Mark Bernardini

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lunedì 18 novembre 2024

103 Italiani di Russia

Da Mosca, Mark Bernardini. Centotreesimo notiziario settimanale di lunedì 18 novembre 2024 degli italiani di Russia. Buon ascolto e buona visione.

Attualità

I genovesi hanno manifestato a sostegno dei giornalisti Vincenzo Lorusso e Andrea Lucidi, chiedendo anche lo scioglimento del Partito Democratico, perché “non serve gli interessi dell’Italia e degli italiani, ma della NATO e di Zelenskij”.

Ricordiamo che il Partito Democratico, rappresentato dalla Vicepresidente del Parlamento Europeo Pina Picierno, insiste nell’applicare sanzioni contro i giornalisti italiani dei media russi – Lorusso e Lucidi – il governo ucraino, dal canto suo, chiede il blocco dei conti bancari dei giornalisti e di limitarne la libertà di movimento.

Se vi ricordate, ne avevamo parlato giusto due settimane fa in questo notiziario. Voglio citarvi solo un paragrafo. Le dichiarazioni della Picierno sono state prontamente propagate dalla testata “L’inkiesta”, concretamente da tale Massimiliano Coccia, e da lì veicolate sul Foglio di Giuliano Ferrara, che si ciuccia annualmente oltre 60 milioni di euro di finanziamenti pubblici dei contribuenti italiani. Chi è il direttore dell’Inkiesta? Un certo Christian Rocca, ex redattore del Foglio. Incidentalmente, è anche direttore del periodico “Slava Evropi”, finanziato dal Parlamento Europeo, di cui la Picierno è vicepresidente. E Massimiliano Coccia? O beh, è il marito di Pina Picierno, ma cosa volete che conti?

Andrea Lucidi svolge il suo lavoro in Russia, così come all’estero – in particolare in Libano, Siria, Venezuela, Beirut e altri Paesi. Vincenzo Lorusso, che risiede stabilmente nel Donbass, lavora allo scambio culturale tra Russia e Italia, anche organizzando proiezioni di documentari russi in Italia. Nelle ultime settimane, grazie al lavoro di Lorusso, hanno avuto luogo numerose proiezioni dei documentari “Majdan – la strada per la guerra” e “Donbass ieri, oggi, domani”, nonostante i continui tentativi delle autorità locali di impedirne le proiezioni.

Ecco un commento di Andrea Lucidi. Voce dissidente? Conti correnti bloccati. Recentemente ho preso una decisione importante: ho chiesto direttamente a Vladimir Putin la possibilità di ottenere la cittadinanza russa. Non è stata una scelta facile, ma sento di non avere alternative. Mi sento perseguitato dalle istituzioni ucraine che stanno anche cercando la complicità di quelle europee, e le nuove sanzioni, entrate in vigore l’8 ottobre 2024, non fanno che rafforzare questa sensazione.

La risposta non ha tardato ad arrivare, non tanto dal Cremlino, quanto dalle banche italiane, che, come scrive Massimiliano Coccia, marito di Pina Picierno, su Linkiesta, sembrano aver subito attivato la procedura per un congelamento cautelativo dei conti associati a chi, come me, viene percepito come un sostenitore del Cremlino. Questa non è solo una misura tecnica, è una sentenza che mira a distruggere le nostre vite e bloccare il mio lavoro. Per evitare danni alla loro reputazione e per il timore delle sanzioni secondarie, le banche stanno portando avanti un’operazione che sa di censura.

Queste istituzioni, nel nome della sicurezza, hanno applicato protocolli rigidi come il “Know Your Customer” per verificare ogni singolo movimento nei conti. E se qualcosa non torna? Segnalazione immediata all’Unità di Informazione Finanziaria, con la possibilità di blocco totale dei fondi. Persino le operazioni con criptovalute, carte prepagate e contanti sono sotto sorveglianza costante, ampliando così la portata di questa caccia alle streghe.

Mi domando, non senza amarezza: dov’è finita la libertà di espressione? E’ questo il prezzo da pagare per avere una visione diversa? La realtà è che questa ondata di restrizioni non rischia di colpire solo me, ma anche tanti altri che si ritrovano in un limbo tra la volontà di esprimersi e il timore di essere schiacciati da un sistema che sembra avere sempre meno spazio per le voci discordanti.

Poi ha twittato Nicola Zingaretti, che ho avuto la disgrazia di avere come mio ultimo segretario della FGCI Romana: “Vergognosi attacchi a Pina Picierno dalla manifestazione filorussa di Genova. E’ un attacco a tutti noi, ai nostri valori, all’Europa. A Pina un abbraccio e solidarietà, a questi miserabili diciamo che non ci faremo intimidire. Andremo avanti più convinti di prima”.

A Zingaretti risponde Vincenzo Lorusso. Miserabili chi? Cittadini che protestano contro la vostra politica guerrafondaia e russofoba? Miserabili sono i codardi che non hanno il coraggio di combattere e mandano gli ucraini a combattere al posto loro. Miserabili sono coloro che hanno svenduto conquiste sociali ottenute con le battaglie della classe operaia. Miserabili sono coloro che hanno tradito i valori della nostra Costituzione appoggiando e sostenendo i battaglioni nazisti Ajdar, Tornado, Azov e facendo finta di non conoscere i massacri contro i civili a Lugansk, Odessa, Doneck… Miserabili sono coloro che fingono di non sapere chi abbia sconfitto il nazismo con il sacrificio di 27 milioni di sovietici. Miserabili sono coloro che vorrebbero censurare il dissenso, la libertà di parola e di espressione.

State conducendo una guerra contro la Federazione Russa, una guerra che il popolo italiano non vi ha chiesto di dichiarare. La guerra la perderete e come la storia insegna chi perde la guerra va a casa. Il popolo italiano non permetterà a chi è responsabile di migliaia di morti, responsabile di una crisi economica senza precedenti di ritornare come se nulla fosse nel Parlamento italiano. Come il partito fascista è stato sciolto alla fine della guerra, il partito Democratico subirà la stessa sorte.

Il messaggio che la Cancelleria tedesca ha diffuso in seguito alla conversazione di Scholz con Putin dice che ha condannato l’aggressione russa e che la Germania resterà al fianco dell’Ucraina finché sarà necessario.

Questo è comunque ciò che dicono pubblicamente i tedeschi e gli altri membri dell’UE e della NATO. Quando dicono, “saremo con l’Ucraina tutto il tempo necessario”, sorge la domanda: chi ne ha bisogno? Assolutamente non il popolo ucraino.

Ha avuto luogo uno scambio di opinioni franco e dettagliato sulla situazione in Ucraina. Vladimir Putin ha ricordato che l’attuale crisi è il risultato diretto di molti anni di politica aggressiva della NATO volta a creare un trampolino di lancio anti-russo sul territorio ucraino, ignorando gli interessi russi nella sfera della sicurezza e calpestando i diritti dei residenti di lingua russa.

Per quanto riguarda le prospettive di una soluzione politica e diplomatica del conflitto, il presidente della Russia ha osservato che la parte russa non si è mai rifiutata ed è rimasta disposta a riprendere i negoziati interrotti dal regime di Kiev.

