Mark Bernardini

Mark Bernardini

domenica 15 gennaio 2023

008 Italiani di Russia

Notiziario di lunedì 16 gennaio 2023 degli italiani di Russia. E così, è passato anche il Capodanno giuliano, il cosiddetto “Vecchio anno nuovo”. Una considerazione generale. In genere, monitoro quotidianamente quel che dicono i media russi sull’Italia. E’ abbastanza facile: nei motori di ricerca interni al singolo media russo, basta digitare “Italia” in russo. Ultimamente, si fatica a trovare alcunché, quasi tutte le notizie si limitano al calcio. Probabilmente, in Russia si sta perdendo ogni interesse per un Paese inaffidabile nei rapporti bilaterali, e che anzi si schiera sempre più con gli ucrofascisti di Kiev. Triste, ma giusto e giustificato. Buon ascolto e buona visione.

Attualità

L’ex presidente brasiliano Jair Bolsonaro non ha chiesto la cittadinanza italiana, ha dichiarato martedì 10 il ministro degli Esteri italiano Antonio Tajani a Rai Radio 1.

“L’ex presidente Jair Bolsonaro non ha mai chiesto la cittadinanza italiana. Però ci sono delle leggi. Ci sono persone che hanno il diritto di chiederla, ma lui non l’ha chiesta”, ha detto il ministro.

Le informazioni secondo cui Bolsonaro e alcuni membri della sua famiglia intendano ottenere la cittadinanza italiana sono apparse su numerosi media, in particolare sul settimanale brasiliano Istoè. A tal proposito, lunedì il leader del Partito Europa Verde, Angelo Bonelli, ha inviato una richiesta parlamentare alla Farnesina, nella quale propone di chiarire la situazione in merito.

Il quotidiano romano la Repubblica ha ricordato che i figli di Bolsonaro, Flavio ed Eduardo, hanno avviato la procedura per ottenere la cittadinanza italiana per via della ius sanguinis fin dal 2019, e questa informazione è stata confermata dalle autorità nel novembre dello scorso anno. “Si deve presumere che dopo la sconfitta di ottobre anche Bolsonaro, il padre, voglia seguire le orme dei suoi figli. Chiaramente non tornerà in Brasile, almeno per il momento”, ha osservato la pubblicazione. A questo proposito, il quotidiano ha anche indicato il “rapporto privilegiato” tra Bolsonaro e l’attuale vice primo ministro italiano, il leader del partito della Lega, Matteo Salvini.

Nell’ottobre 2021 in Italia è scoppiato uno scandalo per il fatto che le autorità della piccola città settentrionale di Anguillara Veneta hanno conferito a Bolsonaro il titolo di cittadino onorario. Il motivo di questa decisione era il fatto che il suo bisnonno proveniva da questi luoghi. Vittorio Bolsonaro nacque in questo paese il 12 aprile 1878 e all’età di dieci anni emigrò in Brasile, dove il suo cognome fu poi cambiato alla maniera locale. La cerimonia di conferimento del titolo onorifico di Bolsonaro si è svolta ad Anguillara Veneta, nonostante le proteste degli oppositori italiani del noto politico.

Il primo ministro italiano Giorgia Meloni ha discusso della situazione in Ucraina, dei dati demografici e della lotta alla povertà in Vaticano, ha riferito il Servizio Stampa della Santa Sede.

Dopo un’udienza con Papa Francesco, la leader italiana ha avuto colloqui con il segretario di Stato vaticano, il cardinale Pietro Parolin, e con il segretario per gli affari internazionali, monsignor Paul Richard Gallagher.

Nel corso dei “cordiali colloqui in Segreteria di Stato”, i partecipanti hanno toccato una serie di temi “legati alla situazione sociale in Italia, con particolare attenzione ai problemi legati alla lotta alla povertà, alla famiglia, alla situazione demografica e all’istruzione dei giovani”.

