Conferenza stampa del ministro degli esteri russo Lavrov a Pretoria
A questa riunione abbiamo prestato particolare attenzione alla sinergia energetica, e nella fattispecie ai settori nucleare, tecnico, trasporti e le altre infrastrutture, la cooperazione nel campo dello studio pacifico dello spazio. Pensiamo anche che sia importante ampliare e approfondire le relazioni umanitarie, perché, come suol dirsi, se ne avverte il fabbisogno nei nostri Paesi, quindi siamo particolarmente interessati a sviluppare tali contatti. Ecco perché ci siamo dichiarati pronti ad aumentare il numero di borse di studio ai colleghi sudafricani nell’ambito del nostro bilancio dello Stato.
Abbiamo parlato molto delle numerose ed attuali questioni regionali ed internazionali: i nostri due Paesi sono entrambi fautori di una architettura coerente più equa, inclusiva, democratica, policentrica dell’ordine mondiale, basato sul principio fondamentale dello Statuto dell’ONU, e cioè il rispetto della parità sovrana di tutti gli Stati. Ovviamente, siamo favorevoli ad incrementare il ruolo di tutti gli Stati africani nella soluzione di tutte le questioni della contemporaneità mondiale, compreso nel contesto delle continue discussioni sulla riforma del Consiglio di Sicurezza dell’ONU.
Abbiamo valutato positivamente il nostro partenariato nell’Organizzazione delle Nazioni Unite nelle sue diverse commissioni e strutture, nel G20, nell’organizzazione per il divieto delle armi chimiche, nell’ambito del Kimberley Process. Nella fattispecie, per quanto riguarda il G20, appoggiamo attivamente l’interesse dei Paesi africani ad essere rappresentati in tale struttura in qualità di Unione africana, in aggiunta ai membri attuali.
Abbiamo discusso approfonditamente la nostra cooperazione nell’ambito dei BRICS, che è quella struttura che, secondo la nostra valutazione comune, è un esempio di vera diplomazia multilaterale e multipolare, basata sulla ricerca di un equilibrio degli interessi. Condividiamo gli interessi della presidenza sudafricana, che è entrata in vigore il 1 gennaio, la cui parola d’ordine è: “I BRICS e l’Africa: un partenariato nell’interesse di una crescita accelerata, dello sviluppo sostenibile e della multilateralità inclusiva”.
Auguriamo ai colleghi successo nei piani annunciati, ed ovviamente concorreremo nel modo più attivo possibile alla loro realizzazione.
Abbiamo parlato dell’appianamento dei conflitti in essere nel continente africano, compresi quello dei Grandi Laghi, della Repubblica Centrafricana, del Mali, del Sudan del Sud, al nord del Mozambico. La nostra opinione coincide: gli africani debbono decidere autonomamente le vie di soluzione di questi conflitti nel loro continente, e in questo sottolineiamo il ruolo attivo del Sudafrica e del suo Presidente per tutta una serie di situazioni critiche, mentre la comunità mondiale deve naturalmente appoggiare quegli indirizzi e quei percorsi di appianamento che vengono scelti dai Paesi africani stessi, anche nell’ambito dell’Unione africana e delle varie organizzazioni sub-regionali.
La Russia concorrerà attivamente alla normalizzazione della situazione nei punti caldi dell’Africa, compreso attraverso il rafforzamento delle possibilità di conciliazione dei Paesi africani, e noi addestriamo i pacificatori nelle relative strutture didattiche, aiutiamo a istituire le conseguenti missioni dell’Unione africana e delle altre organizzazioni. Siamo interessati ad incrementare il dialogo per lo sviluppo della cooperazione della Russia con l’Unione africana, cosa che ho già menzionato, e con le strutture sub-regionali, soprattutto con quelle in cui il Sudafrica è un partecipante attivo.