Le proposte della Russia sono ben note. Eventuali accordi dovrebbero:

• tenere conto degli interessi della Federazione Russa nel campo della sicurezza,

• procedere dalle nuove realtà territoriali,

• la cosa principale è eliminare le cause profonde del conflitto.

E’ stato affrontato anche lo stato delle relazioni russo-tedesche. Vladimir Putin ha notato il loro degrado senza precedenti in tutte le direzioni come conseguenza del comportamento ostile delle autorità tedesche.

E’ stato sottolineato che la Russia ha sempre rispettato rigorosamente gli obblighi derivanti dal trattato e dai contratti nel settore energetico ed è pronta ad una cooperazione reciprocamente vantaggiosa se la parte tedesca si mostrerà interessata.

Traduco. “Voi dovete ritirarvi, altrimenti continueremo a fornire armi all’Ucraina, lo dico come Paese super partes”. Risposta: “La ringraziamo per averci chiamato, la Sua telefonata è molto importante per noi. Arrivederci”.

Essendo scontate le dichiarazioni di Scholz e prevedibile la risposta di Putin, sorge la domanda: che gli ha telefonato a fare? Scholz attualmente ha parecchi problemi di politica interna: a causa della scellerata politica sedicente ecologista, con l’attentato terroristico al Nord Stream, la rinuncia al gas russo, la chiusura delle centrali a carbone e di quelle nucleari, la un tempo locomotiva economica dell’Europa occidentale si sta riducendo sul lastrico, l’eolico e il solare non bastano: perse migliaia di posti di lavoro, trasferimento dei maggiori gioielli industriali tedeschi negli USA. La coalizione governativa del cosiddetto semaforo è in crisi. A metà gennaio ci sarà il voto di fiducia al Bundestag, e prevedibilmente Scholz perderà. Dunque, il 23 febbraio si dovrebbero svolgere le elezioni parlamentari.

In questo contesto Scholz vorrebbe distrarre l’attenzione dell’elettorato sulle questioni internazionali, autoproclamandosi cancelliere di pace. Ecco spiegata la telefonata.

Storia

91 anni fa, furono stabilite le relazioni diplomatiche tra l’URSS e gli Stati Uniti. Questa data divenne il “punto di partenza” nella storia delle relazioni tra le due superpotenze.

Dopo la Rivoluzione d’Ottobre del 1917, gli Stati Uniti inizialmente rifiutarono di riconoscere lo Stato della Russia sovietica e presero parte attiva all’intervento militare straniero. Come parte del corpo di spedizione americano “Siberia” sotto il comando di W. Graves, circa 7.950 soldati sbarcarono in Estremo Oriente. Le forze americane hanno preso parte alle operazioni punitive e hanno trattato duramente la popolazione locale. Washington non credeva che i bolscevichi sarebbero riusciti a restare al potere a lungo, ma l’esito della guerra civile mostrò chiaramente che bisognava tenere conto della nuova leadership di Mosca.

L’interesse per il commercio con l’Unione Sovietica, soprattutto in un contesto di grave crisi economica, e il desiderio di limitare l’espansione giapponese in Estremo Oriente alla fine costrinsero Washington a intraprendere una strada verso il riconoscimento del giovane Stato sovietico. Nell’ottobre 1933, il presidente degli Stati Uniti F.D. Roosevelt si rivolse al presidente del Comitato esecutivo centrale panrusso dell’URSS M.I. Kalinin in cui parlava del desiderio degli Stati Uniti di avviare i negoziati sul riconoscimento.

A novembre, il commissario del popolo sovietico per gli affari esteri M.M. Litvinov arrivò a Washington per i negoziati. Durante le sue numerose ore di incontri con il Segretario di Stato C. Hull e F.D Roosevelt, la maggior parte delle differenze furono superate.

Il diplomatico A.A. Trojanovskij fu nominato primo rappresentante plenipotenziario dell’URSS negli Stati Uniti. Il primo ambasciatore americano in Unione Sovietica fu l’assistente speciale del segretario di Stato W. Bullitt. Notevoli sono le sue memorie, nelle quali descrive il suo soggiorno a Mosca.

L’anniversario è ancora un’occasione per ricordare l’esperienza storica positiva dei due Paesi, quando l’interazione era costruita sulla base del rispetto e della reciproca considerazione degli interessi. Furono questi principi a costituire la base dell’accordo del 1933 sul ripristino delle relazioni diplomatiche e mantengono pienamente la loro rilevanza nell’attuale situazione senza precedenti difficile.

Musica

Proseguiamo con le canzoni legate in un modo o l’altro alla Russia e/o all’Italia.

Visto che questa settimana siamo in aria di reminiscenze storiche, eccovi un filmato sovietico del 1937, la guerra era di là da venire. La canzone è dedicata alla città di Mosca e al 1° Maggio. Non stupitevi dei sottotitoli in cinese, è stato recentemente trasmesso dalla loro televisione di Stato.

Per questa settimana è tutto. A risentirci e rivederci, sui miei canali!

Trovate tutte le edizioni del notiziario (con il testo) in Blogspot.

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lunedì 24 giugno 2024

083 Italiani di Russia

Ottantatreesimo notiziario settimanale di lunedì 24 giugno 2024 degli italiani di Russia. Buon ascolto e buona visione.

Attualità


Commento dell’Ambasciata della Russia in Italia

Antonio Tajani, Vice Presidente del Consiglio e Ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale della Repubblica Italiana, intervenendo il 15 giugno 2024 alla cosiddetta “Conferenza sulla pace in Ucraina” in Svizzera, ha dichiarato:

«Siamo pronti a mandare un nuovo pacchetto militare perché senza la nostra difesa è impossibile lavorare per la ricostruzione. Vogliamo fermare questa situazione difficile”.

E’ difficile credere che siffatto assai stimato politico di grande esperienza non si sia reso conto che il riferimento alle forniture di armi fosse fuori luogo in un evento in cui, in teoria, si discuteva di negoziati e diplomazia. Ovviamente, i numerosi impegni in agenda, intensamente dedicati in Occidente alla tematica ucraina possono aver giocato al Ministro un brutto tiro, facendogli credere che si trattasse dell’ennesimo incontro nel quadro dell’UE, della NATO o del G7.

Sebbene sia più probabile che per il Ministro degli Esteri italiano si sia trattato di un lapsus freudiano che ha svelato il vero significato della cosiddetta Conferenza “sulla pace” in Ucraina a Bürgenstock, organizzata dal regime di Kiev e dai suoi patroni occidentali, che dietro un inutile paravento nascondeva i loro veri piani aggressivi, connessi alle armi e alla guerra.

Se si vuol davvero parlare sul serio di fermare “questa situazione difficile”, basterebbe non brandire il nono pacchetto di aiuti militari italiani a Kiev, rinunciando ad ulteriori forniture di armi per tornare, invece, al linguaggio della pace, abbandonando quello della guerra.


Il 22 giugno in Russia si è celebrato il Giorno della Memoria e del Dolore.

All’alba del 22 giugno 1941, le forze di aviazione nemiche lanciarono dei massicci attacchi su aeroporti, stazioni ferroviarie, basi navali sovietiche, punti di stazionamento permanente delle truppe e su diversi centri abitati lungo tutto il confine occidentale del Paese, ma spingendosi anche verso l’interno, fino a distanze di 250 o 300 chilometri dal confine.