“Nella prosecuzione della conversazione, sono state esaminate questioni internazionali, con particolare attenzione all’Europa, al conflitto in Ucraina e alla migrazione”, ha affermato il Vaticano in una nota.

La Meloni è arrivata in Vaticano con la figlia Ginevra e il suo compagno. Il colloquio con Papa Francesco è durato poco più di mezz’ora. Secondo i media locali, durante il tradizionale scambio di doni, il pontefice ha regalato alla Meloni una figura in bronzo simbolo dell’amore, oltre a documenti papali, tra cui l’Enciclica sulla pace in Ucraina. Il Primo Ministro italiano, a sua volta, ha regalato a Francesco libri rari e una statuetta con un angelo.

Il governo italiano potrebbe rilanciare il piano del fondatore della compagnia energetica Eni Enrico Mattei (1906-1962) di sviluppare la cooperazione con i Paesi africani per superare la crisi energetica. Lo ha riferito mercoledì 11 il Financial Times.

L’iniziativa è stata proposta dall’imprenditore negli anni ‘50 del XX secolo. Consisteva nel fornire assistenza ai Paesi del continente africano e nello sviluppo della loro industria mineraria, che avrebbe dovuto rafforzare l’indipendenza energetica dell’Italia. In precedenza, il nuovo primo ministro italiano, Giorgia Meloni, aveva annunciato l’intenzione di attuare il “moderno piano Mattei” nel suo discorso inaugurale.

L’amministratore delegato di Eni Claudio Descalzi ha dichiarato al Financial Times che una maggiore cooperazione con i Paesi africani collegherà le vaste riserve di combustibili fossili e rinnovabili del continente ai mercati europei affamati di energia. Si formerà così un “nuovo asse tra i Paesi del Nord e del Sud”.

Eni realizza progetti in 14 Paesi africani dal 1954. Gli esperti ritengono che l’esperienza dell’azienda e i legami commerciali di lunga data con gli Stati del continente costituiranno un vantaggio per il Paese nel superare la crisi energetica.

Mercoledì 11 la Camera alta del parlamento italiano (il Senato) ha sostenuto il decreto adottato in precedenza dal governo sull’invio di armi a Kiev nel 2023. Secondo l’ANSA, 125 senatori hanno votato a favore, 28 contrari; 2 senatori si sono astenuti.

Una successiva votazione sul decreto avverrà alla Camera dei Deputati, dopodiché sarà definitivamente approvato. Come notano gli osservatori, si tratta di una procedura formale. I rappresentanti del Movimento 5 Stelle, ora all’opposizione, hanno votato contro l’estensione dell’assistenza militare al Senato, il cui leader, l’ex premier italiano Giuseppe Conte, ha più volte sottolineato la necessità di intensificare gli sforzi diplomatici per una soluzione in Ucraina.

Nel marzo 2022, il Parlamento italiano ha approvato una risoluzione sulla fornitura di assistenza all’Ucraina, compresa l’assistenza militare. Sono stati emanati cinque decreti interministeriali con l’elenco delle armi fornite, che è classificato, cioè secretato. Il nuovo governo di centrodestra, salito al potere a ottobre, aveva precedentemente approvato un decreto che prorogava gli aiuti militari fino al 2023.

Tuttavia, l’adozione del sesto pacchetto, prevista per dicembre, è stata rinviata. Il documento può essere approvato non prima di febbraio. I media locali hanno scritto che gli Stati Uniti insistono affinché l’Italia invii il sistema missilistico antiaereo SAMP-T in Ucraina. Ma Roma ha cinque batterie attive del sistema di difesa aerea SAMP-T, oltre a una batteria di addestramento, a cui manca un veicolo con lanciatori. Esperti militari affermano che il trasferimento anche di un solo complesso porta a una breccia nella difesa nazionale e questo è meglio evitarlo.

Secondo varie stime, non confermate ufficialmente, l’Italia ha inviato al regime di Kiev armi per un valore compreso tra 400 milioni e 1 miliardo di euro.