Abbiamo parlato della preparazione del secondo vertice Russia-Africa, che si svolgerà a San Pietroburgo alla fine di luglio di quest’anno. Partiamo dall’idea che i suoi esiti si baseranno sul lavoro realizzato dopo il primo vertice, nell’autunno del 2019 a Soči, e concorreranno a portare le nostre relazioni ad un livello qualitativamente nuovo. Abbiamo percepito un grande interesse da parte dei nostri amici sudafricani affinché il vertice si concluda con accordi realmente significativi.
Su richiesta dei nostri colleghi, abbiamo raccontato i particolari della nostra operazione militare speciale in Ucraina, tesa a salvare la popolazione pacifica, dell’inaccettabilità della creazione di minacce concrete alla Russia lungo i suoi confini, cosa di cui per molti lunghi anni si sono occupati gli americani e i loro alleati della NATO. Apprezziamo la posizione ponderata, equilibrata e indipendente dei nostri amici sudafricani.
Complessivamente, ritengo che questi colloqui siano stati molto utili, e hanno confermato le nostre ottime prospettive. Sono convinto che la realizzazione degli accordi che oggi abbiamo qui concluso concorreranno a imprimere un nuovo stimolo alla cooperazione reciprocamente conveniente ai nostri Paesi nei campi più disparati.
SABC TV, Sudafrica: Domanda per entrambi. Il mondo vuole sentire belle notizie sul termine del conflitto in Ucraina. Prima abbiamo sentito Lavrov dichiarare che vorrebbero intavolare delle trattative. Vorrei sapere del processo di pace. Sotto il profilo dell’aiuto e dell’intermediazione in tale processo, quale Paese potrebbe svolgere il ruolo di intermediario per far cessare la guerra in Ucraina, per non dover più vedere perdite di vite umane da entrambe le parti. La seconda domanda riguarda le esercitazioni militari nell’Oceano Indiano il prossimo mese tra le forze armate marittime russe e cinesi: c’è stata una reazione contradditoria, taluni l’hanno criticata, ministro Pandor, per il fatto che permettiamo di svolgere tali esercitazioni, tenuto conto delle tensioni o della guerra in corso in Ucraina. Quali sono le prospettive, quale la reazione del Sudafrica? Lavrov, qual è la Sua reazione alla critica circa i tempi prescelti per le esercitazioni, se siano opportuni?
Grazie per le Sue dichiarazioni. Per la prima parte, relativa a quanto abbiamo già esposto dettagliatamente, abbiamo dichiarato più volte pubblicamente le nostre valutazioni, e sono certo che i rappresentanti dei media di tutto il mondo, che manifestano il loro interesse per quel che accade relativamente all’Ucraina non potevano non aver visionato i nostri commenti fatti sia a livello del nostro Presidente, sia del sottoscritto. Da subito, fin da quando agli inizi di marzo la parte ucraina ha proposto di fare delle trattative, noi abbiamo risposto affermativamente. Ci sono stati tre tour in Bielorussia, poi una serie di videoconferenze, e alla fine di marzo una conferenza a Istanbul, su invito dei nostri colleghi turchi. Proprio lì, la delegazione ucraina ha proposto un progetto di documento contenente i principi di appianamento che noi abbiamo sostenuto, e sulla base dei quali, in piena conformità dei principi formulati dall’Ucraina, abbiamo approntato la bozza di accordo in linguaggio giuridico. In quel momento, la parte ucraina ha ricevuto segnali da Washington, Londra, Bruxelles e vai a sapere da dove ancora, dove hanno detto agli ucraini che avete deciso troppo presto di accordarvi con i russi: se i russi hanno accettato di trattare, vuol dire che sono deboli e bisogna spremerli ancora. Contemporaneamente, Borrell, che è a capo della diplomazia dell’Unione Europea, ha dichiarato che l’Ucraina deve vincere sul campo di battaglia.
