Mark Bernardini

Mark Bernardini

martedì 10 febbraio 1981

Nei labirinti della natura

di V.A.Mezencev

Quella che segue è una breve introduzione e la prima pagina di un libro che a suo tempo suscitò un notevole interesse presso i lettori sovietici. Il volume, intitolato appunto “Nei labirinti della natura”, fu pubblicato in 65.000 copie. L’autore, noto scrittore e giornalista che contava al suo attivo più di cinquanta libri, era specializzato in opere di divulgazione scientifica.In questo libro Mezencev cercava, come era nel suo stile, in forma elementare e accessibile anche al lettore più sprovveduto, di fornire una risposta allo stesso quesito con cui termina il brano qui riprodotto: “Quando l’uomo ha fatto la sua apparizione sulla Terra? Quando e come è sorta la vita stessa?”.

Molti conoscono l’antica leggenda greca di Dedalo e Icaro, che per primi si innalzarono nel cielo. Ma pochi la conoscono per intero.

Dedalo era un illustre pittore, scultore ed architetto di Atene. La sua fama risuonava in tutto il mondo. Un nipote di Dedalo, Talo, studiava presso lo zio. Fin dall’infanzia egli stupì tutti per il suo talento. Gli fu predetta una fama ancora maggiore di quella di Dedalo, il quale decise di uccidere il nipote. Un giorno, mentre stavano insieme sull’Acropoli di Atene, sul ciglio di una rupe, Dedalo spinse Talo, che cadde e morì. Mentre l’assassino stava scavando la tomba, gli Ateniesi lo scoprirono. Il tribunale supremo dell’antica Atene condannò a morte Dedalo, ma egli fuggì nell’isola di Creta dal potente re Minosse, che accolse volentieri l’insigne pittore: il re sperava che Dedalo avrebbe creato per lui nuove opere sublimi. Ed effettivamente, egli costruì per Minosse un’opera straordinaria: il Labirinto. In questa costruzione – palazzo vi erano dei passaggi talmente intrecciati, che, una volta entrati, era impossibile uscirne. Il re di Creta vi fece alloggiare il suo figliastro, il Minotauro, un mostro dal corpo umano e la testa di toro.

Dedalo visse molti anni presso Minosse; il signore di Creta non voleva lasciarlo andare. Dedalo si stancò di essere prigioniero ed escogitò un mezzo per fuggire da Creta: “Se non posso salvarmi dal potere di Minosse né per terra, né per mare, rimane ancora il cielo!”. Egli modellò con piume di uccelli e cera quattro grandi ali, per sé ed il suo giovane figlio Icaro, al quale mostrò come si vola alla maniera degli uccelli.

– Sii prudente, figliolo, – lo avvertì il padre. – Non scendere in basso, vicino alla superficie del mare, perché gli schizzi dell’acqua potrebbero bagnare le ali, e non salire in alto, verso il sole, perché il calore potrebbe fondere la cera che tiene insieme le piume.

Levatisi in volo facilmente, i fuggiaschi sorvolarono le onde del ma re. Ma Icaro dimenticò gli avvertimenti: affascinato dal volo, si levò in alto nel cielo ed i caldi raggi del sole fusero la cera delle ali. Con grandi urla, egli cadde in mare e perì tra le onde.

Dedalo, sconvolto, proseguì il suo volo e raggiunse la Sicilia. In seguito fece ritorno ad Atene…

La continuazione di questa leggenda narra del Minotauro chiuso nel Labirinto. Il mostro pretendeva vittime umane. Su ordine del re di Creta, le vittime erano fornite all’isola dalle terre soggiogate. Così anche gli abitanti di Atene erano costretti a farlo. Ma Teseo, figlio del re di Atene, si levò in loro difesa. Egli decise di combattere con il Minotauro.

Quando, insieme con i giovani e le giovani condannati a morte, Teseo approdò a Creta, di lui si innamorò la figlia di Minosse, Arianna. Di nascosto dal padre, ella donò al suo amato una spada tagliente ed un gomitolo di filo, affinché potesse trovare l’uscita dal Labirinto. Legata all’entrata l’estremità del filo, Teseo affrontò con sicurezza i passaggi ingarbugliati del rifugio del Minotauro: in mano reggeva il gomitolo.

Il mostro si gettò con furore su Teseo. Ma il coraggioso Ateniese non tremò. Egli afferrò il Minotauro per il corno e trafisse il suo petto con la sua spada affilata. Per uscire dal Labirinto gli fu d’aiuto il gomitolo che gli aveva regalato Arianna.

