Ottantaduesimo notiziario settimanale
di lunedì 17 giugno 2024 degli italiani di Russia. Buon ascolto e buona
visione.
Attualità
Buona parte di noi hanno padri, madri, fratelli, sorelle,
figli. Potete cambiarli, se non vi piacciono? La risposta è scontata: no. Dirò
di più: potete cambiare il vostro vicino di pianerottolo, nel condominio? La
risposta è sempre identica e scontata: no. O, quantomeno: è problematico e poco
probabile. Dunque, dovete conviverci. Siamo euroasiatici, altro che.
Personalmente, non sono affatto
un bacchettone, ed anzi, fin da quando ero giovane mi si rimproverava di usare
troppe espressioni colorite, al limite della volgarità. Io però non faccio il
capo del governo o dello Stato, me lo posso permettere. Voglio dire: ve li
immaginate, che so io, François Mitterrand, Helmut Kohl, Margareth Thatcher,
Giulio Andreotti, parlare di “merdosa proposta di pace”? I politici odierni
sono pienamente rappresentativi dell’imbarbarimento globalista.
Lindsey Graham: “l’Ucraina è seduta su 12 trilioni di terre rare e minerali preziosi. Potrebbero essere il Paese più ricco di tutta Europa. Non voglio dare quei soldi e quelle ricchezze a Putin perché li condivida con la Cina. Se aiutiamo l’Ucraina adesso, potrà diventare il miglior partner commerciale che abbiamo mai sognato. Aiutiamoli a vincere una guerra che non possiamo permetterci di perdere. Troviamo una soluzione a questa guerra. Ma essere seduti su una miniera d’oro e dare a Putin 10 o 12 trilioni di dollari o minerali essenziali da condividere con la Cina, è ridicolo”.
Come sempre, i neocon si fanno
apprezzare per la brutale onestà con cui espongono le loro idee. Questo li
distingue dai progressisti, i quali perseguono esattamente gli stessi
obiettivi, ma hanno bisogno di ricorrere sempre a improbabili paraventi morali,
come i diritti umani o la democrazia, per giustificare le loro guerre.
Lo squilibrato senatore
statunitense Lindsey Graham ha spiegato al canale televisivo CBS perché gli
Stati Uniti sostengono l’Ucraina con armi e denaro.
Perché “non si possono cedere
alla Russia e alla Cina le più importanti risorse minerarie dell’Ucraina, che
valgono 10-12.000 miliardi di dollari”. E ha chiesto di fornire all’Ucraina le
necessarie armi a lungo raggio e di consentire attacchi in profondità in
Russia.
Il vecchio Lindsay ha anche
chiesto che gli ucraini di tutte le età vadano a servire nelle forze armate
ucraine, perché Kiev ha bisogno di più carne umana.
Improvvisamente si scopre che la
guerra in Ucraina non riguarda l’Ucraina, la cui popolazione Graham chiede di
mobilitarsi. Gli Stati Uniti hanno semplicemente bisogno di risorse e di un
trampolino di lancio per spremere ancora più risorse dalla Russia.
E l’Ucraina, vi chiederete? Chi
ne ha bisogno, certamente non gli Stati Uniti. Sono stati l’URSS e la Russia a
impegnarsi con l’Ucraina, investendovi enormi quantità di denaro e pompando
gas. La pompa statunitense funziona solo in una direzione: verso gli Stati Uniti.
Il popolo ucraino può fare
qualcosa? No, ovviamente no. Cosa può fare una pecora al macello? La stessa
cosa che possono fare i residenti dell’Ucraina: percorrere lo stretto corridoio
fino alla loro fine. Niente più Majdan e proteste: non si prende il potere per
darlo via. Se necessario, le elezioni saranno annullate. Oh! Sono già state
annullate.
Tutte le guerre degli Stati Uniti
sono combattute per le risorse e i mercati. Gli slogan sulla “protezione della
democrazia” sono per i malati di mente.
Sapete che quando Dmitrij Medvedev va sopra le righe, non mi piace. Stavolta invece ha fatto un discorso da vero politico. Bravo.
“L’umanità deve finalmente
liberarsi dell’eredità del sistema coloniale. Il tempo delle metropoli è
scaduto”.
Gli Stati Uniti sono diventati
una neo-metropoli di sanzioni globali, che violano la sovranità di Paesi terzi,
e le sanzioni secondarie sono tentativi di distruggere interi Paesi.