Non ricordo che qualcuno dei giornalisti che ora si interessano alle prospettive di un processo di pace, abbia chiesto all’epoca a Borrell perché, anziché parlare di diplomazia, esso parli di una soluzione militare del conflitto. Tuttora, nessuno chiede nulla ai nostri colleghi occidentali, che regolarmente, o per bocca dello stesso Borrell, o per quella del segretario della NATO Stoltenberg, o del rappresentante dell’amministrazione statunitense e di quella dell’Unione Europea, affermano che per ora è prematuro per l’Ucraina intavolare trattative, prima bisogna conquistare di più in questa situazione e intraprendere le trattative da una posizione di forza, in modo che la Russia subisca una sconfitta. Lo dicono apertamente: bisogna ricondurre la Russia nei confini del 1991. Sono sicuro che avete visto queste dichiarazioni.
Per quanto riguarda chi potrebbe fare da intermediario, ricordo che Zelenskij a settembre dell’anno scorso ha firmato un decreto, cioè un documento ufficiale vincolante, che vieta a qualunque personalità pubblica ufficiale ucraina di svolgere trattative con la parte russa, glielo proibisce. Dunque, si può chiedere a qualunque Paese terzo di domandare alla parte ucraina come essa veda l’ulteriore sviluppo degli avvenimenti. Noi più volte, e lo ha detto il nostro Presidente, non rifiutiamo di trattare, ma coloro che si rifiutano, e adesso ve li elencherò, devono capire che più a lungo opporranno un rifiuto e più sarà difficile trovare una soluzione.
Per le esercitazioni, mi pare che ci sia poco da commentare: due Paesi sovrani, senza infrangere alcuna norma del diritto internazionale, svolgono delle esercitazioni che non capisco in chi potrebbero suscitare, come ha detto Lei, delle reazioni contraddittorie. Magari nei nostri colleghi americani, che ritengono che le esercitazioni in tutto il mondo possono essere svolte solo da loro, non solo presso le loro oltre duecento basi sparse su tutto il pianeta, ma in qualunque punto. Ad esempio, attualmente stanno svolgendo attivamente delle esercitazioni militari marittime nell’ambito delle loro sedicenti “strategie dell’India-Pacifico” nei pressi della Repubblica Popolare Cinese, nel Mar Cinese Meridionale, nello Stretto di Taiwan, e ciò non suscita alcuna “reazione contraddittoria” in chicchessia, o quantomeno non ho sentito nei media che se ne interessino più di tanto: che ci fa l’America a diecimila miglia e passa dalle sue coste? Le nostre esercitazioni sono trasparenti, assieme ai nostri partner sudafricani e cinesi abbiamo fornito le informazioni necessarie, e sono accessibili.
Certo, tempo addietro i rappresentanti della Casa Bianca, quando in un briefing in Nicaragua, con presente la delegazione russa, hanno chiesto loro cosa ne pensino della visita dei rappresentanti russi in tale Paese, hanno risposto in maniera franca: i rapporti tra Russia e Nicaragua suscitano in noi preoccupazione. Eccole la reazione. Insomma, c’è chi ha usurpato, o tenta di usurpare, le relazioni internazionali, e dichiara apertamente che gli Stati Uniti non possono avere alcun concorrente, che la Russia è la minaccia principale, la Cina è una sfida a lungo termine che bisogna soggiogare. Una questione di mentalità, che travalica le norme universalmente accettate di diritto internazionale, norme che, come sapete, gli USA, assieme ai loro satelliti europei, non accettano e promuovono il concetto di relazioni mondiali basate su regole. Nessuno, in tanti anni, nonostante le mie ripetute richieste, mi ha mai spiegato di che regole si tratti, se se ne possa prendere visione. Ossia, esiste quanto si decide a Washington e viene appoggiato attivamente a Londra e Bruxelles. E questo è un problema, perché è una palese infrazione principi basilari dello Statuto dell’ONU sulla parità sovrana degli Stati. Noi non vogliamo creare alcuno scandalo, nessuno scontro, semplicemente vogliamo che ciascun Paese abbia i suoi diritti nel sistema internazionale, come previsto da detto Statuto. Proprio sui principi della pariteticità e non dei diktat, non dell’imposizione delle decisioni, bensì del consenso, della ricerca dell’equilibrio degli interessi, noi sviluppiamo le sinergie, anche in ambito BRICS.