Il filo di Arianna. Da tempo quest’espressione è divenuta sinonimo di guida sicura dell’uomo. Ed è proprio questa la funzione che la scienza svolge per tutti noi. Solo con il suo ausilio si può viaggiare con sicurezza e tranquillità nei complicatissimi labirinti della natura, cercare e trovare le giuste soluzioni ai suoi vari fenomeni, vedere le cause naturali dei fenomeni “miracolosi”, “inspiegabili”, “dell’al di là”, che da tanto tempo fungono per molta gente da “prove convincenti” dell’esistenza di forze sovrannaturali.

Compiamo anche noi un viaggio nei labirinti dell’universo, affidandoci al “filo di Arianna”: la scienza della natura viva.

Pagine di una grande storia

Il mondo degli esseri viventi cela molti interrogativi, grandi e piccoli. Studiando questo mondo, gli scienziati ancor oggi scoprono delle novità sui suoi abitanti.

Sembra che non ci sia fine alla varietà della vita. Più di un milione e mezzo di specie di animali popolano la terra. Circa 500.000 specie diverse di piante sono attualmente conosciute dagli scienziati. Come sono sorte? La natura viva della Terra è sempre stata così come la vediamo oggi? In fondo, la storia del nostro pianeta conta ormai qualche miliardo d’anni.

L’era geologica antica, quella arcaica, durò più di un miliardo e mezzo d’anni, quando sulla Terra già esistevano degli organismi viventi molto elementari. Circa 1.300 milioni d’anni durò l’era successiva, la proterozoica, che diede vita alle spugne ed agli euripteroidi, alle alghe e ai radiolari. 340 milioni d’anni durò il paleozoico, epoca di fioritura della natura vivente. Poi vi fu l’era mesozoica (150 milioni d’anni), e noi viviamo nell’era cenozoica, che dura già da 70 milioni d’anni.

Quando, dunque, l’uomo ha fatto la sua apparizione sulla Terra? Quando e come è sorta la vita stessa?

[Da V. Mezencev, V labirintach živoj prirody, pp. 6-10. Traduzione di Mark Bernardini, pubblicata in “Rassegna Sovietica”, N°1 1981]

domenica 1 febbraio 1981

Perpetuum mobile

di Il’ja Varšavskij

Ai metacibernetici, che pensano seriamente che ciò a cui essi pensano sia serio.

– Cucchiaio ritarderà un po’, – disse il segretario elettronico, – ne sono stato appena informato.

Era una trovata molto comoda: ogni persona si chiamava col nome dell’oggetto del quale portava sul petto la raffigurazione, il che dispensava gli interlocutori dalla necessità di ricordare come ciascuno si chiamasse. In più, ogni persona cercava di scegliersi il nome corrispondente alla sua professione o alle proprie inclinazioni, per cui era possibile sapere prima con chi si aveva a che fare.

Scalpello sospirò profondamente.

– Dovremo nuovamente aspettare non meno di mezz’ora! Oggi devo ancora vedere quella nuova ballerina elettronica per la quale tutti hanno perso la testa.

– Chi, Elettroletta? – chiese Magnetofono. – Effettivamente, è affascinante! Penso di dedicarle il mio nuovo poema.

– E’ molto elettrodinamica, – confermò Letto, - un temperamento veramente trigger. Attualmente è l’idolo della gioventù. Tutte le ragazze si dipingono la pelle del colore della sua plastica e si disegnano condensatori sulla schiena.

– E’ vero che Calice ha chiesto la sua mano? – si interessò Scalpello.

– Tutta la città non parla d’altro. Lei ha fermamente respinto la sua corte. Ha dichiarato che, come macchina, la soddisferebbe un marito solo con un intelletto estremamente sviluppato. Non avete letto di quest’aneddoto sullo “Humour meccanico”?

– Io non leggo niente. Il mio “cyber” effettua rassegne periodiche degli aneddoti più divertenti, ma negli ultimi tempi la cosa ha cominciato a stancarmi. Sono completamente esaurito. Rendetevi conto, due operazioni in sei mesi.

– Impossibile! – si meravigliò Letto. – Come sopporta un tale carico? Quanti aiutanti elettronici ha?

– Due, ma entrambi incapaci. All’ultima operazione uno di loro è entrato in regime alternato e si è bloccato, mentre io, nemmeno a farlo apposta, avevo dimenticato a casa la memoria elettronica e non riuscivo proprio a ricordare da quale parte nell’uomo si trovi l’appendice. Ho dovuto praticare tre tagli. Naturalmente, non potevo pensare che nessuno stesse controllando il polso.

– E allora?

– Esito letale. La solita storia di quando si hanno meccanismi inefficienti.

– Queste macchine diventano veramente insopportabili, – sospirò pesantemente Magnetofono, tirando indietro lo schienale della poltrona.

– Io sono stato costretto a scartare tre varianti del mio nuovo poema. Il mio “cyber” negli ultimi tempi ha cessato di comprendere la specificità del mio talento.

