Mark Bernardini

Mark Bernardini

sabato 19 agosto 2023

039 Italiani di Russia

Trentanovesimo notiziario settimanale di lunedì 21 agosto 2023 degli italiani di Russia. Buon ascolto e buona visione.

Attualità

A Gavirate, si è svolto il festival dell’arte in memoria di Dar’ja Dugina. La giovane giornalista è rimasta uccisa in un attacco terroristico ucraino il 20 agosto dell’anno scorso, quando un ordigno installato sulla sua macchina esplose senza lasciarle scampo.

Il suo martirio è diventato per molti un simbolo della sfida filosofica tra due mondi, la lotta tra Luce e Ombra. Benché giovane, era dotata di una saggezza molto profonda, parlava del ruolo del suo Paese invitando i popoli della Terra a unirsi alla causa giusta.

La morte di questa giornalista, politologa e commissaria militare ha risuonato nei cuori di moltissima gente, ma d’altronde, la piccola guerriera del grande mondo russo, come l’hanno definita i giornalisti, non poteva essere ignorata dai suoi nemici. Ha partecipato anche la madre di Daša, la filosofa Natal’ja Melent’eva.

Daša Dugina era diventata famosa in Italia dopo un suo viaggio, dove ha parlato con giovani italiani a Milano, Roma, Varese, Firenze, Torino, Napoli, ha incontrato molti politici, alcuni leader di spicco del governo italiano. In tutti gli incontri, Daša ha convinto le persone che l’Europa è un campo di battaglia tra le forze dello spirito e la non esistenza. Ha chiamato tutti a combattere con lei contro l’Occidente, contro le oligarchie. Contro un mondo unipolare. Contro l’Inghilterra e l’America. Contro la tirannia dell’Unione Europea.

La guerra travalica i confini nazionali e la vittoria sarà l’inizio di un nuovo mondo: più libero, più giusto, multipolare e più umano. Tutto questo conferma che in realtà la morte della giovane giornalista non abbia interrotto il suo lavoro.

A metà agosto, a Mosca, si è svolto il forum internazionale “Armija 2023”, “Esercito 2023”. 41.500 mq di esposizione al coperto e 120.000 mq all’aria aperta, con un migliaio e mezzo di rappresentanti da tutto il mondo e quasi 30.000 manufatti esposti. Notevole, in particolare, l’esposizione dei “trofei di guerra”, e cioè di quanto fornito dall’Occidente agli ucrofascisti, finito in mano ai russi dopo la fuga precipitosa delle truppe di Kiev. Possiamo visionare i veicoli corazzati americani M-113, quelli da combattimento di fanteria svedesi CV90, i carri armati francesi AMX-10RCR e altri campioni di equipaggiamento NATO.

La settimana scorsa, tra le centinaia di commenti a questo notiziario, un commentatore ha avuto l’ardire di affermare che dovrei metterci qualche bella ragazza, altrimenti sono noioso. Facciamo la solita figura da italiani, con il sesso in testa, come le commedie all’italiana zozzettone degli anni ’70 con Edwige Fenech, ma chi sono io per contraddirlo? Voglio confermare la vulgata, infatti la settimana prossima vi proporrò un servizio fatto per noi da… un uomo, uno dei nostri telespettatori e ascoltatori, venuto a Mosca, tra l’altro, proprio per visitare l’esposizione in questione. Per ora, contentatevi di un filmato dai media russi.

C’è un comunicato ufficiale dell’ambasciata russa a Roma, riguardante i media italiani. Non sto a mostrarvi le loro svastiche e affini, tanto li conoscete benissimo, e a me non piace fare pubblicità a questi delinquenti.

Sono sconcertanti i materiali dei media italiani in cui i militanti del battaglione neonazista ucraino «Azov» sono glorificati e presentati come difensori dei valori europei e salvatori della democrazia.

In particolare, l’ANSA ha illustrato la notizia del loro “ritorno al fronte” con una fotografia provocatoria in cui gli eredi ideologici degli organizzatori del pogrom di Leopoli del 1941 posano con orgoglio sotto bandiere con simboli, ovviamente, non chiari a tutti.

