Mark Bernardini

Mark Bernardini

mercoledì 1 aprile 1981

L'esperimento

di Rimma Kazakova

– Andreev Arkadij, felice di fare la sua conoscenza! Sono in missione qui da lei per l'esperimento.

– Quale? – si informò Mar'jana pacatamente, ma con durezza.

– Mar'jana, lei ha il polso del comandante!… Però non le posso rispondere.

– Ben detto, ma incomprensibile.

Andreev sorrise fascinosamente.

– Mi creda!

– Le credo.

– Mi darà il denaro?

– No.

Andreev scoppiò a ridere.

– Si diverte?

– Molto!

– Se non sbaglio, ci siamo presentati…

– Mi manda via?

– Posso offrirle del tè.

Mescolando lo zucchero con il cucchiaino, Arkadij disse pensoso:

– Mi piace la sua città. Peccato che sia costretto a partire subito dopo l'esperimento.

Mar'jana rimase cortesemente in silenzio.

– La riorganizzazione dell'istituto termina tra una settimana. Come vede, ho solo una settimana…

– So contare.

– Mi darà il denaro?

– No. E neanche il permesso.

– Quanti anni ha?

– Ventidue. Da due dirigo il laboratorio. Vuole ancora del tè?

– Mar'jana, – disse lui seriamente e con semplicità. – Tenterò di essere sincero. La questione non sta nella riorganizzazione dell'istituto. Ho escogitato una cosa interessantissima. Voglio fare un regalo al capo. Il vecchio ne sarà maledettamente contento! Mi…

Mar'jana tirò a sé bruscamente il cassetto della scrivania e gettò sul tavolo le istruzioni.

– Sono libretti avvincenti. Li ha letti?

Arkadij si spense in viso, divenne scuro.

– La prego di scusarmi. Al settimo reparto i ragazzi stanno svolgendo il mio tema, vado un po' a vedere…

– Anche lei mi scusi per una certa scortesia da parte mia. Me ne dispiace sinceramente.

La nuca di lui era robusta, i capelli erano chiari. La porta si richiuse silenziosamente dietro di lui.

Quella notte Arkadij apparve in sogno a Mar'jana. Durante tutto il sogno come l'ombra di una nave lungo un fiume - vide solo il suo volto triste, appena noto: gli occhi grigi dai riflessi azzurri, le labbra dure, i capelli chiari e un po' rigidi, il sorriso di una stella del cinema. Anzi, dapprima fu come se lui non ci fosse, quasi soltanto la percezione di qualcosa di caro, ma somigliante a lui. E anche una certa irritazione per questo. In Mar'jana Arkadij suscitava contemporaneamente simpatia ed ostilità. Ciò che la indisponeva era il suo evidente desiderio di accattivarsi le simpatie di Mar'jana per un esperimento a lei sconosciuto.

Il sogno fluttuava, vibrava come l'acqua increspata, il viso di Arkadij le si mostrava prima allungato, deformato, sgradevole, poi calmo ed attento.

Arrivata in laboratorio, Mar'jana per prima cosa chiamò Arkadij.

– Ieri non l'ho compresa molto bene. Qual è il problema? Perché non presenta un rapporto? Era forse uno scherzo?

– No, non scherzavo.

– Ma come? Come le può venire in mente! Lo sa cosa mi sta proponendo?

– Lo so.

– In tal caso, che vuole?

– Che lei non rispetti le istruzioni.

– Mi ascolti, Andreev. Non è una questione formale, cerchi di comprenderlo. Non desidero assolutamente che lei mi prenda per una burocrate senza cuore. La smetta di piantare grane, lei è uno scienziato, non una signorina innamorata. Eccole il formulario, prenda il dettafono, componga. Poi vedremo...

– Eh, già, così stasera Lipjagin saprà tutto fino alla minima formuletta! La ringrazio.

– Se è lecito, come lo saprà?

– Non lo so! Passerà attraverso i muri. Il mio capo è un genio. Gli basterà un'allusione. Mi ha lasciato andare per cambiare aria, frequentare gente della mia età. Come lei sa, da noi quelli sotto i cinquant'anni sono una rarità…

– Arkadij, il permesso per l'esperimento non lo do. E' un punto fermo!