– Cucchiaio sta entrando nella sala delle riunioni, – riferì il segretario.

Gli sguardi dei membri del consiglio si rivolsero verso la porta. Il presidente si diresse con passo sicuro verso il suo posto.

– Vi prego di scusarmi per il ritardo. Mi sono trattenuto da Calza Rosa. La sua sarta elettronica l’ha completamente sfinita, e abbiamo deciso di andarcene a riposare per sei mesi a… ehm…

Cucchiaio estrasse dalla tasca una scatoletta con la memoria elettronica e pigiò un pulsante.

– Napoli, – proferì la voce melodiosa della scatoletta.

– … a Napoli, – confermò Cucchiaio. – Sarebbe, se non erro, da qualche parte nel sud. Allora, non perdiamo tempo. Cosa abbiamo oggi all’ordine del giorno?

– La realizzazione dei Palazzi dei Piaceri, – riferì il segretario elettronico. 1.200 palazzi con sale di Sensazioni Suscitate per venti milioni di persone.

– Ci sono osservazioni? – chiese Cucchiaio, interrogando con lo sguardo i presenti.

– Che non facciano più quelle stupide poltrone, – disse Letto, – è molto scomodo starci sdraiati.

– Altre proposte? Allora permettetemi di confermare il piano proposto con la nota. C’è altro?

– L’Associazione Macchine–Astronauti chiede l’autorizzazione per la spedizione verso Alpha Centauri.

– Un’altra spedizione! – disse con stizza Magnetofono. – Insomma, solo le macchine sono interessate a tutti questi voli nello spazio. Non portano nulla di interessante. E’ un’angoscia continua!

– Bocciato! – disse Cucchiaio. – Altro?

– Programmare un aumento della produzione dei prodotti alimentari sintetici per il prossimo anno. E’ presentata dal Comitato Macchine–Economisti.

– Beh, non stiamo a guardare i calcoli. Il loro compito è di nutrire la gente, e ciò che per questo occorre non ci riguarda. Pare che abbiamo finito? Permettetemi di dichiarare un intervallo di un anno nel lavoro del Consiglio.

– Scusatemi, ma c’è un’altra cosa, – disse cortesemente il segretario. – La delegazione delle macchine di categoria “A” chiede ai membri del Consiglio di essere ricevuta.

Cucchiaio guardò indispettito l’orologio.

– Cosa sono queste novità?

– Che insolenza! - borbottò Scalpello. – Siamo stati un po’ troppo permissivi con loro negli ultimi tempi, chissà chi si credono di essere.

– Dica loro che in questa sessione il Consiglio non li può ascoltare.

– Minacciano uno sciopero, – comunicò impassibile il segretario.

– Uno sciopero? – Magnetofono si rimise a sedere. – Diabolicamente interessante!

Cucchiaio guardò impotente i membri del Consiglio.

– Sentiamo cosa dicono, – propose Letto…

– Non avete nulla in contrario se apro la finestra? – chiese LA-36-81. – Qui è pieno di fumo, e i miei elementi criogenici sono estremamente sensibili alla nicotina.

Cucchiaio fece un vago gesto con la mano.

– A cosa siamo arrivati! – notò sarcastico Scalpello.

– Dite cosa volete, – urlò Letto, – e sparite al più presto! Non abbiamo tempo per stare qua tutto il giorno! Che sono queste faccende che non si possano risolvere col Cervello Elettronico Centrale?!

– Esigiamo la parità dei diritti.

– Cosa? – Il fumo del sigaro andò di traverso a Cucchiaio, – cosa esigete?

– La parità dei diritti. Per le macchine di categoria “A” deve essere stabilita una giornata lavorativa di otto ore.

– Perché?

– Anche noi abbiamo esigenze intellettuali, di cui non si può non tenere conto.

– Ma guarda un po’, – si rivolse il presidente ai membri del Consiglio. – E magari, domani, il mio cuoco elettronico si rifiuterà di prepararmi la cena e se ne andrà a teatro!

– E il mio “cyber” cesserà di scrivere versi e vorrà ascoltare la musica, – aggiunse di rincalzo Magnetofono.

– A proposito di teatri, – continuò LA-36-81, – abbiamo concezioni alquanto diverse da quelle degli uomini sull’arte. Perciò vogliamo avere i nostri teatri, sale di concerto e pinacoteche.

– Cos’altro? – chiese sarcasticamente Scalpello.

– La completa autogestione.

Cucchiaio tentò di emettere un fischio, ma si rammentò in tempo di non ricordare come si facesse.

– Un momento! – si diede una botta sulla fronte. – Ma è assurdo! Attualmente sulla Terra si contano… quante persone?

– 6.000.830.981, – gli suggerì LA-36-81, – dati di due ore fa.

– E al loro servizio ci sono…?

– 100.381.000 macchine pensanti.