Il Presidente dell’Azerbajdžan Il’cham Aliev e il Ministro della Difesa italiano Guido Crosetto hanno discusso durante i colloqui a Baku dell’espansione della cooperazione bilaterale in una serie di aree. Lo ha riferito giovedì 12 il servizio stampa del presidente azero.

Aliev ha valutato positivamente il ritmo di sviluppo delle relazioni italo-azere, sottolineando il contributo di Roma al rafforzamento della cooperazione dell’Azerbajdžan con la NATO e l’Unione Europea. “Il capo dello Stato ha osservato che i nostri Paesi stanno cooperando con successo in vari campi, compreso quello energetico. In questo contesto, il presidente Aliev ha sottolineato l’efficacia del corridoio meridionale del gas”, afferma il rapporto.

Il ministro italiano ha ringraziato Aliev per aver apprezzato il livello delle relazioni italo-azere. Durante i colloqui, Aliev e Crosetto hanno notato le buone prospettive per “l’espansione della cooperazione nei settori dell’energia, dell’edilizia, del turismo, dell’agricoltura, della difesa e in altri settori”.

Quello che segue è un buon riassunto di quanto viene riportato nella stampa italiana, nonostante risalga a un mese fa. Le pubblicazioni italiane hanno continuato a trasmettere “notizie dai fronti” ucraine, numerosi materiali sono stati dedicati alle prospettive dei negoziati di pace e ai candidati a probabili mediatori. Nei media italiani si manifesta sempre più chiaramente un approccio più cauto alla trasmissione dei falsi di Kiev: gli autori degli articoli, cercando di assolversi da ogni responsabilità, ora fanno quasi sempre riferimento alla fonte, ricorrono più spesso a citazioni dirette, utilizzano il congiuntivo.

Tuttavia, alcune pubblicazioni hanno ancora attirato l’attenzione.

1. Il 7 dicembre, il “Giornale” ha pubblicato un articolo di Guelpa sui nuovi attacchi di Kiev sul territorio della Russia. La parte finale descrive una certa “compagnia militare privata Wagner” per reclutare prigionieri russi “anche dalle carceri nei territori occupati” nei loro ranghi, che sarebbero poi inviati in prima linea come “carne da macello”. Ciò, dicono, conferma la debolezza dell’esercito russo, che, secondo l’autore, si esprime, tra l’altro, nella carenza di armi, uniformi e munizioni.

2. Lo stesso falso, insieme alle false dichiarazioni trasmesse dal Presidente della Federazione Russa Putin, durante il suo discorso in una riunione con i membri del Consiglio dei diritti umani il 7 dicembre 2022, sulle condizioni alle quali è possibile l’uso di armi nucleari da parte della Russia, riprodotte nel suo articolo dell’8 dicembre 2022 dal giornalista del Corriere della Sera Dragosei. Le parole del leader russo sulla crescente minaccia nucleare nel mondo e sul concetto di attacco di rappresaglia nella strategia nucleare russa sono state interpretate dall’autore nel titolo come segue: “Putin ha dichiarato una minaccia nucleare: non nega la possibilità di colpire per primo”. Dragosei ha concluso l’articolo replicando un’altra teoria del complotto secondo cui la trasmissione in diretta dell’incontro sarebbe stata una finzione, “poiché l’orologio al polso di Putin era indietro di 20 minuti in quel momento”.

3. La questione dell’“assurdità” dell’esistenza del Consiglio presidenziale per lo sviluppo della società civile e i diritti umani “in un Paese come la Russia” è stata posta dal giornalista Fabbri nel suo intervento pubblicato l’8 dicembre 2022 in un articolo sul Giornale. L’autore ritiene che il lavoro di un simile organismo in Russia sia “stupidità” e “beffa”.