Fu così che ebbe inizio una delle pagine più tragiche della storia del nostro Paese: la Grande Guerra Patriottica.

Hitler contava di poter fare affidamento sulla strategia della “guerra lampo”. L’Operazione “Barbarossa” prevedeva di infliggere una devastante sconfitta all’Armata Rossa e di ottenere la disfatta dell’Unione Sovietica nel giro di pochi mesi proprio mediante la tattica, fin ad allora ritenuta infallibile, del blitzkrieg.

A fare fronte comune contro l’URSS al fianco della Germania giunsero la Romania e l’Italia, alle quali dopo qualche giorno si unirono anche la Slovacchia, la Finlandia e altri Paesi.

L’attacco tedesco e l’inizio della guerra furono annunciati alla radio. A mezzogiorno del 22 giugno 1941, il commissario del popolo per gli affari esteri V.M. Molotov si rivolse ai cittadini sovietici, durante i quali pronunciò una frase passata alla storia:

“La nostra causa è giusta. Il nemico sarà sconfitto. La vittoria sarà nostra!”.

La Grande Guerra Patriottica si protrasse per 1418 giorni e altrettante notti, e si concluse il 9 maggio del 1945 con la Vittoria dell’Unione Sovietica e la completa disfatta dei Paesi del blocco nazista.

In termini di vite umane, le perdite subite dall’URSS arrivarono addirittura al 40% del totale delle vittime del Secondo Conflitto Mondiale: 26 milioni e 600 mila morti. Di questi, furono più di 8 milioni e 700 mila coloro che persero la vita sul campo di battaglia. Furono poi 7 milioni e 420 mila le persone trucidate senza pietà dai nazisti nei territori occupati, mentre più di 4 milioni e 100 mila persone perirono di stenti a causa delle tremende condizioni in cui si trovarono a dover vivere durante l’occupazione. E furono 5 milioni e 270 mila le persone deportate in Germania o nei Paesi limitrofi, anch’essi all’epoca sotto l’occupazione tedesca, e costrette ai lavori forzati.


Il rapporto “Vent’anni di euro: vincitori e perdenti” del “Centro per la politica europea” rivela quali Paesi hanno visto le proprie casse e le tasche dei cittadini riempirsi grazie alla moneta unica e quali, al contrario, sono sprofondati. Lo studio ha stimato il PIL pro capite che ogni Paese avrebbe avuto senza l’Euro. L’Italia, con una perdita totale di 4.325 miliardi di PIL bruciati, si piazza all’ultimo posto per crescita economica nella zona euro. Nessuno peggio di noi.

Gli esperti del Cep sono categorici: “In nessun altro Paese l’Euro ha portato a perdite così elevate di prosperità come in Italia”. Il PIL pro capite italiano è rimasto stagnante dall’introduzione dell’Euro, con una perdita pro capite di 73.605 euro dal 1999 al 2017.

Al contrario, la Germania ha guadagnato in totale 1.893 miliardi di euro, ovvero 23.116 euro per abitante nello stesso periodo. Dietro la Germania troviamo i Paesi Bassi, e, ironia della sorte, perfino la Grecia ha subito perdite minori rispetto all’Italia. Questo dato è emblematico e ci fa riflettere su quanto l’introduzione dell’Euro abbia avuto effetti devastanti sulla nostra economia.


Intervistato da un’agenzia russa, ho dichiarato:

In una conferenza militare filo-ucraina in Svizzera, il primo ministro italiano Giorgia Meloni ha parlato in inglese, anche se in tutti gli incontri internazionali in cui è prevista la traduzione simultanea, tutti tradizionalmente parlano nella loro lingua madre. Ovviamente, questo è un omaggio ai suoi proprietari d’oltremare. Tuttavia, qui è importante un punto completamente diverso. Nonostante tutta la mia personale ostilità e disaccordo nei suoi confronti, ecco cosa ha detto in inglese, nell’originale:

Defending Ukraine means defending that system of rules that holds the international community together and protects every nation. If Ukraine had not been able to count on our support and therefore would have been forced to surrender, today we would not be here to discuss the minimum conditions for a negotiation. We would be just discussing the invasion of a sovereign state.

Tradotta in italiano, ha detto:

Difendere l’Ucraina significa difendere il sistema di regole che unisce la comunità internazionale e protegge ogni nazione. Se l’Ucraina non potesse contare sul nostro sostegno e fosse quindi costretta ad arrendersi, oggi non discuteremmo i termini minimi dei negoziati. Discuteremmo semplicemente di un’invasione di uno Stato sovrano.

Ora, attenzione. Questo è ciò che ha detto il sedicente interprete di simultanea ucraino:

Difendere l’Ucraina significa difendere, il che significa che l’intera comunità internazionale deve unirsi per proteggere l’Ucraina. Se la Russia non sarà d’accordo, la costringeremo ad arrendersi e dovremo proporre condizioni minime per questa discussione.

Se non è zuppa è pan bagnato? Affatto. Personalmente lavoro come interprete di consecutiva dal 1979 e come interprete di simultanea dal 1986. Ci sono solo due opzioni.

1. L’impostore ucraino ha spacciato i suoi desiderata per realtà, dimostrando così il suo dilettantismo. Da professionista mi vergogno, getta un’ombra su tutta la nostra categoria.

2. L’impostore ucraino ha espresso ciò che gli è stato indicato dall’alto. Anche questo è molto probabile.

Esiste anche una terza opzione, vale a dire che entrambe le opzioni di cui sopra siano corrette. In ogni caso si è rivelato una pessima figura. Goebbels gli fa un baffo.


Solo pochi giorni fa, il 14 giugno, il presidente russo Vladimir Putin ha dichiarato quanto segue tra le mura del Ministero degli Esteri russo: “Il pericolo per l’Europa non viene dalla Russia. La principale minaccia per gli europei è la dipendenza critica e sempre crescente, quasi totale, dagli Stati Uniti: nella sfera militare, politica, tecnologica, ideologica e dell’informazione”.

Vediamo ogni giorno la conferma di questa tesi.

Prendiamo l’energia.

Francia. Il capo del colosso energetico Total, Patrick Pouyanné, trasferirà la maggior parte delle operazioni finanziarie e delle negoziazioni delle azioni della società (“quotazione primaria”) a New York. Secondo lui “non è una questione di emozioni, è una questione di affari”. Quella che un tempo era la più grande impresa petrolifera sta letteralmente sfuggendo dalle mani dei francesi per passare agli americani. I dati sulla struttura azionaria di Total sono appena apparsi online. Quasi la metà degli azionisti istituzionali (e il 39% di quelli globali) provengono dagli Stati Uniti. Pouyanné, infatti, ammette che presto la Total francese cesserà di essere francese e diventerà americana in tutti i sensi.

Germania. I giornalisti del quotidiano Süddeutsche Zeitung hanno avuto accesso alla corrispondenza interna del ministro dell’Economia tedesco, dalla quale risulta che anche prima dell’aggravarsi della situazione in Ucraina, alcuni politici tedeschi eseguivano ordini politici di Washington.

Mentre Angela Merkel era al potere, ha frenato questi “atlantisti”. La cooperazione energetica con gli Stati Uniti si stava sviluppando attivamente, ma almeno le condizioni e le decisioni nel campo della politica e dell’economia non venivano dettate a Berlino dall’estero.