– Io speravo di rimuovere proprio questo punto. Invece il punto, questa insignificante nullità, è più pesante di una lastra tombale.

– Non torniamo più sull'argomento. A me la sua dedizione al capo piace, e poi nella sua stramberia c'è qualcosa… Ma dopo la catastrofe di Karaj…

– Certo, certo… Che fare? Va bene così.

– Come vanno i ragazzi del settimo reparto?

– Una delizia. Sono ingenui e dotati, come antichi Dei greci.

– Starò via fino a questa sera, – disse Mar'jana, salendo sulla piattaforma rotonda dell'ascensore. – Le auguro una buona giornata.

E schiacciò il bottone.

Quella notte Arkadij le apparve nuovamente in sogno. Camminavano insieme, in un prato di margherite. Arkadij strappava i petali e borbottava qualcosa. "Cosa sta dicendo?" "E' una vecchia filastrocca, me la insegnò la nonna". "Sentiamo, sentiamo…" "M'ama, non m'ama, mi scaccia, mi bacia, mi stringe al cuore, mi manda al diavolo…". "Stupendo! Come dice? M'ama, non m'ama…".

Tutto intorno era silenzio e calore, le margherite emanavano un profumo delicato, come il polline sulle ali di una farfalla. Si misero a sedere sulla terra morbida e calda. Arkadij improvvisamente gettò via il fiore. "Mar'jana, vorrei parlare seriamente con lei della cosa più importante. Cerchi di capirmi. D'accordo, la catastrofe di Karaj… Non penserà mica che l'umanità sia garantita per sempre dalle vittime? Certo, sarebbe meglio che non ci fossero, nessuno lo nega! Ma noi continuiamo a muoverci sul limite estremo, ci intrufoliamo in tali sacrari della natura che non può esserci nessuna garanzia per la nostra sicurezza…". Il suo viso era simpatico, sincero, le parole, mute nel sogno, non risuonavano, ma penetravano in lei così, come il sole entra nella pelle, e insieme ad esse sorgevano la compassione ed una inspiegabile felicità. "E poi, quelle istruzioni... Sono due secoli che ripetiamo che l'umanità risponde per il singolo, ed il singolo per l'umanità. In questo senso non vi è differenza tra me ed il Consiglio scientifico. E allora perché non posso io stesso decidere il destino dell'esperimento? Da dove viene tanta diffidenza? Se fossi stato un artigiano analfabeta, non mi avrebbero rilasciato il diploma. Mentre così… Le ho mentito sul capo. Il capo ci nasconde, con molta cultura e talento, la sua aspirazione ad elevarsi come una cima irraggiungibile, il nostro coraggio lo spaventa, e in questo le istruzioni sono dalla sua parte…". Mar'jana ascoltava sfogliando i petali e le sue parole giungevano confuse e scandite come il pulsare del sangue: "M'ama, non m'ama, m'ama, non m'ama...".

"Mar'jana, lei che ne pensa? Lei è brava, i ragazzi la adorano, ma il senso della sua esistenza non può consistere solo nel tè e nelle direttive. Che cosa dipende da lei?…". "M'ama, non m'ama, m'ama, non m'ama… E poi?… Mi scaccia… mi bacia…". "Anche lei è schiava delle istruzioni, schiava del Consiglio e di altri due Consigli. Tra lei e l'umanità ci sono tre Consigli, e questo viene reputato saggio, una tale censura del pensiero, dell'anima!…". "Mi stringe il cuore, mi manda al diavolo… mi chiama sua… Che buffo ragazzo, un bimbo terribilmente buffo. E a chi le dice, queste cose? Come se io la pensassi diversamente. Aiutarlo… Solo che non sono ancora pronta. Non tutto è chiaro. Certo, i Consigli sono pieni di vecchi imbecilli. Ma i giovani stravaganti senza sorveglianza… Come me… Non siamo poi tanto stravaganti… No, non posso. La questione è troppo seria. C'è qualche impedimento. Forse non siamo ancora maturi a tal punto…".

"Non siamo ancora maturati a tal punto? Che idiozia! La catastrofe di Karaj è avvenuta dopo che tutti i piani erano stati approvati e verificati tre volte. Le deduzioni logiche dagli eventi naturali…". La prese per mano, e lei non la ritirò. "Mar'jana! Come desideravo che lei mi comprendesse! Sono convinto che sarà d'accordo con me! Mi permetta di realizzare l'esperimento. Mi conosce abbastanza per farlo. Quanto al rischio… Certo, è un rischio! Le posso solo dire che non è pericoloso per la vita. Se tutto andrà bene…".

