Mark Bernardini

Mark Bernardini

lunedì 20 maggio 2024

078 Italiani di Russia

Settantottesimo notiziario settimanale di lunedì 20 maggio 2024 degli italiani di Russia. Buon ascolto e buona visione.

Attualità


Per quanto riguarda il nuovo governo russo, appena insediato, sono stato intervistato in merito da Clara Statello per l’Antidiplomatico. Ho deciso di leggervelo, perché più sintetico di così davvero mi risultava difficile.

La sostituzione di Sergej Šojgu con l’economista Andrej Belousov al vertice del ministero della Difesa della Federazione Russa ha scatenato le più differenti interpretazioni della stampa ed esperti occidentali, tra chi ha parlato di “purghe” e chi addirittura di “terremoto al Cremlino”. Comunque, si è parlato di “sorpresa”.

Parlare di sorpresa forse è esagerato. Diciamo che lo ritenevo poco probabile. Il messaggio è però chiaro: Šojgu è stato il padre putativo ed un ottimo ministro della protezione civile, in anni molto complicati, in cui i cataclismi naturali si alternavano agli attentati terroristici di massa: 1991-2012, un ventennio. E’ stato poi spostato a ministro della difesa appunto nel 2012, ed è rimasto tale fino ad oggi, altro decennio.

Non c’è in Russia la percezione che qualcuno voglia prolungare il conflitto, è vero l’esatto contrario. Per questo, la nomina dell’economista Belousov, uomo di Stato di lungo corso, prevedibilmente porterà ad un uso più razionale e perciò efficace delle risorse a disposizione per l’apparato militare e la sicurezza del Paese.

Secondo altre voci si sarebbe avverata la “profezia di Prigožin”. A Prigožin oggi si attribuisce tutto e il contrario di tutto, ma siamo a livello di “meme”. Tra le tante “inesattezze” (voglio essere buono) che ho ascoltato in queste ore, si dice che Šojgu, come Belousov, non siano militari. E’ falso, e non mi riferisco al servizio di leva, che effettivamente non ha svolto: 1977, tenente di riserva (dopo essersi diplomato al Politecnico di Krasnojarsk, ha studiato lì presso il dipartimento militare); 1993, Maggiore Generale; 1995, Tenente Generale; 1998, Colonnello Generale; 2003, Generale dell’Esercito. Come capo della protezione civile, è diventato militare effettivo nel 1991 e lo è tuttora. E’ membro permanente del Consiglio di Sicurezza dal 1996. Il punto non è questo. Dove sta scritto che alla difesa ci debba essere un militare? Crosetto, Pistorius, sono forse dei militari?

Il Washington Post mette in relazione la nomina di Belousov con l’arresto del vice di Šojgu per corruzione. Fermo restando che, in uno Stato di diritto, l’accusa è una cosa e la condanna è un’altra (gradirei attendere la conclusione delle indagini da parte del Comitato Investigativo), ricordo sommessamente che Šojgu non è stato “defenestrato”, come inizialmente detto in Occidente, è stato nominato Segretario del Consiglio di Sicurezza. E allora in Occidente si dice che comunque gli è stato tolto potere, una sorta di ministro senza portafoglio. E’ un’altra falsità. Cos’è il Consiglio di Sicurezza? E’ un organo consultivo a disposizione diretta del Presidente russo in materia di sicurezza nazionale, lo dice la parola stessa. Ne fanno parte tutti i ministri chiave, esteri, interni, difesa, i presidenti di entrambe le camere, il capo del FSB e quello del SVR, cioè i Servizi per le informazioni dall’estero. In altre parole, l’attuale ministro della difesa Belousov risponde a Šojgu.

Peskov ha detto che il capo di Stato Maggiore Gerasimov resterà al suo posto. A mia memoria, in Occidente Gerasimov è stato dato per morto almeno una decina di volte, eliminato fisicamente talvolta dagli ucraini, talaltra da Putin. Invece, è sempre qui, come capo di stato maggiore generale delle Forze armate russe, cioè, è il responsabile militare supremo. Lasciatelo quindi lavorare. Dobbiamo comprendere tutti che il rimpasto di governo in Russia viene inteso in tutt’altro modo, non come in Italia, se non altro perché, essendo la Russia una repubblica presidenziale, è la Costituzione a prevedere che all’elezione del Presidente segua lo scioglimento del governo. In seno a quest’ultimo, ci sono solo sei nomi nuovi su 21, più continuità di così è difficile immaginare.