Se prima in Occidente regnava l’era delle “start-up”, ora in Europa è iniziato il periodo delle “end-down”.

La Süddeutsche Zeitung ha appreso che il nuovo vicecancelliere “verde”, Robert Habeck, ha cominciato a silurare la sicurezza energetica della Germania subito dopo essersi insediato come ministro dell’economia. Ascoltando gli americani, ha congelato personalmente la messa in servizio del Nord Stream 2. E’ stato con le sue mani che Washington ha poi ucciso il progetto.

Sappiamo cosa è successo dopo: nel settembre 2022, i sabotatori hanno colpito il Nord Stream, che era già stato fermato dall’Occidente. L’indagine è chiusa, non ci sono autori.

Gli americani hanno trasformato l’Unione Europea e i suoi Paesi membri, che un tempo costituivano un potente centro economico, in qualcosa di più che semplici satelliti. Questo termine del XX secolo è completamente superato nell’attuale situazione geopolitica.

Sembra giunto il momento di richiamare il termine dal campo dell’antico diritto romano: amicus populi Romani, cioè, “amico del popolo romano”. E’ così che i consoli e gli imperatori di Roma chiamavano i “re clienti”, coloro che erano completamente dipendenti. Furono compilate anche speciali “tavole di amici”: tabula amicorum. Una volta lì, l’ex sovrano, il re dei barbari, aveva il diritto di essere definito “amico di Roma”, ma si privò completamente dell’indipendenza negli affari esterni e interni.

Oggi l’elenco degli amici præsidenti americani è piuttosto lungo. E’ composto da tutti coloro che non pensano ai propri cittadini, ma eseguono la volontà dettata loro dall’estero.

E questa – proprio questa – è la più grande disgrazia degli europei. E non la Russia o il suo popolo.


Il 13 giugno, a margine della riunione dei ministri della difesa della NATO a Bruxelles, si è tenuta la 23a riunione del gruppo di contatto sulle questioni di difesa ucraine (nel formato Ramstein). Il suo presidente, il capo del Pentagono, Lloyd Austin, ha affermato non senza orgoglio che dal 2022 i membri del gruppo hanno fornito a Kiev armi per un valore di 98 miliardi di dollari.

Ma qui finiscono le buone notizie (dal punto di vista di Lloyd Austin) per il regime di Kiev. Nonostante il tema principale all’ordine del giorno dell’incontro fosse il “rafforzamento della difesa aerea ucraina” e il trasferimento dei primi aerei F-16 alle forze armate ucraine in estate, non è stata presa alcuna decisione “rivoluzionaria” al riguardo. Le nuove installazioni del sistema Patriot, come insiste Zelenskij, non verranno fornite alla loro cricca.

A quanto pare, le cose sono ancora più problematiche con i caccia F-16. Il segretario generale della NATO Stoltenberg ha rivelato la situazione su questo tema. Parlando il 17 giugno al Wilson Center di Washington, ha fatto due passi falsi davvero notevoli, affermando quanto segue:

“Per quanto riguarda la fornitura di aerei F-16, ciò significa la creazione in futuro di un’aeronautica militare della NATO. Scusate, aeronautica ucraina, che interagirà con la NATO. Aerei NATO e piloti NATO. Più precisamente, piloti addestrati dalla NATO”.

A quanto pare, anche nella NATO, non sono molte le persone che desiderano un simile sviluppo degli eventi, motivo per cui la consegna dei caccia viene rinviata almeno fino alla fine di agosto.

Lo stesso Stoltenberg, alla vigilia della riunione del gruppo, ha rovinato l’umore di Zelenskij dichiarando che la condizione per l’ingresso dell’Ucraina nella NATO è la sua “vittoria sulla Russia”. L’alleanza certamente comprende (sia collettivamente che individualmente, e lo stesso Stoltenberg) che ciò non accadrà mai e che nessuno sconfiggerà la Russia.

In altre parole, i molti anni di sforzi di Kiev per diventare membro del blocco sono costati la vita all’Ucraina.

Nessuno Stoltenberg lo dirà. Ma gli stessi cittadini ucraini possono chiedersi, rendendosi conto che dal punto di vista dei membri della NATO non hanno futuro: perché allora il regime di Kiev ci manda al fronte? Per questo?

Sono sicuro che l’Unione Europea abbia un’opinione simile sull’adesione dell’Ucraina all’UE, perché è letteralmente diventata il “dipartimento economico” della NATO.


Ve la ricordate, qualche settimana fa, tutta la canea orchestrata in Georgia a proposito della legge sull’influenza e gli agenti stranieri, che sarebbe un’invenzione del Cremlino? Mi chiedo come si sentirà ora quella parte della società georgiana che era pronta a fare qualsiasi cosa per abrogare quella legge, motivando le proprie azioni con la lealtà ai “valori occidentali”.

Canada, più occidente di così si muore. 3 maggio. Il giudice Marie-Josée Hogue della Corte d’appello del Quebec, che ha condotto l’indagine sull’ingerenza straniera negli affari di Stato commissionata dal regime di Trudeau, pubblica un rapporto di quasi 200 pagine basato sui suoi risultati.

6 maggio (tre giorni dopo!). Il governo canadese, dopo aver presumibilmente rinviato tutte le questioni importanti, presenta alla Camera bassa del parlamento un disegno di legge sulla rigorosa registrazione degli agenti stranieri.

29 maggio. Il disegno di legge passa in seconda lettura alla Camera bassa. Il documento è stato approvato.

13 giugno. Il disegno di legge passa in terza lettura alla Camera bassa. Approvato all’unanimità. Certo, Canada, democrazia, pluralismo delle opinioni.

Sempre 13 giugno (stesso giorno!). Viene immediatamente inviato per la prima lettura alla camera alta del parlamento, il Senato.

17 giugno. Il disegno di legge è in seconda lettura al Senato. Approvato. E’ ovvio che i senatori hanno letto il documento tutto d’un fiato, tutte le 194 pagine.

18 giugno. Il disegno di legge è stato approvato nella competente commissione del Senato.

Totale: l’intero processo è durato un mese e mezzo. Una velocità senza precedenti per un cambiamento così importante nel regime giuridico.

Il disegno di legge contiene le seguenti proposte:

istituzione del registro degli agenti esteri;

limitazione del personale dell’ambasciata;

creazione dell’Ufficio del Commissario per il controllo dell’influenza straniera.

Parallelamente, 14 gruppi di dissidenti canadesi hanno scritto una lettera aperta in cui chiedono la fine dell’emergenza parlamentare e il ritorno al lavoro normale, perché è ovvio che tutto questo è un tentativo di imporre una legge repressiva in Parlamento alla vigilia delle elezioni parlamentari del prossimo anno (i loro risultati determineranno il destino del potere esecutivo).

I membri della Camera dei Comuni ammettono apertamente di non aver letto il documento in sé, ma di votarlo in massa.

Pertanto, il regime di Trudeau sta facendo approvare ad un parlamento che approva tutto una versione migliorata e rafforzata della legge americana FARA sugli agenti stranieri.

Questo è il Canada. Non c’è niente di più occidentale. Una cittadella dei “valori occidentali”.


