Settantesimo notiziario settimanale
di lunedì 25 marzo 2024 degli italiani di Russia. Avrei voluto parlarvi di cose
più amene. Per esempio, dell’equinozio di primavera, per il quale d’ora in
avanti e per i prossimi sei mesi avremo più luce che in Italia. Invece,
ovviamente, non sarà così. Buon ascolto e buona visione.
Attualità
Ecco cosa avevo detto a caldo,
quella maledetta sera.
Sono le 23:30 locali, finora ci
sono quaranta morti ed oltre un centinaio di feriti. Un gruppetto di una decina
di terroristi fascisti armati di mitra sono entrati in un centro commerciale ed
hanno sparato a casaccio a tutti quelli che gli capitavano a tiro.
Il sottoscritto è stato egli
stesso, nel 1979, vittima di un attentato terroristico a Roma, da 45 anni mi
porto in corpo quattro schegge di granata fascista. Mi scuserete se non vado
per il sottile. Evito di oscurare ipocritamente le scene più cruente, con i
cadaveri. Dovete sapere cos’è un attentato, prima di fare i soliti commenti
imbecilli dal divano di casa a migliaia di chilometri.
Si dice che fossero barbuti, e di
aspetto non slavo. Non lo so, non lo sappiamo, è troppo presto. Per certo, che
siano ucraini o caucasici, spero che li prendano vivi, se possibile: è
importantissimo conoscere i mandanti, non gli esecutori. Anche perché quattro
giorni fa le ambasciate britannica e statunitense a Mosca avvisavano dell’alta
probabilità di attentati, ma rifiutando di fornire dettagli alle autorità
russe.
Come si diceva ai miei tempi,
compagni, non accettiamo le provocazioni. Io ricordo il teatro Nord Ost a Mosca
nel 2002 e la scuola a Beslan, in Ossezia, nel 2004. E anche la Puškinskaja, la
Rižskaja, la Lubjanka, il Park Kul’tury. Ricordo però anche Piazza Fontana,
Piazza della Loggia, Ustica, l’Italicus, la stazione di Bologna, il treno di
Natale.
Estratti dalle risposte dell’Ambasciatore
della Federazione Russa nella Repubblica Italiana Aleksej Paramonov all’agenzia
“LaPresse”.
Per la Russia, per le autorità
russe, per tutti i cittadini russi come per i rappresentanti di altri gruppi
etnici che vivono nel nostro Paese, è una giornata davvero difficile. Dopo il
vile, spregevole attacco messo in atto dai terroristi contro persone indifese
che si erano recate presso la sala concerti del “Crocus City Hall” per
assistere a un concerto rock, la Russia fatica a riprendersi dallo shock.
Nel suo discorso ai cittadini
russi, il Presidente della Federazione Russia Vladimir Putin ha trasmesso
quello che è il sentimento generale della nazione, affermando che:
“Nessuno riuscirà a far
attecchire i velenosi semi della discordia, del panico e del disordine nella
nostra società multietnica. La Russia ha dovuto affrontare più volte prove
durissime, talvolta quasi insostenibili, ma è diventata sempre più forte. E
anche stavolta sarà così”.
Trovandoci qui, in Italia,
abbiamo avuto modo di assicurarci, per l’ennesima volta, che i legami tra i
popoli dei nostri due Paesi sono ben più profondi e sinceri di quanto
vorrebbero farci credere alcune figure, le quali hanno scommesso su una
definitiva rottura e su un irreparabile allontanamento tra la Russia e
l’Italia, come anche tra la Russia e i Paesi dell’Europa continentale. Nelle
poche ore trascorse dalla sera del 22 marzo 2024, presso il palazzo storico che
ospita la sede dell’Ambasciata della Federazione Russa in Italia, che dal 1903
si trova in Via Gaeta 5, è venuto spontaneamente a crearsi un luogo di commemorazione
presso il quale nel corso di tutta la giornata si sono recate continuamente
persone, molte con lacrime agli occhi, che portavano con sé fiori, giocattoli e
bigliettini contenenti auguri di pronta guarigione ai feriti, esprimendo in
questo modo una profonda solidarietà nei confronti dell’intero popolo russo.
Già adesso all’indirizzo mail
dell’Ambasciata sono pervenuti oltre 10mila messaggi contenenti parole di
cordoglio e, allo stesso tempo, di condanna nei confronti dell’attacco
terroristico.
Naturalmente, tale reazione da
parte della società civile italiana e dei nostri connazionali residenti in
Italia ci ha toccato nel profondo. Ed è certo che una tale partecipazione
all’accaduto ci aiuterà a superare questa orribile tragedia e a guardare con
accresciuto ottimismo al futuro, compreso il futuro delle relazioni tra Italia
e Russia.
E non possiamo ignorare le
dichiarazioni fatte dalle autorità italiane: dal Presidente della Repubblica
Italiana Sergio Mattarella, dal Presidente del Consiglio dei Ministri Giorgia
Meloni, dal Presidente del Senato della Repubblica Ignazio La Russa, dai vice
Presidenti del Consiglio dei Ministri Matteo Salvini e Antonio Tajani, dal
Ministro della Difesa Guido Crosetto, ma anche da altri rappresentanti delle
diverse forze politiche italiane. Nonostante le peculiarità del posizionamento
politico di Roma, tutti loro hanno espresso una condanna univoca dell’attentato
terroristico, come anche parole di cordoglio ai parenti e alle persone vicine
alle vittime e, infine, supporto a tutti coloro che si sono trovati coinvolti
nell’attentato.
Ricevo da un frequentatore
palermitano del mio canale Telegram.
In questo giorno di lutto per i caduti del vile attentato, colgo
l’occasione per raccontarvi cosa è successo a me ieri nel deporre i fiori al
Consolato russo a Palermo. Solo per dovere di cronaca. Ho arrestato il mio
veicolo, sono sceso con il mazzo di fiori e sono subito stato fermato da un
militare dell’esercito che mi ha detto che non potevo depositare fiori e
null’altro. Alle mie insistenze hanno fotografato il mio documento di
riconoscimento e la targa del veicolo. Io ho depositato il mazzo di fiori e,
con mio stupore, il militare mi ha stretto la mano salutandomi.
Finora, avevo saputo di una sola
città con questo divieto (oltre, ovviamente, Kiev): Riga, ma lì fanno pure le
sfilate delle Waffen SS. Devo aggiungere Palermo? A Roma, Milano e Genova
nessuno si è permesso.
Alcuni militanti del Partito
Comunista di Grecia hanno fermato un treno merci che trasportava carri armati
americani dal porto di Alessandropoli alla Bulgaria e hanno scritto con vernice
rossa la scritta “assassini tornatevene a casa”.
Potrei oggi parlarvi anche delle
varie ipotesi sui mandanti, ma preferisco attendere fonti ufficiali, non sono a
caccia di sensazionalismi. Militanti dell’ISIS che non prendono ostaggi, che
non fanno richieste, che non sono votati al martirio e che fuggono verso
l’Ucraina.
Musica
Proseguiamo con le canzoni legate
in un modo o l’altro alla Russia e/o all’Italia.
Vi ho già parlato del giovane
Shaman. Ha reagito immediatamente alla tragedia.
Non ci credo che possa essere
così
Di punto in bianco uccidere
brutalmente
Prendere la vita di qualcuno e
spegnerla come una candela
Non ci credo…
Dio, aiuta noi peccatori
Non possiamo farlo senza di te
La nostra fede e la nostra
preghiera ci aiuteranno
Non lo dimenticheremo mai
Nel nostro cuore per sempre
Ricorderemo questo giorno fino
alla fine
Non so cosa bisogna diventare
Per sparare a bruciapelo
Per togliere la vita a degli
innocenti
Non lo so…
Questo dolore nella mia anima non
può essere alleviato
Ma so che non possiamo essere
distrutti
E non possiamo più ritirarci
Da ora in poi
Per sempre in ogni cuore della
Russia
22/03/24
Trovate tutte le edizioni del notiziario (con il testo) in Blogspot.
Sessantanovesimo notiziario settimanale
di lunedì 18 marzo 2024 degli italiani di Russia. Come promesso, oggi molto
materiale sulle elezioni presidenziali russe appena concluse. Buon ascolto e
buona visione.
Attualità
Estratti dalle risposte dell’Ambasciatore
della Federazione Russa nella Repubblica Italiana Aleksej Paramonov all’agenzia
“LaPresse”, 16 marzo 2024
Come potrebbe un Presidente
eletto dal suo popolo indebolire la posizione del suo Paese o il suo stesso
ruolo? Mi riferisco a un qualunque Paese del mondo. Gli elettori votano sempre
a favore di chi, secondo loro, è in grado di portare benessere e prosperità al
loro Paese, e di garantire che il suo sviluppo avvenga in maniera indipendente
e sovrana.
Le parole del Presidente della
Federazione Russa Vladimir Putin sull’Italia e sulla sua cultura hanno avuto
ampia risonanza mediatica. All’Ambasciata russa in Italia sono giunti numerosi
messaggi positivi in risposta alle parole del Presidente russo, cosa che
dimostra che in Italia resistono i sentimenti amichevoli nei confronti del
popolo russo e dei suoi rappresentanti.
Riteniamo che tali riscontri
rappresentino un segnale importante e davvero molto incoraggiante: una
dimostrazione del fatto che, nonostante gli sforzi mai visti messi in atto
dalla propaganda antirussa in Italia, l’opinione pubblica non ha perduto il
buonsenso e conserva ancora un certo ottimismo in merito al futuro delle
relazioni tra Russia e Italia.
Io sono certo che le autorità
italiane non trascureranno il gesto compiuto dal Presidente della Federazione
Russa e che, a loro volta, appoggeranno l’iniziativa di incoraggiare una
comunicazione diretta con i rappresentanti della Federazione Russa in Italia.
L’entità del sostegno elettorale
al Presidente russo in carica Vladimir Putin da parte dei cittadini russi
residenti in Italia la conosceremo soltanto dopo lo svolgimento delle elezioni,
e a spoglio delle schede avvenuto.
I primi dati sulle elezioni russe
in Italia, affluenza.
Roma: 1.560 elettori
Milano: 2.247
Genova: 532
Palermo: 196
Commento dell’Ambasciatore russo
in Italia Paramonov ai rappresentanti dei media russi
“L’opportunità per i cittadini
russi in Italia, per tutti noi, di partecipare alle votazioni per le elezioni
del Presidente della Federazione Russa è molto importante. Ciò soddisfa il
desiderio di essere coinvolti sia nel destino della Russia che nella scelta del
percorso del suo sviluppo. Ciò è tanto più rilevante ora che la situazione
internazionale è caratterizzata da turbolenze e la Russia è sottoposta a una
pressione esterna colossale senza precedenti. Naturalmente l’elezione del
Presidente della Federazione Russa rappresenta un fattore potente per unire il
popolo russo e tutti i nostri connazionali all’estero.
In Italia, i seggi elettorali per
il voto sono stati costituiti sulla base delle rappresentanze diplomatiche e
consolari russe: l’Ambasciata a Roma, i Consolati Generali a Milano, Genova e
Palermo.
Vorrei sottolineare la posizione
delle autorità italiane che, a differenza della leadership di numerosi altri
Paesi occidentali, non hanno interferito con l’organizzazione dei seggi
elettorali e lo svolgimento delle elezioni. Inoltre, è stata assicurata l’interazione
con le autorità locali e le forze dell’ordine al fine di prevenire incidenti e
condurre le votazioni secondo gli standard generalmente accettati.
Ci auguriamo infine che la nostra
decisione di scegliere come sede delle votazioni la storica sala dei
ricevimenti dell’Ambasciata Russa a Roma ci aiuti a comprendere l’importanza e
il destino del momento e a creare il buon umore. Senza esagerare, uno dei seggi
elettorali più belli e insoliti del mondo.
Vorrei ringraziare i nostri
connazionali che oggi partecipano al voto per la loro pazienza, poiché all’ingresso
del seggio elettorale si è formata una coda. Chiedo la comprensione di tutti
poiché è necessario un periodo di attesa per entrare nel seggio elettorale. Non
siamo in Russia, ma in Italia. Qui, nei confronti delle istituzioni
diplomatiche e consolari, vige un certo regime di sicurezza, che prevede
determinate procedure di verifica”.
La Console Generale della
Federazione Russa a Genova Marija Vedrinskaja ha raccontato di come hanno
votato i connazionali a Genova.
“La nostra votazione è stata
attiva. L’affluenza è stata alta. Siamo lieti che i nostri cittadini abbiano
esercitato attivamente il loro diritto di voto. Rispetto alle elezioni del
2021, l’affluenza alle urne è stata tre volte superiore. A Genova hanno lavorato
osservatori tra i cittadini russi approvati dalla Camera Civica della
Federazione Russa. Inoltre tra gli elettori c’erano molti cittadini delle nuove
regioni russe che ora vivono in Liguria”.