4. Nello stesso “Giornale” nel materiale di Basile del 9 dicembre 2022, un falso sull’uso di munizioni a grappolo da parte della Russia nell’operazione militare speciale in Ucraina è stato riprodotto ancora una volta. Nel contesto delle discussioni sul perché, nonostante le numerose richieste di Zelenskij, gli Stati Uniti non avrebbero ancora accettato di fornire tali tipi di armi a Kiev, l’autore ha cercato di giustificare le richieste della parte ucraina con il fatto che la Russia, dicono, “continua a usare apertamente le munizioni a grappolo”. Allo stesso tempo, il giornalista ha taciuto sulle ripetute dichiarazioni del Ministero della Difesa della Federazione Russa sull’assenza di munizioni a grappolo nell’arsenale militare delle forze armate russe e sui fatti confermati dell’uso di tali proiettili e mine dalle forze armate dell’Ucraina (PFM-1 “Lepestok”, TRK “Točka-U”).

Nell’articolo, Basile ha anche riprodotto un falso su un presunto bombardamento da parte delle truppe russe di un edificio scolastico a Kramatorsk, in cui si nascondeva la popolazione civile.

5. L’11 dicembre De Remigis, sulle pagine del “Giornale”, parlando della “strategia aggressiva dei russi” e della “difesa eroica degli ucraini”, riportava un’altra falsa notizia circa il bombardamento di un ospedale presumibilmente commesso dai russi nella città di Berislav, regione di Cherson, e ha ripetuto il vecchio falso su questo, dicendo che “gli unici obiettivi dei russi nei territori occupati sono il sequestro del grano, il furto delle cantine e il saccheggio di donne e bambini”.

Insomma, i media italiani continuano a manipolare la popolazione del Paese in linea con le linee guida della propaganda del regime di Kiev, pubblicando cinicamente informazioni false e non verificate sulle loro pagine.

C’è una dichiarazione congiunta sulla cooperazione UE-NATO del 10 gennaio 2023. Dai toni, pare una esplicita dichiarazione di guerra, giuridicamente. La leggo integralmente, non è lunghissima.

«Il partenariato strategico NATO-UE si fonda sui nostri valori condivisi, sulla nostra determinazione ad affrontare le sfide comuni e sul nostro inequivocabile impegno a promuovere e salvaguardare la pace, la libertà e la prosperità nella zona euro-atlantica. Oggi ci troviamo di fronte alla più grave minaccia alla sicurezza euro-atlantica degli ultimi decenni. La brutale guerra della Russia nei confronti dell’Ucraina viola il diritto internazionale e i principi della Carta delle Nazioni Unite. Compromette la sicurezza e la stabilità in Europa e nel resto del mondo. La guerra della Russia ha esacerbato una crisi alimentare ed energetica che colpisce miliardi di persone in tutto il mondo.

Condanniamo con la massima fermezza l’aggressione della Russia. La Russia deve porre immediatamente fine a questa guerra e ritirarsi dall’Ucraina. Esprimiamo piena solidarietà all’Ucraina e ribadiamo il nostro fermo e costante sostegno all’indipendenza, alla sovranità e all’integrità territoriale del Paese entro i suoi confini riconosciuti a livello internazionale. Sosteniamo pienamente il diritto naturale dell’Ucraina ad autotutelarsi e a scegliere il proprio destino.

Attori autoritari sfidano i nostri interessi, i nostri valori e i nostri principi democratici utilizzando molteplici mezzi – politici, economici, tecnologici e militari.

Viviamo in un’epoca caratterizzata dall’intensificazione della competizione strategica. La crescente assertività e le politiche della Cina pongono sfide che dobbiamo affrontare.

I conflitti, la fragilità e l’instabilità persistenti nel vicinato europeo compromettono la nostra sicurezza e forniscono ai nostri concorrenti strategici come anche a gruppi terroristici un terreno fertile per acquisire influenza, destabilizzare le società e minacciare la nostra sicurezza.