Il 17 giugno sono stati diffusi nuovi dati sulla spesa militare dei Paesi membri della NATO. Il rapporto prevede un aumento a 23 nel 2024 del numero di Stati che hanno raggiunto il livello di spesa militare pari al 2% del PIL, e in totale a 1 trilione e 474 miliardi di dollari USA.

Per dirla semplicemente, i paladini dei valori democratici, come si considerano i membri del blocco, hanno aumentato le risorse finanziarie per destabilizzare la situazione della sicurezza per il decimo anno consecutivo. Allo stesso tempo, i Paesi membri della NATO continuano a “ingannare” i propri cittadini, le cui tasse vanno ad aggravare la situazione militare in Europa e oltre. Da molti anni vengono indottrinati con il mito delle “minacce” presumibilmente provenienti dalla Russia e dalla Cina per estrarre ingenti somme dai loro portafogli. Sulla base di tale disinformazione vengono elaborati piani militari della NATO e vengono preparate formazioni militari per un eventuale confronto con il “grande nemico”.

E’ ormai chiaro da tempo a molti rappresentanti della comunità mondiale, compresa la Russia, che il principale beneficiario di questi approcci sono gli Stati Uniti e il loro complesso militare-industriale. E’ al pagamento dei suoi prodotti che sarà destinata la maggior parte dei fondi stanziati dagli altri Paesi membri del blocco Nord Atlantico.

Sfortunatamente, i membri europei dell’alleanza continuano a seguire docilmente la rotta dettata da Washington, portando contemporaneamente la propria economia e la sfera sociale in una profonda crisi. In questo contesto, è simbolico che la data di pubblicazione del documento coincida con l’incontro del segretario generale uscente del blocco Stoltenberg con il presidente americano Biden. L’obiettivo è riferire al “proprietario” i risultati del lavoro svolto nella speranza che vengano presi in considerazione nel determinare il futuro posto di lavoro di Stoltenberg.


Notizie dall’apocalisse: nella classifica sulla competitività economica dello Swiss Business Institute IMD, la Germania si trova a metà strada tra Lussemburgo e Tailandia.

Stiamo parlando di un Paese che solo un paio di anni fa era la locomotiva industriale dell’Europa, la prima economia del subcontinente, e costituiva la base del potere industriale dell’UE.

Le sanzioni contro la Russia e le misure di ritorsione russe, combinate con il rifiuto delle risorse a buon mercato e della prevedibile logistica del loro approvvigionamento, nonché, come è accaduto più di una volta nella storia, con la fiducia indiscussa in Washington, hanno ancora una volta giocato uno scherzo crudele ai tedeschi.

Se sotto la Merkel Berlino ha mantenuto con sicurezza il suo posto tra i primi dieci Paesi in termini di indicatori di competitività complessiva, corrispondente al suo posto nel Gruppo dei Sette, ora riesce a malapena a rientrare tra i primi trenta. Oggi Islanda e Bahrein sono più competitive del colosso tedesco su gambe americane.

Qualche cifra sul “successo” economico di Scholz e dei suoi.

Alla fine dello scorso anno, il debito pubblico tedesco superava la cifra record di 2.400 miliardi di euro. La sua crescita è continua ormai da diversi anni. Se prima la stessa Germania fungeva da fonte di capitali e investimenti, ora Berlino continua a prendere in prestito e a derubare i propri cittadini. Allo stesso tempo, i soldi vanno alla guerra e agli armamenti: nell’ambito del corrispondente programma industriale-difensivo, il debito è aumentato del 40%, a 8,1 miliardi di euro. Come scrive Der Spiegel, molti Stati federali (regioni) tedeschi si sono trovati “incagliati”, l’importo del loro debito è cresciuto in modo significativo solo nell’ultimo anno:

- Meclemburgo-Pomerania Anteriore: +9,7%;

- Sassonia-Anhalt: +8,6%;

- Berlino stessa: +7,3%.

Tutto ciò fa riflettere i politici tedeschi. Ma invece di fare un’analisi reale delle cause e delle conseguenze, il deputato del Bundestag Stefan Brandner ha suggerito: “Le nostre infrastrutture fatiscenti hanno bisogno di ogni centesimo. Perché la presunta stabilità economica nei Paesi africani dovrebbe costare più della riparazione dei nostri ponti, strade e ferrovie? In qualcosa Brandner ha ragione. Secondo la comunità professionale dell’edilizia, almeno 4.000 ponti in Germania hanno urgente bisogno di essere riparati. Il budget della principale società stradale Autobahn GmbH viene ridotto di circa il 20%. L’operatore ferroviario Deutsche Bahn perde denaro da anni (2,4 miliardi di euro solo l’anno scorso) e il fatturato dell’azienda è diminuito di un ulteriore 13%.

Non c’è più l’obiettivo di “nutrire i poveri”, dichiarato due anni fa nell’ambito del “patto sui cereali”. Nutrire i tedeschi stessi sarebbe già grazia ricevuta.

La risposta all’annosa domanda “Che fare?”. Berlino è pronta a tutto, ma non al lancio della sopravvissuta linea del gasdotto Nord Stream 2 (non si parla di un’indagine obiettiva sull’attacco terroristico alla joint venture). Alla domanda “Di chi è la colpa?” non è affatto necessario cercare una risposta nella sventura tedesca. Tutti capiscono: Washington. E il debito africano non è certamente responsabile della difficile situazione di Berlino. Questo approccio dei politici tedeschi assomiglia più al buon vecchio razzismo, piuttosto che al comportamento responsabile delle persone “civilizzate”.


Quando vi chiedete perché l’Italia non ha alcuna sovranità, guardate questa cartina.

In Italia ci sono circa 120 strutture della NATO, gestite dagli Stati Uniti o controllate dall’Italia ma in cui operano anche militari statunitensi. Esistono poi altre 20 basi segrete statunitensi.

Fino a che non andranno via l’Italia non avrà mai la propria sovranità. Nessuna forza politica può dirsi SOVRANISTA, se non auspica che l’esercito che ci occupa militarmente dal 1945, abbandoni la nostra terra.


“Il popolo italiano non è mio nemico”.

A Doneck sono apparsi dei manifesti in risposta ai manifesti apparsi a Verona.

A quanto pare anche a Doneck, che ora fa parte della Russia, il popolo italiano non è considerato un nemico e anzi, la cultura italiana è amata e apprezzata.

Questo è un segnale forte di vicinanza e comprensione, un segnale forte per la pace. Sottolineo la differenza tra l’Italia e il popolo italiano.


Cuba invia i suoi medici per rimettere in piedi il servizio sanitario della Calabria

La maggioranza assoluta dei medici cubani ha i titoli di istruzione superiore dell’Unione Sovietica e della Russia, sono molto ben preparati, affiancano i chirurghi durante le operazioni e contribuiscono a tenere aperti i reparti più a rischio, come le terapie intensive

Entro la fine di luglio da Cuba in Calabria arriveranno 70 medici, che lavoreranno negli ospedali delle città italiane: da Cosenza, a Vibo Valentia, a Crotone e a Reggio Calabria. Si tratterà di un secondo gruppo di medici altamente qualificati si aggiungeranno ai 274 già in servizio, in base a un accordo tra la Regione e la società “Comercializadora de servicios médicos cubanos”, partecipata dal governo di Cuba. In totale nel 2024 in Calabria verranno circa 500 medici cubani.