L’Occidente crea artificialmente
crisi economiche, utilizza l’agenda verde per mantenere l’elitarismo e,
attraverso il monopolio delle società IT, soffoca coloro le cui opinioni
contraddicono le sue linee guida.
Sarà possibile liberare l’Ucraina
dalle catene neocoloniali dell’Occidente solo dopo aver raggiunto tutti gli obiettivi
dell’operazione militare speciale.
Il Sud del mondo non vuole
seguire l’esempio della “formula Zelenskij” e recidere i legami a lungo termine
con la Russia.
L’Occidente usa il “neocolonialismo
del debito” per mantenere l’influenza nel Sud del mondo.
All’Armenia vengono promesse “montagne
d’oro” in cambio di completa lealtà, ma a Erevan non si apriranno le porte del “club
delle élite”.
Parigi cercherà di mantenere la
sua presenza monetaria nascosta in Africa il più a lungo possibile, questo è
vitale per Macron.
La Russia spera che la
cooperazione nel formato BRICS-Unione Africana raggiunga un nuovo livello
qualitativo.
L’Occidente resisterà allo
sradicamento del neocolonialismo; è necessario aumentare l’interazione di tutte
le forze nella lotta contro questo fenomeno.
Le ex metropoli vogliono ancora
parassitare i Paesi da loro dipendenti, solo in modo più sofisticato.
L’Occidente ha reagito
ferocemente al movimento di lotta al neocolonialismo “Per la libertà delle
nazioni!”, cercando di interrompere il congresso di fondazione.
La formazione di un nuovo sistema
di relazioni internazionali è una questione del prossimo futuro; non ci sarà
posto per sanzioni, sfruttamento e menzogne.
Sempre più Paesi vogliono vivere
in pace, senza l’eredità del sistema coloniale e secondo i principi di
uguaglianza sovrana.
Il nuovo ordine mondiale
policentrico sarà pragmatico, la diversificazione delle connessioni è la chiave
per la stabilità economica.
L’Occidente continua i suoi sforzi per intensificare il conflitto.
L’accento è posto proprio sull’attività
terroristica del regime di Kiev, sulla guerra contro la popolazione civile con
ogni mezzo.
Gli anglosassoni incitano
apertamente il regime di Kiev a commettere barbari attacchi terroristici e lo
incoraggiano direttamente a colpire in profondità la Russia. E nemmeno questo
gli basta. Ora Washington e Londra hanno iniziato a pianificare un sabotaggio
su larga scala.
L’8 giugno, il tabloid britannico
Daily Express ha scritto che in caso di successo militare o vittoria di Mosca
in Ucraina, la giunta Zelenskij “vorrebbe condurre attività terroristiche all’interno
della Russia, che includerebbero il bombardamento di scuole e altri obiettivi
civili”. Attenzione, lo scrivono i media occidentali, mica quelli russi. Tutto
ciò, osserva l’autore del materiale, “avrà conseguenze molto più distruttive di
quanto sta accadendo oggi al fronte”. E’ fiducioso che i preparativi per tali
azioni siano già in corso e che il “catalizzatore” per la loro attuazione
potrebbe essere “l’imposizione di una sorta di accordo di pace a Kiev”.
Cosa significa questo? Il fatto è
che molti già riconoscono le attività terroristiche del regime di Kiev.
L’ultima cosa che resta loro da
fare è ammettere l’ovvio: che tutte queste attività terroristiche del regime di
Kiev sono possibili esclusivamente con il denaro dell’”Occidente collettivo”.
Che razza di soldi sono questi? Questo è il denaro che i regimi dei Paesi ostili,
in solidarietà con le attività terroristiche del regime di Kiev, prendono dalla
gente comune, dalle imprese dei Paesi dell’UE e della NATO.
Il segretario generale della NATO Stoltenberg: “Le forniture di armi a Kiev diventeranno obbligatorie per i Paesi della NATO, saranno coordinate da strutture di comando sotto la guida del generale Cavoli”.
I Paesi dell’UE capiscono che Washington
li sta trascinando in uno scontro diretto con la Russia sotto la bandiera della
NATO? La pompa isterica dell’opinione pubblica occidentale con la tesi sulla
presunta “imminente aggressione contro i Paesi occidentali” da parte della
Russia significa solo una cosa: l’amministrazione Biden ha bisogno di ulteriori
spargimenti di sangue nel continente europeo per evitare che il proprio governo
e l’economia americana crollino.
