Mark Bernardini

Mark Bernardini

giovedì 24 agosto 2023

20230824 Lavrov BRICS

Lavrov sugli esiti del BRICS, 24 agosto 2023

Signore e signori,

Si è concluso il vertice dei BRICS, al quale ha preso parte in collegamento video il presidente della Federazione Russa Vladimir Putin. Sono stato incaricato di rappresentare il nostro Paese direttamente qui “sul posto”.

A seguito dei risultati del vertice BRICS, oggi si è tenuta una conferenza stampa dei nostri leader. Tutti e cinque i leader hanno illustrato le loro valutazioni, a cominciare dal presidente del Sudafrica Ramaphosa, che ha assunto la presidenza dell’Organizzazione nel 2023. Ha annunciato l’adozione della dichiarazione politica finale e ha prestato particolare attenzione alla decisione di ampliare il numero dei membri a pieno titolo dell’Organizzazione BRICS ad altri sei Stati.

“BRICS Plus” è già iniziato. Più di sessanta Paesi sono stati invitati a sviluppare relazioni con la nostra associazione nei formati BRICS plus/outreach e Paesi partner. Si tratta di un nuovo formato approvato in questo vertice. Lo scopo è di elaborare un’interpretazione concreta di questo accordo nella lista dei candidati allo status di Paesi partner per il prossimo vertice, che si terrà nell’autunno 2024 a Kazan’. I ministri degli Affari esteri sono stati incaricati di proseguire questo lavoro.

Si sente sempre più spesso parlare di “unità di conto unica”. In particolare, durante la sessione plenaria, è intervenuto il Presidente del Brasile Lula da Silva. Durante il vertice sono già stati discussi alcuni dettagli più particolareggiati sulla sua attuazione (in particolare, i tempi), sul funzionamento e se può davvero diventare una rapida alternativa alla “moneta unica” dei BRICS.

Nessuno parla adesso di moneta unica. Ora tutta l’attenzione è focalizzata sulla ricerca di modi per garantire scambi reciproci, progetti economici e investimenti in un modo che non dipenda dal sistema controllato dagli Stati Uniti e dai suoi alleati occidentali, che sia indipendente dal dollaro, dall’euro e dallo stesso yen.

Questi Paesi hanno dimostrato la loro capacità e volontà di abusare attivamente del loro status di emittenti di valute di riserva per raggiungere obiettivi politici in violazione di tutte le regole del libero mercato, del commercio internazionale e dell’OMC.

Molto tempo dopo la creazione della Nuova Banca per lo Sviluppo BRICS, nell’ambito dei “cinque” è stato formato un altro progetto chiamato “pool valutario di riserva”. Questo è il precursore dei passi che stiamo pianificando di intraprendere per facilitare l’uso delle valute nazionali e, soprattutto, per creare un sistema di pagamento alternativo. La sua definizione è stata affidata ai ministri delle finanze e ai presidenti delle banche centrali dei nostri Paesi. Dovrebbero formare un gruppo di lavoro adeguato e preparare raccomandazioni per i capi di Stato per il prossimo vertice di Kazan’.

Quanto sono state difficili le trattative per l’espansione? Siete riusciti a concordare i criteri per l’ammissione di nuovi membri all’Organizzazione? A questo proposito, i BRICS cambieranno nome? Come spiega il crescente interesse di molte decine di Paesi ad aderire a questa associazione?

La discussione è stata piuttosto intensa. Non posso dire che non ci siano problemi, ma con l’attenzione di ogni Stato nel prendere una decisione sull’ammissione di nuovi membri.

Naturalmente si è tenuto conto dei criteri e delle procedure approvati per i Paesi partner. Innanzitutto sono stati presi in considerazione il peso, l’autorità, l’importanza di un particolare Paese candidato all’adesione e la sua posizione sulla scena internazionale. Tutti sono favorevoli al fatto che rinforziamo le nostre fila con persone che la pensano allo stesso modo, Paesi che credono nella multipolarità e nella necessità di relazioni internazionali più democratiche ed eque, insistono sull’aumento del ruolo del Sud del mondo nei meccanismi di governance globale. I sei Paesi i cui nomi sono stati annunciati oggi e che soddisfano pienamente questi criteri, dal 1° gennaio 2024 parteciperanno pienamente ai lavori dei BRICS. Permettetemi di ricordarvi che si tratta dell’Arabia Saudita, degli Emirati Arabi Uniti, dell’Argentina, dell’Etiopia, dell’Iran e dell’Egitto. Tutti hanno espresso il forte desiderio di unirsi a questo gruppo. Delle ventitré domande pervenute ufficialmente, sono state prese in considerazione sei, che ho citato.