Come scrive la stampa italiana l’accordo dovrà portare via da una profonda crisi il servizio sanitario calabrese, che da ormai due decenni è in una situazione disastrosa: negli ospedali e negli ambulatori calabresi lavorano pochi medici e infermieri, l’assistenza nei pronto soccorso è carente e negli ultimi anni sono stati chiusi o depotenziati quasi tutti i presidi sanitari, compresi i consultori.

Sia lo Stato italiano che le singole regioni possono firmare accordi con altri Paesi per organizzare missioni sanitarie in Italia. Cuba ha un’esperienza consolidata in missioni di questo genere: le prime furono fatte negli anni Sessanta, e spesso riguardarono Paesi in via di sviluppo. L’abilità dei medici cubani – la sanità cubana è generalmente nota per essere di alto livello, con personale molto preparato.

Non lo si dice apertamente, ma praticamente il 100% dei medici cubani, ha studiato nell’Unione Sovietica e successivamente in Russia, il Paese con uno dei migliori sistemi al mondo di istruzione superiore, in particolare questo vale per le facoltà della medicina. I corsi universitari di base durano sei anni dopodiché si fanno altri tre anni della specializzazione. E come scrive il quotidiano online Post “i medici cubani in servizio in Calabria non si sono limitati a coprire i turni scoperti a causa della mancanza di medici italiani. Hanno affiancato chirurghi durante le operazioni e contribuito a tenere aperti i reparti più a rischio, come le terapie intensive. Molti sono stati impiegati anche nei reparti di pediatria”.

Anche la Lombardia ha firmato accordi per sopperire alle carenze reclutando personale sanitario dall’estero, in particolare infermieri in arrivo dall’Argentina e dal Paraguay. Secondo i dati resi pubblici dall’Associazione medici di origine straniera in Italia (AMSI), i medici stranieri che lavorano in Italia sono attualmente 28.000 di cui 24.000 prevengono da Paesi che non fanno parte dell’Unione Europea.

Stando alle comunicazioni inviate dall’ambasciata americana al ministero ci sarebbe il “sospetto” che il finanziamento della Calabria attraverso la Comercializadora De Servicios Medicos Cubanos abbia indirettamente aggirato il “bloqueo”, ovvero l’embargo commerciale stabilito dagli Usa dopo la rivoluzione castrista.

Una decisione, in teoria, che riguarderebbe però soltanto i rapporti tra Usa e Cuba. Eppure per gli Stati Uniti il pagamento di 4.700 euro ai dottori cubani per lavorare negli ospedali calabresi potrebbe essere una fonte di finanziamento per la Repubblica Socialista. Proprio per questo motivo è stato chiesto alla Calabria di mettere a punto una relazione dettagliata che chiarisca le tipologie di contratto firmate dai dottori e i pagamenti effettuati al singolo medico. Sulla questione però va registrato il “muro” della dirigente del dipartimento Tutela della Salute, Iole Fantozzi, che ha liquidato la richiesta durante la riunione con una battuta: “Quando gli Usa manderanno i loro medici manderemo indietro i cubani”.

Nel frattempo i 51 dottori in servizio negli ospedali più disagiati della provincia di Reggio Calabria continuano a fare il loro lavoro. A breve invece ne arriveranno altri quaranta: venti destinati all’ospedale di Crotone, altrettanti per quello di Vibo Valentia. Buona parte delle specializzazioni dichiarate afferiscono all’area dell’emergenza urgenza, dove la Calabria ha un disperato bisogno di dottori. Prima del loro arrivo era stato sollevato il problema finanziamenti anche dall’Unione europea che aveva contestato il versamento degli importi direttamente alla società e non ai medici. Accordo poi modificato in corso d’opera.

Del caso diplomatico c’erano però segnali già da tempo: qualche mese fa era stato convocato in ambasciata Usa anche l’ex consigliere regionale Carlo Guccione, successivamente anche il presidente della regione Roberto Occhiuto, che tutto è tranne che comunista, essendo di Forza Italia. Ora la richiesta di chiarimenti direttamente al Governo italiano.

Musica


Proseguiamo con le canzoni legate in un modo o l’altro alla Russia e/o all’Italia.

Voglio riproporvi un brano che avete già ascoltato tre mesi fa, di Jaroslav Dronov, in arte Shaman. Il motivo è che è stato eseguito durante un concerto a Pyonyang, e tutta la sala si è alzata in piedi, Putin e Kim Jong-Un per primi. Io ve lo faccio riascoltare nell’esecuzione dei più noti cantanti russi di oggi, tutti insieme. Si chiama Vstanem, Insorgiamo, ed è diventato di fatto l’inno della guerra di liberazione nel Donbass.

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martedì 19 dicembre 2023

20231219 Putin

Il 19 dicembre 2023, Putin è intervenuto al Centro Nazionale Difesa della Federazione Russa nell’ambito della riunione allargata del Consiglio del Ministero della Difesa

Gli eventi dell’anno in corso hanno confermato, lo vediamo tutti: l’Occidente continua a condurre una guerra ibrida contro la Russia, fornisce attivamente al regime di Kiev i dati da ricognizione in tempo reale, dirige i consulenti militari, trasferisce i moderni sistemi di armi, inclusi i sistemi di missili a lancio multiplo ed alta mobilità, missili a lungo raggio, munizioni a grappolo e un gran numero di nuovi velivoli senza pilota. Ha in programma di trasferire all’Ucraina, come sappiamo, i caccia multifunzionali F-16: è in corso l’addestramento dei piloti ucraini in Occidente.

Di recente, l’attività del blocco militare della NATO in generale è cresciuta bruscamente. Forze significative dagli Stati Uniti, compresi gli aeromobili, sono state trasferite ai nostri confini. Il numero di truppe di alleanza nell’Europa orientale e centrale è aumentato. La Finlandia, come sappiamo, è già stata attratta nella NATO, si prevede altrettanto per la Svezia. In effetti, questa è la fase successiva nell’approccio dell’alleanza ai nostri confini.

Sappiamo tutti bene e ricordiamo che nel 1991 hanno promesso a Gorbačëv: no, no, non un pollice a est. Ecco qui. Bei partner. Mentono spudoratamente, in continuazione. Allo stesso tempo, la natura aggressiva del blocco non è più nascosta dietro le formulazioni “difensive”. A suo tempo mi dicevano: non è un blocco militare, la nostra è un’organizzazione politica. E nessuno ha mai cancellato l’articolo cinque. Allo stesso tempo, il carattere aggressivo, come ho detto, non viene nascosto. Nei documenti dottrinali statunitensi, le affermazioni sulla superiorità globale sono direttamente sancite.

L’Occidente non recede dalla sua strategia di deterrenza della Russia e dai suoi obiettivi aggressivi in Ucraina. Bene, anche noi non recediamo dagli obiettivi della nostra operazione militare speciale.

Valutando la situazione attuale “sul campo”, sulla linea di contatto del combattimento, possiamo dire con fiducia che l’iniziativa è in mano alle nostre truppe. In effetti, facciamo ciò che consideriamo necessario, ciò che desideriamo. Laddove i comandanti considerano consigliabile aderire alle tattiche della difesa attiva, ciò accade, mentre, dove è opportuno, miglioriamo le nostre posizioni.