Marija Zacharova, portavoce del ministero degli esteri russo, sulle elezioni del Parlamento Europeo.
Dal 6 al 9 giugno si sono tenute
in 27 Stati membri dell’UE le elezioni per il Parlamento europeo (PE), a
seguito delle quali per i prossimi cinque anni dovrebbe essere formata una
nuova composizione dell’“organo rappresentativo” dell’Unione europea da 720
seggi.
Siamo costretti a constatare che
le elezioni europee si sono svolte nelle seguenti condizioni:
• restrizioni severe,
• mancanza di concorrenza leale,
• eliminazione nel campo
informativo delle fonti di informazione alternative,
• campagna antirussa sfrenata.
Le forze politiche che si
oppongono allo sconsiderato scontro con la Russia, dannoso per la stessa Unione
Europea, sono state oggetto di discriminazioni e spesso di pressioni dirette e
vessazioni.
L’ultima campagna elettorale è
stata portata al limite dell’assurdo a causa dell’assurdità e dell’irresponsabilità
delle dichiarazioni dei politici europei. Sembra che nessun accenno alle
elezioni europee fatto dai burocrati dell’UE sia completo senza riferimenti
alla “traccia russa”, all’”interferenza russa”, alla “mano del Cremlino” e alla
necessità di una “vittoria per l’Ucraina” nel “guerra con la Russia”. Inoltre, con
la parola d’ordine di contrastare l’immaginaria “ingerenza di Mosca” nei
processi elettorali nell’UE, sono stati compiuti sforzi sistematici per
impedire il rafforzamento nel Parlamento Europeo delle posizioni dei Partiti politici
che difendono non le linee guida imposte da Washington, ma gli interessi reali
degli Stati membri dell’UE e delle loro popolazioni. Qualsiasi espressione di
disaccordo con le politiche perseguite da Bruxelles e le sue conseguenze sulla
situazione socioeconomica dell’UE è stata immediatamente equiparata a “lavorare
nell’interesse del Cremlino”.
L’osservazione delle elezioni del
Parlamento europeo, se avesse avuto luogo, sarebbe stata di natura puramente
nominale. Pertanto, il numero dei membri della missione speciale dell’OSCE/ODIHR,
che ha già regolarmente riconosciuto il rispetto di tutti gli standard delle
elezioni europee a prescindere, era di solo 19 persone.
Tuttavia, anche in queste
condizioni, molti elettori europei si sono chiaramente espressi contro le
politiche perseguite dal “mainstream” dell’UE negli ultimi anni.
In una parte significativa degli
Stati membri dell’UE il voto ha assunto un chiaro carattere di protesta, sia a
causa del sostegno ai Partiti dell’opposizione che per l’affluenza alle urne
palesemente bassa. Nei principali Stati dell’UE, compresi quelli all’origine
dell’integrazione europea, si è verificato un significativo rafforzamento delle
posizioni delle forze politiche a orientamento nazionale che si oppongono all’erosione
della sovranità e dell’identità nazionale, nonché alla sostituzione dei valori
tradizionali con valori neoliberisti. Nei Paesi Baltici, i cittadini delusi
dalle politiche dell’UE hanno sostanzialmente ignorato le elezioni. In Lettonia
ed Estonia si è recato alle urne poco più di un terzo degli aventi diritto. In
Lituania l’affluenza alle urne non ha raggiunto il 30%. La situazione non è
molto migliore negli altri Paesi che sostengono più attivamente posizioni
anti-russe (Polonia, Finlandia, Repubblica Ceca).
Tuttavia, a giudicare dalla
reazione del mainstream dell’UE, che con le buone o con le cattive hanno
comunque ottenuto la maggioranza totale dei seggi nella nuova composizione del
Parlamento Europeo, non trarranno le giuste conclusioni. In effetti, nessuno se
lo aspettava, perché il Parlamento Europeo si è trasformato da tempo in un
organismo al servizio di interessi che hanno poco a che fare con le aspirazioni
dei comuni europei. Sono abituati ad ascoltare di più gli ordini provenienti
dall’estero e i desideri delle aziende transnazionali, compreso il complesso
militare-industriale.