Qual è la ragione di una crescita così esplosiva dei BRICS? Mi sembra che risieda nella comprensione da parte dei Paesi che vogliono avvicinarsi ai “cinque” delle cause alla base dei processi in corso sulla scena internazionale. Hanno messo in luce l’assoluto impegno dell’Occidente nel mantenere la propria egemonia ad ogni costo. Sono ben consapevoli delle ragioni per cui l’Occidente sta cercando di raggiungere i suoi obiettivi, usando in questo caso l’Ucraina contro la Federazione Russa. Tutto ciò si è manifestato chiaramente nel corso delle discussioni e delle nostre conversazioni con i Paesi rappresentati oggi agli incontri di Johannesburg. E’ chiaro che questo egemonismo è globale. Tutti sono consapevoli che l’obiettivo degli Stati Uniti non è “punire” la Russia utilizzando il regime nazista ucraino, ma eliminare dissidenti e chi non è d’accordo dalla scena internazionale. Ciò è diventato evidente negli ultimi tempi.

Ora siamo in Africa. Guardate come gli americani “corteggiano” i Paesi africani, dettando loro letteralmente la propria volontà. L’anno scorso, gli Stati Uniti hanno approvato una legge intitolata “Lotta alle attività dannose della Russia in Africa”. Quando questo fu approvato alla Camera dei Rappresentanti degli Stati Uniti (anche davanti al Senato), gli africani si indignarono e alzarono la voce contro un atteggiamento così rozzo nei loro confronti. Ora in quella Camera stanno pensando a come cambiare nome alla legge. Ma la sua essenza rimane la stessa. Gli americani hanno adottato la propria strategia per l’Africa subsahariana. Questo documento contiene solo diciassette pagine, ma menziona sette volte la Russia e la Cina come principale ostacolo alla prosperità dell’Africa. Forse è pensato per persone inesperte che non capiscono niente o non hanno letto nulla di storia. Ma per i Paesi africani questo è un altro insulto. Ciò significa che il loro diritto sovrano di scegliere i propri partner viene ignorato. Nell’autunno del 2022 si sono svolte riunioni del Fondo monetario internazionale e della Banca mondiale, durante le quali il segretario al Tesoro americano Yellen “ha insegnato a vivere” ai Paesi africani e ha detto, senza arrossire e senza imbarazzo, che dovrebbero ricordarsi di chi dà loro i soldi. E’ così semplice e senza “complessità” diplomatiche. In un recente evento interafricano, il presidente del Kenya William Ruto ha pubblicamente parlato al microfono di come gli americani e i loro più stretti alleati chiedono che i Paesi africani accettino inviti ad eventi a cui l’Occidente è interessato e non partecipino a quelli organizzati con la partecipazione della Federazione Russa. E’ tutto alla luce del sole.

Un Paese normale non può tollerare un simile atteggiamento nei confronti di se stesso. A molti sembra che non sia molto utile resistere da soli a tale pressione. Vedono l’Organizzazione come un alleato, un baluardo del mondo multipolare che tutti noi dobbiamo formare, seguendo le tendenze oggettive dello sviluppo mondiale.

I BRICS, ovviamente, soprattutto rafforzati ed espansi, sono uno dei pilastri portanti e fondanti di quello che sarà un ordine mondiale giusto basato sui principi della Carta delle Nazioni Unite. E non nella loro interpretazione distorta, come fa l’Occidente (anche riguardo a ciò che sta accadendo in Ucraina), ma esclusivamente nella pienezza e nell’interconnessione di questi principi delle Nazioni Unite.

Per quanto riguarda il titolo. Tutti sono per mantenerlo. E’ già diventato un marchio. Nessuno dei nuovi membri del BRICS ha suggerito il contrario. Mi sembra che tutti capiscano che è meglio lasciare “tutto così com’è”. Ciò metterà in risalto la continuità del nostro lavoro.