Una domanda di economia. I nostri Paesi, come costruiscono le relazioni economiche, quando l’Occidente fa una politica neocoloniale nei confronti dei Paesi africani. Come in sostanza ha detto Putin, le condizioni sono mutate, mentre non è cambiata la mentalità occidentale. Quanto questo influisce sulla nostra politica industriale, e come si sviluppa quest’ultima?
Effettivamente, nel valutare la situazione attuale, Putin ha menzionato la politica neocoloniale, che non è manco una rinascita, poiché non è mai scomparsa, ma l’Occidente collettivo la attua non solo nei confronti dei Paesi in via di sviluppo, ma della Federazione Russa stessa, il tentativo di introdurne degli elementi anche contro il nostro Paese. Idem dicasi di altri grandi Paesi, a cui gli americani cercano continuamente di creare dei problemi, applicando le loro sanzioni illegittime. Tutta una serie di sanzioni contro la Repubblica Popolare Cinese. Minacciano tutti. Personalità ufficiali del Dipartimento di Stato e della Casa Bianca hanno detto più volte negli ultimi anni, dunque prima dell’inizio dell’operazione militare speciale, che qualunque Paese, anche se grande, che sia l’India, la Turchia o l’Egitto, ci devono pensare bene ad approfondire le proprie relazioni con la Federazione Russa. Non è forse un tentativo di diktat e un’assenza totale di etica non dico diplomatica, ma persino umana? E’ vero, le nostre relazioni, comprese quelle con il Sudafrica sono toccate da queste sanzioni illegittime, e questo è proprio una questione di mentalità, tipo io posso tutto, mentre quel che vuoi tu ci devo pensare. La vita però continua. Abbiamo interessi reciproci, i due governi e le aziende di entrambi i Paesi vogliono proseguire a lavorare sulle risorse naturali, nell’energia, compresa quella nucleare, dove noi possiamo essere molto utili su base reciprocamente vantaggiosa, sulla spazio pacifico, sulle infrastrutture, sulle alte tecnologie, sulle città intelligenti, di cui nel corso dei colloqui ha parlato la signora Pandor, dichiarando l’interesse per l’esperienza russa in questo campo, tutto questo è legato alle catene delle forniture e ai finanziamenti. Noi stiamo già lavorando attivamente affinché si creino nuovi meccanismi, nuovi strumenti che non dipendano dai ghiribizzi e dagli arbitri dei nostri colleghi occidentali. Tutto ciò è reale, ci stiamo lavorando con tutti i nostri partner che vogliono cooperare onestamente e non vogliono soggiacere alla concorrenza sleale e agli abusi con i meccanismi della globalizzazione di cui tanto andavano fieri.
Daily Mirror: Le strutture militari russe attaccano le infrastrutture civili in Ucraina tramite centinaia di missili e droni, che distruggono le infrastrutture energetiche, per esempio le centraline, e questo interrompe le forniture alla popolazione di elettricità nel bel mezzo dell’inverno. L’obiettivo è di compromettere il morale e lo spirito del popolo ucraino e costringerli ad arrendersi? Signora Pandor, quando otto mesi fa la Russia ha invaso l’Ucraina, il Suo ministero ha chiesto di ritirare immediatamente l’esercito russo e di risolvere la questione pacificamente per non mettere in pericolo l’ordine mondiale, poiché il Sudafrica riconosce l’integrità territoriale dei Paesi. Potrebbe ripetere oggi quelle sue richieste? E se non può, cosa potrebbe dirci in merito?
