Da Mosca, Mark Bernardini. Centoduesimo notiziario settimanale di lunedì 11 novembre 2024 degli italiani di Russia. Buon ascolto e buona visione.
Attualità
Putin lo ha dichiarato durante
una conferenza stampa, che si è tenuta a margine del forum di discussione “Club
Valdai” nella città russa di Soči, sul Mar Nero.
In questo contesto il presidente
russo ha sottolineato che il desiderio di Trump di porre fine al conflitto
armato tra la Russia e l’Ucraina “merita attenzione”. Putin ha detto che ancora
non aveva telefonato a Trump. Il leader russo ha elogiato il comportamento del
47° presidente degli Stati Uniti “dopo il tentativo di assassinio”, avvenuto lo
scorso luglio. “Trump ha dimostrato di essere coraggioso”, ha detto Putin.
Parlando con i giornalisti dopo
la conferenza stampa, il portavoce presidenziale, Dmitrij Peskov, ha detto che
le dichiarazioni molto rispettose di Putin, indirizzate al presidente eletto
degli USA, possono certamente essere considerate come un “esplicito messaggio
di congratulazioni e di auguri” da parte del Cremlino.
Sta arrivando, per certi versi,
il momento della verità.
Il vecchio ordine mondiale si sta
inesorabilmente allontanando, e forse possiamo dire che se n’è già andato;
mentre, nel frattempo, infuria una pericolosa e inesorabile battaglia per la
creazione di quello nuovo. Inesorabile, in primo luogo, per una ragione che non
è neppure quella dello scontro per il potere o per l’influenza nella sfera
geopolitica, ma che è da attribuirsi a uno scontro tra i principi stessi sui
quali si verranno a costruire i rapporti tra popoli e Paesi nella prossima fase
storica. E dal suo esito dipenderà la nostra capacità di lavorare o meno tutti
insieme, di impegnarci insieme per costruire un ordinamento mondiale che permetta
a tutti noi di poter accedere allo sviluppo, di risolvere le nascenti
controversie sulla base del rispetto reciproco tra diverse culture e civiltà,
senza alcuna coercizione e senza fare uso della forza. Alla fine, riuscirà la
società dell’uomo a rimanere “società”, con tutti i suoi fondamenti di natura
umana ed etica, e l’uomo a rimanere uomo?
Verrebbe da pensare che a questo
non ci siano alternative, almeno a un primo sguardo. Ma purtroppo, le
alternative ci sono: alternative che vedono una discesa dell’umanità negli
abissi dell’anarchia aggressiva, delle spaccature sia interne che esterne,
della perdita dei valori tradizionali, delle nuove forme di tirannia, del
rifiuto fattuale dei principi classici che sono propri della democrazia, così
come dei diritti e delle libertà fondamentali. Ultimamente, sempre più spesso
la democrazia viene interpretata come il potere non delle maggioranze, ma bensì
delle minoranze, mentre addirittura si arriva a contrapporre la democrazia
tradizionale e la sovranità popolare a un qualche tipo di libertà astratta, in
nome della quale è concesso, come ritengono alcuni, trascurare o anche
sacrificare i processi democratici, le elezioni, l’opinione della maggioranza,
la libertà di parola e l’imparzialità dei media.
Rappresenta una minaccia la
volontà di imporre che certe ideologie, che per loro stessa natura sono
totalitarie, diventino la norma: cosa che vediamo nell’esempio del liberalismo
occidentale, nel liberalismo occidentale odierno, che è degenerato nell’intolleranza
estrema e nell’aggressività nei confronti di qualunque alternativa, di
qualunque tipo di opinione indipendente e sovrana, e che oggi arriva a
giustificare anche il neonazismo, il terrorismo, il razzismo, financo il
genocidio di massa della popolazione civile.
In ultimo, si tratta di
conflitti, di scontri a livello internazionale che sono forieri di distruzione
reciproca. Dopotutto, le armi in grado di provocare distruzione esistono e
vengono costantemente perfezionate, andando ad assumere forme sempre nuove mano
a mano che il progresso tecnologico avanza. Nel frattempo, il “club” di coloro
che ne sono in possesso si espande, e nessuno è in grado di garantire che
queste armi non verranno dispiegate nel caso in cui l’acutizzarsi delle minacce
in corso sfoci in un’escalation e le norme giuridiche e morali vengano
definitivamente smantellate.