Ci si domanda come sarà accolto dai militari un ministro civile in tempo di guerra. Per ora, non trapela alcun commento, positivo o negativo che sia, perché qui si è abituati a giudicare dai fatti, non dalle dichiarazioni roboanti.

Il Partito Comunista si è astenuto rispetto alla riconferma di Mišustin a capo del governo. Si dice in Occidente che la formazione del nuovo governo sia scontata, ed è vero: le ultime elezioni parlamentari si sono svolte nel 2021, tre anni fa, dopo la pandemia ma prima dell’operazione militare speciale, Russia Unita ha preso quasi il 50%, per la precisione il 49,82%. I comunisti il 19%, i socialisti di Russia Giusta e i liberaldemocratici di Žirinovskij il 7 e mezzo. Non vedo perché dunque l’attuale compagine parlamentare non debba sostenere il governo proposto da Mišustin e, ovviamente, da Putin. Ma è importante sottolineare che Mišustin si è mostrato un premier assolutamente efficiente, a detta di tutti, opposizione compresa. I comunisti sono invece contrari alle politiche realizzate dal cosiddetto “blocco economico”, cioè i ministri di economia, sviluppo economico, commercio e soprattutto finanze, più attenti al business che al sociale. Ciò però non è sufficiente per “bocciare” Mišustin. Per questo, i comunisti si sono astenuti sulla nomina di Mišustin e votano contro i ministri del blocco economico. Tuttavia, numericamente, ciò non influisce minimamente.

Forse una novità è proprio questa: tutti i ministri sono o di Russia Unita o indipendenti. Invece, come ministro allo sport, viene votato Degtjarëv, ex governatore della regione di Chabarovsk, in Siberia. Il dettaglio consiste nel fatto che è un esponente di un Partito di opposizione, quello liberaldemocratico. Certo, un ministero secondario, ma comunque è un fattore emblematico, visto che il Partito di maggioranza non ne aveva bisogno. Fino all’ultimo, c’era un altro intrigo: che fine fa Nikolaj Patrušev, segretario del consiglio di sicurezza per ben 16 anni, dal 2008 in poi, dunque predecessore di Šojgu? Non è mica un uomo di secondo piano, dal 1999 al 2008 è stato anche direttore del FSB. Ebbene, ora è Assistente del Presidente della Federazione Russa. Non pensate che sia una carica di facciata: l’amministrazione presidenziale è un organo di Stato responsabile del coordinamento delle attività del presidente. Riassumendo il tutto, in Russia si segue il detto “cavallo vincente non si cambia in corsa”. Non prevedo quindi particolari scossoni o scartamenti.


Il ministro degli esteri Sergej Lavrov è stato accusato in Occidente di essere diventato un guerrafondaio, perché avrebbe detto che la Russia è pronta a combattere contro la NATO. Come sempre, la realtà è ben diversa, hanno estrapolato a loro piacimento. Durante la conferenza stampa di insediamento, gli è stato chiesto:

La conferenza sulla questione ucraina indetta dall’Occidente per il mese di giugno in Svizzera rappresenta un potenziale pericolo per gli interessi della Russia sul piano della politica estera? Come intendiamo fronteggiare e contrastare i propositi distruttivi del regime di Kiev e dei suoi curatori occidentali?

Lavrov ha risposto: Di questa conferenza sentono parlare già da tempo tutti coloro che stanno cercando di “avere la meglio” sulla Russia “sul campo di battaglia”, senza rinunciare però ai metodi diplomatici (secondo quello che dicono loro). Solo che i loro metodi diplomatici (e la conferenza in Svizzera non fa certo eccezione, poiché non è altro che la prosecuzione del processo che ha avuto inizio con gli incontri svoltisi nel “formato di Copenhagen”) si riducono al voler imporre un ultimatum alla Russia.