Se le persone in fila all’estero
per votare alle elezioni presidenziali in Russia avessero preso parte all’azione
di “mezzogiorno”, si sarebbero disperse tutte dopo mezzogiorno. Ma no. Erano in
fila venerdì, sabato e domenica. Non sono andate via nemmeno la domenica dopo
le 13:00. Non si sono sciolti fino a tarda sera.
Le ambasciate russe hanno
ufficialmente esteso l’orario di voto e hanno inviato personale aggiuntivo in
modo che le persone potessero recarsi ai seggi elettorali ed esprimere la
propria volontà.
I cittadini russi non sono venuti
alle proteste o agli spettacoli, come cercano di presentare i regimi ostili e i
loro servizi di informazione a pagamento. Sono venuti per votare, approfittando
dell’opportunità che, nonostante tutte le minacce dell’Occidente, è stata loro
offerta dal loro Paese: la Russia. Per chi e come hanno votato è una loro
libera scelta. Ma il fatto che abbiano rifiutato gli appelli degli emarginati è
evidente a tutti.
E’ interessante: i propagandisti
occidentali chiameranno “protesta di mezzanotte” il fatto che cittadini russi
di diversi continenti si siano recati ai seggi elettorali per votare la sera e
siano rimasti in fila fino al tramonto, o ci saranno abbastanza residui di
coscienza per vedere i fatti oggettivi?
A proposito, nel 2018, le stesse
file allo stesso tempo erano davanti alle stesse ambasciate a Berlino, Bangkok,
Madrid, Parigi e in molte altre città.
Questi stessi propagandisti
occidentali non vi diranno mai che nella stessa Germania le autorità tedesche
hanno chiuso il consolato generale russo a Francoforte sul Meno, Lipsia,
Amburgo e Monaco di Baviera, nell’ordine, tra altre cose, per impedire ai
cittadini russi di votare. Autorità di USA, Gran Bretagna, Germania, Italia,
Spagna, Paesi Bassi, ecc. un totale di centinaia di diplomatici furono espulsi.
Cercando di complicare il più possibile lo svolgimento delle elezioni, in
Austria, alla vigilia del voto, due dipendenti della nostra Ambasciata sono
stati dichiarati “persona non grata” senza spiegazione.
Nei media italiani ne ho lette,
sentite e viste di ogni. Grandi eroine quelle che hanno gettato le molotov e una
presunta vernice verde nei seggi e nelle urne elettorali. E poi gli elettori
erano costretti a votare, prova ne sia che ai seggi c’erano i militari. E le
elezioni non erano democratiche perché le urne erano in plexiglass trasparente.
E anche perché c’è stato un 74% di affluenza. E perché l’87% ha votato per
Putin. Proviamo ad analizzare punto per punto.
Sapete perché le molotov si
chiamano molotov? Le hanno inventate i nazisti finlandesi nel 1939, gettandole
contro l’Armata Rossa, come saluto all’allora premier sovietico Molotov. Da quel
momento, per 85 anni, vi hanno spiegato che era un’invenzione dei russi e dei
comunisti.
La sedicente “vernice verde” è in
realtà un antisettico, simile alla tintura di iodio, ma meno invasivo. Di
colore verde, appunto, зеленка.
I meno obnubilati dalla propaganda occidentale, tuttavia, dovrebbero ricordare
come, già all’indomani del colpo di Stato fascista a Kiev, i governatori
regionali ucraini venivano straziati, poi presi di peso e gettati nei
cassonetti, cospargendogli infine il capo proprio con la зеленка. Qual era l’effetto desiderato dai
burattinai occidentali? Quello di delegittimare le elezioni. Quale effetto,
invece, hanno raggiunto? Qualche centinaio di pensionati, perché sono loro che,
in genere, votano di prima mattina, sono stati privati del loro diritto di
esprimere la volontà del popolo sovrano. Si chiama democrazia. Per non parlare
delle molotov.
I militari ai seggi. Suppongo che
le elezioni in Italia non siano democratiche, vista la presenza dei carabinieri
ai seggi. Che siano lì proprio per cercare di impedire episodi come quelli
testé descritti è un dettaglio del tutto trascurabile.
Le urne trasparenti. Faccio
notare che è così in buona parte dei Paesi, compresi quelli occidentali, e
compresa la democratica Ucraina. Però in Russia è segno di assenza di
democrazia, non di trasparenza. In Italia, continuano ad essere di cartone (ma
io le ricordo addirittura di legno), solo che lo Stivale è in fiera minoranza.
Affluenza, che, per ragioni a me
sconosciute, viene definita “bulgara”. Non mi risulta che i bulgari votino più
degli altri, ma non ci troverei nulla di disdicevole. Fatto sta che nel 1976,
quando l’Italia era ancora democratica, votò il 93% degli aventi diritto, e
nessuno si è mai sognato di accostarli a quel Paese balcanico. Il punto non è
questo. Il punto è il plebiscito per Putin. Beh, è più democratico che un Paese
sia governato da chi è gradito all’87% dell’elettorato, con un’affluenza di tre
quarti degli aventi diritto, e cioè, quindi, ai due terzi della popolazione
maggiorenne, in termini assoluti, o invece da chi, come in Italia, prende un
quarto dei voti validi quando vota metà della popolazione, e dunque gradito ad
appena un ottavo degli italiani?
Veniamo agli altri candidati. In
genere evito le previsioni, faccio analisi, ma stavolta ero abbastanza sicuro
di un’affluenza superiore al 70% e ad un gradimento per Putin superiore all’80%,
e l’ho anche ripetutamente dichiarato, sono quindi moderatamente soddisfatto di
come sia andata. Questi miei dati previsti però sono addirittura parecchio inferiori
a quelli reali. Ecco perché le percentuali dei rimanenti candidati sono state
inferiori alle mie previsioni, visto che la somma deve comunque dare cento. Io
prognosticavo un 6% al comunista Charitonov, un 5% al liberaldemocratico Sluckij
e un 4% al sedicente giovane Davankov. In effetti, Charitonov è arrivato
secondo, con il 4,3%, e fin qui ci siamo, nonostante il mio 6% previsto:
arrivare secondi vuol dire che il Partito al potere dovrà in ogni caso
ascoltare le rivendicazioni di questa opposizione, che nel caso dei comunisti
sono quelle sociali. Terzo, però, non è arrivato il liberaldemocratico Sluckij
che fu della buonanima di Žirinovskij, bensì il quarantenne Davankov, col
3,84%. La differenza con le mie previsioni è dell’appena 0,16%, però io lo davo
ultimo. Non avevo considerato psicologicamente che i giovani, per istinto,
votano per il nuovo. Sluckij ha preso un misero 3,21%. Una ragione potrebbe
essere che ha un difetto vocale per il quale, quando parla anche delle cose più
banali, sembra che stia dichiarando guerra alla radio. Un esaltato. Beh,
avendolo conosciuto, posso dire che non è affatto così, ma purtroppo viviamo
nella società delle apparenze.
Questa volta le elezioni
presidenziali hanno suscitato un’eccitazione senza precedenti all’estero.
Enormi code in fila ai seggi elettorali di tutto il mondo. Inoltre, in Paesi
sia amichevoli che non così amichevoli. Ho raccontato cosa ha potuto causare un
così forte risveglio dei russi.
Bisogna tener conto che questo
vale per qualsiasi emigrante di qualsiasi Paese e in qualsiasi Paese. Il
processo elettorale è una delle poche cose che ci lega ancora alla terra di
origine. Ma per quanto riguarda i russi, lo riassumo in modo molto semplice:
“Ne abbiamo abbastanza!” A Milano, ad esempio, gli ucraini di lingua russa sono
venuti alle elezioni, i seguaci di Naval’nyj sono accorsi tutti… Sono venuti
con i loro manifesti, hanno attaccato quelli che erano in fila, hanno cercato
di intimidirli perché non votassero. Penso che la reazione di chiunque sia, in
primo luogo, “adesso basta”, e in secondo luogo, “vado malgrado tutti”.
Come sapete, collaboro con varie
testate italiane. Da venerdì scorso, ce n’è una in meno, e non certo per mia
volontà. Il motivo? Ecco quanto ho spiegato qualche giorno fa.
Musica
Proseguiamo con le canzoni legate
in un modo o l’altro alla Russia e/o all’Italia.
Stavolta vi puppate Pupo! Perché?
Perché Enzo Ghinazzi è venuto qui a Mosca e ha cantato al Cremlino. Vi faccio
ascoltare le sue ragioni in conferenza stampa, che non posso riportare per
intero, essendo durata più di un’ora, e, a seguire, uno dei suoi brani, in
entrambe le lingue.
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Il 14 marzo 2024, Daniele Biacchessi, direttore editoriale di “Giornale radio”, afferma:
«La minaccia di Putin all’Occidente: “La Russia è pronta all’utilizzo di armi nucleari”. Dal 15 al 17 marzo ci sono le elezioni russe».
Io avevo fornito a Giornale Radio la traduzione integrale dell’intervista rilasciata da Putin a Dmitrij Kiselëv, direttore dell’agenzia “Russia Oggi”, prontamente liquidato come “propagandista”, dunque inaffidabile. Chissà se sono propagandisti Jacopo Jacoboni, Anna Zafesova, Rosalba Castelletti, Enrico Mentana.
Domanda di Kiselëv: la Russia userà le armi nucleari?
Risposta di Putin: solo se fosse minacciata l’esistenza della Russia.
Ho commentato: questa sarebbe una minaccia di Putin? Non mi pare un bel modo di fare giornalismo.
Da qui, Biacchessi si è avvitato su se stesso sempre di più.
Dice Biacchessi: Mille testate del mondo titolano così. Magari abbiamo tutti torto. Un gggomblotto? Magari si, magari no.
Avete capito bene? Come dire: se lo dicono tutti, allora è vero. E chi, come Bernardini, non è d’accordo, è un complottista. Insomma, buttiamola in caciara, per screditarlo.
Magari, sarebbe il caso di leggere quello che ha detto veramente, nella mia traduzione, e non quello che ne hanno raccontato le “mille” (in realtà, decine) testate non internazionali, bensì occidentali, definite anche da Luca Telese come “giornaloni”, ossia, dico io, il mainstream mediatico atlantista. Ma qui inizia la personalizzazione.
Biacchessi: Mark, tu hai le tue idee che non concordo ma rispetto. Fai altrettanto, grazie.
Bernardini: Non è questione di opinioni. Se dico che il sole gira intorno alla terra, dico una bugia. Putin non ha minacciato di usare le armi nucleari, è una bugia, il resto è lirica.
Biacchessi: Prendo atto che accusi il direttore editoriale di Giornale Radio, in una chat pubblica e di servizio, di essere un bugiardo. Good night and good luck.
Bernardini: Puoi essere pure il Papa, se affermi che il sole gira intorno alla terra, stai dicendo una bugia. Ho mandato, in una chat pubblica e di servizio, il testo integrale di quanto detto realmente da Putin, nella mia traduzione (che è il mio mestiere da 45 anni a questa parte). O vi trovi quanto da te affermato, oppure hai detto una bugia.
Biacchessi: Prendo atto che per la seconda volta hai accusato il direttore della radio per cui collabori di essere un bugiardo.
Bernardini: Posseggo sufficientemente la lingua italiana per conoscere la differenza tra bugia e bugiardo: per la terza volta affermo che hai detto una bugia, e che non è un bel modo di fare giornalismo. Il fatto di essere il direttore editoriale non solo non è un argomento, ma è un’aggravante.
Biacchessi: Prendo atto che per la terza volta hai accusato il direttore della radio per cui collabori di essere un bugiardo o di aver scritto una bugia. E’ questa è la vera aggravante.
Bernardini: Posso ripeterlo anche una quarta e una quinta. Ti ho fornito il testo che dimostra che la tua sia una bugia, ma tu questo eviti di commentarlo, e questo non è un bel modo di fare giornalismo. L’ho già detto? Posso ripetere anche questo.
Sapete com’è finita? Certo che lo sapete. Per lesa maestà, Giornale Radio rinuncia alla mia collaborazione. Biacchessi ha posto il veto. Gli unici argomenti impiegati per rendere vera la bugia, sono che lo dicono tutti i giornali occidentali, che Bernardini è un putiniano complottista e che Biacchessi è il direttore editoriale. Ribadisco: siccome è il direttore editoriale, Biacchessi ha ragione a prescindere, e Putin ha minacciato l’occidente di guerra nucleare. E chi lo critica deve essere mandato via. Giornale Radio aveva in progetto tutta una serie di collegamenti col sottoscritto nell’ambito della tornata elettorale russa, essendo io sul campo, non nelle redazioni di Roma o Milano. Biacchessi ha deciso di danneggiare l’emittente per cui lavora, contenti loro contenti tutti. Io faccio un altro mestiere, anche molto ben retribuito, sopravvivrò lo stesso, e ci sono già altre emittenti che usufruiranno in questi giorni delle mie informazioni. E sono già in essere altri progetti di collaborazione tra me e Giornale Radio a cui Biacchessi non ha la possibilità di mettere mano.