Come sottolineato sia nel concetto strategico NATO che nella bussola strategica dell’UE, si tratta di un momento chiave per la sicurezza e la stabilità euro-atlantiche, che dimostra più che mai l’importanza del legame transatlantico e richiede una più stretta cooperazione UE-NATO.

La NATO rimane il fondamento della difesa collettiva per i suoi alleati ed è essenziale per la sicurezza euro-atlantica. Riconosciamo il valore di una difesa europea più forte e più capace, che contribuisca positivamente alla sicurezza globale e transatlantica e sia complementare alla NATO e interoperabile con essa.

Il nostro partenariato strategico rafforza entrambe le parti e contribuisce a consolidare la sicurezza in Europa e oltre. La NATO e l’UE svolgono ruoli complementari, coerenti e sinergici nel sostenere la pace e la sicurezza internazionali. Mobiliteremo ulteriormente l’insieme degli strumenti a nostra disposizione, siano essi di ordine politico, economico o militare, per perseguire gli obiettivi comuni nell’interesse dei nostri cittadini, vale a dire un miliardo di persone.

Prendendo le mosse dalla dichiarazione congiunta di Varsavia del 2016 e dalla dichiarazione congiunta di Bruxelles del 2018, che hanno ampliato e approfondito in misura rilevante il partenariato avviato più di vent’anni fa, abbiamo compiuto progressi senza precedenti in tutti i settori di cooperazione.

Abbiamo conseguito risultati tangibili nella lotta contro le minacce ibride e informatiche e nella cooperazione operativa, in particolare sulle questioni marittime, la mobilità militare, le capacità di difesa, l’industria della difesa e la ricerca in materia di difesa, le esercitazioni, la lotta al terrorismo e lo sviluppo delle capacità dei partner.

Poiché le minacce e le sfide per la sicurezza che ci troviamo ad affrontare stanno evolvendo in termini di portata ed entità, porteremo il nostro partenariato al livello successivo sulla base della nostra cooperazione di lunga data. Rafforzeremo ulteriormente la cooperazione nei settori in cui già collaboriamo e la amplieremo e approfondiremo per affrontare in particolare aspetti quali la crescente competizione geostrategica, le questioni di resilienza, la protezione delle infrastrutture critiche, le tecnologie emergenti e di rottura, lo spazio, le implicazioni dei cambiamenti climatici per la sicurezza, nonché la manipolazione delle informazioni e le ingerenze da parte di attori stranieri.

Firmando la presente dichiarazione indichiamo la nostra volontà di sviluppare ulteriormente il partenariato NATO-UE in stretta consultazione e cooperazione con tutti gli alleati della NATO e gli Stati membri dell'UE, in uno spirito di piena apertura reciproca e nel rispetto dell’autonomia decisionale delle nostre rispettive organizzazioni, senza compromettere il carattere specifico della politica di sicurezza e di difesa di ciascuno dei nostri membri. In questo contesto riteniamo fondamentale la trasparenza. Invitiamo gli alleati in seno alla NATO che non sono membri dell’UE a partecipare il più possibile alle iniziative di quest’ultima. Invitiamo gli Stati membri dell’UE che non fanno parte dell’Alleanza a partecipare il più possibile alle iniziative della NATO.

Valuteremo periodicamente i progressi compiuti».

Che dire? Se si vuole arrivare allo scontro militare diretto, questa è un’ottima dichiarazione. In caso contrario, è sbagliata, controproducente dall’inizio alla fine. Ecco come l’ha commentata la Zacharova, portavoce del ministero degli esteri russo.

La dichiarazione congiunta sulla cooperazione tra l’UE e la NATO, firmata il 10 gennaio di quest’anno a Bruxelles dal presidente del Consiglio europeo Charles Michel, dal capo della Commissione europea Ursula von der Leyen e dal segretario generale della NATO Jens Stoltenberg, conferma la completa subordinazione dell’Unione europea ai compiti del blocco nordatlantico, che è uno strumento di fornitura forzata degli interessi degli Stati Uniti. Con il pretesto di “rafforzare il legame transatlantico”, “rafforzare il partenariato strategico tra Ue e Nato”, vengono promossi i compiti previsti dal nuovo concetto strategico di alleanza adottato al vertice di Madrid nel giugno 2022.