"E se invece non andasse bene?". "Andrà bene! E poi non è questa la questione. Se non ci riuscirò io, ci riusciranno altri. Quello che conta è il principio. Al diavolo la routine! Mar'jana, mi dica che è d'accordo. Allora, Mar'jana!…".

Quando si svegliò, la stupì solo una cosa: non aveva mai sentito prima quel "m'ama, non m'ama…".

Quel mercoledì Mar'jana lo passò in missione tra le montagne. Faticò molto, si coricò tardi, e quella notte non sognò nulla.

Il giorno dopo c'era la riunione del settimo reparto. Mar'jana salutò tutti con un inchino generale, ma si rallegrò vedendo Arkadij vicino alla "camera del vuoto". Lui le voltava le spalle e diceva qualcosa al montatore. La riunione finì presto e Mar'jana, tra i sibili dei montacarichi, gridò allegramente ad Arkadij:

– Allora, dirigo bene? Li ho mandati via tutti. I ragazzi del settimo reparto sono andati in montagna per due giorni.

Arkadij, giocando con una catenina a cui era attaccata la chiave dell'automobile, accompagnò Mar'jana sino al suo studio.

– Va in città? – chiese Mar'jana.

– Sì, in città. Mi vuole fare compagnia?

– Vorrei molto, ma non posso. Tra mezz'ora parto in missione. Se si annoia troppo, si unisca pure a noi, ma non ne vale la pena, si tratta di una operazione di smontaggio… Sa una cosa, Arkadij?…

– Cosa? – chiese, tutto teso, avendo percepito qualcosa di nuovo nella sua voce.

– Le voglio dire che la nostra ultima conversazione mi ha un po'… Insomma, mi dispiace molto di non poterla aiutare…

– Mi dia via libera e non dovrà più dispiacersi.

– No, su questo siamo intesi, è escluso! Non lo posso fare. Anche se il cuore mi dice…

– E lei dia retta al cuore.

Mar'jana si turbò. Nello sguardo di lui c'erano affetto, franchezza e anche un po' di tristezza.

– Gli darò retta... dopo che lei avrà scritto un trattato su "La fisica e il cuore".

– Gli uomini non fanno altro da secoli…

– Va bene, è ora di lavorare.

Mar'jana saltò sul gradino della scala mobile, trovò col dito quel tasto che conosceva in ogni incavatura, ma improvvisamente, ricordandosi qualcosa, richiamò Arkadij. Questi ritornò lentamente.

– Senta, non conosce per caso questa vecchissima filastrocca: "M'ama, non m'ama…".

– "Mi scaccia, mi bacia, mi stringe al cuore…". Sì, la conosco, perché?

– No, niente, non riesco a togliermela dalla mente. L'ho sentita da qualche parte, ma dove non ricordo…

Mar'jana schiacciò il bottone.

Voleva sognare di nuovo. Si mise a letto aspettando il sogno, si convinse di doverlo vedere. E lo vide. Questa volta completamente muto, senza parole. Era come un film: Mar'jana vedeva distintamente tutto ciò che avveniva in sogno, ma nello stesso tempo capiva che era solo un sogno, creato dal suo stesso desiderio, e che, se proprio lo avesse voluto, il sogno avrebbe potuto interrompersi, o proseguire in qualche altro modo. Era suo, così come lo desiderava, e perciò molto bello, gradevole.

Mar'jana e Arkadij erano seduti su una panchina di fronte alle finestre del laboratorio, cadevano le foglie gialle d'autunno, c'era odore di foglie marcite e di terra umida. Le finestre erano celate dalle tende e dai rami degli alberi. Si stava facendo sera, il sole riscaldava debolmente, ma teneramente. Mar'jana sentiva con il palmo della mano destra il palmo fresco e duro di Arkadij. Tutto esultava in lei. Rimasero seduti così molto a lungo, poi lui abbracciò Mar'jana e la baciò con un bacio anch'esso lungo, infinitamente lungo. Le risultava difficile staccarsi da lui, aveva paura di staccarsi, perché sapeva, lo sentiva: il sogno sarebbe immediatamente terminato. Quanto durò? Un minuto? Un'ora? Una notte? Le foglie cadenti tremavano, l'aria calda fluttuava, le labbra calde tremavano anch'esse, strette con tenerezza e senza forza ad altre labbra.

