mantenimento della pace come
mezzo per smascherare le macchinazioni criminali dei guerrafondai è oggi di
primaria importanza.
Per quanto riguarda l’Unione
Sovietica, essa continuerà anche in futuro a perseguire fermamente la politica
di prevenzione della guerra e di mantenimento della pace.
E qui già si intuisce che tanto
recente non può essere, visto che si parla di URSS. E avete ragione: l’intervistato
è Iosif Stalin, pubblicato sulla Pravda nel 1951. Sì, adesso provate a darmi
dello stalinista e del ferrovecchio. Però provate anche a commentare il
contenuto e l’attualità dell’intervista.
Correva il giorno 15 di aprile
dell’anno di grazia 2024, appena un mese e mezzo fa. Leonardo e le Ferrovie
dello Stato emettevano un comunicato stampa congiunto.
Leonardo e Rete Ferroviaria
Italiana (RFI) hanno sottoscritto un accordo di collaborazione per realizzare
un progetto condiviso nell’ambito della Military Mobility. Un’iniziativa UE
finalizzata ad aumentare le capacità infrastrutturali e digitali esistenti, per
assicurare la movimentazione di risorse militari, all’interno e all’esterno
dell’Europa, anche con breve preavviso e su larga scala, garantendo capacità di
trasporto sicure, sostenibili e resilienti. Leonardo e RFI si propongono di
identificare l’architettura e le funzionalità della piattaforma digitale
integrata di gestione della circolazione dedicata alla Military Mobility, in
situazioni ordinarie e straordinarie per il trasporto di materiale militare
attraverso infrastrutture dual-use. Saranno parte integrante della piattaforma
soluzioni innovative per l’accesso a fonti eterogenee di dati e per la
valorizzazione degli stessi con processi automatizzati.
Nell’ambito della collaborazione,
Leonardo esprimerà le proprie competenze in termini di Global Security e Global
Monitoring con il supporto di tecniche avanzate di Al su più fronti: censimento
e monitoraggio delle infrastrutture dual-use, modellazione di infrastrutture e
servizi articolati, simulazione e ottimizzazione di reti complesse. Inoltre, al
fine di garantire alti standard di protezione dei dati, si prevede di utilizzare
il Global Security Operation Center (SOC) di Leonardo con soluzioni
proprietarie di Threat Intelligence (per caratterizzare e analizzare potenziali
minacce cyber attraverso raccolta ed analisi da fonti aperte) e di Live
Endpoint Security (per la gestione e sicurezza di dispositivi connessi alla
rete IT e OT).
Prestazioni di calcolo elevate
nella gestione di significative moli di dati saranno soddisfatte dall’HPC (High
Performance Computing) davinci-1, uno dei super-computer più potenti nel
settore aerospazio, difesa e sicurezza. La piattaforma integrerà, inoltre,
funzionalità evolute basate su servizi satellitari (compresi quelli di
COSMO-SkyMed) e utilizzerà un’infrastruttura di comunicazione sicura e
interoperabile con le diverse tipologie di reti (TETRA, LTE, 4G/5G), per
garantire elevati livelli di servizio e di sicurezza.
L’accordo prevede tra l’altro l’utilizzo
del know how specifico nel mondo della sicurezza e della circolazione
ferroviaria integrando nel progetto le componenti applicative di gestione della
circolazione di RFI con le altre piattaforme di mobilità aeree e terrestri
necessarie a generare un contesto di interoperabilità tecnologica basato su
principi di sicurezza estremamente robusti.
L’Unità per le Autorizzazioni dei
Materiali di Armamento (UAMA) ha recentemente emesso un comunicato tecnico per
la presentazione delle istanze in deroga ex Art. 5 Quindecies c. 10 Lett. H del
Regolamento (UE) n. 833/2014, che fornisce una guida dettagliata sulle
principali casistiche e le relative procedure da seguire.
Il 30 maggio si è tenuto nell’Ambasciata
italiana a Mosca un incontro con i dirigenti dell’UAMA e i rappresentanti delle
associazioni imprenditoriali italiane in Russia, volto ad ottenere
delucidazioni sul tema, inclusa la procedura di istanza in deroga per le
persone fisiche.