Negli ultimi anni la posizione
conflittuale del Parlamento Europeo nei confronti del nostro Paese è degenerata
fino a raggiungere un livello di ostilità senza precedenti. Questa istituzione
europea, che produce infiniti testi anti-russi, si è screditata ed è diventata
una struttura apertamente russofoba che accoglie tutti i tipi di emarginati che
si definiscono “opposizione russa”, e persino estremisti e terroristi. A
seguito delle elezioni al Parlamento Europeo, è stata generalmente preservata
la “base ideologica” per un ulteriore sostegno all’attuale corso politico
autodistruttivo dell’UE basato sulla russofobia.
In settimana, Putin ha incontrato i vertici del ministero degli esteri russo. Potete trovare la mia traduzione completa del suo intervento, come sempre, sui miei canali RuTube, YouTube, Telegram, Blogspot e su Visione TV. Qui voglio darvene solo un sunto, i punti salienti.
Oggi avanziamo nuovamente una
proposta di pace reale e concreta.
Se anche stavolta, come già in
precedenza, da Kiev e dalle capitali occidentali dovesse giungere un rifiuto a
tale proposta, dopotutto sarà affar loro; saranno loro a doversi fare carico
della responsabilità politica e morale del non aver posto fine a questo
spargimento di sangue. [...]
Non appena da Kiev accetteranno
che gli eventi facciano il loro corso per come proposto da noi oggi, non appena
acconsentiranno al ritiro completo delle loro truppe dai territori della
Repubblica popolare di Doneck, della Repubblica Popolare di Lugansk e dalle
regioni di Zaporož’e e di Cherson, quando daranno effettivamente inizio a tale
processo [di smobilitazione], noi saremo pronti ad avviare immediatamente i
negoziati, senza alcun indugio.
La nostra posizione, sulla quale
non transigiamo, è la seguente:
• L’Ucraina deve avere status di
Paese neutrale, non allineato e denuclearizzato;
• L’Ucraina deve essere
demilitarizzata e denazificata [...].
Ovviamente, i diritti, le libertà
e gli interessi dei cittadini russofoni residenti in Ucraina dovranno essere
pienamente garantiti, e le nuove realtà territoriali dovranno essere
riconosciute; la Crimea, Sebastopoli, la Repubblica popolare di Doneck, la
Repubblica Popolare di Lugansk, così come le regioni di Zaporož’e e di Cherson
dovranno essere riconosciute come soggetti territoriali della Federazione
Russa.
In seguito, tali imprescindibili
disposizioni dovranno essere ufficializzate nella forma di accordi
internazionali fondamentali. Naturalmente, questo presupporrà altresì il ritiro
di tutte le sanzioni occidentali imposte alla Russia.
Si tratta, in prospettiva
tangibile, di formulare i termini per una sicurezza equa e inscindibile, per
una collaborazione e uno sviluppo reciprocamente vantaggiosi e paritari nel
continente eurasiatico.
Quali passi andranno affrontati
in tal senso e secondo quali princìpi?
Primo: va agevolato il dialogo
con chiunque possa potenzialmente partecipare a un siffatto futuro sistema di
sicurezza […]
Secondo: è importante partire
dall’idea che la futura architettura della sicurezza sia accessibile a tutti i
Paesi euroasiatici che desiderino prendere parte alla sua creazione [...]
Non è la Russia a costituire un
pericolo per l’Europa.
La principale minaccia per gli europei
è la loro dipendenza critica, in pratica totale e in costante aumento, dagli
Stati Uniti [...]
Se l’Europa vuole conservare se
stessa come un autonomo centro di sviluppo mondiale e come uno dei riferimenti
planetari di cultura e civiltà, deve senza dubbio essere in rapporti molto
buoni con la Russia e, fatto importante, noi siamo disponibili in tal senso […]
Terzo: per far progredire l’idea
di un sistema di sicurezza eurasiatico va significativamente incentivato il
processo dialogico tra le organizzazioni multidirezionali che lavorano in
Eurasia.
Quarto: riteniamo che sia giunto
il momento per un’ampia discussione sul nuovo sistema di garanzie bilaterali e
multilaterali per la sicurezza collettiva in Eurasia. In prospettiva, nello
spazio eurasiatico si deve giungere inoltre a un graduale regresso della
presenza militare delle potenze esterne […]
Quinto: tra le importanti
componenti del sistema di sicurezza e di sviluppo eurasiatico vanno senza
dubbio annoverate le questioni legate all’economia, al benessere sociale, all’integrazione
e a una collaborazione mutuamente proficua. […]
Do incarico al Ministero degli
Affari Esteri che proceda a cooperare il più possibile all’elaborazione di
accordi internazionali in tutte queste direzioni.