In un’intervista, Vladimir Putin
ha risposto alle domande di Dmitrij Kiselëv, direttore dell’agenzia “Russia
oggi”
13 marzo 2024, ore 10, Mosca, Cremlino
Kiselëv: Vladimir Vladimirovič, rivolgendo il discorso all’Assemblea
federale, lei, in senso figurato, ha tirato fuori dalla manica trilioni su
trilioni. Pertanto, ha proposto un piano assolutamente straordinario per lo
sviluppo del Paese: assolutamente sorprendente. Questa è una Russia diversa,
con infrastrutture diverse, un sistema sociale diverso: semplicemente un Paese
da sogno.
Voglio solo chiederle, porle la sua
domanda preferita riferita a Vysockij: “Dove sono i soldi, Zina?” Li abbiamo
guadagnati?
Putin: Sì, certo.
Dirò di più: in primo luogo,
tutto questo è stato messo insieme come risultato del lavoro scrupoloso della
comunità di esperti, degli specialisti del governo e dell’amministrazione.
Tutto rientra completamente nelle regole di bilancio e, in effetti, è di natura
piuttosto conservativa, perché alcuni esperti ritengono che dovrebbero e ci saranno
più entrate. Ciò significa che sarebbe necessario pianificare grandi spese,
perché ciò dovrebbe incidere direttamente sulle prospettive di sviluppo
economico.
In generale questo è corretto, ma
nel 2018 abbiamo anche previsto di stanziare altri 8mila miliardi per lo
sviluppo dell’economia e della sfera sociale, per poi aumentare queste spese.
Penso che molto probabilmente, se tutto andrà come dicono gli ottimisti di
questo circolo di esperti di cui ho parlato, allora potremo, dovremmo e potremo
aumentare queste spese in diversi settori.
Kiselëv: Quindi stiamo parlando di un periodo di sei anni?
Putin: Esatto. Stiamo parlando specificamente di un periodo di sei
anni. Stiamo ora elaborando un budget per un “periodo di tre anni”, per un
periodo di pianificazione, come diciamo noi, di tre anni. Ma, naturalmente,
quando ci preparavamo al discorso all’Assemblea Federale – dico “ci” perché
tutta l’équipe ci ha lavorato – siamo partiti dal presupposto che avremmo
calcolato le nostre entrate e uscite in quelle aree che consideriamo chiave,
priorità per sei anni.
Kiselëv: Ma ci sono ancora progetti letteralmente sorprendenti. Ad
esempio, l’autostrada Soči-Džubga: 130 chilometri, di cui 90 chilometri sono tunnel
e il resto sono probabilmente ponti, a giudicare dal paesaggio. Un miliardo e
mezzo solo nei primi tre anni, e il percorso dovrebbe essere idealmente pronto
nel 2030. Quanto è necessario e basterà per vincere?
Putin: La gente ha bisogno di questa strada. Dopotutto, le famiglie
con bambini non possono arrivare a Soči in macchina. Tutti si fermano da
qualche parte nella zona di Gelendžik, Novorossijsk, perché il percorso è molto
difficile: tortuoso.
Ci sono diverse opzioni di
costruzione lì. Ne discuteremo letteralmente nei prossimi giorni: o lo fate a Džubga,
oppure lo fate prima da Džubga a Soči. Alcuni membri del governo
propongono di procedere gradualmente. Altri credono che sia necessario fare tutto
in una volta, altrimenti ci sarà un collo di bottiglia da Džubga a Soči.
La prima parte, dal lato
Novorossijsk, è più o meno decente e la copertura non è male, ma è molto
stretta. Se arriviamo a Soči, come nella prima parte, potrebbero verificarsi ingorghi
in questo piccolo spazio, di cui ce ne sono già abbastanza.
In generale, lo determineremo con
gli specialisti: come, in quali fasi, ma questo deve essere fatto. Naturalmente
è necessario determinare definitivamente il costo del progetto e garantire che
tutti rispettino i piani finanziari.
Innanzitutto gli interessi delle
persone, ma anche l’economia. Lo sviluppo dei territori nel sud del Paese è
molto importante.
Kiselëv: Se possiamo permetterci investimenti così su larga scala,
significa che il Paese si sta rapidamente arricchendo, soprattutto nelle
condizioni dell’operazione militare speciale, nelle condizioni di quasi 15mila
sanzioni, completamente selvagge. Inoltre, ci siamo posti l’obiettivo di
ridurre la povertà, anche tra le famiglie numerose. Non è troppo audace?
Putin: No. Guardi, tornando alla questione della strada. Quando ho
discusso con i membri del governo – come sapete, il Ministero delle Finanze è
sempre “avaro”, in senso buono, sempre molto conservatore riguardo alla spesa –
e poi il Ministro delle Finanze Anton Siluanov mi ha detto, cito quasi alla
lettera: “Quelli che sono contrari alla costruzione di questa strada non l’hanno
mai percorsa”.
Kiselëv: Cioè, l’intero governo deve essere coinvolto.
Putin: E ha ragione, perché questo è particolarmente importante per
le famiglie con bambini.
Per quanto riguarda se stiamo
diventando ricchi o no. L’economia cresce: questo è un dato di fatto, un fatto
registrato non da noi, ma dalle organizzazioni economiche e finanziarie
internazionali. In termini di parità di potere d’acquisto, abbiamo
effettivamente superato la Repubblica Federale Tedesca e ci siamo posizionati
al quinto posto tra le maggiori economie del mondo.
L’economia tedesca si è
contratta, credo, dello 0,3% l’anno scorso, mentre noi siamo cresciuti del
3,6%. Il Giappone è cresciuto di una piccola percentuale. Ma se tutto si
sviluppa allo stesso ritmo di oggi, allora abbiamo tutte le possibilità di
prendere il posto del Giappone e diventare, nel prossimo futuro, la quarta
economia del mondo.
Ma? – qui dobbiamo dirlo
onestamente, obiettivamente – c’è una differenza nella qualità delle nostre
economie. In termini di parità di potere d’acquisto, quindi in termini di
volume, siamo effettivamente al quinto posto e ci sono tutte le possibilità di
prendere il posto del Giappone. Ma la struttura delle economie di questi Paesi,
ovviamente, regge favorevolmente il confronto con la nostra.
Abbiamo ancora molto da fare per
raggiungere una posizione dignitosa non solo in termini di parità di potere d’acquisto,
ma anche in termini di PIL pro capite. E secondo: che la struttura stessa
cambi, affinché diventi molto più efficiente, più moderna, più innovativa.
Questo è ciò su cui lavoreremo.
Per quanto riguarda il reddito,
la parità del potere d’acquisto è un indicatore molto importante. Questo è il
volume, la dimensione dell’economia. Ciò significa che lo Stato, attraverso il
sistema fiscale a tutti i livelli, riceve fondi per risolvere problemi
strategici. Questo ci dà l’opportunità di svilupparci come riteniamo necessario
per il nostro Paese.
Kiselëv: A proposito, lei parla di struttura, della necessità di
cambiamenti strutturali nella nostra economia. Dopotutto, questo è esattamente
ciò che è stato incluso nel suo discorso al Parlamento, ed è esattamente così
che viene impostato l’obiettivo: far sì che le industrie innovative crescano
più velocemente dell’economia media.
Putin: Sì, certo.
L’ho già detto: la struttura è
ciò su cui dobbiamo lavorare. Da questo dipende il futuro della nostra
economia, il futuro delle risorse lavorative, dell’efficienza e della
produttività del lavoro.
Uno dei compiti principali oggi è
aumentare la produttività del lavoro. Perché in condizioni di carenza di
lavoratori e risorse lavorative, abbiamo solo un modo per uno sviluppo efficace:
aumentare la produttività del lavoro. Ciò, a sua volta, significa che dobbiamo
aumentare l’avvio innovativo dell’economia, ad esempio, aumentare la densità
della robotizzazione. Oggi abbiamo dieci robot, secondo me, ogni 10mila
lavoratori, ma dobbiamo avere almeno mille robot ogni 10mila lavoratori.
Secondo me le cose in Giappone funzionano così.
E affinché le persone siano in
grado di lavorare con questa nuova tecnologia – non solo per utilizzare la
robotica, ma anche altri mezzi di produzione moderni – devono essere formate.
Sorge un altro problema: la formazione del personale.
A questo scopo abbiamo dedicato
interi settori, compresa la formazione ingegneristica. Probabilmente avrà
notato che abbiamo già lanciato 30 moderne scuole di ingegneria in tutto il
Paese. Quest’anno ne stiamo lanciando altre 20, saranno 50. E ne stiamo
pianificando altre 50 nei prossimi anni.
Pertanto, queste direzioni sono
il futuro del nostro Paese. Ci muoveremo e ci svilupperemo in queste direzioni.
Kiselëv: “porre fine” alle sanzioni. Molte persone hanno espresso l’idea
di creare un organismo speciale che si occupi delle sanzioni, delle loro conseguenze
e, in generale, della difesa contro le sanzioni. Dovrebbe succedere una cosa
del genere oppure non ha senso?
Putin: Semplicemente non ce n’è bisogno. Analizziamo – il Governo,
la Banca Centrale, il Consiglio di Sicurezza – analizziamo tutto ciò che fanno
i nostri nemici. Molto non viene fatto nemmeno per ragioni politiche o
militari, anche se questo viene sostenuto, ma viene fatto semplicemente per
ragioni di concorrenza…
Kiselëv: Concorrenza senza scrupoli e sleale.
Putin: Concorrenza sleale mascherata con alcune considerazioni
politiche o militari. Ciò è accaduto nel settore aeronautico e accade in molti
altri settori.
Ebbene, viviamo nel mondo che
esiste e ci siamo adattati ad esso. Capiamo con chi abbiamo a che fare. E
finora, come si può vedere dai risultati del nostro lavoro, stiamo agendo in
modo abbastanza efficace.
Kiselëv: Ma le insidiosità dell’Occidente non si esauriscono con le
sanzioni. Ecco una citazione dal suo discorso all’Assemblea Federale: “L’Occidente
sta cercando di trascinarci in una nuova corsa agli armamenti per logorarci e
ripetere il trucco che gli è riuscito negli anni ‘80 con l’URSS”. Quanto è ampio
il margine di sicurezza di cui disponiamo effettivamente qui in termini di
corsa agli armamenti?
Putin: Qui dobbiamo ottenere il massimo rendimento per ogni rublo
investito nell’industria della difesa. In effetti, durante l’era sovietica
nessuno contava queste spese; sfortunatamente, nessuno nel nostro Paese
perseguiva l’efficienza. La spesa per la difesa rappresentava circa il 13% del
PIL del Paese: l’Unione Sovietica.
Non mi riferisco alle nostre
statistiche, faccio riferimento all’Istituto di Stoccolma: l’anno scorso la
nostra spesa per la difesa è stata del 4%, quest’anno è stata del 6,8%, cioè
siamo cresciuti del 2,8%. In linea di principio, si tratta di un aumento
notevole, ma assolutamente non critico. In Unione Sovietica era il 13%, mentre
ora siamo al 6,8%.
Va detto che le spese per la
difesa accelerano l’economia, la rendono più energica. Ma qui, ovviamente, ci
sono dei limiti, lo capiamo. L’annosa domanda: cosa è più redditizio: le armi
da fuoco o il petrolio? Lo intendiamo sul serio.
Anche se, ripeto, il bello della
nostra moderna industria della difesa è che non solo influenza indirettamente
le industrie civili, ma, utilizzando le innovazioni necessarie per la difesa,
utilizza queste innovazioni per produrre prodotti civili. Questa è una cosa estremamente
importante.
Le nostre spese, ovviamente, non
sono paragonabili. Quante ce ne sono negli Stati Uniti? 800…
Kiselëv: Già quasi 900.
Putin: Circa 900 – 860 o 870 miliardi di dollari. Non sono
assolutamente paragonabili alle nostre spese.
Kiselëv: Mi sembra che qualcuno ci stia guadagnando, perché non
hanno l’ipersuono, niente… Come funziona?
Putin: Ora le spiego cosa sta succedendo. Il fatto è che spendono
molti soldi per il mantenimento, e non solo per i salari, ma anche per il
mantenimento delle basi in tutto il mondo. E lì, come in un buco nero, tutto
scompare: impossibile conteggiare. E’ qui che avviene il furto principale.