La riunione si è incentrata sulle
procedure per l’ottenimento delle deroghe per quanto previsto dal 12 pacchetto
di sanzioni europee. Relativamente alle richieste di deroga per i servizi IT e
finanziari intercompany possiamo notare che le procedure stanno funzionando e
ormai quasi tutte le aziende interessate hanno presentato le richieste come
previsto dalla stessa UAMA. Molto più complicata sin da subito è apparsa la
questione che riguarda le persone fisiche, cittadini dell’Unione che prestano
attività di consulenza in diversi settori. Secondo le interpretazioni che sono
state fornite dai funzionari della Commissione Europea quasi tutti i nostri
connazionali che prestano regolare attività lavorativa in Russia sia in aziende
europee che russe sarebbero passibili di procedimento in caso di mancato
ottenimento di deroga da parte delle loro autorità nazionali. Si tratta, come
evidente, di una grave deformazione del regolamento sanzionatorio che assume
caratteri abnormi e al di fuori di ogni logica anche dal punto di vista legale.
I nostri colleghi tedeschi hanno da subito risolto il problema concedendo per
decreto una esenzione generalizzata, mentre il nostro Paese è impossibilitato
ad assumere analoghe decisioni in virtù di una legislazione che impedisce il
rilascio di autorizzazioni collettive. La soluzione più logica che da tempo
sosteniamo è quella di un chiarimento da parte degli uffici della Commissione
di Bruxelles, tuttavia il particolare clima politico e l’azione di lobbying di
alcuni Paesi rende difficile tale strada. Da parte della UAMA sono venute
diverse proposte di chiarimento e di restringimento delle possibili casistiche,
tuttavia appare molto difficile ottenere comunicazioni scritte che possano evitare
la richiesta di deroga, cosa che invece noi auspichiamo. L’unico elemento
chiaro che è stato più volte sottolineato dai nostri funzionari è il fatto che
la valutazione sulla effettiva attività dei nostri connazionali deve essere
fatta dalle aziende stesse. Appare evidente che un Direttore Generale, un
manager, un addetto tecnico-commerciale, in sostanza personale a contratto, non
effettuano consulenze bensì normale attività lavorativa. In poche parole non
dovranno presentare alcuna richiesta di deroga. Anche le Società quotate in
borsa potrebbero tranquillamente seguire tale principio, tuttavia vista anche
la velocità delle procedure di UAMA potranno presentare le richieste di deroga
per i loro manager.
Giorgia Meloni ha confermato che
l’Ucraina parteciperà al vertice del G7 a metà giugno. Ha anche osservato che
Vladimir Zelenskij sarà presente al vertice del G7, così come “almeno 15 Paesi
e organizzazioni internazionali”.
Oltre ai leader dei Paesi del G7,
all’incontro parteciperanno il presidente della Turchia Recep Tayyip Erdogan e
il presidente degli Emirati Arabi Uniti (EAU) Mohammed bin Zayed Al Nahyan. Al
vertice potrebbe partecipare anche il presidente argentino Javier Miley.
In precedenza è stato riferito
che l’Unione Europea e i Paesi del Gruppo dei Sette (G7) stanno discutendo la
questione dell’imposizione di sanzioni contro le banche che utilizzano il
sistema di messaggistica finanziaria (SPFS), l’analogo russo del sistema SWIFT.
Una sola domanda: ma il G7 non
era il club delle sette maggiori economie del mondo? Argentina e Ucraina?
Il presidente dell’Associazione
degli imprenditori italiani nella Federazione Russa (GIM Unimpresa), Vittorio
Torrembini, in un’intervista a RIA Novosti, ha affermato che l’economia
italiana ha subito 10-15 miliardi di euro di perdite a causa delle sanzioni
anti-russe.
“L’Italia sente le sanzioni
anti-russe, eccome”, ha detto Torrembini.