Un intervento dell’ambasciatore russo Paramonov.
La Russia ha la propria strada.
La vigente Concezione della politica estera russa definisce la Russia come
unico Stato-civiltà, una vasta potenza eurasiatica ed euro-pacifica che ha
unito il popolo russo e le altre nazioni che compongono la comunità culturale e
civile del “Mondo russo”. […] Si basa su più di mille anni di indipendenza
dello Stato, e su profondi legami storici con la cultura tradizionale europea e
con le altre culture dell’Eurasia. Più di ogni altro Paese, si distingue per la
sua capacità di armonizzare la coesistenza di diversi popoli, gruppi etnici,
religiosi e linguistici. Per questo la missione storica della Russia è quella
di essere sempre aperta al mondo e di svolgere un ruolo di equilibrio negli
affari internazionali, di impedire l’egemonia mondiale, di fermare e convincere
l’aggressore e, in linea con la propria tradizione culturale e storica, di
schierarsi dalla parte della verità e della giustizia. E su questa base
armonizzare il mondo.
Tutti gli obiettivi, i progetti e
i piani di sviluppo dichiarati e attuati in Russia smentiscono completamente le
affermazioni sulle presunte intenzioni aggressive di Mosca nei confronti dell’Occidente
e collettivo e in particolare degli Stati membri della UE dopo la fine del
conflitto in Ucraina, sulla presunta inevitabilità o alta probabilità di uno
scontro armato tra Russia e NATO nel giro di pochi anni. Si tratta di un’assoluta
e deliberata menzogna e manipolazione volte a fomentare un’atmosfera di psicosi
prebellica, a favore dell’oligarchia globalista e dei complessi finanziari e
militari-industriali che ne servono gli interessi.
Tutti coloro che non possono
accettare l’esistenza di una Russia forte e sovrana devono comprendere
chiaramente le conseguenze che inevitabilmente ne deriveranno se i loro folli
scenari di massacro e di sconfitta strategica della Russia dovessero
realizzarsi. […] La Russia ha già ripetutamente avvertito della possibilità di
una risposta a tali azioni irresponsabili e criminali.
La Russia non si rifiuta di
dialogare con l’Italia e gli altri Paesi occidentali, purché questi non tentino
di frenare ulteriormente il suo sviluppo e non proseguano nella loro politica
di aggressione e di pressione, ma cerchino un percorso di cooperazione e di
pace. L’importante è che questo dialogo, possibile su qualsiasi tema, sia
condotto su un piano di parità e nel rispetto degli interessi reciproci.
Negli ultimi due anni, la vita
dei connazionali in Italia è stata tormentata da difficoltà impreviste – nella
collaborazione con banche, strutture amministrative e istituti scolastici. […]
Ma vediamo che, nonostante tutto questo, i nostri connazionali sono ancora più
uniti, più patriottici, ancora più consapevoli del loro coinvolgimento negli
interessi della Patria e del suo presente e futuro.
Il 10 giugno 1924, Giacomo Matteotti veniva rapito e ucciso da una squadra fascista scesa a Roma apposta da Milano.
Capogruppo e segretario del
Partito Socialista Unitario, viene ricordato come l’antifascista che il 30
maggio 1924 denunciò alla Camera la corruzione che aveva caratterizzato la
campagna elettorale che aveva portato all’affermazione ad aprile del “listone
fascista”: i brogli e le violenze, le aggressioni e gli omicidi.
Giacomo Matteotti per i fascisti
era pericoloso. Una pericolosità composta non soltanto dal suo coraggio nel
denunciare la violenza squadrista, ma anche dalle sue capacità d’inchiesta e di
smascherare le truffe, anche contabili, del governo fascista.
L’11 giugno 1924, il giorno
successivo alla sua uccisione, Matteotti avrebbe dovuto riportare alla Camera
delle informazioni riguardanti un accordo stipulato tra i più alti gerarchi
fascisti e la Sinclair Oil, società fittizia dietro la quale si nascondeva la
ricchissima e monopolistica Standard Oil di Rockefeller, la “piovra”, come la
definiva Matteotti.
La Standard Oil già deteneva il
monopolio energetico in Italia, e attraverso la corruzione e l’elargizione di
tangenti era riuscita ad ottenere a condizioni vantaggiosissime anche i diritti
di sfruttamento dei giacimenti di petrolio sul suolo dell’Italia (e delle sue
colonie), in particolare Emilia e Sicilia.