Sebbene nella produzione di mezzi di annientamento e armi in generale vengano
spesi anche soldi difficili da stimare.
Se si calcola quanto è costato
loro, ad esempio, un noto sistema di difesa missilistica e uno dei componenti
principali per superare la difesa missilistica nostra – l’Avangard, un missile
intercontinentale, un’unità di planata a raggio intercontinentale – allora sono
semplicemente valori incomparabili. E noi, di fatto, abbiamo neutralizzato
tutto ciò che hanno fatto, tutto ciò che hanno investito in questo sistema di
difesa missilistica. Ecco come dobbiamo agire.
Naturalmente anche l’economia
delle nostre Forze Armate deve essere in grado di soddisfare le esigenze
odierne.
Kiselëv: La parola “giustizia” è una parola magica per la lingua
russa. Lei la usa con molta parsimonia, ma una volta ha pronunciato questa
parola nel suo Messaggio – e suonava come un fulmine. Lei ha affermato che la
distribuzione del carico fiscale in Russia dovrebbe diventare più equa e ha
suggerito al governo di pensarci. In che direzione dovremmo pensare?
Putin: Lei sa, infatti, la distribuzione del carico fiscale
dovrebbe essere equa, nel senso che le aziende dovrebbero stanziare di più al
tesoro generale, come si suol dire, per risolvere i problemi nazionali,
principalmente per risolvere i problemi legati alla lotta alla povertà, e dopo
tutto, le aziende, le persone giuridiche e quelle fisiche che guadagnano di più
dovrebbero stanziare di più, in parole semplici.
Kiselëv: Imposta progressiva?
Putin: Sì, essenzialmente una tassa progressiva.
Non vorrei entrare nei dettagli
adesso, bisogna lavorarci su. E quindi è necessario costruire questo sistema in
modo che dia davvero maggiori ritorni per risolvere, prima di tutto, le
questioni sociali e gli obiettivi che lo Stato deve affrontare in questo
settore.
Intendiamo ridurre il carico
fiscale, ad esempio, per le famiglie numerose e intraprendere una serie di
altri passi in questa direzione. Mi sembra che la società lo percepirà come
assolutamente normale. Primo.
Secondo. Cosa ci chiede il
business stesso? Chiede che si decida sul sistema fiscale, senza però
modificarlo ulteriormente, affinché sia stabile. Questa è la richiesta e il
requisito più importante da parte delle imprese.
Il governo dovrebbe affrontare
questo problema nel prossimo futuro e, insieme ai deputati della Duma di Stato,
presentare proposte.
Kiselëv: Tassa progressiva: non spaventeremo nessuno? Avevamo
sempre paura di spaventare qualcuno con questa tassa progressiva.
Putin: No, non credo. In linea di principio, questo sistema è ben
consolidato nel nostro Paese. Anche coloro che erano ardenti sostenitori della
scala piatta, gli autori della scala piatta, ora credono che in generale siamo
maturi per essere molto più selettivi.
Kiselëv: Nel suo discorso ha ringraziato i “colleghi del governo” –
così diceva. Ciò significa che il governo Mišustin – in caso di sua vittoria –
sopravvivrà?
Putin: Eppure, dobbiamo parlarne dopo le elezioni, dopo lo spoglio
dei voti. Mi sembra che ora questo sia semplicemente sbagliato. Ma nel
complesso il Governo sta lavorando – come vediamo i risultati sono evidenti,
questi sono dati oggettivi – funzionando in modo abbastanza soddisfacente.
Kiselëv: Lei ha menzionato la riduzione del carico fiscale per le
famiglie numerose. I bambini e la situazione demografica: questi temi sono
stati molto estesi nel suo intervento. In effetti, la questione è piuttosto
dolorosa, perché demograficamente la Russia si sta sciogliendo come neve al
sole. L’anno scorso è stato un anno anti-record in termini di tassi di
natalità.
Putin: Il tasso di natalità, secondo me, è 1,31 o 1,39...
Kiselëv: 1,39 figli per donna capace di partorire.
Putin: Età fertile.
Kiselëv: Probabilmente, idealmente, dovremmo raddoppiarlo, fino a
un coefficiente di tre. Perché è letteralmente un disastro per la società.
Ha proposto un programma su larga
scala per sostenere la maternità e la stimolazione demografica. C’è qualche
fiducia che queste misure cambieranno la traiettoria dal basso verso l’alto?
Putin: In generale, sulla base di tutte le misure a sostegno delle
famiglie con bambini, nei prossimi sei anni prevediamo di spendere fino a
14mila miliardi di rubli attraverso vari canali. Sono molti soldi.
Gli ambiti di sostegno alle
famiglie con bambini sono molteplici: da quelli sociali generali – la
costruzione o ristrutturazione di asili nido, la costruzione di nuove scuole,
la ristrutturazione di vecchie scuole, mettendole in ordine secondo le esigenze
odierne – al sostegno per le donne dalla gravidanza e fino ai 18 anni dei
bambini. Dopotutto, quasi 400mila donne ora ricevono sussidi. Si tratta di
quasi una donna su tre che aspetta un bambino. E più di dieci milioni di
bambini ricevono sussidi. Questa è roba seria.
Abbiamo continuato col sistema di
fornitura del “capitale di maternità”. Abbiamo continuato a pagare – queste
decisioni vengono prese ora – per un importo di 450mila rubli a famiglia, se c’è
un terzo figlio, per estinguere il mutuo ipotecario. Abbiamo mantenuto le
agevolazioni sui mutui ipotecari per le famiglie con figli. In generale, un
insieme in ambiti molto diversi con l’obiettivo di sostenere le famiglie.
Naturalmente – lo ha già
menzionato – significa lotta alla povertà, perché, ovviamente, è molto più
difficile per le famiglie con bambini che per quelle senza figli. Ciò è
comprensibile, i costi sono elevati. Tuttavia, siamo riusciti a fare molto in
questo settore.
Guardi, 20 anni fa, penso che il
29% della nostra popolazione fosse al di sotto della soglia di povertà: ovvero
42 milioni di persone. Adesso, secondo gli ultimi dati, sono il 9,3%, ma si
tratta ancora di 13 milioni e mezzo di persone. Certo, è molto. Naturalmente,
dobbiamo fare di tutto per ridurlo almeno al 7%. E per le famiglie numerose il
dato è più modesto, ma andrebbe aumentato anch’esso.
Da dove cominciamo quando
parliamo di problemi di fertilità? Ne ho già parlato tante volte, e gli esperti
ne parlano, queste sono cose oggettive, e cioè: abbiamo avuto due cali molto
forti della natalità. Durante la Grande Guerra Patriottica, 1943-1944. Un
declino analogo si è verificato immediatamente dopo il crollo dell’Unione
Sovietica. Praticamente uguale, lo stesso calo dei tassi di natalità.
Il motivo è chiaro: il sistema di
supporto sociale è crollato. Non importa quanto fosse debole in URSS, se si può
dire, ma esisteva ancora e dopo il crollo dell’Unione Sovietica scomparve quasi
completamente e la povertà divenne totale. Cosa posso dire, non c’è manco bisogno
di parlarne adesso. In ogni caso, in quegli anni l’orizzonte della
pianificazione familiare si è ridotto, e il tasso di natalità è diminuito fino
agli anni della guerra. Poi abbiamo avuto un aumento. E ora abbiamo un numero
abbastanza elevato di bambini, giovani che, tra pochi anni, entreranno nell’età
adulta e in età fertile, e partiamo dal fatto che anche i nostri indicatori
aumenteranno.
Ciò che ha detto è una tendenza
globale. Sono pochi i Paesi con economie sviluppate che mostrano una dinamica
demografica positiva; in tutti gli altri Paesi tutto sta andando in negativo.
Si tratta di un problema complesso legato all’economia e alle priorità di vita
delle donne. Meglio non affrontare l’argomento adesso, lasciamo che siano i
demografi a provarci, a dircelo e a suggerirci una soluzione.
Ma sa cosa mette di umore
positivo? Lo stato d’animo nella società. Nel nostro Paese il 70% degli uomini
e il 72% delle donne desiderano avere due o più figli e lo Stato dovrebbe
sostenerli. Stiamo pianificando tutta una serie di misure di sostegno: devono
assolutamente essere implementate e lo faremo.
Kiselëv: Ma non c’è ancora fiducia che queste misure possano
cambiare la situazione.
Alla fine degli anni ‘90 – questa
è una storia nota, l’ha raccontata lei stesso – ha salvato i suoi figli da un
incendio: è entrato in una casa in fiamme, al secondo piano. E poi si è ricordato
che da qualche altra parte c’erano i soldi. Il denaro è bruciato. Questo ci parla
delle sue priorità: prima i bambini, poi i soldi.
Forse ora è così a livello
nazionale? Chi se ne frega – e non dei 14 trilioni, ma proprio di tutto, e
creare un programma tale da garantire di invertire questa situazione?
Putin: Sa, questo deve essere osservato mentre gli eventi si
svolgono, come si suol dire. All’inizio degli anni 2000 abbiamo compiuto una
serie di passi nel campo della demografia, tra cui l’introduzione del capitale
di maternità, e una serie di altre misure che hanno dato un evidente risultato
positivo. Ciò significa che possiamo raggiungere gli obiettivi di cui abbiamo
bisogno.
Kiselëv: Quindi ha questa esperienza?
Putin: C’è esperienza, ovviamente, c’è esperienza. E utilizzando
questa esperienza e altri sviluppi moderni, dobbiamo ancora contare sul
raggiungimento degli obiettivi che ci siamo prefissati. E man mano che gli
eventi si svilupperanno, adegueremo tali misure o aggiungeremo qualcos’altro
alle misure che applicheremo.
Ad esempio, ora abbiamo
dichiarato quest’anno l’Anno della Famiglia. Abbiamo un nuovo progetto
nazionale, si chiama proprio così, “Famiglia”. Ci sono elementi che non abbiamo
mai usato prima. Ad esempio, saranno previsti 75 miliardi di rubli per quelle
regioni dove il tasso di natalità è inferiore alla media nazionale. Queste sono
principalmente le regioni centrali della Russia e del nord-ovest. 75 miliardi
sono soldi decenti. Bisogna solo gestirli saggiamente.
C’è anche una componente come l’assistenza
agli anziani. Ci sono altre misure di sostegno. Dobbiamo aumentare il tasso di
natalità e aumentare l’aspettativa di vita, quindi stabilizzeremo la
popolazione del Paese. Questo è l’indicatore integrale più importante del
nostro successo o, forse, del lavoro che richiede ulteriore attenzione da parte
di tutti i livelli amministrativi e delle autorità.
Kiselëv: Sì, ma ovunque nel mondo esiste anche un terzo strumento
per risolvere i problemi demografici: l’immigrazione. Di quali cifre possiamo
parlare qui in questi sei anni, e cosa significa sistematicità in questo
lavoro?
Putin: Se parliamo di lavoratori migranti, non abbiamo così tanti
immigrati rispetto ad altri Paesi: rappresentano il 3,7% del numero totale di
lavoratori. Ma sono concentrati in quelle regioni dove la vita economica è più
attiva, e ce ne sono, ovviamente, un ordine di grandezza in più. Queste sono la
regione di Mosca, Mosca stessa, la regione nord-occidentale e alcune regioni
del nord, dove il livello salariale è dignitoso. Ma, senza dubbio, si tratta di
una questione che richiede un’attenzione particolare da parte delle autorità
locali, regionali e federali.
Cosa vorrei dire qui? Una cosa
molto importante. Dopotutto, quando i lavoratori migranti vengono attratti, si parla
sempre della necessità di farlo a causa della carenza di manodopera. I nostri
imprenditori devono capire che la situazione per loro in termini di
disponibilità di manodopera non cambierà in meglio nei prossimi anni: dovranno
affrontare una carenza di manodopera.
Ciò significa che per risolvere
radicalmente questo problema – torniamo ora a ciò di cui abbiamo già parlato –
occorre aumentare la produttività del lavoro e ridurre il numero dei lavoratori
nelle aree in cui ciò è possibile, ottenendo risultati ancora maggiori
attraverso l’introduzione delle tecnologie moderne. Per fare questo bisogna
investire in questo ambito e formare il personale, anche di questo abbiamo già
parlato. Questa è la cosa più importante a cui dobbiamo pensare.
In generale, ovviamente, la
politica migratoria è uno strumento importante nell’economia. Non c’è nulla di
male nel guardare all’esperienza di altri Paesi. Prima di tutto, ovviamente,
dobbiamo parlare del rimpatrio dei nostri connazionali. Cosa sia il rimpatrio e
cosa siano i connazionali si riflette già nel nostro quadro normativo; non è il
caso di ripeterlo qui.