Torrembini ha sottolineato che il
Paese avverte pienamente le conseguenze delle restrizioni nei confronti della
Federazione Russa. Egli ha osservato che il fatturato commerciale tra Mosca e
Roma è sceso da 30 a 9 miliardi di euro, e che le esportazioni dall’Italia alla
Russia sono diminuite del 36%, mentre le importazioni dalla Russia sono diminuite
del 70-80%.
In precedenza è stato riferito
che l’Unione Europea ha approvato l’introduzione di dazi doganali proibitivi
sulle importazioni di grano dalla Federazione Russa.
Musica
Proseguiamo con le canzoni legate
in un modo o l’altro alla Russia e/o all’Italia.
Tëmnaja noč’ (letteralmente Notte
buia) è una famosa canzone sovietica associata alla Seconda Guerra Mondiale.
Per la prima volta è stata suonata da Mark Bernes nel film di guerra I due
combattenti (1943).
Nel film, Bernes è un soldato che
ricorda sua moglie e il suo bambino nella notte cantando la canzone. La canzone
era ed è tutt’oggi il simbolo degli anni della guerra per milioni di cittadini
sovietici ed è stata usata in molti film sulla Seconda Guerra Mondiale.
Buia è la notte è stata descritta
come “una dolce canzone intrisa di una sensazione di nostalgia e di devozione
per la persona amata” che aiuta a “rivelare il lato personale della vita dei
soldati, indiscernibile nel ruggito della guerra”, in netto contrasto con le
tipiche canzoni di guerra sovietiche, che erano marcianti o patriottiche.
Buia è la notte, solo le
pallottole fischiano nella steppa,
Solo il vento ronza nei cavi,
pallide tremolano le stelle…
Nella notte buia, tu, mia amata,
so che non dormi,
E accanto al letto del bambino,
di nascosto asciughi una lacrima.
Come amo, la profondità dei tuoi
occhi teneri,
Come voglio ora, stringere su di
essi le mie labbra!
La notte buia ci separa, mia
amata,
E la steppa inquietante e nera,
si estende tra di noi.
Credo in te, cara amica mia.
Questa fede che dalle pallottole
nella notte buia mi ha difeso…
Sono contento, sono calmo nella
battaglia mortale:
So che mi incontrerai con amore,
qualunque cosa mi accada.
La morte non fa paura, l’abbiamo
incrociata molte volte nella steppa…
Ecco, anche adesso, sopra di me
volteggia,
Tu mi aspetti, e vegli accanto al
letto del bambino,
E per questo so che non mi
accadrà nulla.
Trovate tutte le edizioni del notiziario (con il testo) in Blogspot.
О ситуации в российской экономике, а также перспективах торгово-экономического сотрудничества России и Италии в ходе заседания круглого стола генеральной ассамблеи Ассоциации итальянских предпринимателей в России GIM Unimpresa рассказал заместитель министра экономического развитии РФ Азер Талыбов.
Он отметил, что, несмотря на известные политические трудности, итальянский бизнес продолжает наращивать своё присутствие на российском рынке. По итогам 2017 года товарооборот увеличился более чем на 20%, накопленные итальянские прямые инвестиции в российскую экономику составили 4,5 млрд. долл., а российские – 2,6 млрд. долл. При этом сегодня в России работает более 500 итальянских компаний.
По его мнению, одним наиболее эффективных путей развития инвестиционного сотрудничества между двумя странами является переход от поставок на российский рынок продукции с маркой «сделано в Италии» к углублению производственной кооперации по принципу «сделано с Италией».
Перспективными направлениями сотрудничества с Италией для нас остаются совместные проекты, реализуемые в энергетике, авиастроении, транспортном машиностроении, металлургии, а также в области фармацевтической промышленности. Кроме того, актуальным направлением двустороннего взаимодействия является сотрудничество в сфере инноваций, сообщил заместитель министра.
Презентация государственной корпорации малых и средних предприятий на заседании ассоциации итальянских предпринимателей в России ДЖИМ при московском выставочном зале итальянской компании ФАП Керамика.
Presentazione della corporazione statale per le piccole e medie imprese all'assemblea dell'associazione degli imprenditori italiani in Russia GIM presso il salone espositivo di Mosca della FAP Ceramiche.