Noi non colpiamo le infrastrutture civili, e ce ne sono conferme plurime. Tutto quel che accade come danni alle infrastrutture civili in Ucraina è legato alle azioni criminali del regime di Kiev, che per lunghi mesi, con costanza, ha dislocato sia gli armamenti pesanti, sia i sistemi antiaerei nei quartieri abitativi. L’ex consigliere del Presidente ucraino, Arestovič, quando è successo quel che Lei ha visto nelle immagini da Dnepropetrovsk, ha detto con sincerità che è stato il risultato del lavoro della contraerea ucraina che, trovandosi nelle abitazioni, ha abbattuto un missile russo. Esattamente il contrario di quel che fa chiunque voglia rispettare il diritto umanitario internazionale. In questi casi, quando veniamo accusati di usare deliberatamente gli armamenti contro le infrastrutture civili, in questi singoli rari casi, se ne parla nei media occidentali per giorni e settimane, quanto sono cattivi i russi. Non ricordo che il Daily Mirror o qualunque altro media vicino a Lei si sia mai preoccupato di quanto accadeva a partire dal 2014 nel Donbass, dopo il colpo di Stato in Ucraina. Dia un’occhiata ai vostri archivi di come abbiate informato sulla tragedia di Odessa il 2 maggio 2014, quando alla Casa dei Sindacati, i guerriglieri, senza nascondersi minimamente, facendosi i selfie, hanno arso vive cinquanta persone, e i cecchini abbattevano quelli che cercavano di sopravvivere gettandosi dalle finestre. Non ricordo nemmeno le preoccupazioni occidentali per i regolari bombardamenti quotidiani del Donbass per il solo fatto che si era rifiutato di riconoscere il colpo di Stato.
Poi furono firmati gli accordi di Minsk, che obbligavano l’Ucraina a riconoscere lo status speciale del Donbass, innanzitutto il diritto di parlare in russo, il diritto di avere una polizia locale e di avere voce in capitolo nella nomina dei procuratori e dei giudici. Non è tanta roba, e fu approvato dal Consiglio di Sicurezza dell’ONU. Coloro che hanno firmato questi accordi, oltre a Putin, erano l’allora Presidente Porošenko, l’allora Presidente francese Olland, l’allora cancelliera Merkel, ed ora hanno affermato con orgoglio che all’epoca se ne infischiavano degli accordi di Minsk, e li avevano firmati solo per guadagnare tempo per riempire l’Ucraina di armi. A che pro? Penso lo capiate da soli, perché possa proiettare una minaccia contro la Federazione Russa. Minacce, voglio ricordarlo, direttamente ai nostri confini, non come i nostri colleghi americani, che decidevano che erano minacciati ora dalla Jugoslavia, ora dall’Iraq, ora dalla Libia, attraverso tutto l’Atlantico e hanno distrutto Paesi interi. Nel nostro caso, abbiamo avvertito per lunghi anni che bisogna realizzare gli accordi di Minsk.