Ci siamo avvicinati a un confine
pericoloso.
Gli appelli dell’Occidente
affinché si infligga una sconfitta strategica alla Russia, Paese che è in
possesso del più grande arsenale nucleare al mondo, mostrano l’entità
dell’avventurismo dei politici occidentali, che ormai sta superando ogni
limite. O almeno, dell’avventurismo di alcuni politici occidentali.
Tale fede cieca nella propria
impunità e nel proprio eccezionalismo potrebbe dare luogo a un disastro di
portata mondiale. Eppure, coloro che in passato sono stati egemoni, e che sono
abituati ancora oggi, sin dai tempi del colonialismo, a dominare il mondo,
sempre più spesso si rendono conto con stupore che gli altri non gli
obbediscono più come prima.
Per quanto riguarda l’elezione di
Donald Trump, ognuno si può porre nei suoi confronti come meglio crede.
All’inizio tutti, dal momento del suo primo mandato presidenziale, dicevano che
era un uomo d’affari, che di politica ne capiva ben poco, che avrebbe potuto
commettere degli errori.
Per quanto riguarda la politica,
durante il suo primo mandato, e lo dico sinceramente, ho avuto la sensazione
che abbiano fatto di tutto per attaccarlo su ogni fronte, che non gli abbiano
dato modo di muoversi. Aveva paura di fare un passo falso in una direzione o
nell’altra, di dire qualcosa di troppo.
Io non so che cosa succederà
adesso, non ne ho idea.
E ciò che è stato detto
pubblicamente da lui finora, nel corso del confronto elettorale, non intendo
commentarlo adesso. Ma quello che lui ha detto in merito all’intenzione di
ripristinare i rapporti con la Russia, riguardo al cercare di promuovere una risoluzione
della crisi ucraina, mi sembra che meriti attenzione, come minimo. Con
l’occasione, desidero congratularmi con lui per la sua elezione a Presidente
degli Stati Uniti d’America.
Ho già detto che noi avremmo
collaborato con chiunque fosse il capo di Stato al quale il popolo americano
avrebbe deciso di dare fiducia. Ed è così che sarà anche nei fatti.
Economia
Nel periodo gennaio-ottobre del
2024 gli importatori russi hanno ridotto del 33% gli acquisti all’estero dei
vini, che sono scesi da 532.400 tonnellate (10 mesi del 2023) a 357.700
tonnellate nell’analogo periodo del 2024. Come ha dichiarato il capo della Direzione
per regolamento tariffario del Servizio doganale federale della Russia, Maksim Čmora,
il “calo è dovuto all’impennata dei dazi sui vini provenienti dai cosiddetti Paesi
ostili alla Russia”.
Attualmente i dazi applicati ai
vini importati dall’Italia, dalla Francia e da altri Paesi “non amichevoli” è
pari al 25%, ma il 7 novembre il vicepremier con delega all’agricoltura,
Dmitrij Patrušev, ha proposto di aumentare i dazi sui vini importati dai “Paesi
ostili” fino al 50% e utilizzare i ricavi per lo sviluppo dell’industria del
vino della Russia. Nei primi 10 mesi del 2024 le esportazioni di vini russi
sono aumentate del 20% rispetto al corrispondente periodo dell’anno scorso,
salendo da 1.400 a 1.680 tonnellate. In vetta della classifica dei principali
Paesi-importatori del vino russo si trova la Cina, che nel periodo indicato ha
importato il 48% del totale export vinicolo russo. Al secondo posto c’è la
Turchia, seguita dalla Lettonia e da Israele.
Per quanto riguarda le
importazioni russe di vini, al primo posto si trova la Georgia, che importa il
mosto dai Paesi europei e lo “trasforma” in vini “georgiani”. Grazie a questa
operazione poco ingegnosa la quota della Georgia tra gli esportatori dei vini
verso la Russia, rispetto all’anno precedente, è aumentata nel periodo
gennaio-ottobre del 2024 dal 17 al 25 per cento. La classifica degli Stati che
esportano la maggiore quantità di vini in Russia non è cambiata: oltre alla
Georgia, al “vero” primo posto si trova l’Italia, seguita dalla Spagna, dalla
Francia e dal Portogallo.