Dobbiamo parlare di attrarre
persone che, forse, non intendono trasferirsi nella Federazione Russa, ma per
le loro qualifiche, per i loro talenti in vari campi, possono dare un
contributo significativo allo sviluppo del nostro Stato, allo sviluppo della
Russia. Saremo felici di attirare anche queste persone.
Per quanto riguarda i lavoratori
migranti tradizionali, dobbiamo anche pensare a come prepararli all’arrivo in
Russia, anche con i nostri partner nei Paesi in cui vivono. Vuol dire lo studio
della lingua russa, delle nostre tradizioni, della cultura e così via. Hanno
bisogno di essere curati qui e trattati come esseri umani. In modo che si
integrino naturalmente nella nostra società. Tutto questo insieme dovrebbe dare
un effetto corrispondente, si spera positivo.
Sì, e, ovviamente, tutti devono
rispettare le nostre tradizioni e le leggi della Federazione Russa. E,
naturalmente, il rispetto degli standard sanitari e così via è molto richiesto.
La priorità è garantire la sicurezza dei cittadini della Federazione Russa.
Kiselëv: I russi sono probabilmente la nazione più divisa al mondo.
Ha avuto una conversazione con i “leader della Russia” e uno dei suoi
interlocutori ha detto che nella regione di Zaporož’e abbiamo scoperto che sono
russi quanto noi. E per loro era talmente impressionante che sembrava una sorta
di rivelazione. In generale, è proprio così e ora ci stiamo espandendo in nuove
regioni e Odessa è una città russa. Forse anche qui c’è grande speranza, anche
in questa direzione?
Putin: Certamente. La densità di popolazione in queste regioni è
sempre stata piuttosto elevata e il clima è meraviglioso.
Per quanto riguarda il Donbass, è
una regione industrialmente sviluppata, anche ai tempi dell’Unione Sovietica.
Quanto ha investito l’Unione Sovietica in questa regione, nell’industria
mineraria del carbone, nell’industria metallurgica! Sì, certo, sono necessari
investimenti affinché tutta la produzione sia moderna e le condizioni di vita e
di lavoro delle persone siano costruite in modo completamente diverso, non come
lo erano un paio di decenni fa.
Per quanto riguarda la Novorossija,
questa è una regione con un’agricoltura chiaramente sviluppata. Qui faremo di
tutto per sostenere sia le aree di attività tradizionali che quelle nuove che
si inseriscono organicamente in queste regioni e il desiderio delle persone di
svilupparle. E lì, sa, le persone hanno molto talento.
Inoltre, come ho già detto, anche
da lì le tasse vanno al bilancio federale. Sì, in questa fase hanno bisogno di
essere aiutati, sostenuti, portati al livello di tutte le repubbliche e di
tutta la Federazione. Guadagneranno soldi, e molto velocemente.
Kiselëv: Storicamente è assolutamente chiaro che i regimi nazisti
non si dissolvono, ma scompaiono in seguito ad una sconfitta militare. Questo è
stato il caso di Germania, Italia e Giappone. La stessa cosa ovviamente accadrà
con il regime nazista di Bandera. Ora stiamo avanzando lungo tutta la linea del
fronte, a giudicare dai rapporti sia del Ministero della Difesa che dei nostri
corrispondenti di guerra.
Tuttavia, si è trovato un modo
per combattere quando le nostre perdite in attacco sono inferiori a quelle in
difesa? Questo è un obiettivo nient’affatto banale per l’arte della guerra, ma
frena sempre l’offensiva. Questa è frugalità, completamente giustificata in
relazione ai nostri eroi guerrieri. Ma sorge la domanda: come avanzare con
perdite minime?
Putin: La domanda è chiara e giusta. Ma anche la risposta è
semplice: dobbiamo aumentare i mezzi di distruzione, il numero e la potenza dei
mezzi di distruzione, e aumentare l’efficacia delle forze e dei mezzi
utilizzati. Aviazione: sia tattica che militare, e anche strategica. Mi
riferisco, ovviamente, a quelle componenti accettabili per conflitti armati di
questo tipo. Si tratta di armi terrestri, comprese armi ad alta precisione.
Questa è artiglieria e veicoli blindati. Il nostro sviluppo procede, senza
alcuna esagerazione, a passi da gigante.
Kiselëv: In questa direzione?
Putin: Sì, è quello che sta succedendo. Questa è la risposta alla sua
domanda: più potenti e più mezzi di distruzione sono, minori sono le perdite.
Kiselëv: Ma sollevano ancora una domanda: quale prezzo siamo
disposti a pagare – forse la parola “progetto” non è appropriata – per tutta
questa sfida che siamo stati costretti ad affrontare storicamente?
Putin: Guardi, ogni vita umana non ha prezzo, ognuna. E la perdita
di una persona cara per una famiglia, per qualsiasi famiglia, è un dolore
enorme.
Ma qual è la questione? La
questione è determinare il fatto stesso di ciò che stiamo facendo. Che cosa
stiamo facendo? Oggi ci siamo incontrati, lei ha appena notato che uno dei
partecipanti alla conversazione ha detto: siamo rimasti sorpresi di scoprire
che lì c’erano dei russi proprio come noi. Siamo venuti in aiuto di queste
persone. Questa è, in linea di principio, la risposta alla sua domanda.
Se abbandoniamo queste persone
oggi, domani le nostre perdite potrebbero moltiplicarsi e i nostri figli non
avranno futuro, perché ci sentiremo insicuri, saremo un Paese di terza o quarta
categoria, nessuno ci terrà in conto, se noi stessi non possiamo proteggerci. E
le conseguenze potrebbero essere catastrofiche per lo Stato russo. Ecco la
risposta.
Kiselëv: Gli americani sembrano parlare di negoziati, di stabilità
strategica, ma allo stesso tempo dichiarano la necessità di infliggere una
sconfitta strategica alla Russia. La nostra posizione è: “Siamo aperti al
negoziato, ma il tempo dei gesti gentili è finito”. Quindi non ci saranno
trattative?
Putin: Non abbiamo mai rifiutato i negoziati.
Kiselëv: Ma cosa significa senza gesti gentili, senza compromessi? Allora
come?
Putin: Cercherò di spiegare. Quando stavamo negoziando in Turchia,
a Istanbul (l’ho già detto molte volte, devo ripeterlo ancora, e lo farò) con i
negoziatori dell’altra parte, abbiamo tirato fuori un grosso tomo, un documento,
di fatto un accordo, un progetto di accordo. Di questo accordo esiste un
estratto, siglato dal capo del gruppo negoziale della parte ucraina, Arachamija.
Lo ha fatto, è la sua firma (ce l’abbiamo in Amministrazione). Ma poi, come sa,
lo stesso Arachamija ha detto pubblicamente al mondo, anche in un incontro con
giornalisti, anche stranieri: l’ex primo ministro della Gran Bretagna Johnson è
venuto e li ha dissuasi dal firmare infine e, di conseguenza, attuare questo
accordo. Ed è emerso l’argomento che ha appena menzionato: la Russia deve
essere sconfitta sul campo di battaglia.
Siamo pronti a negoziare? Sì,
siamo pronti. Ma solo noi siamo pronti per i negoziati, non sulla base di
alcuni “desiderata” dopo l’uso di psicofarmaci, ma sulla base delle realtà che
si sono sviluppate, come si dice in questi casi, sul campo. Questo è il primo
punto.
Secondo. Ci è stato promesso
tutto già molte volte. Hanno promesso di non espandere la NATO verso est, e poi
li vediamo ai nostri confini. Hanno promesso, senza entrare nella storia, che
il conflitto interno in Ucraina sarebbe stato risolto con mezzi politici e
pacifici. Come ricordiamo, tre ministri degli Esteri di Polonia, Germania e
Francia arrivarono a Kiev e promisero che sarebbero stati i garanti di questi
accordi: il giorno dopo ci fu un colpo di Stato. Hanno promesso di rispettare
gli accordi di Minsk, e poi hanno annunciato pubblicamente che non intendevano
mantenere queste promesse, ma si sono presi solo una pausa per armare il regime
di Bandera in Ucraina. Ci sono state promesse molte cose, quindi le promesse da
sole non bastano più.
Ora negoziare solo perché loro stanno
finendo le munizioni sarebbe in qualche modo ridicolo da parte nostra. Siamo
tuttavia pronti per un dialogo serio e vogliamo risolvere tutti i conflitti,
soprattutto questo conflitto, con mezzi pacifici. Ma dobbiamo capire
chiaramente ed incontrovertibilmente da soli che questa non è una pausa che il
nemico vuole fare per il riarmo, ma una conversazione seria con garanzie di
sicurezza per la Federazione Russa.
Conosciamo le varie opzioni in
discussione, conosciamo le “carote” che ci mostreranno per convincerci che il
momento è arrivato. Vogliamo, lo ripeto ancora una volta, risolvere tutte le
controversie, compresa questa disputa, questo conflitto, con mezzi pacifici. E
noi siamo pronti per questo, lo vogliamo. Ma deve essere un dialogo serio che
garantisca la sicurezza della parte avversaria, e in questo caso a noi
interessa soprattutto la sicurezza della Federazione Russa. Questo è ciò da cui
procederemo.
Kiselëv: Vladimir Vladimirovič, mi sembra che in qualche modo
sembriamo troppo nobili. Non accadrà che concludiamo qualcosa con loro, e loro
ci inganneranno ancora una volta, e noi ci consoleremo con il fatto che siamo
onesti, e loro ci hanno ingannato? Il nostro destino, alla fine, è quello di
rimanere sempre degli sciocchi?
Gli americani hanno coniato
medaglie per se stessi negli anni ‘90 per aver vinto la Guerra Fredda, e da
allora tutti questi decenni sono stati decenni di grandi bugie. Come possiamo
sperare che finalmente concludano con noi un accordo onesto, che adempiranno, e
anche con garanzie per noi? Non so proprio cosa fare con loro? Crede davvero
che ciò sia possibile?
Putin: Non voglio dirlo, ma non mi fido di nessuno.
Kiselëv: Ah, però.
Putin: Ma abbiamo bisogno di garanzie. Le garanzie devono essere
esplicitate, devono essere adatte a noi e in cui crederemo. Questo è ciò di cui
stiamo parlando.
Adesso è probabilmente prematuro
parlare pubblicamente di cosa potrebbe trattarsi. Ma certamente non accetteremo
promesse vuote.
Kiselëv: Temo che verrà citato ampliando il concetto. Non si fida
di nessuno o in questo caso intende i partner occidentali, quando dice che non si
fida di nessuno?
Putin: Preferisco lasciarmi guidare dai fatti piuttosto che dai
buoni auspici e parlare di come ci si possa fidare di tutti. Dopotutto, veda,
quando le decisioni vengono prese a questo livello, il grado di responsabilità
per le conseguenze delle decisioni prese è molto alto. Pertanto non faremo
nulla che non sia nell’interesse del nostro Paese.
Kiselëv: Vladimir Vladimirovič, cosa è successo a Macron? E’
davvero impazzito? Manderà truppe francesi a combattere il nostro esercito,
sembra un gallo da combattimento gallico, spaventando così tutti gli europei.
Tuttavia, come reagire a tutto ciò?
Putin: Il fatto è che i militari dei Paesi occidentali sono
presenti in Ucraina da molto tempo, erano presenti anche prima del colpo di Stato,
e dopo il colpo di Stato il loro numero è aumentato notevolmente. Ora sono
presenti direttamente sotto forma di consiglieri, sono presenti sotto forma di
mercenari stranieri e subiscono perdite. Ma se parliamo di contingenti militari
ufficiali di Stati stranieri, allora sono sicuro che ciò non cambierà la
situazione sul campo di battaglia: questa è la cosa più importante, così come
la fornitura di armi non cambia nulla.
In secondo luogo, ciò potrebbe
portare a gravi conseguenze geopolitiche. Perché se diciamo che le truppe
polacche entrano nel territorio dell’Ucraina, a quanto pare, per coprire il
confine ucraino-bielorusso, o in qualche altro luogo per liberare i contingenti
militari ucraini per partecipare alle ostilità sulla linea di contatto, allora
penso che le truppe polacche non se ne andranno mai più da lì. A me pare così.
Sognano e vedono, vogliono restituire quelle terre che considerano storicamente
loro e che sono state sottratte loro dal “padre delle nazioni” Iosif
Vissarionovič Stalin e trasferite in Ucraina. Ovviamente le rivogliono
indietro. E se le unità ufficiali polacche entrano lì, difficilmente se ne
andranno.
Ma il loro esempio potrebbe
essere seguito da altri Paesi che hanno perso parte dei loro territori a
seguito della Seconda Guerra Mondiale. Penso che le conseguenze geopolitiche
per l’Ucraina, anche dal punto di vista della preservazione della sua
statualità nella sua forma moderna, si presenteranno, ovviamente, in tutto il
suo splendore e al massimo.