Appositamente per i media italiani e per tutti coloro che sono interessati alle radici ideologiche del regime di Kiev, spieghiamo: si tratta dei cosiddetti “wolfsangel”, simboli di origine germanica. Non hanno nulla a che vedere con la storia dell’Ucraina, ma durante la Seconda guerra mondiale erano adottati dalle divisioni SS “Das Reich” e “Landstorm Nederland”, nonché dalla 4a divisione di polizia delle SS e dalla 19a divisione corazzata della Wehrmacht. Oggi questi simboli sono fatti propri dagli ammiratori ucraini di Hitler e Bandera il cui motto “Gloria all’Ucraina! – Gloria agli eroi!” è stato creato come doppione dal tedesco “Heil Hitler! – Sieg heil!”.

E’ giusto che l’attuale società italiana, fondata sulle idee della Resistenza e orgogliosa delle sue tradizioni antifasciste, partecipi alla campagna che le è stata imposta per glorificare dei militanti dichiaratamente nazisti?

Sarebbe ora di capire, finalmente, che i rappresentanti della giunta militare delinquenziale di Kiev, capeggiata da Zelenskij, che si esprimono con vigore e arroganza sulle pagine dei giornali italiani per la libertà e la democrazia nel mondo – i vari Podoljak, Ermak, Danilov, ecc. – sono dei fanatici politici, estremisti, terroristi, antisemiti, nonché eredi ideologici di Hitler, Bandera, Šuchevič e altri criminali nazisti che fecero precipitare il mondo nella catastrofe della Seconda guerra mondiale.

Vladimir Zelenskij ha scritto sul suo canale Telegram l’8 luglio che dopo il suo incontro con il presidente Tayyip Erdogan, Denis Prokopenko, Svjatoslav Palamar, Sergej Volynskij, Oleg Chomenko, Denis Šlega stavano volando a Kiev dalla Turchia. Come ha sottolineato l’addetto stampa del presidente della Federazione Russa Dmitrij Peskov, la Russia considera il trasferimento dei leader dei militanti a Kiev una violazione degli accordi e ne discuterà con la parte turca. Secondo lui, queste persone, secondo gli accordi raggiunti in precedenza, avrebbero dovuto essere in Turchia fino alla fine del conflitto. Allo stesso tempo, ha osservato che Ankara ha preso questa decisione sotto pressione sullo sfondo dei fallimenti delle forze armate ucraine durante la controffensiva e il vertice della NATO a Vilnius.

Nel settembre dello scorso anno, Denis Pušilin, che all’epoca ricopriva la carica di capo della Repubblica Popolare di Doneck, ha dichiarato che a seguito dello scambio di prigionieri con l’Ucraina sono state rilasciate 56 persone, di cui 55 erano militari. L’Ucraina ha trasferito 215 persone, tra cui i leader di “Azov”. Anche Erdogan ha annunciato lo scambio. Nel gennaio 2023, il quotidiano Hurriyet, citando fonti turche, ha scritto che i militanti erano ancora in Turchia, il che, secondo quanto riferito, era una richiesta russa.

Editoriale

In questo mese, si è fatto un gran parlare di un generale italiano, Roberto Vannacci, a causa di un suo libro. Innanzitutto, chi è. Dalla guida della Task Force 45 in Afghanistan, al comando del 9° Reggimento Col Moschin e quindi della Brigata Paracadutisti Folgore di Livorno. E già non dovrebbe assolutamente essere nelle mie corde, è evidente.

Somalia, Rwanda e Yemen (1992-1994). Bosnia (2000). Costa D’Avorio (2004). Iraq e Afghanistan (2005-2009). Libia (2011). Ancora Afghanistan (2013). Ancora Iraq (2017). Insomma, ha partecipato a tutte quelle missioni italiane che personalmente ritengo indegne.

Nel 2020 e fino al 2022 è stato l’addetto militare dell’ambasciata italiana a Mosca, salvo poi essere finito negli elenchi dei diplomatici espulsi come risposta diplomatica speculare all’espulsione dei diplomatici russi dall’Italia.

Sembrerebbe che io ve ne parli per dargli addosso, come tutti i media mainstream. E invece è l’esatto contrario. Durante il comando della missione Prima Parthica in Iraq (2017-2018), il generale Vannacci ha presentato due esposti alla Procura militare e alla Procura ordinaria di Roma denunciando gravi e ripetute omissioni nella tutela della salute del contingente italiano. Ha denunciato il pericolo di esposizione alle particelle di uranio impoverito all’interno del suo Documento di valutazione dei rischi smentendo, de facto, i vertici del Ministero della Difesa che, per anni, hanno sostenuto l’inesistenza di tale minaccia per la salute. E qui già cominciava ad essere meno simpatico all’establishment.