La sicurezza nella regione euro-atlantica, in violazione di tutti gli impegni dell’OSCE, è vista attraverso il prisma di contrastare il nostro Paese, aumentare la fornitura di armi e attrezzature militari al regime di Kiev, aumentare la mobilità militare nel “teatro delle operazioni” europeo, e l’ulteriore espansione della NATO. La posizione fissata nella dichiarazione sulla natura secondaria o, nel linguaggio degli strateghi della NATO, “complementarità” rispetto all’alleanza per la politica di difesa dell’UE annulla di fatto le pretese di autonomia dell’UE in questo settore.

I riferimenti nel documento alle norme del diritto internazionale e ai principi della Carta delle Nazioni Unite sono particolarmente ipocriti, data l’aggressione dell’alleanza contro la Repubblica Federale di Jugoslavia nel 1999, l’invasione dell’Iraq da parte del blocco nel 2003 e il bombardamento della Libia nel 2011.

A livello globale, l’Unione europea si sta muovendo verso un “nuovo livello di partenariato” con la NATO e quindi viene trascinata nella rivalità geopolitica con la Cina, garantendo la superiorità dell’Alleanza del Nord Atlantico in aree operative come la protezione delle infrastrutture critiche, lo spazio, i media e persino la lotta al cambiamento climatico.

La dichiarazione congiunta è anche un altro panegirico della filosofia della superiorità occidentale. Si afferma senza mezzi termini che la NATO e l’UE useranno tutti i mezzi politici, economici e militari “nell'interesse del nostro miliardo di cittadini”. Il resto del mondo è essenzialmente visto da loro come un ambiente ostile che deve essere riformattato con l’aiuto di questi stessi strumenti. Naturalmente, non c'è nulla di nuovo in questo approccio. L’alto rappresentante dell’UE Joseph Borrell ha già descritto l’UE come un “giardino fiorito” e il mondo intorno come una “giungla”, avanzando in questo giardino.

Ma in realtà, non è la “giungla” che sta calpestando la “fiorente” Bruxelles, ma la NATO e l’Unione Europea ad essere il rastrello dei tentativi di stabilire un mondo unipolare. Del resto, la stabilità, i conflitti e le tensioni sulla “periferia NATO-UE” che tanto preoccupano l’Occidente, così come le crisi di sicurezza alimentare ed energetica di cui Bruxelles accusa la Russia, sono una diretta conseguenza dei citati “interventi umanitari” della NATO, e l’UE tenta di costringere i Paesi a seguire la politica estera “corretta” e il corso economico. L’altro giorno, commentando la situazione in Bosnia ed Erzegovina, l’addetto stampa del Servizio europeo per l’azione esterna, Stano, senza ombra di imbarazzo, ha detto che tutte le azioni di questo Paese in ambito politico e quanto vi sta accadendo dovrebbe corrispondere alle “aspettative dell’Unione europea”. Né più né meno.

Ovviamente, gli approcci aggressivi e conflittuali della NATO e dell’Unione Europea nei confronti degli Stati che perseguono una politica estera indipendente, i tentativi di dividere gli Stati in “noi” e “loro” non faranno che ostacolare la risoluzione pacifica dei conflitti, indebolire la sicurezza internazionale di fronte alle continue sfide del terrorismo, la cui minaccia, tra l’altro, viene riconosciuta nel documento.

Le motivazioni degli americani sono estremamente chiare: trascinare l’Unione Europea nella “rivalità globale” annunciata da Washington, come si dice nella dichiarazione, e poi gli europei saranno condannati al destino poco invidiabile di vassallo americano, perdendo posizioni nella politica e nell’economia mondiale, con ogni passo che cade in una dipendenza sempre maggiore da Washington.