Di recente, il Capo del Dipartimento Federale per gli Affari Esteri della Svizzera Ignazio Cassis ha dichiarato nuovamente che senza la Russia non ha senso discutere di alcunché. E allora, perché indirla questa conferenza?

Molte sono state le proposte avanzate per la risoluzione della crisi: le hanno presentate la Repubblica Popolare Cinese, la Repubblica Sudafricana, il Brasile e i Paesi della Lega Araba, che sono venuti da noi poco tempo dopo l’inizio dell’Operazione Militare Speciale. La proposta cinese è quella più completa e onnicomprensiva, poiché è finalizzata in primo luogo ad analizzare le cause alla base della crisi, per poi lavorare sulla loro risoluzione. Nelle proposte degli altri Paesi si pone invece maggiore enfasi sugli aspetti umanitari della crisi (lo scambio dei prigionieri di guerra, delle salme, e l’accesso logistico da parte delle organizzazioni umanitarie). Tuttavia, l’Alto Rappresentante dell’UE per gli Affari Esteri e la Politica di Sicurezza Josep Borrell ha affermato che è in corso la preparazione alla Conferenza di Ginevra, dedicata alla “formula” di Zelenskij, e che tutte le altre proposte, invece, sono “uscite di scena”. Ancora una volta, ha deciso lui per tutti gli altri.

Il fatto che noi siamo disposti ai negoziati viene riconfermato anche ai vertici dal Presidente della Federazione Russa Vladimir Putin in persona, in tutte le occasioni nelle quali egli fa riferimento alla questione ucraina.

La nostra è una causa giusta. Se loro vogliono vedersela con noi sul “campo di battaglia”, allora così sarà. Ma guardate adesso come “piagnucolano” di fronte al costante e importante avanzamento delle nostre Forze Armate sul campo.

Lavrov è noto ai più, ma facciamo un piccolo riassunto. Ministro in carica già da più di vent’anni, è ormai la personificazione della diplomazia della Russia, nonché il volto di un’epoca. E ciò non è dovuto esclusivamente alla sua eccezionale longevità politica. Sergej Lavrov è molto apprezzato in quanto, con lui come Ministro degli Esteri, la voce della Russia risuona ferma e potente sulla scena internazionale.

Per tutto questo tempo, il Capo della diplomazia russa ha lavorato alla realizzazione di un ordine mondiale multipolare, nel quale Mosca ricopre un ruolo determinante. Tale processo non è “indolore” e ha un suo prezzo, ma i contrasti attualmente in corso con l’Occidente hanno mostrato ancora una volta quanto questa evoluzione delle cose sia inevitabile e necessaria. D’altra parte, il fatto che i legami tra la Russia e i Paesi del Sud globale si stiano rapidamente rafforzando indica chiaramente che l’impegno profuso da Lavrov sta dando i suoi risultati.


Conoscete tutti il filosofo Aleksandr Dugin, se non altro per essere il padre della povera Dar’ja, ammazzata dagli ucrofascisti. In occasione della visita di Putin in Cina, ha rilasciato un’intervista alla testata Global Times, giornale cinese di lingua inglese. Eccovene un sunto.

Nella diplomazia ci sono molte cose che hanno significati simbolici. Questa è la prima visita all’estero di Putin dopo la sua rielezione e insediamento. Questa visita è, tuttavia, piuttosto unica. Dietro c’è qualcosa di più: la volontà di creare un mondo multipolare.

La Cina non è solo una parte del sistema capitalista, liberale, economico e politico occidentale, ma ne è già fuori. La Cina vi partecipa, è collegata ad esso, ma è un polo totalmente indipendente, uno Stato sovrano e di civiltà. Quindi, non c’è dubbio che la Cina rappresenti un polo sovrano e un pilastro dell’ordine mondiale multipolare.

L’altro pilastro è la Russia. Quando questi due pilastri di un mondo multipolare si incontrano e comunicano, è per dimostrare la volontà di continuare a costruire questa multipolarità con le sue due istanze più importanti. Il mondo oggi non è più unipolare, quindi l’egemonia della potenza occidentale è finita.

Grazie a questa comunicazione e cooperazione tra due poli o due pilastri (Cina e Russia), anche altri Paesi e regioni vogliono entrare a far parte del “club multipolare”, come l’India, il mondo islamico, l’Africa e l’America Latina.