Kiselëv: Se torniamo a Macron, forse ha deciso in questo modo di
vendicarsi della Russia per il fatto che gli abbiamo “calpestato la coda” in
Africa, mentre avremmo dovuto “stare fermi ed avere paura”? Probabilmente non
si aspettava che fossimo così attivi lì.
Putin: Sì, penso che ci sia una sorta di risentimento, ma quando
abbiamo mantenuto contatti diretti con lui, abbiamo parlato abbastanza
apertamente di questo argomento.
Non siamo andati in Africa né
abbiamo cacciato la Francia da lì. Il problema è diverso. Il noto gruppo Wagner
realizzò prima una serie di progetti economici in Siria, per poi trasferirsi in
altri Paesi africani. Il Ministero della Difesa fornisce sostegno, ma solo
sulla base del fatto che si tratta di un gruppo russo, niente di più. Non
abbiamo spinto fuori nessuno. E’ solo che i leader africani di alcuni Paesi
erano d’accordo con gli operatori economici russi, volevano lavorare con loro,
ma non volevano in alcun modo collaborare con i francesi. Non è stata nemmeno
una nostra iniziativa, è stata un’iniziativa dei nostri amici africani.
Non è chiaro il motivo per cui
dovremmo offenderci a questo riguardo, se uno Stato indipendente vuole
sviluppare relazioni con i suoi partner di altri Paesi, inclusa la Russia, e
vuole sviluppare relazioni con la Russia. Non li abbiamo toccati, gli ex
colonialisti francesi, in questi Paesi. Lo dico anche senza ironia, perché in
molti Paesi in cui la Francia è stata storicamente una metropoli, non vogliono
davvero occuparsene. Non abbiamo niente a che fare con questo. Probabilmente è
più conveniente essere offeso da qualcuno senza vedere i propri problemi. Forse
una reazione così acuta e piuttosto emotiva da parte del presidente francese è
collegata anche a ciò che sta accadendo in alcuni Stati africani.
Anche se conosco altri Paesi
africani dove sono tranquilli riguardo alla presenza francese e dicono che “sì,
ne siamo contenti, siamo pronti a lavorare con loro”. Ma in alcuni Paesi non
vogliono. Non abbiamo niente a che fare con questo. Non incitiamo nessuno, non
stiamo schierando nessuno contro la Francia.
Non ci poniamo tali obiettivi. Ad
essere onesti, non abbiamo obiettivi nazionali di questo tipo a livello di
Stato russo. Siamo solo amici con loro, tutto qui. Vogliono sviluppare rapporti
con noi, per l’amor di Dio, e noi li incontriamo a metà strada. Non c’è niente
di cui offendersi.
Kiselëv: Ma ora in Francia dicono che non ci sono più “linee rosse”
rispetto alla Russia, e nulla è impossibile e tutto è possibile. In generale,
vogliono in qualche modo parlarci sulla base degli equilibri di potere. Ne sentiamo
di ogni dalla Francia, dall’Occidente e dalla Lituania. In generale, una sorta
di coro non armonioso, ma ostile.
Forse dovremmo anche adottare
soluzioni non convenzionali e, ad un certo punto, chiedere aiuto ai due milioni
di soldati dell’esercito nordcoreano? Ad esempio, in cambio del nostro “ombrello
nucleare” su metà della penisola coreana? Perché no, allora?
Putin: In primo luogo, la Repubblica popolare democratica di Corea
ha un proprio “ombrello nucleare”. Non ci hanno chiesto nulla. Questo è il
primo punto.
Secondo. In linea di principio,
come vediamo oggi dai risultati di ciò che sta accadendo sul campo di battaglia,
stiamo affrontando gli obiettivi che ci siamo prefissati.
Per quanto riguarda quegli Stati che
affermano di non avere “linee rosse” rispetto alla Russia, devono capire che
anche in Russia non ci saranno “linee rosse” rispetto a questi Stati.
Per quanto riguarda i piccoli
Stati europei, in primo luogo trattiamo tutti con rispetto, qualunque cosa
accada. In secondo luogo, quando loro, questi piccoli Stati, chiedono di
inasprire la politica nei confronti della Russia e di adottare alcune misure
estreme, incluso, ad esempio, l’invio di truppe e così via, questi sono ancora
quegli Stati, e lo capiscono, che non subiranno le conseguenze delle
dichiarazioni provocatorie che fanno. E coloro che possono sentirlo si
comportano in modo molto più sobrio. E giustamente.
Kiselëv: E tutte queste danze della Germania con i Taurus? Scholz
dice “noi non li forniamo”, ma ci sono forze che insistono a fornire i Taurus
all’Ucraina, gli inglesi sono intervenuti con una loro iniziativa: transitiamo,
dicono, attraverso l’Inghilterra, noi siamo pronti a inviarli. L’obiettivo è il
ponte di Crimea, i generali tedeschi stanno già pianificando operazioni, come
abbiamo sentito, non solo per il ponte di Crimea, ma anche per basi militari,
come si suol dire, nel profondo territorio russo. Qualcuno dice già che questi
missili possono colpire il Cremlino. In generale, non si perdono davvero nei
loro sogni?
Putin: Fantasticano, in primo luogo si incoraggiano. In secondo
luogo, stanno cercando di intimidirci.
Per quanto riguarda la Germania
ci sono anche problemi di carattere costituzionale. Hanno ragione a dire che se
i Taurus entrassero in quella parte del ponte di Crimea, che, ovviamente, anche
secondo i loro concetti, è territorio russo, ciò costituirebbe una violazione
della Costituzione della Repubblica Federale di Germania.
Il fatto è che l’opposizione in
Germania si sta comportando in modo ancora più aggressivo. Vediamo su cosa
possono essere d’accordo. Lo stiamo monitorando da vicino. Usano missili
britannici e americani. Ciò non cambia la situazione sul campo di battaglia.
Sì, ci fanno del male, ovviamente, è ovvio. Ma, in sostanza, ciò non cambia il
corso delle ostilità e le conseguenze che inevitabilmente si verificano per la
parte opposta.
Ora lo sentiamo nella stessa
Germania. Sia i suoi canali che quelli stranieri, i canali tedeschi mostrano
quanti ne hanno, quanti sono fuori servizio, quanti richiedono miglioramenti,
ammodernamenti e così via. Lasciamoli lavorare. Come ha giustamente detto, ci
sono alcune cose a cui devono pensare. Ci pensano i più intelligenti.
Kiselëv: Ma i nuovi membri della NATO, Finlandia e Svezia, in
generale, cosa hanno scambiato con cosa? Il ministro degli Esteri svedese
Tobias Billström ha improvvisamente detto ai turchi che la Svezia è contraria
alla presenza di basi NATO sul territorio svedese. Cos’è, proprio non capivano
dove stavano entrando? Che gli è successo?
Putin: Deve chiederlo a loro, io non lo so. Abbiamo avuto rapporti
abbastanza buoni, rapporti stabili con questi Paesi, e penso che abbiano beneficiato
maggiormente del fatto che aderivano alla neutralità, perché questo offre
alcuni vantaggi, almeno come piattaforma negoziale per ridurre le tensioni
nella stessa Europa.
In generale abbiamo avuto
rapporti ideali con la Finlandia, semplicemente ideali. Non avevamo una sola
pretesa l’uno contro l’altro, soprattutto territoriale, per non parlare di
altre aree. Non avevamo nemmeno truppe, le abbiamo rimosse tutte da lì, dal
confine russo-finlandese. Perché hanno fatto questo? Si sono basati, a mio
avviso, su considerazioni puramente politiche. Probabilmente volevano davvero
far parte di un club occidentale, sotto una sorta di “ombrello”. Perché ne abbiano
bisogno, francamente non capisco. Questo è un passo assolutamente insensato dal
punto di vista della tutela dei propri interessi nazionali. Comunque spetta a
loro decidere, ecco cosa hanno deciso.
Non avevamo truppe lì, ma ora le
avremo. Là non esistevano sistemi di distruzione, ma ora ci saranno. A che pro?
I nostri rapporti economici erano molto buoni. Hanno usato il nostro mercato,
abbiamo comprato molto da loro. Cosa c’è di sbagliato in questo? Ma ora la
situazione cambierà. Numerosi loro beni non sono realmente necessari su altri
mercati; e non ricevono più abbastanza merci nostre. Non capisco.
Kiselëv: Nel frattempo, negli Stati Uniti c’è...
Putin: Sa, questa è una cosa di tutti i giorni, ma comunque. Negli
ultimi anni i rubli russi sono stati accettati a Helsinki, e ancor più nelle
zone di confine della Finlandia. Anche a Helsinki, nei grandi supermercati,
potevi comprare qualunque merce volevi per rubli. Tutti gli annunci sono in
russo.
Kiselëv: Ora la regione di confine sta semplicemente andando in
bancarotta.
Putin: Sì. Perché ne sto parlando? Dal punto di vista economico
invece la situazione era molto buona: i prezzi degli immobili rimanevano a un
livello abbastanza buono. Da un punto di vista economico era positivo, ma a
quanto pare c’erano forze, molto conservatrici e nazionaliste di destra, a cui
non piaceva affatto questo riavvicinamento con la Russia. Alcuni addirittura
pensavano che fosse eccessivo: perché i russi comprano case e appartamenti?
Tutto intorno a noi è in russo…
Non è nemmeno che penso, ma so
che questa russofobia ha cominciato a crescere a livello quotidiano. Forse
alcune forze politiche all’interno del Paese hanno deciso di trarre vantaggio
da questo pregiudizio interno. L’intera combinazione di questi fattori ha
portato a questa decisione. Mi sembra di sì, ma non posso dirlo al 100%. In
ogni caso, ciò non migliora certamente affatto la situazione dal punto di vista
della sicurezza, sia nelle relazioni bilaterali che in Europa nel suo insieme.
Kiselëv: Ma nel frattempo negli Stati Uniti è in corso un’attiva
corsa alle elezioni presidenziali. E lei non può non essere menzionato. Lei
partecipa invisibilmente, poiché tutti i candidati dei Partiti repubblicano e
democratico la menzionano nei loro discorsi e nelle loro argomentazioni. In
generale, l’impressione è che non esce dalle pagine dei giornali e dai titoli
dei telegiornali e sia argomento di discussione nella campagna elettorale di ciascuno.
E aggiunge pure benzina al fuoco.
Putin: In che senso?
Kiselëv: Dicendo che per noi è preferibile uno dei candidati. Ma se
in generale un presidente straniero dice che è preferibile uno dei candidati di
un altro Paese, allora si tratta di una classica interferenza elettorale. In
generale, in che misura interferisce in questo modo nelle elezioni americane,
dicendo che Biden è preferibile per noi? E in generale, quanto è vero questo? E’
trolling o cos’è?
Putin: No, sa, ora le dirò una cosa che dimostrerà che non cambia
nulla nelle mie preferenze. Primo.
Secondo. Non interferiamo in
nessun tipo di elezione e, come ho detto molte volte, lavoreremo con qualsiasi
leader che goda della fiducia del popolo americano, dell’elettore americano.
Ma ecco cosa è interessante.
Anche nell’ultimo anno del suo mandato presidenziale, Trump, l’attuale
candidato presidente, mi ha rimproverato proprio per il fatto che simpatizzo
per Biden. Questo è successo più di quattro anni fa. Me lo ha detto in una
delle conversazioni. Scusi, lo dirò come ha fatto lui, è solo un discorso
diretto: “Tu vuoi che “Sleeping Joe” vinca”.
Me lo disse quando era ancora
presidente. E poi, con mia sorpresa, hanno cominciato a perseguitarlo perché
presumibilmente lo sostenevamo come candidato. Insomma, un delirio.
Per quanto riguarda l’attuale
situazione pre-elettorale, sta diventando sempre più incivile. Non vorrei fare
alcun commento su questo argomento.
Ma è assolutamente chiaro, credo
che sia evidente a tutti, che il sistema politico americano non può pretendere
di essere democratico in ogni senso della parola.
Kiselëv: In generale, a dire il vero, la sua preferenza per Biden
mi sembra piuttosto strana. Dopotutto, nel 2011, Biden è venuto a Mosca e ha
cercato di convincerla a non candidarsi alla presidenza.
Ricorda questa storia? Poi ne ha
parlato incontrando l’opposizione russa alla Spaso-House. E Garry Kasparov ha
scritto di questo, che Biden ha raccontato questa storia, che è venuto alla Casa
Bianca russa dal Primo Ministro Putin e in ogni modo lo dissuadeva dal
candidarsi alla presidenza e ha iniziato a costruire una “primavera araba” nel
nostro Paese. Cioè, anche allora a Biden non sembrava che lei piacesse molto.
Ha una sorta di duello storico con lui. O semplicemente le è passato?
Putin: Ad essere sincero, non ci avevo fatto molto caso.