Quando quel giorno Arkadij, dopo averle chiesto attraverso il videofono di riceverlo, entrò nello studio, Mar'jana lo accolse raggiante.

– Di buon umore?

– Ottimo.

– Io invece il contrario.

– Non importa, tra un po' cambierà…

– No… Domani parto.

– Lo vede, per l'esperimento comunque non c'è tempo.

– Ci sarebbe, se lei lo permettesse! Telefonerei all'istituto, otterrei, insomma… mi romperei una gamba, diamine! Inventerei qualcosa.

– E' veramente sicuro che l'esperimento non le comporta alcun rischio?

– Assolutamente.

– A parte il fatto che mi licenzieranno…

– Al diavolo il lavoro!… Cioè, scusi, volevo dire… Ma cos'è per lei questo pentolino meccanizzato? Partiamo per Tulavi, ho letto le sue referenze, lei è una realizzatrice, le occorrono i grandi spazi, le macchine…

– Arkadij, mi dia tempo per pensarci fino a domani.

– D'accordo!

– Non prometto nulla.

– Ci conto.

Si lasciarono, ma la sensazione di entusiasmo, di festa non passava.

Quella notte la loro discussione si ripeté con precisione perfetta. La differenza consistette unicamente nel fatto che lei diede il suo consenso. Quando Arkadij era già sul punto di dissolversi, Mar'jana lo tirò a sé per la mano e lo baciò per prima.

Venne sabato. Sbrigate le cose da fare prima delle dieci, Mar'jana schiacciò con decisione il pulsante del quadro delle comunicazioni interne e chiamò Arkadij. Le rispose un impiegato di turno: Arkadij non c'era, non s'era ancora fatto vedere, si stava preparando per la partenza. "Strano", pensò Mar'jana. L'impiegato, non sentendo alcuna risposta alla sua comunicazione, cominciò a lodare Arkadij:

– Che mente, avessimo noi un ragazzo così! Non si potrebbe convincerlo a rimanere? Almeno un mese…

Ma in quel momento suonò il campanello, Mar'jana annuì ed entrò Arkadij.

– Buongiorno. Le dico subito che sono d'accordo. A essere sincera, la pensavo così anch'io da molto tempo. Che vada tutto al diavolo, ha ragione lei! Quanto denaro le occorre?

– Mar'jana, – disse Arkadij adagiandosi con cautela e quasi con difficoltà in una poltrona, – la ringrazio di cuore, ma non mi occorre nulla. Sono venuto per congedarmi da lei.

– Come? E l'esperimento?

– Ha avuto luogo. Tutto a posto.

– In che modo?

– Vede… Ma non si arrabbi, la prego. Il nostro istituto sta controllando l'efficienza di un apparecchio per influire sull'uomo durante il sonno…

– Cosa?

– Non pensi a nulla di male! Il programma è stato elaborato ed approvato da tutti… – Arkadij sorrise amaramente – …da tutti e tre i Consigli, ed io ho agito seguendo scrupolosamente il programma. Il mio compito consisteva nel convincerla a dare il consenso per l'esperimento, contro le istruzioni… Ecco. Ed esattamente secondo i piani…

– Esattamente secondo i piani?

– Sì, è naturale. Pjatkin e Selko stavano al controllo. A proposito, la devo ringraziare a nome dell'Associazione per il suo enorme contributo alla scienza. Sulla sua salute, penso, non dovrebbe influire, ma a settembre lei e un altro gruppo di partecipanti all'esperimento – che è stato attuato contemporaneamente in sette punti-chiave – verrete invitati a Tulavi per il congresso. Se non erro, è il terzo lavoro che svolge per l'Associazione?

– Sì, – disse distrattamente Mar'jana, – il terzo. E' tutto molto interessante…

Non riusciva ancora a riprendersi.