Mi dica, se in Irlanda d’improvviso vietassero l’inglese, come si comporterebbe la Gran Bretagna? Tra l’altro, è l’unico Paese che chiama se stesso “Grande”. Ad eccezione, a suo tempo, della Libia. O come si comporterebbe la Francia, se vietassero l’uso del francese in Belgio? O la Svezia, se proibissero lo svedese in Finlandia? E si possono fare tantissimi altri esempi. Non passa a nessuno per la testa, mentre in Ucraina è nell’ordine delle cose. Porošenko, quand’era presidente, Zelenskij, che è presidente adesso, eletti entrambi con la parola d’ordine di fare la pace, non appena eletti si sono trasformati in presidenti della guerra, russofobi. Hanno adottato leggi che vietano l’istruzione in russo, i media in russo, compresi i media ucraini russofoni. Leggi che di fatto proibiscono di parlare russo persino nella vita quotidiana, proibiti i libri dei classici russi, tutti i contatti culturali legati in un modo o nell’altro alla lingua russa, di fatto l’Occidente appoggia tutto questo, esattamente come appoggia le costanti marce dei neonazisti, con le svastiche, i simboli delle SS, le cui divisioni erano state vietate dal Tribunale di Norimberga e riconosciute come criminali, è tutto appoggiato dall’Occidente. Quindi, quando parliamo di quel che accade in Ucraina, diciamo che è una guerra non più ibrida, ma quasi vera, che l’Occidente ha preparato a lungo contro la Russia, cercando di distruggere tutto quel che è russo, dalla lingua alla cultura, che esisteva in Ucraina da secoli, e vietando alla gente di parlare la loro lingua madre. E Zelenskij, che ora interviene ai Grammy e a Davos, e nelle competizioni sportive, ha dichiarato pubblicamente a settembre-ottobre 2021, prima della nostra operazione militare speciale, quando gli hanno chiesto cosa pensa della gente che vive nel Donbass, che ci sono persone e ci sono invece organismi viventi, e se qualcuno dei cittadini ucraini, sono sempre le parole del principale democratico europeo Zelenskij, si sente affine alla cultura russa, al mondo russo, allora per il futuro dei propri figli e nipoti deve andarsene in Russia. Se dicessero così ai francofoni belgi o agli anglofoni irlandesi, o in Scozia? Non ne parla nessuno. Voi vedete quel che voi chiamate invasione, mentre il fatto che per otto anni abbiamo chiesto che il regime sempre più nazista di Kiev eseguisse quanto prescritto dal Consiglio di Sicurezza dell’ONU, nessuno ha mosso un dito. Quando abbiamo chiesto di rafforzare le garanzie di sicurezza in Europa, nell’autunno dello scorso anno, si sono rifiutati persino di ascoltarci, come si sono rifiutati nel 2008 di firmare un accordo sulla sicurezza europea… Che fa, dorme?
Insomma, si può estrapolare qualunque episodio da qualunque storia, costruire su questo la propria carriera, lavorare per il bene del proprio governo, noi però cerchiamo di approcciarci con onestà, e quel che è il risultato dell’attuale situazione in Ucraina lo sanno tutti gli studiosi onesti.
Russia Today: Ho varie domande. La ministra delle finanze degli USA ha detto che la fornitura di generi alimentari nel continente africano è un grave problema. Vorremmo anche capire se queste esercitazioni congiunte vengono viste come una cooperazione militare tra i Paesi del BRICS, se siano giuste le pressioni statunitensi sui Paesi africani e se ci sarà un sostegno militare a questi ultimi.
Per quanto riguarda le dichiarazioni della signora Yellen, mi è difficile commentarle, perché i dati che abbiamo fornito più volte all’ONU, in diverse conferenze stampa, in vari Paesi, a Mosca come all’estero, sono confermati convintamente dalle statistiche della FAO. E il fatto è innanzitutto che il problema delle forniture alimentari sono iniziati ben prima dell’operazione militare speciale. E’ noto a tutti che quando è iniziata la pandemia da Covid 19, i nostri colleghi occidentali hanno stampato trilioni di dollari ed euro, e hanno cominciato ad accaparrarsi i generi alimentari, in preda al panico per un’eventuale crisi alimentare. Il risultato fu che la crisi si è verificata, ma in larga misura proprio a causa di queste emissioni monetarie fuori controllo. Contemporaneamente, la transizione fuori da ogni controllo e ogni compromesso alla green economy.
I nostri partner euroccidentali recedevano dai contratti a lungo termine. A proposito: attualmente, alla ricerca con cosa sostituire il gas russo, l’Europa ha parlato con il Qatar, con gli USA, che con gran piacere forniscono il loro gas liquefatto a prezzo maggiorato rispetto a quello russo lungo i gasdotti, ed entrambi i Paesi offrono agli europei contratti a lungo termine, cioè proprio quelli che furono alla base dei dissidi con noi. Quindi, sono in molti ad aver creato i presupposti per la situazione attuale. Sono sicuro che la Yellen, essendo una grande professionista, lo sa benissimo. Trasformano in armi ogni cosa: il grano, il gas, il petrolio, persino lo sport, perché osiamo vincere contro qualcuno che rappresenta il “miliardo d’oro”.