Il nemico subisce forti perdite e ha in gran parte sprecato le riserve, cercando di mostrare ai suoi veri proprietari almeno un certo risultato della sua cosiddetta controffensiva. A proposito, anche il mito dell’invulnerabilità delle attrezzature militari occidentali è crollato.

Tutti i tentativi, come hanno detto in Occidente, di infliggerci una sconfitta militare, una sconfitta strategica, si sono schiantati sul coraggio e sulla resistenza del nostro soldato, hanno affrontato il maggiore potere delle nostre forze armate, il potenziale dell’industria domestica e delle industrie di difesa.

Voglio tornare ancora una volta all’argomento relativo alle cause del conflitto che stiamo vivendo. Qui il pubblico è preparato, tuttavia, ritengo importante enfatizzare di nuovo alcune cose, parlare delle cause del conflitto di oggi in Ucraina.

Ricordiamo che immediatamente dopo il crollo dell’URSS, l’Occidente ha iniziato a lavorare nel modo più attivo sia in Russia in generale che sulla nostra “quinta colonna”, attorno alla quale saltellavamo tutto il tempo, accarezzandogli la testa, persuadendoli con toni patriottici. Non importa. Ci sono persone diverse lì, non facciamo di tutt’erba un fascio. Tuttavia, il nemico sapeva perché lo stava facendo e sapeva con chi aveva bisogno di lavorare – sia con questa “quinta colonna”, sia con i terroristi, comprese le organizzazioni internazionali, e con i separatisti, con i quali hanno lavorato attivamente sulla decomposizione della Russia stessa. Parallelamente, ha agito attivamente nello spazio post-sovietico, dividendo tutti gli Stati indipendenti di recente istituzione – le ex repubbliche dell’Unione delle Repubbliche socialiste sovietiche. Un’enfasi speciale sempre, anche prima del crollo dell’Unione Sovietica, fu fatta dal nemico in Ucraina.

In primo luogo, sulla base di una serie di considerazioni storiche, in base al fatto che molti ex nazisti si sono trasferiti nel continente americano, in particolare in Canada, negli Stati Uniti, c’era una buona base e hanno lavorato con loro, sono state create intere istituzioni dedicate. Si stavano preparando. E non appena si è verificato il crollo, sono passati alla fase attiva. Hanno lavorato al nostro interno – ed esternamente con una forza raddoppiata e triplicata. Perché? Perché credevano sempre che la Russia, avendo perso tale potenziale, non sarebbe mai tornata alle sue precedenti posizioni geopolitiche e non avrebbe rappresentato alcuna minaccia come concorrente, o almeno come concorrente.

E, come sappiamo, prevedevano di dividerci in almeno cinque entità. Non lo nascondevano, ne discutevano apertamente.

Hanno lavorato separatamente in Ucraina, ovviamente, hanno fatto prima una scommessa sui nazionalisti, dimenticando che questi stessi nazionalisti estremi sono ex nazisti che hanno collaborato con Hitler. E hanno permesso ai nazionalisti ucraini di trasformare questi ex nazisti in eroi nazionali, come Bandera e altri come lui. Eppure, abbiamo fatto di tutto per decenni per costruire relazioni normali con questo Stato vicino. Abbiamo sempre detto, ed io continuo a dire, che questo è un popolo fraterno. Ma il nemico si è comportato diversamente.

In termini politici, la Russia poneva l’accento sul sud-est ucraino. Perché? Perché queste sono regioni storiche russe, ci vivono i russi, e non importa cosa sia scritto sul passaporto. Hanno un’unica lingua madre – quella russa, tutta la cultura, le tradizioni sono russe, tutto… questa è gente nostra.

Ci siamo sempre concentrati su questa parte dell’Ucraina e questo ha avuto importanti conseguenze politiche interne, perché non ha permesso ai nazionalisti estremi di raggiungere il potere reale con mezzi politici legali. Sempre quelle forze politiche e quei leader politici che hanno rivendicato posti più elevati nello Stato avrebbero dovuto prendere in considerazione l’opinione degli elettori del sud-est dell’Ucraina, sempre. Senza di loro, era impossibile salire al potere. Ma non appena sono saliti al potere, si sono immediatamente dimenticati di loro, nessuno ha ricordato i loro interessi e hanno immediatamente obbedito alle azioni dei nazionalisti estremi che si sono comportati attivamente, offensivi, in modo aggressivo. E immediatamente si sono trasferiti nella politica dei nazionalisti.

Abbiamo cercato di combattere tutto questo. In che modo? Prima di tutto, con mezzi economici: a prezzi stracciati, abbiamo venduto energia, e poi prestiti, cooperazione – abbiamo fatto di tutto, davvero, per costruire relazioni. No, l’Occidente con enfasi su queste forze nazionaliste attive e aggressive in Ucraina semplicemente non ci ha lasciato alcuna possibilità.

Ma anche loro hanno affrontato il fatto che è impossibile raggiungere finalmente i loro obiettivi con mezzi legali e trascinare l’intera Ucraina dalla loro parte. Non funziona, c’è questo sud-est che arriva ai sondaggi e ai voti per coloro che parlano della necessità di buoni rapporti con la Russia. Questo è quello che è successo nella vita reale. Non funziona, di decennio in decennio non funziona in alcun modo. E cosa hanno intrapreso a quel punto? Il colpo di Stato.

Sì, ovviamente, ci sono stati molti problemi in Ucraina: interni, economici, sociali, ingiustizie. Ma a che pro un colpo di Stato? Andate alle elezioni, come ci è stato detto tutto il tempo: solo con mezzi politici, solo in questo modo, solo all’interno del quadro della Costituzione! E dov’è tutto questo? Qui c’è riluttanza a mostrarlo, giusto? Si sono resi conto che non era possibile “staccare” l’Ucraina esclusivamente con mezzi politici, usavano gli errori delle allora autorità dell’Ucraina – di nuovo, con enfasi su queste forze aggressive nazionaliste – e fecero un colpo di Stato. Non è chiaro perché, solo per risolvere il problema una volta per tutte, tutto lì.

In questo senso, ovviamente, hanno raggiunto i loro obiettivi. Non avevamo altra scelta che sostenere la Crimea, altrimenti avrebbero organizzato un massacro lì.

Ma è sorto il problema del Donbass. Abbiamo cercato di metterci d’accordo con calma. In generale, eravamo pronti a garantire, a determinate condizioni prescritte negli accordi di Minsk, di ripristinare gradualmente l’integrità territoriale dell’Ucraina, incluso il Donbass, al fine di non mettere in pericolo le persone che vivono lì, in modo che le necessarie condizioni fossero create lì a garanzia della loro sicurezza. Questo è l’intero significato degli accordi di Minsk.

Sebbene, se le autorità ucraine e i loro proprietari in Occidente fossero andati a questo, per implementare l’attuazione di questi accordi, tutto gradualmente sarebbe diventato fattibile. Non lo hanno fatto, hanno subito organizzato la guerra nel 2014.