Ciò non significa che stiamo costruendo o erigendo un’alleanza contro qualcuno. Ora, se l’Occidente accetta il multipolarismo, può partecipare alla costruzione di questo mondo multipolare. Ma se l’Occidente continua a opporsi all’emergere di questa multipolarità, saremo obbligati a lottare contro questo tentativo, non contro l’Occidente, ma contro l’egemonia.

Abbiamo già visto molte volte che quando l’Occidente dichiara qualcosa che persegue, presuppone che esista un “ordine mondiale basato su regole”. Ma quando si tratta di contraddire i loro interessi, semplicemente cambiano posizione.

Hanno invitato la Cina ad entrare nel mercato globale aperto, ma quando la Cina ha iniziato ad acquisire un vantaggio, alcuni Paesi occidentali hanno iniziato a imporre alcune misure protezionistiche contro la Cina. Cambiano le regole per servire i propri interessi, perché sono loro “le regole”.

Insieme, vogliamo difenderci da ogni tentativo di distruggere questa multipolarità o di mantenere l’egemonia di qualsiasi potere nel mondo.


Un commento di Marija Zacharova, portavoce del ministero degli esteri russo.

Il 17 maggio il Consiglio dell’UE ha pubblicato la decisione di vietare le “attività radiotelevisive” di tre media russi nel territorio dell’Unione Europea. RIA Novosti, Izvestija e Rossijskaja Gazeta sono state oggetto di un’ennesima ondata di restrizioni di censura da Bruxelles. Ai media specificati viene ordinato di interrompere completamente la distribuzione di qualsiasi contenuto attraverso i media elettronici nell’UE. L’Unione Europea non nasconde il fatto che questa grave violazione del diritto al libero accesso all’informazione e i tentativi di mettere a tacere la verità si basano esclusivamente su motivi politici.

Consideriamo questo passo dell’UE come una continuazione della pratica di censura politica, l’epurazione totale dello spazio informativo da qualsiasi punto di vista alternativo alle narrazioni occidentali. Questa è un’altra delle tante prove dell’abbandono da parte dell’Unione Europea e dei suoi Stati membri dei loro obblighi internazionali nel campo della garanzia del pluralismo dei media e un altro esempio della degenerazione delle società democratiche nei paesi dell’“Occidente collettivo”.

Abbiamo ripetutamente avvertito a vari livelli che l'uso di misure repressive da parte dell’Unione Europea e dei suoi Stati membri contro i media russi e i loro dipendenti non passerà inosservato. Ignorare questi avvertimenti ci costringe a prendere contromisure che inevitabilmente seguiranno. La responsabilità di tale sviluppo di eventi spetta esclusivamente all’UE e alle capitali dell’UE che hanno sostenuto la decisione menzionata.


Georgia: veto presidenziale alla legge sugli “agenti stranieri” che non cambia niente

L’opposizione georgiana: “La nuova legge è un ostacolo per il cammino della repubblica caucasica verso l’Europa”

Il presidente della Georgia, Salomé Zurabišvili, ha usato il suo diritto di veto alla legge sui cosiddetti “agenti stranieri”, che era stata approvata dal Parlamento di Tbilisi in terza e definitiva lettura martedì, 14 maggio. Da più di un mese nell’ex repubblica sovietica del Caucaso sono in corso proteste popolari contro la legge, bollata dall’opposizione come “contraria alla libertà di espressione”.

La legge è stata voluta fortemente dal Governo, guidato dal partito “Kartuli Ontseba” (Sogno Georgiano), secondo cui la legge è stata elaborata sul modello di una analoga norma degli Stati Uniti, chiamata “Foreign Agents Registration Act”, (FARA), in vigore negli USA sin dal 1938. L’opposizione e il presidente, Zurabišvili, hanno dichiarato che la nuova legge “contraddice la lettera e lo spirito della Costituzione della Georgia e rappresenterà un ostacolo per il cammino della repubblica caucasica verso l’Europa».