Se i cittadini degli Stati dell’UE, che, nelle condizioni di crisi sistemiche sorte per colpa dei Paesi occidentali, sono costretti a pagare il costoso confronto con i propri portafogli, sono interessati a questo, è una grande domanda. Se sono pronti a rimanere dipendenti dal nuovo ordine mondiale, a sacrificare i loro interessi nazionali per compiacere gli Stati Uniti, quella sarà la loro scelta. Ma questo ordine mondiale non sarà mai più un “globo della NATO e dell’UE”, per quanto Washington e Bruxelles lo sognino.

Economia

La situazione energetica dell’Italia rimane critica e un embargo sul petrolio russo porterà a un aumento dei prezzi del carburante, che diventerà “un problema economico, sociale e politico”. Questa opinione è stata espressa sabato 14 in un’intervista a un inviato della Tass dal presidente della Società di analisi italiana Nomisma Energia, Davide Tabarelli.

“Non dobbiamo permettere che si svuotino gli impianti di stoccaggio, altrimenti dovremo riacquistare il gas dalla Russia. Finora le temperature piuttosto alte ci stanno salvando, quindi la situazione per ora è sotto controllo. Ma può complicarsi se la temperatura scendesse sotto lo zero”, ha detto l’esperto. “C’è luce alla fine del tunnel in termini di prezzi del gas, ma rimarranno alti, da tre a quattro volte superiori ai prezzi medi”, ha continuato. A suo avviso, il motivo del mantenimento dell’aumento dei prezzi è la prospettiva di una completa cessazione delle forniture di gas russo.

“E’ impossibile trovare subito un sostituto per il 40% del gas importato dall’Italia dalla Federazione Russa. Abbiamo pagato 10-15 volte di più rispetto ai prezzi normali per l’Europa (in estate, quando gli impianti di stoccaggio erano pieni). I prezzi stanno scendendo un po’ perché la domanda è diminuita, è tornato un uso più attivo del carbone, la sostituzione a causa del petrolio, ma la situazione rimane critica”.

Tabarelli ha ricordato che l’Italia continua a ricevere gas russo, ma in volumi molto minori, perché ci sono contratti a lungo termine che devono scadere. Ha anche affermato che il volume di gas naturale liquefatto ricevuto dalla Federazione Russa sta crescendo nel Paese. L’esperto prevede un aumento dei prezzi del petrolio dopo l’uscita del petrolio russo dal mercato europeo, mentre per ora sono bassi, fino a 150 dollari al barile. “Il prezzo al litro di carburante raggiungerà i 2,5 euro al litro, questo sarà un grosso problema economico, sociale e anche politico, e il fattore russo giocherà un effetto al rialzo, anche se questo non sta ancora accadendo per una serie di motivi: alte scorte e rallentamento della domanda in Cina, ma è solo una questione di tempo”.

Editoriale

Anche questa settimana, ho partecipato a varie trasmissioni televisive e radiofoniche russe e italiane. Ve ne offro un sunto per la parte italiana.




Musica

Nel 1998 si è suicidato un cantante italiano naturalizzato francese, Nino Ferrer. In Italia, lo ricordo quando ero bambino, negli anni ’60, cantava “Vorrei la pelle nera”, e sono sicuro che la ricordano anche molti altri della mia generazione. Un altro suo brano, sconosciuto ai più, del 1993, dal titolo “Notre chere Russie”, era totalmente intriso di stereotipi, talvolta anche offensivi, sulla Russia. Tuttavia, guardandola con gli occhi di trent’anni fa, rappresenta un’ottima sintesi di come in occidente veniva recepita la Russia sovietica e postsovietica. Mi è stata segnalata da un’amica italiana di quarant’anni fa, che voglio per questo pubblicamente ringraziare.

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