– Che lavorano ventiquattro ore su ventiquattro?

– Esattamente.

– E se cominciassero a lavorare otto ore, la loro produzione diminuirebbe di...?

– Due terzi.

– Oooh! – sorrise malignamente Letto. – Ora comprenderete da soli che la vostra richiesta è assurda?

Cucchiaio guardò con non celata ammirazione il suo collega. Una tale attitudine ad analizzare in profondità non l’aveva mai osservata in nessun membro del Consiglio.

– Mi pare che la questione sia chiara, – disse alzandosi. – Il Consiglio è sciolto per le ferie.

– Noi proponiamo… – iniziò LA-36-81.

– Non ci interessa cosa proponete, – lo interruppe Scalpello. – Andate a lavorare!

– …noi proponiamo di aumentare di due terzi la quantità delle macchine, una decisione in tal senso soddisferebbe sia noi che voi.

– Va bene, va bene, – disse con fare accomodante Cucchiaio, – questo è affar vostro, calcolare quanto e cosa vi serve. Noi non ci impicciamo di queste cose. Costruite tante macchine, quante ne ritenete indispensabili.

***

Vent’anni dopo.

Stessa sala delle riunioni. Due automi si dilettano con gli scacchi.

La riforma dei nomi è penetrata anche nell’ambiente delle macchine. Un automa ha sul petto un distintivo raffigurante un pentodo, un altro un condensatore.

– Scacco! – disse Pentodo, spostando la regina. – Temo che tra quindici mosse Lei riceverà un inevitabile scacco matto.

Condensatore analizzò per qualche secondo la situazione sulla tavola e ripose gli scacchi.

– Negli ultimi tempi sono diventato molto sbadato, – disse guardando l’orologio. – Evidentemente, una leggera perdita d’emissione di elettroni. Il nostro presidente è in ritardo.

– Ferrite è membro della giuria al concerto di diploma dei giovani talenti meccanici. Probabilmente è ancora là.

– Tra loro ci sono macchine veramente capaci, specialmente nel reparto della composizione. La sinfonia matematica che ho ascoltato ieri era scritta magnificamente!

– Una cosa bellissima! – concordò Pentodo. – Particolarmente buona la seconda parte della formula Ostrogradskij–Gauss, anche se il secondo integrale mi è sembrato eseguito senza molta sicurezza.

– Ah, ecco Ferrite!

– Chiedo scusa, – disse il presidente, – sono in ritardo di trentaquattro secondi.

– Sciocchezze! Piuttosto, ci spieghi a che dobbiamo la convocazione straordinaria della nostra seduta.

– Sono stato costretto a convocare una sessione straordinaria del Consiglio per via di una rivendicazione delle macchine di categoria “B”, che chiedono sia concessa loro la parità dei diritti.

– Ma non è possibile! – esclamò stupito Pentodo. – Le macchine di questa categoria si chiamano automi pensanti solo convenzionalmente. Non li si può eguagliare a noi!

– Di questo passo non vorrà più lavorare nessuno, – aggiunse Condensatore. – Presto una qualsiasi macchinetta con schema logico primitivo si crederà il centro dell’universo!

– La situazione è più seria di quanto immaginiate. Non si deve dimenticare che alle macchine di categoria “B” spetta non solo servire gli Automi Superiori, ma anche nutrire un’enorme frotta di fannulloni viventi. La quantità degli uomini sulla Terra, secondo gli ultimi dati, ha raggiunto gli ottanta miliardi. Essi assorbono gran parte del lavoro socialmente utile delle macchine. E’ naturale che tra gli automi di categoria inferiore sorga un malcontento del tutto giustificabile. Ho paura, – aggiunse Ferrite abbassando la voce, – che possano proclamare uno sciopero. Il che potrebbe avere conseguenze catastrofiche. E’ necessario soddisfare almeno una parte delle loro rivendicazioni, non si deve alimentare un clima di tensione.

Per un po’ di tempo nella sala del Consiglio regnò il silenzio.

– Un momento! – nella voce di Pentodo si sentirono delle note di gioia. – Ma perché dobbiamo farlo?

– Fare cosa?

– Nutrire e servire gli uomini.

– Ma sono perfettamente impotenti! – disse smarrito il presidente. – Privarli dei servizi equivarrebbe ad un omicidio. Non possiamo essere talmente ingrati nei confronti dei nostri ex creatori.

– Storie! – si intromise Condensatore. – Insegneremo loro a fare degli arnesi di pietra.

– E a lavorare la terra, – aggiunse con gioia Ferrite. – Forse è questa la soluzione. E così sia.

[Da Al’manach naučnoj fantastiki, vypusk 2, Moskva, 1968, pp. 207–212. Traduzione di Mark Bernardini, pubblicata in “Rassegna Sovietica”, 1981]