– Le lascio la descrizione scientifica, e tra un paio di giorni le mando anche un tecnico e il materiale di informazione. Mar'jana, cara, mi creda, anche se è tutto legale e lei si rendeva conto a cosa andava incontro quando ha aderito all'Associazione, io mi sento un idiota! E' complicata ancora la nostra vita…

Mar'jana nel frattempo era rimasta assorta.

– Allora, Mar'jana? Dica qualcosa!

– Mi dica, Arkadij, era lei che mi sussurrava quel "m'ama, non m'ama"?

– Sì, e fui molto contento quando il segnale le arrivò. Altrimenti sarei rimasto fino alla fine della settimana nella completa ignoranza…

Mar'jana arrossì.

– Ma non pensi che l'abbia inventata io, la filastrocca. L'ha scovata il capo, la troverà nella descrizione… Però, è una cosa interessante: riesumata dai tempi oscuri della chiromanzia e delle credenze in chissà che cosa, ma interessante… Sappiamo ancora poco dell'essere umano.

Mar'jana finalmente si decise.

– Immagino che sarà molto stanco: non sono pratica di tecnologia, ma ogni notte…

– Ma no, quale ogni notte! Le sedute sono state in tutto tre.

– Lunedì, martedì e venerdì?

– Lo vede che l'esperimento è veramente riuscito!

– Sì, è riuscito… Ma lei ha ragione: oh, quanto sappiamo ancora poco dell'essere umano! Poco di più rispetto a chi diceva con le margherite in mano: "M'ama, non m'ama…". E ancora una domanda. Nel sogno lei mi ha inculcato la volontà di non rispettare le istruzioni. Ma, da quel che mi ricordo, di questo abbiamo parlato anche realmente?

– Io ho agito secondo il programma, il mio compito era esclusivamente quello dell'intensificazione. In altri settori l'esperimento è stato condotto un po' diversamente: in due casi, da quel che so, si è trattato di inculcare direttamente, senza un qualsiasi contatto immediato con il soggetto…

– E come si spiega una scelta tanto strana del tema?

– Il Consiglio-2 conosce il rapporto che lei ha fatto sul lavoro dei laboratori di categoria "B". Abbiamo, per così dire, spinto i suoi pensieri verso la conclusione finale, che lei non ardiva ancora trarre.

– E… a proposito delle istruzioni e dei tre Consigli in generale?

– Ma si figuri, Mar'jana! Tutto questo va bene per l'esperimento, – Arkadij si avvicinò confidenzialmente a Mar'jana attraverso il tavolo, – ma nella vita… Se lo immagina che baraonda, se si desse via libera ai laboratori?!

Vedendo che Mar'jana si era accigliata, Arkadij interpretò la cosa a modo suo.

– Mi pare che lei personalmente non rischi nulla. Le manderanno la risposta al suo rapporto, e tutto finirà lì. Non avrà noie di nessun genere! Lei è fidatissima, io lo posso confermare, e se non fosse stato per l'apparecchio… E poi anche l'Associazione la difenderebbe. Lei è indispensabile… E ora, purtroppo, mi devo congedare, sono atteso.

Arkadij si alzò e tese la mano a Mar'jana.

– Ma come…

– Che c'è?

– No, niente… Arrivederci a settembre. E' da molto tempo che non capito a Tulavi. Però anche qui da noi non è male, vero? Specialmente il giardino. E la panchina sotto la quercia, di fronte alle mie finestre…

– Nel giardino non mi è ancora capitato di andarci. Quindi, dovrò per forza tornare per sedermi sulla sua panchina… Mi scusi di nuovo e grazie!

– Bene. Allora le auguro un cielo sereno. Ancora una cosa. Durante tutto questo tempo ho avuto di lei un'opinione migliore di quella che ho adesso. Lo sappia. Mi sento persino un po' triste. Quel ragazzo che mandava al diavolo le istruzioni ed era persino pronto a rompersi una gamba… Quel ragazzo mi piaceva di più. Ecco cosa le volevo dire.

– Eh, Mar'jana, lei è una persona straordinaria, direi non moderna. Ma è meravigliosa!

Quando la porta sbatté dietro Arkadij, Mar'jana cominciò ad imprecare in modo decisamente moderno.

[Titolo originale: Eksperiment, in "Fantastika 1965", Moskva, pp. 147-155. Traduzione di Mark Bernardini, pubblicata in “Rassegna Sovietica”, N°2 1981]

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