Nell’agosto 2023 ha pubblicato un libro dal titolo “Il Mondo al Contrario”, che ha suscitato numerose polemiche a causa dei suoi contenuti ritenuti omofobi e sessisti. Come conseguenza di tale affaire, Vannacci perde il comando dell'Istituto Geografico Militare di Firenze, appena assunto il 21 giugno 2023, già il 18 agosto dello stesso anno.

“Quest’opera rappresenta una forma di libera manifestazione del pensiero ed espressione delle personali opinioni dell’autore – premette Vannacci – e non interpreta posizioni istituzionali o attribuibili ad altre organizzazioni statali e governative”. Il mondo al contrario? Di cosa? “Del buonsenso, del sentire comune – risponde l’autore nel primo capitolo – della tanto odiata normalità che si oppone all’ormai estrema percezione soggettiva del giudizio e della realtà. La parola normalità ha addirittura assunto un’accezione negativa”. “La cosiddetta «correttezza politica» – prosegue Vannacci – penetra ogni ambito e ogni situazione. In nome della più estesa inclusività dobbiamo rifuggire qualsiasi atteggiamento che possa creare uno «svantaggio percepito» nei confronti di determinate categorie di persone, spesso in acuta minoranza all’interno della collettività, pena l’essere apostrofati quali istigatori dell’odio, razzisti, omofobi conservatori e, pertanto, pericolosi asociali”.

“Basta aprire quella serratura di sicurezza a cinque mandate che una minoranza di delinquenti ci ha imposto di montare sul nostro portone di casa, per inoltrarci in una città in cui un’altra minoranza di maleducati graffitari imbratta muri e monumenti. Sperando poi di non incappare in una manifestazione di un’ulteriore minoranza che, per lottare contro una vaticinata apocalisse climatica e contro i provvedimenti già presi e stabiliti dalla maggioranza, blocca il traffico e crea disagio all’intera collettività”.

Leggo sui giornali di destra e di sinistra, anzi, di destra e di centrosinistra, virgolettato: “Sono l’erede di Giulio Cesare, basta con le minoranze, gli omosessuali non sono normali”. Sapete che vuol dire “virgolettato”? Vuol dire che gli si attribuiscono tali affermazioni. Leggo ancora: “Le sparate del generale contro gay, femministe e migranti (con linguaggio triviale e sessista)”. Insomma, praticamente un pazzo criminale, che come tale, non può e non deve godere di credito alcuno, al punto che persino il presidente di Orizzonte Sistemi Navali, impresa creata come joint venture tra Fincantieri e Leonardo e specializzata in sistemi ad alta tecnologia per le navi militari e di gestione integrata dei sistemi d’arma, che incidentalmente è anche l’attuale ministro della difesa italiano, Guido Crosetto, di Fratelli d’Italia ed ex segretario piemontese del movimento giovanile della Democrazia Cristiana, dichiara: “Farneticazioni”. Al punto che, si allude, il “mondo al contrario” non è più quello descritto da Vannacci, bensì proprio quello di Vannacci stesso.

“Io mi posso tranquillamente definire una persona non normale. In tutto quello che ho fatto, nella mia vita e nella mia carriera militare, sono uscito dalla normalità. Gli omosessuali non sono normali tanto quanto non lo sono io. Sono una persona che ha fatto scelte diverse, di cui vado fiero. E sarei altrettanto fiero se fossi omosessuale”. Vannacci afferma di non essere razzista perché ha combattuto in Iraq: «Il fatto di avere combattuto fianco a fianco, mano nella mano, con persone di etnia africana, mediorientale, tajiki, pasthun rivela proprio che l’accusa di razzismo è un’invenzione dei media. Senza mai tirarmi indietro ho rischiato la pelle per ideali e principi di etnie diverse, se non le vogliamo chiamare razze. Ma con questo non voglio dire che non esistono etnie, culture, civiltà diverse”.

E per quanto riguarda la sparata su Giulio Cesare, totalmente decontestualizzata e arbitrariamente estrapolata, sapete cos’ha detto in realtà? “La mia cultura, la considero un dono che i nostri avi ci hanno tramandato con cura e che dobbiamo custodire gelosamente. Sì, perché forse ingenuamente ed illudendomi un po’, ritengo che nelle mie vene scorra una goccia del sangue di Enea, di Romolo, di Giulio Cesare, di Dante, di Fibonacci, di Giovanni dalle Bande Nere e di Lorenzo de Medici, di Leonardo da Vinci, di Michelangelo e di Galileo, di Paolo Ruffini, di Mazzini e di Garibaldi”. Bel colpo, maledetti pennivendoli.