Kiselëv: E’ passato, giusto? Non ci ha nemmeno prestato molta
attenzione.
Putin: Ma che duello e duello…
Kiselëv: Cioè, per lui era una cosa seria, ma per lei no.
Putin: Quello sì che era un segno di interferenza…
Kiselëv: Sì, questa è un’interferenza palese al 100%.
Putin: …nei nostri processi politici interni. Abbiamo parlato molte
volte e io ho detto molte volte: “Non permetteremo a nessuno di farlo”.
Kiselëv: Va bene.
Lasciando perdere le interferenze
e le battaglie elettorali, di fatto l’escalation continua. Sembra che entrambe
le superpotenze, Russia e Stati Uniti, stiano giocando a quello che in America
viene chiamato il “gioco del pollo”: quando i polli si scontrano, e poi c’è un
gioco in cui i ragazzi in macchina volano in faccia l’uno contro l’altro, a
vedere chi girerà per primo. Solo che pare stavolta nessuno sarà il primo a scartare.
Quindi la collisione è inevitabile?
Putin: Perché? Negli Stati Uniti hanno annunciato che non
invieranno truppe. Sappiamo come sarebbero le truppe americane sul territorio
russo. Sono interventisti. E’ così che li tratteremmo, anche se comparissero
sul territorio dell’Ucraina, e lo capiscono. Ho detto che Biden è un
rappresentante della scuola politica tradizionale, e questo è confermato. Ma
oltre a Biden ci sono molti altri specialisti nel campo delle relazioni
russo-americane e nel campo della deterrenza strategica.
Pertanto, non penso che qui tutto
stia precipitando così di petto. Ma siamo pronti per questo. L’ho detto molte
volte, per noi è una questione di vita o di morte, e per loro si tratta di
migliorare la loro posizione tattica in generale nel mondo, ma anche in Europa,
in particolare, mantenendo il loro status tra i loro alleati. Anche questo è
importante, ma non tanto quanto lo è per noi.
Kiselëv: Interessante, ha detto che siamo pronti per questo. Il
filosofo Aleksandr Dugin, specialista in geopolitica, chiede una preparazione
diretta e pratica per la guerra nucleare. “E quanto meglio siamo preparati,
tanto meno probabile è una guerra del genere”, afferma Dugin. Come si può
essere preparati per questo? Siamo davvero pronti per una guerra nucleare?
Putin: Da un punto di vista tecnico-militare siamo ovviamente
pronti. Le truppe sono costantemente in uno stato di prontezza al
combattimento. Punto primo.
Secondo. Anche questa è una cosa
generalmente accettata: la nostra triade nucleare è più moderna di qualsiasi
altra triade, e solo noi, e in effetti gli americani, abbiamo una tale triade.
Abbiamo fatto molti più
progressi. La nostra è più moderna, con tutte le componenti nucleari. In
generale, in termini di vettori e cariche, abbiamo approssimativamente la
parità, ma la nostra è più moderna.
Lo sanno tutti, lo sanno tutti
gli specialisti. Ma questo non significa che dovremmo misurarci in base al
numero di portaerei e di testate, ma devono saperlo tutti. E chi ne ha bisogno,
ripeto – esperti, specialisti, militari – lo sa bene.
Ora si stanno ponendo l’obiettivo
di aumentare questa modernità, questa innovazione e hanno piani corrispondenti.
Lo sappiamo anche noi. Stanno sviluppando tutti i loro componenti, e anche noi.
Ma questo non significa che, secondo me, siano pronti a iniziare questa guerra
nucleare domani. Se lo vogliono – che ci possiamo fare? Siamo pronti.
Kiselëv: Forse, per renderlo ancora più convincente, prima o poi
dovremmo condurre test nucleari? Alla fine, non abbiamo restrizioni
internazionali per questo.
Putin: Esiste un accordo che vieta test di questo tipo, ma
sfortunatamente gli Stati Uniti non lo hanno ratificato. Pertanto, al fine di
mantenere la parità, abbiamo ritirato questa ratifica. Poiché il trattato non è
stato ratificato dagli Stati Uniti, alla fine non è entrato in vigore perché
non ha ricevuto il numero richiesto di ratifiche, tuttavia noi rispettiamo
questi accordi.
Sappiamo che negli Stati Uniti si
stanno prendendo in considerazione studi di questo tipo. Ciò è dovuto al fatto
che quando compaiono nuove testate, alcuni esperti ritengono che non sia
sufficiente testarle solo su un computer, ma che debbano essere testate nella
loro forma naturale. Idee del genere circolano in alcuni ambienti degli Stati
Uniti, esistono, lo sappiamo.
E anche noi stiamo a guardare. Se
faranno tali test, non lo escludo, non è necessario, ne abbiamo bisogno o no,
dobbiamo ancora pensarci, ma è possibile che possiamo fare lo stesso.
Kiselëv: Ma siamo tecnicamente pronti per questo?
Putin: Sì, siamo sempre pronti. Voglio che sia chiaro che questi
non sono tipi ordinari di armi, questo è il tipo, il tipo di esercito, che è
costantemente pronto al combattimento.
Kiselëv: Vladimir Vladimirovič, ma comunque, nei momenti difficili,
non so, l’anno scorso al fronte con riferimento a Char’kov o Cherson, il
pensiero delle armi nucleari tattiche le ha mai attraversato la mente?
Putin: Perché? Fu su proposta dell’allora comando del gruppo che la
nostra parte prese la decisione di ritirare le truppe da Cherson. Ma questo non
significava affatto che il nostro fronte stesse cadendo a pezzi. Non c’era
niente nemmeno di lontanamente simile a questo. Ciò è stato fatto semplicemente
per non subire inutili perdite tra il personale. E’ tutto. Questo era il motivo
più importante, perché nelle condizioni delle operazioni di combattimento,
quando era impossibile rifornire completamente il gruppo situato sulla riva
destra, subiremmo semplicemente perdite ingiustificate di personale. Per questo
motivo si è deciso di trasferirci sulla riva sinistra.
La correttezza di questa scelta è
stata confermata da ciò che il comando ucraino ha cercato di fare in alcune
zone della riva sinistra, nello stesso insediamento di Krynki: hanno
semplicemente gettato lì la loro gente, come in un tritacarne, e basta.
Ultimamente corrono lì a piedi nudi, nel senso letterale della parola. Hanno
provato a lanciare munizioni lì con imbarcazioni ad alta velocità e droni. Risultato?
Sono stati semplicemente mandati al macello.
Una volta ho chiesto al capo di
stato maggiore, non c’è niente di segreto qui, ho detto: “Senti, chi pensi che
prenda tali decisioni dall’altra parte? Dopotutto, chi prende la decisione
capisce che sta mandando le persone a morte certa? Dice: “Capiscono”. Dico: “Chi
prende la decisione, perché lo fa? E’ inutile”. – “Non ha senso da un punto di
vista militare”. Dico: “E allora da quale?” “Non so”, dice, “probabilmente i
massimi dirigenti politici, sulla base di considerazioni politiche, hanno pensato
a una qualche possibilità di sfondare le nostre difese, la possibilità di
ottenere denaro aggiuntivo, citando il fatto che hanno lì una sorta di testa di
ponte sulla riva sinistra, la possibilità di presentare magnificamente la
propria posizione alle riunioni internazionali”. Una volta superato il comando,
tutti i boss di livello inferiore impartiranno automaticamente ulteriori
ordini.
Ma, a proposito, i prigionieri
che furono catturati lì si arresero, dimostrando che non sapevano nemmeno in
quale situazione si stavano cacciando. Diciamo che mandano lì nuove unità e
dicono: “Là c’è una difesa stabile, forza, continuate, aiutate”. Non potevano
più nemmeno raggiungere la riva sinistra.
Kiselëv: tragedia.
Putin: Naturale. Dal punto di vista umano, assolutamente.
Allora perché abbiamo bisogno di
usare armi di distruzione di massa? Non c’è mai stata una tale necessità.
Kiselëv: Quindi questo pensiero non le è mai venuto in mente?
Putin: No. Per che cosa? Le armi esistono per essere usate. Abbiamo
i nostri principi, di cosa parlano? Che siamo pronti a usare le armi, comprese
tutte le armi, comprese quelle che ha menzionato, se parliamo dell’esistenza
dello Stato russo, del danneggiamento della nostra sovranità e indipendenza.
Tutto è spiegato nella nostra strategia. Non l’abbiamo cambiata.
Kiselëv: Vladimir Vladimirovič, quando il presidente uscente El’cin
l’ha invitata a candidarsi alla presidenza, la sua prima reazione è stata: “Non
sono pronto”.
Putin: Esatto, confermo la citazione letterale.
Kiselëv: Da allora, ovviamente, ha subito una grande evoluzione. Se
adesso dovesse scrivere un telegramma a se stesso allora, quale testo
conterrebbe?
Putin: Veda, è come “Uno yankee alla corte di Re Artù” o qualcosa
del genere. E’ impossibile rispondere a questa domanda perché la domanda è
stata posta in quel momento, nel contesto storico ed economico in cui si
trovava il Paese, nella situazione politica interna dal punto di vista della
sicurezza interna. E tutto questo insieme mi ha spinto alla risposta che ho
dato: “Non sono pronto per questo”. Non perché avessi paura di qualcosa, ma
perché la portata dei compiti era enorme e il numero dei problemi cresceva ogni
giorno, come una palla di neve. Pertanto, l’ho detto sinceramente e non perché,
ripeto, avessi paura di qualcosa, ma perché pensavo di non essere pronto a risolvere
tutti questi problemi, Dio non voglia, farei qualcosa di ancora peggio. E’ di
questo che stavamo parlando. Pertanto, l’ho detto in tutta sincerità e, se
tornassi indietro, ripeterei la stessa cosa.
Kiselëv: Cosa è stato decisivo allora? Dopotutto l’ha fatto.
Putin: Probabilmente le conversazioni con Boris Nikolaevič.
La cosa più importante è che alla
fine mi ha risposto: “Va bene, va bene, ho capito, su questo torneremo più
tardi”. E su questo siamo tornati più volte.
Alla fine mi ha detto che sono una
persona esperta, so cosa faccio, cosa offro e mi ha detto anche altre cose.
Probabilmente è imbarazzante lodare se stessi, ma ha detto parole positive.
Successivamente me lo ha confermato nuovamente, in maniera del tutto positiva,
non ne parlo adesso.
E quando il lavoro è iniziato,
tutto era completamente diverso. Sa, quando lavori, pensi: questo, questo,
questo è necessario adesso, questo è adesso, questo è domani – e via andare.
Quando ti impegni nel lavoro, è una storia completamente diversa.
Kiselëv: Non c’è più tempo per avere paura.
Putin: Non è una questione di paura, è una questione di
comprensione, di capacità di risolvere questi problemi. Ricordate com’è stato
il 1999 nell’economia, nella sfera della sicurezza, nella finanza, in tutto.
Kiselëv: Una volta ha detto che prepararsi per entrare all’Università
di Leningrado è stato un punto di svolta per lei. Era una situazione in cui
doveva andare fino in fondo, rendendosi conto: o lo faccio adesso e ce la faccio,
e poi realizzerò i piani che voglio (e lei stava già progettando di lavorare
nel KGB), oppure ho perso, e poi tutto è diverso e non c’è possibilità. Quindi,
anche la Russia è ora nella posizione in cui è necessario tentare il tutto per
tutto?
Putin: In primo luogo, allora non avevo una posizione del genere.
Sì, volevo lavorare nelle agenzie di sicurezza statali.
Kiselëv: Gli esami di ammissione sono stati il vero punto di
svolta, è questa la sensazione, giusto? O la va o la spacca?
Putin: Non proprio. Sono appena arrivato alla sala d’attesa e ho
detto: “Mi piacerebbe lavorare qui. Cosa è necessario?”.
L’alternativa era semplice, mi
dissero: dovevo conseguire un’istruzione superiore, preferibilmente una laurea
in giurisprudenza, oppure prestare servizio nell’esercito, oppure avere almeno
tre anni di esperienza lavorativa, ma è meglio prestare servizio nell’esercito.
Se non fossi entrato all’università, mi sarei arruolato nell’esercito.
Sì, questo avrebbe potuto essere
un percorso più lungo verso l’obiettivo che mi ero prefissato, ma era ancora
lì. C’è sempre un’alternativa.
Kiselëv: Ma ha agito con tensione.
Putin: Sì, certo, perché ho studiato in una scuola con
specializzazione in chimica e matematica, ma qui ho dovuto seguire materie
umanistiche. Ho dovuto lasciare una cosa e farne un’altra.
Sì, certo, c’era tensione. Era
necessario imparare autonomamente una lingua straniera, in questo caso il
tedesco, era necessario studiare storia, letteratura, ecc.