In Georgia, la repubblica parlamentare, il presidente ha un ruolo perlopiù “cerimoniale”, e il potere di veto permette al Capo dello Stato solo di “posticipare l’entrata in vigore della legge”: il Parlamento ha il diritto di respingere il veto e far entrare la legge in vigore ugualmente. In questo caso, la maggioranza ha abbastanza voti in Parlamento per farlo, e quindi la legge entrerà comunque in vigore, con ogni probabilità.

Nel dicembre del 2023 la Georgia ha ottenuto lo status di Paese candidato a entrare nell’Unione Europea, ma per proseguire in questo percorso dovrà dimostrare di garantire il corretto funzionamento delle istituzioni democratiche e il rispetto dello stato di diritto: i critici della nuova legge sostengono che questa “limiterà le libertà democratiche nel Paese”.

Ed ecco cosa ne pensa Marija Zacharova.

L’adozione di una legge sugli agenti stranieri da parte degli Stati membri dell’UE non diventerà un ostacolo affinché queste persone ricevano, ad esempio, sussidi, assistenza e sostegno all’interno dell’Unione?

Permettetemi di ricordarvi che le leggi sugli agenti stranieri sono simili nei contenuti, e in alcuni casi molto più rigide, in più di 60 Paesi in tutto il mondo, principalmente nelle democrazie “standard”. Tutto è iniziato con loro. Ad esempio, negli Stati Uniti, il Foreign Agents Registration Act (FARA) è in vigore dal 1938, in Australia – sul sistema di trasparenza dell’influenza straniera, nel Regno Unito – sulla sicurezza nazionale, in Israele – sulla trasparenza dei finanziamenti alle ONG, in Francia – sulla prevenzione delle ingerenze straniere (prossimamente è prevista una votazione al Senato).

Inoltre, nella maggior parte dei casi non si tratta tanto di atti normativi quanto di strumenti repressivi. Negli stessi Stati Uniti, per il mancato rispetto della “FARA” si può facilmente finire in carcere. Marija Butina ha scritto un intero libro su queste affascinanti manifestazioni della democrazia neoliberista. Ne consiglio la lettura.

La stessa UE, sulla falsariga del disturbo bipolare cronico che le è diventato familiare, prevede di adottare la propria versione di legislazione sugli agenti stranieri: il “Pacchetto Difesa della Democrazia”. In alcuni elementi, ancora in forma di bozza, il progetto di regolamento appare addirittura più severo del suo progenitore americano.

Mi chiedo, quando si arriverà all’adozione di questo documento, l’UE inizierà ad autoescludersi dalla sua adesione? Mi è persino venuto in mente un nome: bipolare postmoderno.


Questa settimana, la Zacharova è stata particolarmente prolifica. Con emozione, trasformandosi in sconcerto, guardo la farsa discussione in Occidente sulla legittimità delle elezioni, dell’inaugurazione, della nomina del governo e di altre procedure costituzionali in Russia.

Mi sembra che tutti questi “ragionatori” provenienti da strutture incentrate sulla NATO farebbero bene a chiarire prima le proprie “legittimità”.

E’ del tutto inspiegabile il motivo per cui nessuno degli occidentali che difendono la democrazia, lo stato di diritto e i diritti umani presta attenzione al fatto che negli Stati Uniti dichiarano apertamente “la necessità di uccidere il candidato presidenziale, l’ex presidente del paese Donald Trump. Di questo non si parla nelle reti blockchain, ma nei media ufficiali, e non ne parlano i tossicodipendenti di Filadelfia di Kensington Avenue, ma i politici democratici. Ad esempio, è stato richiesto dal deputato Dan Goldman e dal politologo-pubblicista Robert Kagan, che per pura coincidenza è il marito di Victoria Nuland.

Se pensate che tutta questa sia solo retorica, allora vi dirò che questa è semplicemente storia degli Stati Uniti.

Innanzitutto, una breve escursione nella realtà della legittimità in stile americano.