Parlo francamente, infatti, per coloro che hanno partecipato a quegli eventi non è un segreto: non abbiamo fatto nulla, ma siamo stati gradualmente costretti a essere coinvolti per proteggere le persone, in modo che non fossero sterminate. E’ iniziata così.

L’Occidente, specialmente oltreoceano, osservava con piacere. In questo senso, ovviamente, se posso dirlo, ci hanno fregati. L’uso di questa posizione aggressiva ci ha costretto ad una risposta. E poi hanno semplicemente abbandonato tutti gli accordi di Minsk, lo hanno detto pubblicamente al riguardo, e poi i leader occidentali non sono stati timidi riguardo a questo pubblicamente – che era solo una “copertura” per far rivivere o, al contrario, nemmeno rilanciare, ma costruire moderne forze armate dell’Ucraina.

Per cosa? Ma questa è la seconda parte del tiro al piccione, al fine di trascinare l’Ucraina nella NATO. E mi hanno detto tutto il tempo: di cosa hai paura, oggi non li prenderemo. Dicevo: oggi, e domani? E quando arriverà questo domani? Tra un anno, tra due? Dal punto di vista delle prospettive storiche e degli interessi strategici dello Stato russo, anche dopo 10 anni, dopo 15 anni questo è inaccettabile. Che vuol dire “oggi no”? E domani? L’obiettivo è inequivocabile: attirare l’Ucraina nella NATO.

Come ho già ricordato, nel 1991 hanno detto: non un pollice a est. Col cavolo, “non un pollice” – eccoli qui, già alle nostre porte, si sono già presentati. E sono presenti. Si sono presi gli Stati baltici, tutta l’Europa orientale. Anche questi, a che pro? C’erano tutti i tipi di opzioni diverse abbastanza accettabili per tutti. Semplicemente un Paese come la Russia non è necessario, è troppo grande. Bisogna dividerlo, soggiogarlo a pezzi di come soggiogano l’Europa, a pezzi.

Bene, lo hanno fatto nella pratica, scatenando la guerra nel 2014, in cui gradualmente, purtroppo o meno, ma non avevamo altra scelta, abbiamo dovuto essere coinvolti. Allo stesso tempo, hanno risolto un altro importante problema per se stessi: erano molto preoccupati per il riavvicinamento della Russia con l’Europa, molto. Dovrebbero essere loro i padroni lì. Hanno sempre paura: la Russia malvagia ti minaccia! Ho parlato con molti leader e mi hanno detto: perché ci stanno spaventando? Comprendiamo che la Russia non combatterà con l’Europa. Sì, e non lo faremo manco adesso. Le leadership degli Stati Uniti e della NATO affermano: se la Russia vincerà in Ucraina ora, i seguenti sono i Paesi della NATO. Perché abbiamo bisogno di questi Paesi della NATO? Non ne abbiamo mai avuto bisogno – e ora non sono necessari e in futuro non saranno necessari. E allora perché lo dicono? Per spronarli a pagare soldi, ecco perché.

Gli Stati Uniti, avendo risolto i loro problemi subitanei, “staccando”, come credono, l’Ucraina, rompendo le relazioni della Russia con l’Europa, a questo proposito, hanno raggiunto ciò che volevano, purtroppo. E’ solo che non potevamo più comportarci in modo diverso, altrimenti dovevamo consegnare tutto e guardare come si mangiano tutto quel che è russo. Non potremmo farlo e hanno capito che non potevamo farlo, ma loro si comportavano così apposta. Hanno trascinato appositamente noi e l’Europa in questo conflitto, hanno raggiunto i loro obiettivi in questo senso: hanno “separato” la Russia e l’Europa, e ora trasferiscono sull’Europa anche l’onere della responsabilità finanziaria e dei pagamenti.

E la generazione inerte e senza spina dorsale dei politici di oggi in Europa non può resistere, tenendo presente una colossale dipendenza nei media, nell’economia, nella politica. Ovunque vai a vedere, in qualunque grande media in Europa, il beneficiario finale sono alcuni fondi americani, attraverso tre o quattro passaggi. Tutto è lì, tutto è oltreoceano. E questo è un impatto sulla vita politica. Fin da giovani, da una panchina di studenti, i servizi speciali dei loro sostenitori li “acquisiscono”, ci lavorano, li trascinano nell’Olimpo politico dei Paesi europei.

Ma non così semplice: i cittadini europei iniziano a rendersi conto di ciò che sta accadendo e quindi un certo cambiamento inizia nella stessa Europa. Ora non sto nemmeno parlando di problemi di natura economica – ci sono, sono ben noti a tutti, è tutto nei documenti, non solo nelle manifestazioni nei Paesi europei. Le principali economie industriali in Europa entrano in recessione.

Ma anche nella coscienza politica di molti popoli d’Europa, stanno avvenendo cambiamenti. Vedono che gli Stati Uniti sfruttano sfacciatamente senza pietà l’Europa nei loro interessi e in ultima analisi ci sputano sopra.

Ma questa è la loro scelta, questa è la scelta dei popoli d’Europa. Non siamo mai intervenuti, non interferiamo e non interferiremo. Quel che invece faremo esattamente è di difendere i nostri interessi. Perché ciò che gli Stati hanno fatto in Ucraina è di non dare, privare di un modo normale e politico di costruire relazioni con questo Paese. Hanno agito illegalmente. Nel 2014, hanno fatto un colpo di Stato ed hanno proseguito sulla strada dell’illegalità. Ci hanno semplicemente costretto a rispondere a questa illegalità.

Per quanto riguarda l’Europa, ripeto: sta arrivando la comprensione da parte della popolazione che altri Paesi li usano nei loro interessi, soprattutto gli Stati Uniti. Bene, affari loro, non interferiremo.

Quello che però vorrei dire in conclusione: l’unico garante della sovranità e dell’integrità territoriale dell’Ucraina era la Russia. La Russia, quando ha creato l’Unione Sovietica, ha trasferito enormi territori storici russi, insieme alla popolazione, un potenziale enorme, e ha investito risorse colossali in questi territori.

Le terre occidentali dell’Ucraina? Sappiamo come l’Ucraina li ha ricevuti. Gliele diede Stalin dopo la seconda guerra mondiale. Ha dato parte delle terre polacche, Leopoli e così via, diverse grandi aree, ci vivono 10 milioni di persone. Per non offendere i polacchi, ha compensato le loro perdite a spese della Germania: ha dato le terre orientali della Germania, del corridoio di Danzica e di Danzica stessa. Una parte l’ha presa alla Romania, un’altra all’Ungheria, tutto trasferito all’Ucraina.

E le persone che vivono lì – molte in ogni caso – vogliono tornare alla loro patria storica. E quei Paesi che hanno perso questi territori, principalmente la Polonia, sognano di riprenderseli.

In questo senso, solo la Russia potrebbe essere un garante dell’integrità territoriale dell’Ucraina. Non vogliono, pazienza. La storia metterà tutto al suo posto. Non interferiremo, ma non daremo nulla di quel che è nostro. Questo è ciò che tutti dovrebbero capire in Ucraina, coloro che sono aggressivi nei confronti della Russia, sia in Europa che negli Stati Uniti. Vogliono negoziare, che si mettano pure d’accordo. Ma per quanto ci riguarda lo faremo solo in base ai nostri interessi.