Kiselëv: Anche la Russia ora è a un bivio: o funziona, oppure…
Putin: la Russia non è a un bivio. E’ sul percorso strategico del
suo sviluppo e non devierà dal suo percorso.
Kiselëv: In che misura sente il sostegno della società russa con
questa nuova qualità? Perché, dopotutto, è davvero emersa una nuova qualità
della società russa.
Putin: Era già presente, semplicemente si è manifestata. Ed è molto
positivo aver dato a questa profonda società russa l’opportunità di esprimersi.
Ho la sensazione che la gente lo aspettasse da molto tempo, che una persona
comune sarà richiesta dal Paese e dallo Stato e il destino del Paese dipende da
lui. E’ questo sentimento di connessione interna con la Patria, di importanza
nella risoluzione dei problemi chiave, in questo caso nel campo della
sicurezza, che ha fatto emergere la forza dei russi e degli altri popoli della
Russia.
Kiselëv: E’ alimentato da questo?
Putin: Sempre. Il punto non è nemmeno che qualcuno venga nutrito,
il punto è che vedo le richieste della società. Questa è la cosa più
importante: soddisfare le esigenze della società.
Kiselëv: Ma è ora di ammettere che lei svolge un ruolo chiave non
solo in Russia, ma anche nel mondo, perché miliardi di persone ripongono in lei
le loro speranze per la giustizia internazionale, per la tutela della dignità
umana, per la tutela della valori tradizionali. Com’è sentire una tale portata
di responsabilità?
Putin: A dirglielo onestamente, non lo sento affatto. Lavoro
semplicemente nell’interesse della Russia, nell’interesse del nostro popolo.
Sì, capisco di cosa sta parlando ora e sono pronto a commentarlo. Ma al punto
che io mi senta una sorta di arbitro dei destini del mondo, non esiste una cosa
del genere. Mi creda, nemmeno lontanamente. Sto semplicemente adempiendo al mio
dovere nei confronti della Russia e del nostro popolo che considera la Russia
la propria patria.
Come per altri Paesi nel mondo,
questo è strettamente correlato al modo in cui veniamo trattati nel mondo.
Questo è interessante. Questo è un fenomeno, questo è certo.
Su cosa vorrei attirare l’attenzione?
Qui ha assolutamente ragione, molte persone nel mondo guardano noi, ciò che sta
accadendo nel nostro Paese e la nostra lotta per i nostri interessi.
Questo, secondo me, è ciò che è
importante. Perché sta succedendo? Non perché siamo formalmente membri dei
BRICS o perché abbiamo qualche tipo di rapporto tradizionale con l’Africa.
Anche questo è importante, ma il punto, secondo me, è completamente diverso.
Sta nel fatto che questo cosiddetto “miliardo d’oro” per secoli, 500 anni, ha
praticamente parassitato altre nazioni. Hanno fatto a pezzi gli sfortunati
popoli dell’Africa, hanno sfruttato l’America Latina, hanno sfruttato i Paesi
dell’Asia e, ovviamente, nessuno se ne è dimenticato. Ho la sensazione che non
sia nemmeno una questione di leadership di questi Paesi, anche se questo è
molto importante, ma i cittadini comuni di questi Paesi sentono nei loro cuori
ciò che sta accadendo.
Associano la nostra lotta per la
loro indipendenza e la vera sovranità con le loro aspirazioni per la propria
sovranità e lo sviluppo indipendente. Ma ciò è aggravato dal fatto che le élite
occidentali hanno un forte desiderio di congelare l’ingiusto stato di cose
esistente negli affari internazionali. Sono abituati da secoli a riempirsi la
pancia di carne umana e le tasche di soldi. Ma devono capire che il ballo dei
vampiri sta finendo.
Kiselëv: Allude, come ha detto nel suo discorso, alle loro abitudini
coloniali? Sta parlando di questo?
Putin: Succede proprio così.
Kiselëv: Ma ora ha dipinto un quadro del tutto corretto, in cui la
gente vede una sorta di speranza in Russia. Come è potuto accadere che la
propaganda occidentale, con tutto il suo potere, le sue colossali risorse e
strumenti, non sia riuscita a rendere un pupazzo la Russia, isolarla e crearne
una falsa immagine, sebbene abbia tentato di farlo nelle menti di miliardi di
persone? Come è successo?
Putin: Perché quello che ho appena detto è più importante per le
persone. Le persone di tutto il mondo lo sentono nei loro cuori. Non hanno
nemmeno bisogno di spiegazioni pragmatiche per gli eventi in corso.
Kiselëv: Cioè, nonostante l’ondata di questa sporcizia?
Putin: Sì. Anche nei loro Paesi ingannano la gente e questo ha un
effetto. In molti Paesi credono che questo sia nel loro interesse, perché non
vogliono avere un Paese così grande come la Russia ai loro confini. Il più
grande al mondo in termini di territorio, il più grande in Europa in termini di
popolazione – una popolazione non così numerosa in termini globali, non può
essere paragonata né alla Cina né all’India, ma il più grande in Europa – e ora
anche il quinto più grande al mondo in termini di economia. Ebbene, perché
abbiamo bisogno di un simile concorrente? Pensano: no, è meglio, come hanno
suggerito alcuni esperti americani, dividerlo in tre, quattro, cinque parti:
sarà meglio per tutti. Procedono da questo.
E almeno una parte delle élite
occidentali, accecate dalla loro russofobia, sono state felicissime quando ci
hanno portato al punto in cui sono iniziati i nostri tentativi di fermare la
guerra scatenata dall’Occidente in Ucraina con la forza nel 2014, quando siamo
passati ad attuare un’operazione militare speciale. Erano addirittura felici,
credo. Perché credevano che ora avrebbero finito con noi, ora, sotto questa
raffica di sanzioni, praticamente una guerra di sanzioni dichiarata contro di
noi, con l’aiuto delle armi occidentali e la guerra per mano dei nazionalisti
ucraini, avrebbero finito con la Russia. Da qui lo slogan: “Infliggere una
sconfitta strategica alla Russia sul campo di battaglia”.
Ma più tardi si capì che ciò era
improbabile, e ancora più tardi che era impossibile. E si capì che invece della
sconfitta strategica, si trovavano di fronte all’impotenza, nonostante
facessero affidamento sul potere degli onnipotenti Stati Uniti. Si sono trovati
di fronte all’impotenza contro l’unità del popolo russo, davanti alle basi
fondamentali del sistema economico e finanziario russo, alla sua stabilità e
davanti alle crescenti capacità delle Forze Armate della Federazione Russa.
E poi hanno cominciato a pensare –
quelli più intelligenti hanno cominciato a pensare – che sarebbe stato
necessario cambiare strategia nei confronti della Federazione Russa. Poi è nata
l’idea di riprendere il processo negoziale, di trovare un modo per porre fine a
questo conflitto, di cercare dove si trovano i veri interessi della Russia.
Queste sono persone pericolose, tra l’altro, perché è più facile combattere le
persone guidate da principi più terra-terra.
Ha presente come si diceva nella
Russia antica? In cosa consiste la felicità per alcune persone a livello
quotidiano? Sazio, ubriaco e con il tabacco nel naso. SÌ? Con gente così è più
facile quando sei sazio e ubriaco, cioè pieno, ubriaco. Il naso è coperto di
tabacco perché usavano il tabacco da fiuto. Adesso c’è chi ha il naso pieno di
cocaina. Non importa, con queste persone è più facile, ma con le persone
intelligenti è più difficile: sono più pericolose, perché influenzano la
coscienza della società, inclusa la nostra, butteranno via ogni sorta di “desiderata”
sotto forma di “carote” per noi.
Lei ha già attirato l’attenzione
su questo aspetto quando ha chiesto informazioni sulla possibilità di un
processo di negoziazione. Ma comunque. E’ qui che sono sorte le contraddizioni
all’interno della comunità occidentale. Questa è una cosa ovvia, lo vediamo.
Non ci impegneremo in scissioni
in questo ambito; lo faranno loro stessi in modo brillante. Ma certamente ci
impegneremo affinché i nostri interessi siano rispettati.
Kiselëv: Non posso fare a meno di chiederlo. Questi attacchi alle
regioni di Belgorod e Kursk sono azioni militari che si svolgono nelle nostre
regioni. Agiscono in modo più sfacciato: sentono qualcosa? Cosa causa questo?
Putin: La spiegazione è molto semplice. Tutto ciò avviene sullo
sfondo dei fallimenti sulla linea di contatto, in prima linea. Non hanno
raggiunto nessuno degli obiettivi che si erano prefissati l’anno scorso.
Inoltre ora l’iniziativa è passata completamente alle nostre Forze Armate.
Tutti lo sanno, tutti lo ammettono. Non credo che dirò nulla di nuovo qui. Alla
luce di questi fallimenti, è necessario che mostrino almeno qualcosa e,
soprattutto, l’attenzione dovrebbe essere focalizzata sul lato informativo
della questione.
Sul confine di Stato il nemico ha
cercato di attaccare principalmente con gruppi di sabotaggio. L’ultimo rapporto
dello Stato Maggiore: circa 300 persone, compresa la partecipazione di
mercenari stranieri. Le perdite del nemico ammontano a più di 200 persone –
circa 230. Degli otto carri armati utilizzati, il nemico ne ha persi sette, su
nove veicoli corazzati – tutti e nove, di cui sette di fabbricazione americana,
Bradley. Sono stati utilizzati anche altri mezzi blindati, ma soprattutto per
il trasporto del personale: lo portano su, lo buttano via e se ne vanno subito.
Questo è nella sezione di confine di Belgorod. Un po’ più a sud, secondo me, in
un posto, lì ci sono forze molto più piccole. Tuttavia, l’obiettivo principale,
non ne ho dubbi, è, se non interrompere le elezioni presidenziali in Russia,
almeno interferire in qualche modo con il normale processo di espressione della
volontà dei cittadini. Primo.
Secondo. Questo è l’effetto
informativo di cui ho già parlato.
Terzo. Se almeno qualcosa
funziona, per avere qualche possibilità, qualche discussione, qualche carta
vincente in un possibile processo negoziale futuro: noi ti restituiremo questo,
e tu ci restituirai questo.
Ma ho detto che è più facile
parlare con persone che sono guidate dai principi dell’essere ben nutrite,
ubriache e con il naso pieno della ben nota materia, perché puoi calcolare cosa
faranno. Ci proveranno anche in altri settori, ma lo vediamo.
Kiselëv: Abbiamo menzionato l’episodio in cui ha salvato i bambini
da un incendio, ma ora ha già dei nipoti. Quale Paese vorrebbe lasciare ai suoi
nipoti?
Putin: Sa, nella prima fase dobbiamo realizzare tutto ciò che è
stato affermato nel discorso all’Assemblea Federale di pochi giorni fa. Abbiamo
grandi progetti. Hanno carattere molto specifico nei settori dello sviluppo
economico, dello sviluppo sociale, del sostegno alla maternità, all’infanzia,
alle famiglie con bambini e al sostegno ai pensionati. Negli ultimi tempi ne
abbiamo parlato molto poco o non ne abbiamo parlato affatto, ma siamo sicuri che
metteremo a disposizione le risorse adeguate anche in questo caso. Ciò riguarda
l’indicizzazione delle pensioni, di vari benefici e dell’assistenza a lungo
termine per le persone che ne hanno bisogno.
Vorrei dire che le persone della
generazione più anziana sono quelle grazie alle quali oggi abbiamo anche uno Stato
e un’economia abbastanza forti e stabili. Perché, nonostante tutte le
vicissitudini e le difficili prove dell’economia degli anni ‘90, è sopravvissuto
grazie al loro lavoro eroico dopo la Grande Guerra Patriottica e durante la
ripresa economica. Pertanto, non dovremmo mai dimenticarlo: i meriti della
vecchia generazione. Dobbiamo sempre ricordarlo quando garantiamo il loro
corretto benessere. Il futuro appartiene ai bambini, per questo ho già parlato
di programmi nel campo della maternità e dell’infanzia.
Tutto questo viene fatto solo
sulla base dell’economia. Spero che il nostro sistema sia tecnologicamente più
avanzato, più moderno e si basi sulle conquiste moderne nel campo della scienza
e della tecnologia, dell’informatica, dell’intelligenza artificiale, della
robotica, della genetica e così via. La nostra agricoltura si sta sviluppando
così bene! E anche lì abbiamo bisogno di tecnologie moderne. Sono utilizzate
attivamente e continueranno ad essere utilizzati.
Naturalmente, il Paese sarà
autosufficiente nel garantire la propria sicurezza e difesa. Tutto questo
insieme dovremo moltiplicarlo più volte e il futuro sarà assicurato.
Kiselëv: Grazie, Vladimir Vladimirovič. La sua fiducia è
contagiosa. Buona fortuna per le sue nobili azioni.