1835 – tentativo di omicidio del presidente Andrew Jackson,

1865 – assassinio del presidente Abraham Lincoln,

1881 – assassinio del presidente James Garfield,

1901 – assassinio del presidente William McKinley,

1912 – tentativo di omicidio del presidente Theodore Roosevelt,

1933 – tentativo di omicidio del presidente eletto Franklin Delano Roosevelt,

1935 – assassinio del candidato presidenziale Huey Long,

1950 – tentativo di omicidio del presidente Harry Truman,

1963 – assassinio del presidente John Kennedy,

1968 – assassinio del candidato presidenziale Robert Kennedy,

1972 – tentativo di omicidio del candidato presidenziale George Wallace,

1974 – tentativo di omicidio del presidente Richard Nixon,

1975 – tentativo di omicidio del presidente Gerald Ford,

1981 – tentativo di omicidio del presidente Ronald Reagan,

1993 – tentativo di omicidio del presidente George H. W. Bush,

1994 – tentativo di omicidio del presidente Bill Clinton,

2005 – tentativo di omicidio del presidente George W. Bush,

2008 – tentativo di omicidio del candidato presidenziale Barack Obama,

2011 – tentativo di omicidio del presidente Barack Obama.

La tradizione è terribile, ma è, come si suol dire, consolidata. E questa è solo una parte di quanto è stato declassificato ed è disponibile in open source.

Sarebbe bello se tutto questo esercito anglosassone rivolgesse la sua attenzione ai mostruosi problemi di legittimità, democrazia e diritti umani delle proprie procedure elettorali e costituzionali.


Per quel che riguarda il tentato omicidio del primo ministro slovacco Robert Fico, a me interessa un altro dettaglio. Tutto l’occidente ha condannato l’attentato, figuriamoci, aggiungendo però aggettivi del tipo “controverso”, “filorusso”, “sovranista” e quant’altro, manco ciò rendesse meno grave l’accaduto. Poi però abbiamo l’attentatore – peraltro filoucraino – che, interrogato dalla polizia sui motivi del gesto, risponde candidamente “perché non sono d’accordo con la politica di Fico”, e nessuno commenta. Cioè, se io dovessi sparare a tutti i politici con cui non sono d’accordo, sarebbe un bagno di sangue…

Ultimora


C’è un inevitabile ultimora, riguarda l’incidente di domenica sera dell’elicottero con il presidente iraniano. Al momento in cui andiamo in onda non abbiamo notizie se Raisi sia sopravvissuto. Però dobbiamo fare un minimo di analisi. Intanto, il giornalista russo-siriano Abbas Džuma, che conosco bene personalmente, che non è mai a caccia di sensazionalismi.

Al momento in cui scrivo, il destino del presidente iraniano Ibrahim Raisi rimane sconosciuto. Non si conosce nemmeno la sorte di coloro che erano con lui sull’elicottero, compreso il ministro degli Esteri del Paese. I soccorritori stanno lavorando nelle condizioni più avverse: fitta nebbia e pioggia. L’elicottero non è ancora stato ritrovato e ad ogni nuova segnalazione le paure crescono.

Ma penso che dovremmo fare del nostro meglio per mettere da parte le emozioni e analizzare la situazione a livello globale. Vorrei iniziare dando fastidio agli oppositori della Repubblica islamica. Il sistema del doppio potere in Iran, dove c’è un presidente e un leader spirituale, è costruito in modo tale che non ci siano persone insostituibili in questo sistema. Assolutamente tutto il personale nella sfera statale viene formato di conseguenza. Ecco perché la morte del leggendario generale Qassem Suleimani a seguito di un attacco statunitense nel 2020 non ha portato al collasso del sistema di sicurezza dello Stato e non ha indebolito l’Iran. Il generale fu immediatamente sostituito da un altro generale. Sì, meno esperto di media, ma non per questo meno esperto ed efficace.

Lo stesso si può dire del presidente. E anche la Guida Suprema. Si può solo invidiare il pool di talenti iraniani. Ma se si scoprisse che l’incidente dell’elicottero è stato un sabotaggio, un attacco terroristico, un tentativo di omicidio, non invidio i committenti e gli autori. L’Iran ha ripetutamente dimostrato di essere in attesa di un aggressore. La portata di questo incidente potrebbe avere conseguenze così gravi per la regione e per il mondo da dover considerare la versione dell’assassinio. E Israele sembra essere la parte più interessata a questo grande conflitto.