Beh, proprio perché non sospettabile di qualsivoglia simpatia per le posizioni politiche di Vannacci, io vi dico che in questo frangente sono totalmente dalla sua parte, senza riserve. Aggiungo che conosco molto bene come funzioni l’ambiente contemporaneo del giornalismo. Permettetemi una digressione personale. Molti sanno che faccio l’interprete di simultanea da una quarantina di anni. Tuttavia, non sono scevro dal giornalismo. Ho iniziato sedicenne facendo le rassegne stampa su Radio Blu, a Roma, nel 1978. Allo scioglimento dell’Unione Sovietica, ho collaborato spesso con Radio Popolare di Milano. All’inizio di questo millennio ho tenuto per un paio d’anni una rubrica fissa su “La rinascita della sinistra”. Negli anni dieci, qui a Mosca, per alcuni anni ho lavorato alla redazione italiana della radio di Stato “La voce della Russia”. In questi ultimi anni, mi sentite spesso su giornaleradio.fm e mi vedete su Cusano News 7 e su Visione TV, per non parlare di numerosi canali televisivi russi, che non cito perché tanto non li conoscete e in Italia vengono oscurati.

Alcuni ricorderanno che nel 2000 avevo scritto un libro contro Berlusconi. Fu così che persi casa, lavoro e fui costretto ad emigrare. Erano i tempi pionieristici di internet, si andava a schedine gratta e vinci a 14.400 Kbit/sec dal telefono di casa, i cellulari a tastiera non avevano accesso in rete. Dormivo sotto i ponti, letteralmente. Mi telefonarono alcuni amici, compagni. Scoprii che il mainstream sinistrorso radicalchic mi stava accusando di avere lucrato con i proventi del libro. Spiego. Costava 18.000 delle vecchie lire, 9 euro, io dopo un anno prendevo meno del costo di un caffè per ogni copia venduta, e non divenni per questo più nervoso del solito, anche se ne avevo ben donde. Radio Popolare, in diretta, mi augurò un cancro allo stomaco e affermò che mi ci ero costruito una villa in Costa Azzurra. Non avevo manco un computer per replicare, ma gli telefonai e chiesi loro di comunicarmi l’indirizzo, perché non avevo un posto dove andare a dormire. A distanza di quasi un quarto di secolo, attendo ancora una risposta.

Auguro al generale Roberto Vannacci di farsi ricco con le richieste danni, anche se fiducia nella giustizia italiana ne ho ben poca, per non dire di non averne affatto.

La faccenda della scheda personale sul sottoscritto su un sito ucrofascista di cui vi ho parlato la settimana scorsa ha uno strascico comico. Ho scritto in merito al Comitato Investigativo della Federazione Russa, ve lo riporto, così diventa subito tutto chiaro.

Ho ricevuto in settimana presumibilmente dall’investigatore senior Dvornikov: “Le chiedo di visionare i materiali del procedimento penale n. 11902450048000049, in cui Lei risulta come testimone. Dopo la lettura, Le chiedo di informarmi sulla possibilità di assistere alle udienze in tribunale di persona.

Certo, ho subito notato una serie di contraddizioni.

1. L’IP 87.98.151.107 del mittente si trova a Parigi (in realtà, chissà dove altro).

2. L’investigatore non scrive alle 23:14 e non risponde al suo capo due settimane dopo.

3. Il collegamento per il download porta a un sito americano di file hosting in lingua russa, dubito che gli organi dello Stato utilizzino i servizi di un paese ostile.

4. Il file è stato scaricato 364 volte, per una questione personale è un po’ troppo.

5. Ho controllato l’archivio (zip) con Kasperskij, ovviamente contiene un malware.

Tuttavia, noto che tutti gli estremi del mio passaporto sono corretti. Considerando la mia professione e l’esposizione mediatica, non ci vuole chissà che.

Musica

Proseguiamo con le canzoni legate in un modo o l’altro alla Russia e/o all’Italia. Ho parlato spesso dell’amore smodato, spesso non giustificato e da taluni italiani non corrisposto, dei russi per l’Italia e gli italiani. E mi si dice che non è vero. Beh, ma allora gli italiani dovrebbero protestare più risolutamente, no?

Questa settimana vi propongo un estratto da un film francese della metà degli anni ’60. L’Italia non c’entra nulla, ma nell’ultima parte c’entra la Russia. Qual è il senso? Nessuno. Però, in questa settimana agostana, per una volta tanto, fatemi fare un po’ lo stupido, è comunque divertente.

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