Ho consegnato oggi ai qui presenti nostri colleghi il quadro dettagliato relativo al mercato alimentare. Non appena Guterres ha proposto la sua iniziativa per il grano, noi l’abbiamo accettata, abbiamo istituito i corridoi sicuri dai porti ucraini lungo il Mar Nero verso gli stretti, il Bosforo e i Dardanelli, già a fine marzo, e all’epoca fu l’Ucraina a rifiutarsi di mandare le sue navi attraverso i campi minati che lei stessa aveva creato. Solo a fine luglio abbiamo avuto due accordi, uno per il grano ucraino, l’altro per l’abolizione degli ostacoli alle nostre forniture di grano e fertilizzanti. L’accordo ucraino, più o meno, viene rispettato, anche se nei Paesi più poveri arriva meno del 10%. Quasi la metà va nell’Unione Europea e quasi altrettanto nei Paesi in via di grande sviluppo, mentre quelli più poveri ricevono una miseria, nonostante che fosse proprio per questi che Guterres promuoveva la sua iniziativa.
Per quanto riguarda il grano e i fertilizzanti russi, nessuno sforzo dell’ONU non ha contribuito a far sì che USA e UE non frapponessero ostacoli alle nostre esportazioni. Loro ripetono che nei confronti dei nostri fertilizzanti e del grano non ci sono sanzioni, e nelle decisioni adottate effettivamente non c’è una sola riga che ne parli. Ci sono però varie righe che vietano l’ingresso a qualunque nave russa nei porti mediterranei, a qualunque nave straniera nei porti russi, c’è il divieto alla nostra principale banca agricola, la Rossel’chozbank, di usufruire dello SWIFT, ci sono problemi con i noli, con le assicurazioni.
Bisogna riconoscere che Guterres lo ha stigmatizzato anche pubblicamente, ma “il carro è sempre lì”, l’Occidente continua a ripetere che sugli alimenti non ci sono sanzioni. Più o meno come quando la Yellen dice che la colpa è tutta dei russi, che utilizzano il cibo come arma. E’ uno slogan, e viene continuamente diffuso nel mondo mediatico, mentre tutte le questioni concrete che propone di risolvere Guterres, e noi lo sosteniamo, restano in disparte. Persino i fertilizzanti offerti a titolo gratuito, che si trovano nei porti europei, circa 280 mila tonnellate, dopo il loro arresto, nonostante le richieste dalle aziende russe proprietarie di non sprecarle, di inviarli gratuitamente nei Paesi più poveri. Putin lo dice alla comunità mondiale ormai da sei mesi. Nel frattempo, su 280 mila tonnellate, solo 20 mila dall’Olanda si è riusciti a mandarle nel Malawi. O meglio: tre mesi si è giunti a un accordo in tal senso, ma la merce è partita qualche giorno fa, mentre negli altri porti, innanzitutto lettoni, nessuna movimentazione di questi fertilizzanti, ripeto, gratuiti.
Per quel che riguarda le esercitazioni militari marittime e di quanto esse influiscano sulla cooperazione militare, questa si sviluppa con la Repubblica Popolare Cinese e con quella Sudafricana. Il ministro della difesa del Sudafrica ha visitato le esercitazioni organizzate del nostro ministero della difesa in Russia nell’agosto dell’anno scorso, compreso il forum tecnico-militare 2022. Anche le esercitazioni trilaterali non sono nulla di inedito. Ad esempio, ci sono state nostre esercitazioni con la Cina e l’India. Esse rivestono un carattere principalmente antiterroristico. Siamo quindi costernati di come i nostri colleghi occidentali fomentino l’isteria per una prassi comune per tutti i Paesi marittimi, tanto più quando si tratta di esercitazioni ben più aggressive perpetrate più frequentemente dall’Occidente.