Cultura
La più famosa in assoluto è
quella di San Pietroburgo. Il Ponte Italiano sul Canale Griboedov, costruito
alla fine del XIX secolo, ha preso il nome dalla strada. Il nome della via
venne dato nel 1739 in onore del vicino Palazzo Italiano, costruito a immagine
e somiglianza delle case di piacere italiane. Il palazzo fatiscente fu
smantellato all’inizio del XIX secolo e al suo posto fu eretto l’Istituto
Caterina.
Nel periodo dal 1871 al 1902, la
strada si chiamava Bol’šaja Ital’janskaja (maggiore), mentre quella inferiore, Malaja
Ital’janskaja era la moderna via Žukovskij. Nel 1923 la strada prese il nome
dal commissario Aleksandr Rakov, morto durante la guerra civile.
La via è piena di palazzi e
costruzioni a cui hanno messo mano gli italiani. Luigi Rusca, ticinese, nato ad
Agno, sul lago di Lugano, morto a Valenza, in provincia di Alessandria, a
cavallo tra il XVIII e il XIX secolo ha lavorato per 35 anni a San Pietroburgo,
su raccomandazione di Giacomo Quarenghi, di cui vi avevamo parlato mesi fa.
Rusca come architetto ha costruito il Palazzo dell’Ordine dei Gesuiti, una
scuola femminile e il Palazzo delle Quattro Colonne.
Carlo Rossi era invece napoletano,
pur essendo nato a Venezia, o almeno così si dice, mentre la madre era di
Monaco di Baviera. Ha messo mano anche al Cremlino di Mosca, ma a noi interessa
il contesto della via italiana pietroburghese. Qui ha costruito il Palazzo
Jacqueau, in cui per un certo periodo poi ha vissuto la famosa ballerina Anna
Pavlova, la chiesa di Santa Caterina, dove nel XVIII secolo si trovava la
comunità della Chiesa cattolica Romana, il palazzo Viel’gorskij, la
Filarmonica, il Palazzo Jakovlev, il Palazzo Abamelek-Lazareva.
Luigi Fontana, nato a Castel San
Pietro, in Svizzera, e morto a Milano. Suo è il Grand Hôtel Europa, che durante
l’assedio di Leningrado fungeva da ospedale militare. Insomma, via italiana di
nome e di fatto.
In provincia di Zaporož’e c’è una
cittadina, si chiama Berdjansk, rasa al suolo dai nazisti tedeschi ed ora liberata
dall’occupazione degli ucrofascisti due anni e mezzo fa. La via italiana fu
rinominata tale in epoca sovietica, nel 1921, poi per vari anni via Djumin,
ammazzato dalla Guardia Bianca nel 1918.
A Odessa, fondata da Caterina II,
una città russa che più russa non si può, e anche molto italiana. La via
italiana per un certo periodo fu via Puškin, avendoci egli vissuto. Vi si trova
tuttora il Consolato onorario italiano. Un palazzo, quello della Società di
mutuo credito, fu costruito dall’architetto Aleksandr Bernardazzi, che era
russo, ma suo padre era ticinese, di Pambio, da cui il cognome. Il Palazzo Francov
fu costruito da Gaetano Dall’Acqua, originario dal Regno delle Due Sicilie.
Musica
Tre anni fa è venuto a mancare un
compositore russo, Aleksandr Gradskij, appena settantaduenne, con un’estensione
vocale di oltre due ottave. Un omaggio doveroso, una canzone del 1975.
Guardati attorno, passante straniero,
Conosco il tuo sguardo incorruttibile.
Forse sono io, solo più giovane
Non sempre ci riconosciamo.
Allora siamo stati accolti senza sorrisi
Tutti i fiori sulle strade della terra.
Abbiamo perdonato i nostri amici per i loro errori,
Semplicemente non potevamo perdonare il tradimento.
Abbiamo già giocato il primo tempo
E siamo riusciti a capire solo una cosa:
Per non perderti sulla terra,
Cerca di non perderti.
Lampi bruciati nel cielo,
E la tempesta nei nostri cuori si placa.
Non dimentichiamo i nostri volti preferiti,
Non dimentichiamo i nostri cari occhi.
Niente sulla terra passa senza lasciare traccia,
E la giovinezza che se n’è andata è ancora immortale,
Quanto eravamo giovani
Quanto sinceramente amavamo
Come credevamo in noi stessi.
Per questa settimana è tutto. A risentirci e rivederci, sui miei canali!
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