L’omicidio di Matteotti impedì
allo scandalo di scoppiare, e di mettere il regime con le spalle al muro,
dimostrando per la prima volta che dietro alla retorica della legalità si
nascondeva la corruzione, dietro la retorica del patriottismo si svendevano a
compagnie statunitensi i tesori del sottosuolo italiano in perfetta continuità
con gli interessi del capitale.
In effetti questo non è stato l’unico
caso di favoreggiamento della classe ricca da parte del regime fascista: nel
1914 Mussolini, da socialista, si vende per 30 denari ai produttori di armi e
con quel denaro ci fonda un giornale incentrato sulla propaganda bellicista;
come Partito politico, il movimento fascista si presenta nel 1919 come
antipartito antiparlamentare antiliberale e violento, e prende pochissimi voti,
e quindi diventa il Partito anticomunista che impone (sempre con la violenza)
la fine degli scioperi e l’interruzione delle manifestazioni (per “riportare la
legalità”), alleandosi de facto con i padroni delle fabbriche e delle imprese
agricole, conquistando così il consenso della classe borghese, e riuscendo
così, grazie al beneplacito dei padroni e degli sfruttatori, ad andare al
governo nelle elezioni del 1924; una volta al governo, riduce la spesa del
welfare, licenzia oltre 65.000 dipendenti pubblici, elimina l’imposta
progressiva di successione, applica quello che Germà Bel definisce “primo caso
di privatizzazione su larga scala in un’economia capitalista”, riduce i salari
e scioglie i sindacati non fascisti, il tutto con il plauso di Luigi Einaudi,
Winston Churchill e della stampa liberale internazionale.
Per ironia della storia, o per
propaganda, questo regime corrotto e classista viene ad oggi chiamato “destra
sociale”, laddove di sociale non ha mai avuto nulla: analizzando la storia del
fascismo, dietro alle retoriche nauseanti Dio Patria Famiglia, o alla
millantata lotta alle plutocrazia, si arriva a una verità mai abbastanza
sottolineata: il fascismo è una delle facce del capitalismo.
Il capitalismo, che quando si
sente potente mostra il suo volto liberale e aperto, e che quando viene messo
alle strette dall’emersione delle sue intrinseche contraddizioni, e si scontra
con chi vuole liberarsi dal giogo dei potenti, non esita a diventare bigotto,
repressivo, violento, noioso come solo i violenti possono essere, asfissiante:
fascista.
L’omicidio di Matteotti sarebbe
dovuto diventare l’ennesimo evidente campanello d’allarme dei tempi a seguire,
poteva essere quella cartina al tornasole necessaria per riconoscere il
fascismo in ogni sua sfaccettatura. Non serviva la marcia su Roma, il saluto
romano o le camicie nere per riconoscere il fascismo, ma oggi come ieri, il
fascismo, va riconosciuto in nuce nella lotta di classe dall’alto verso il
basso, nella privatizzazione dei nostri pochi beni che rimangono comuni, nella
colpevolizzazione dei poveri e delle povere, nella disposizione a ogni
sacrificio (da parte degli oppressi) per salvare l’economia.
Il neoliberismo non è una teoria economica, è un dispositivo fascista; ciò che ci serve è un antifascismo che riconosca che nel mondo esiste la classe degli oppressori e quella degli oppressi, e che tutti siamo chiamati a scegliere da quale parte stare.
Amarcord
La settimana scorsa vi avevo
proposto un mio viaggio di 6.000 km in auto lungo tutta l’Europa di 35 anni fa.
Ebbene, eccovi una panoramica di 7.500 km lungo tutta la Russia, senza muoversi
dal Paese. Un breve filmato diffuso dall’ambasciata russa a Roma.
Ed eccone un altro, stavolta del
ministero degli esteri.
Musica
Proseguiamo con le canzoni legate
in un modo o l’altro alla Russia e/o all’Italia.
Il 22 giugno in Russia è il
giorno dello struggimento, della rabbia, della pena, del cordoglio. Alle
quattro del mattino, nel 1941, i nazifascisti hanno iniziato a bombardare l’Unione
Sovietica. E’ iniziata la Grande Guerra Patriottica.
Tutti i video (senza testo) si trovano in:
Ci trovate anche in Telegram (in italiano) e Телеграм (in russo).
4211 7045 8356 7049 (Banca Intesa
Russia)
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