Sono sicuro che l’attacco israeliano alla missione diplomatica iraniana in Siria il 1° aprile 2024 sia stato un tentativo da parte della fallimentare leadership israeliana di trascinare Teheran in una grande guerra dalla quale gli Stati Uniti non sarebbero stati in grado di allontanarsi. Non ha funzionato. L’Iran ha risposto con fermezza ma con cautela. Se l’incidente con l’elicottero presidenziale dovesse rivelarsi la continuazione di questa storia, la situazione potrebbe diventare un “cigno nero” e il mondo si ritroverà ancora una volta sull’orlo di una grande guerra.

E qui aggiungo io. Non si può sfuggire alla logica degli eventi recenti. Di volta in volta vengono colpiti i politici che si oppongono alla strategia dell’Occidente collettivo nei confronti della Russia.

Ecco solo gli eventi di maggio:

7 maggio: tentato assassinio del principe ereditario dell’Arabia Saudita.

13 maggio: operazione notturna per prevenire un colpo di Stato militare in Turchia.

15 maggio: attentato al premier slovacco Fico.

16 maggio: arresto di un attentatore al presidente serbo Vučić.

Adesso ecco l’elicottero del presidente iraniano Raisi.

Tutto casuale?

Amarcord


Irkutsk è una città di 600 mila abitanti sulla costa occidentale del lago Bajkal, che già chiamarlo lago mi vien da ridere. Dall’altro lato inizia la Buriazia. Sono cinque ore di fuso orario in più rispetto a Mosca, e ci vogliono altrettante cinque ore di volo (5.000 km). Una decina di anni fa, fui ingaggiato da Banca Intesa per la traduzione simultanea al premio letterario italo-russo “Raduga” in quella città. Partito da Mosca verso le sette di sera, arrivai che per me era mezzanotte, ma lì erano le cinque del mattino. Trovai subito un “taxi, dottò” (sono uguali in tutto il mondo) e mi feci portare al mio albergo, alle sei ero già a letto. Mi sono svegliato verso mezzogiorno, e così avevo già recuperato la differenza di fuso orario.

In albergo c’era l’aria condizionata, ma appena fuori scoprii che c’era una calura anomala, sui 35 gradi. Alle cinque del mattino non me n’ero reso conto. Rientrai subito, e chiesi alla ragazza della reception quale fosse la trattoria più vicina, e mi rispose che ce n’era una giusto a ridosso dell’albergo, con un nome italiano che adesso non ricordo.

Aveva i tavolini fuori, su una veranda coperta, con le tovaglie di carta a quadri rossi e bianchi, come si usava in Italia quand’ero giovane. Chiesi al cameriere la ragione del nome italiano e delle pietanze tipo carbonara, amatriciana eccetera. No, mi rispose, il proprietario non era italiano, era russo, ma innamorato dell’Italia. Mi feci portare una carbonara, più per curiosità che altro. Invece, fu una piacevole sorpresa, con tanto di vinello bianco fresco, in una caraffa di vetro col bollo del monopolio di Stato italiano. Era un flash: ero davvero sul lago Bajkal, a 8.000 km dallo Stivale italico?

Nei ristoranti russi si usa sempre la musica, fenomeno che a me non piace. Talvolta, passano anche brani italiani, ma qui vanno per la maggiore i Ricchi e Poveri, Al Bano e Romina Power, Pupo, insomma, davvero il contrario dei miei gusti personali. Invece, con mia grande sorpresa, ascoltai un intero LP (o come diavolo li chiamate adesso) di… Franco Califano. Cioè, voglio dire: pensavo di essere l’unico a conoscerlo, in questo sterminato Paese di 11 fusi orari.

Dopo questa “immersione”, la simultanea andò benissimo.

Musica


Proseguiamo con le canzoni legate in un modo o l’altro alla Russia e/o all’Italia.

Questa la conoscete tutti, non sto nemmeno a tradurvela: Katjuša, da cui la versione partigiana italiana Fischia il vento.

E’ del 1938, era chiaro che si andava verso la guerra. La popolarità della canzone è dovuta proprio al diminutivo femminile “Katjuša”, dato al fronte durante la Grande Guerra Patriottica ai veicoli da combattimento con artiglieria a razzo.

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