Oggi i rappresentanti della maggioranza mondiale si sono riuniti a Johannesburg. Vediamo come gli interessi di questa, per usare un eufemismo, “maggioranza” non si adattano all’agenda dei Paesi dell’Occidente collettivo. Cosa deve accadere affinché questi Paesi inizino a cambiare la loro politica estera, orientandola verso il buon senso? I vostri incontri “a margine” del vertice hanno toccato i temi della democratizzazione delle attività dell’ONU, in particolare il rilancio del suo ruolo centrale nel coordinamento degli interessi degli Stati membri?

Una domanda corposa. Quasi una lectio magistralis. Cercherò di rispondere in sostanza.

Per quanto riguarda le prospettive di quando l’Occidente si volgerà nella direzione del buon senso. Non posso giudicare. Gli “operatori” che ora guidano i governi occidentali nella stragrande maggioranza dei Paesi stanno mostrando unità sotto la guida di Washington nel portare avanti l’agenda americana. Anche (per come si vede in Europa) a scapito nostro, della nostra economia e dei nostri cittadini. Questo è un gruppo di Paesi assolutamente ideologici che, come disse una volta il presidente Vladimir Putin, “si immaginano come dei dell’Olimpo e stanno cercando di sostituirsi a Dio”.

A volte incontriamo queste persone, conversiamo con loro “fuori onda”, ma non notiamo alcun barlume di buon senso. “Dovete”, “è vostro dovere”. A chi dobbiamo, quali doveri? Non è questo il caso quando puoi aspettarti di trasmettere il tuo punto di vista all’interlocutore attraverso il dialogo e aspettarti che almeno lo ascolti.

Siamo sempre aperti alla discussione, ma non risponderemo con inviti alla discussione ai rozzi ultimatum, ricatti e minacce contro di noi. Se il buon senso non prevale… Gli stessi occidentali dicono che devono “sconfiggere” la Russia sul campo di battaglia e “infliggerle una sconfitta strategica”. Questo è quello che hanno adesso al posto del buon senso. Quindi lavoreremo su questo “campo”, non su quello diplomatico o giuridico internazionale, ma sul campo di battaglia.

Capiscono perfettamente, ma non possono dirlo. E’ vietato. Sanno per cosa stiamo combattendo. Lo ha affermato chiaramente il presidente della Russia Putin, parlando al vertice dei BRICS: per la loro sicurezza, per gli interessi delle persone che vogliono parlare russo, insegnare ai propri figli in russo, godere dei frutti della cultura russa nelle terre che i loro antenati hanno sviluppato per secoli. Questa è una cosa che dovrebbe essere compresa da tutti.

Per quanto riguarda la democratizzazione dell’ONU. Da tempo parliamo della necessità di riformare le Nazioni Unite. Negli ultimi 15 anni sono state apportate molte innovazioni, sono state create varie commissioni sulla costruzione della pace (un argomento del genere è apparso all’ordine del giorno), sulle questioni climatiche, sulle questioni dell’intelligenza artificiale e della tecnologia dell’informazione. Molto è stato fatto. Ciò contribuisce al fatto che l’Organizzazione si adatti allo sviluppo del mondo, della scienza e della tecnologia.

Il tema principale è la riforma del Consiglio di Sicurezza. E’ questo organismo che simboleggia l’ONU agli occhi della stragrande maggioranza delle persone. Ha poteri che nessun altro ha, comprese le decisioni su questioni di guerra e pace, nonché questioni di misure coercitive come le sanzioni. Quando parliamo di giustizia e democratizzazione, non possiamo tollerare il fatto che su 15 membri del Consiglio di Sicurezza, 6 rappresentino il “campo” degli Stati Uniti, completamente subordinato alla loro volontà.

Ne abbiamo parlato ieri e oggi. Nei documenti che abbiamo adottato c’è un paragrafo che conferma l’impegno dei Paesi BRICS nella riforma del Consiglio di Sicurezza nell’interesse di una maggiore rappresentanza dei Paesi in via di sviluppo. Vengono citati l’India, il Brasile e il Sudafrica come Stati di cui apprezziamo il ruolo attivo nell’Organizzazione mondiale e desideriamo che esso venga rafforzato nel quadro del Consiglio di Sicurezza.