Le pressioni degli USA sui Paesi africani, ma anche asiatici, sudamericani, dichiarando continuamente e pubblicamente che coloro che cooperano con la Russia se ne pentiranno, minacciano Paesi grandi, che rappresentano grandi civiltà millenarie, ed ignorano l’elementare orgoglio di tali Paesi, che magari non è tipico per taluni Paesi occidentali, ma questo non li esenta dall’obbligo di studiare la storia e di seguire le regole della diplomazia, e non come fanno adesso. L’ho detto tante volte, che con le minacce e le pressioni gli USA e gli inglesi travalicano tutte le “linee rosse”, perché minacciano anche taluni politici di un Paese o di un altro, dicendo loro che hanno dei conti in banche USA, i figli studiano nelle università USA, non c’è più nulla di sacro. E’ un ottimo esempio di come Washington e Bruxelles si rapportino alla democrazia.
Borrell ci ha già detto che l’Europa è “un giardino fiorito”, l’eden, e tutto il resto sono giungle, da cui bisogna isolarsi e che contemporaneamente bisogna spiare. Tali valutazioni e questa mentalità affiorano continuamente negli interventi occidentali, che ci raccontano costantemente di essere dei luminari della democrazia. Ovviamente non solo loro, ma anche Zelenskij. Quando però parlate di democrazia con loro, vi rendete conto che l’unica cosa che gli interessa è che in quei Paesi all’estero dove loro vogliono essere presenti, con la scusa della democrazia siano instaurati ordini costituiti che siano in loro potere. Provate a parlargli di democrazia nei rapporti internazionali: apriti cielo! Non pensateci nemmeno!
Il diritto internazionale è democrazia, come da Statuto ONU, mentre loro parlano di regole, e la regola è una sola: quel che dico io lo devono fare tutti. Ecco l’atteggiamento nei confronti della crisi ucraina e tutto il bailamme degli emissari americani, europei e britannici, con tutte le loro minacce e gli appelli in giro per il mondo, di non collaborare con la Russia, di aderire alle sanzioni, di condannare, esecrare, eccetera. Se sei così democratico, se rispetti la sovranità degli altri Paesi… La Russia ha dichiarato cosa fa e perché. L’Occidente ha condannato. Senza rispondere alle argomentazioni dichiarate da Putin nell’annunciare l’operazione militare speciale. Hanno estrapolato dal contesto di tutta la storia solo il 24 febbraio e quanto è seguito. Di come questa crisi stesse montando come una purulenza col placet diretto dell’Occidente, nessuno se lo ricorda più. Tutta la storia antecedente al 24 febbraio è stata abolita, cancellata, il colpo di Stato, la tragedia di Odessa e di Lugansk, i bombardamenti dei quartieri residenziali, che proseguono tuttora. E l’Occidente sa benissimo che questi bombardamenti vengono perpetrati dagli ucraini con le armi occidentali, viene fatto scientemente, non è un singolo missile ucraino abbattuto, gli obiettivi che scelgono hanno lo scopo di terrorizzare la popolazione inerme.
Dicevo che abbiamo spiegato gli obiettivi dell’operazione militare speciale e perché non avevamo scelta, dopo otto anni di vane aspettative che fossero eseguiti gli accordi di Minsk. L’Occidente ha emesso la sua condanna. Se avete rispetto degli altri Paesi, consentite loro di assumere la propria posizione, non minacciateli, non esigete che aderiscano alle vostre valutazioni. Questa è mancanza di rispetto. Insomma, il concetto di democrazia in Occidente è molto originale, e non desidera e non immagina democrazia alcuna nelle questioni internazionali. La giungla e il giardino fiorito, la democrazia è tutta lì.
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