Per la prima volta nei documenti BRICS è scritto che sosteniamo la riforma del Consiglio di Sicurezza dell’ONU attraverso l’espansione della rappresentanza dei Paesi in via di sviluppo in tutte le categorie di adesione, compresa l’adesione permanente.

Abbiamo nuovamente chiarito la nostra posizione riguardo agli altri due contendenti per posti a tempo indeterminato. India e Brasile hanno presentato da tempo e ufficialmente le loro offerte. Germania e Giappone, il cosiddetto “Gruppo dei Quattro”, hanno fatto lo stesso. In senso situazionale, i loro interessi coincidono, ma in un certo senso non si può parlare di un’adesione permanente della Germania e del Giappone al Consiglio di Sicurezza, esacerbando così l’ingiustizia. Più di un terzo dell’attuale composizione del Consiglio di Sicurezza rappresenta i Paesi del cosiddetto “miliardo d’oro”, mentre i restanti 7 miliardi sono sottorappresentati. Né la Germania né il Giappone apporteranno novità alle deliberazioni del Consiglio di Sicurezza. Sono obbedienti esecutori della volontà di Washington, come quasi tutti gli altri Paesi occidentali. Rare voci sulla “autonomia strategica” dell’Unione europea si limitano a balbettare di “mantenere la disciplina” e “non distinguersi dai ranghi”.

La decisione odierna, annunciata questa mattina in una conferenza stampa, rafforzerà ulteriormente il nostro coordinamento. I BRICS organizzano regolarmente eventi nell’ambito delle Nazioni Unite. A settembre, ad esempio, ci sarà l’Assemblea generale dell’Onu. Ogni anno ci riuniamo lì a livello ministeriale della nostra associazione.

Non aspetteremo fino al 1 gennaio 2024, ma inizieremo a stabilire contatti in anticipo (come futuri presidenti dei BRICS) con i nuovi membri, aiutandoli a “mettersi in affari”, in modo che entro il vertice di Kazan’ tutti e 11 (quasi una squadra di calcio) saranno completamente immersi nel merito dei temi che la nostra presidenza ha già annunciato.

Oggi il presidente russo Vladimir Putin ha parlato di ciò che intendiamo fare nel 2024 sulla base delle decisioni e dei risultati ottenuti sotto la presidenza sudafricana.

La presidenza dei BRICS il prossimo anno passerà alla Russia. Lei ha già accennato al fatto che il vertice dell’Organizzazione si terrà a Kazan’. Ci è stata augurata buona fortuna nella dichiarazione finale. Siamo pronti per il vertice? Come sarà la nostra presidenza? Cosa vogliamo fare?

Se avete seguito la nostra vita negli ultimi vent’anni, allora sapete che siamo pronti a tutto.

Il presidente russo Vladimir Putin ha annunciato tutte le priorità che promuoveremo. Innanzitutto ci sono responsabilità trasferibili. In particolare, l’attuazione della strategia di partenariato economico della nostra associazione. Esiste anche un piano d’azione dei Paesi BRICS nel campo della cooperazione innovativa per il periodo 2021-2024. E’ responsabilità della Presidenza garantire l’attuazione di tutti i progetti in essa stabiliti. Se parliamo del Piano d’Azione per la Cooperazione Innovativa, durante la pandemia di COVID-19 sono state create strutture BRICS per combattere le malattie infettive, è stato creato un Centro Comune per la Ricerca sui Virus e molto altro ancora. Dato il nostro ruolo di leader in questo settore, faremo dell’assistenza sanitaria una delle nostre priorità.

In secondo luogo, il Business Council, la Women’s Business Alliance, creata su iniziativa della Russia, il Forum dei giovani continuerà a funzionare, verranno intensificati i contatti tra scienziati, personalità della cultura e nel campo dell’istruzione (BRICS Network University). Sotto la nostra presidenza sono previsti numerosi eventi a livello di istituti di istruzione superiore di tutti e 5 i Paesi (che l’anno prossimo saranno 11).

Se parliamo di energia, da tempo abbiamo creato una piattaforma di ricerca energetica su nostra iniziativa. Funziona, contiene informazioni utili. Ora, quando si uniranno a noi importanti attori del mercato energetico come l’Arabia Saudita e gli Emirati Arabi Uniti, il tema dell’energia brillerà di nuove sfaccettature e sarà molto richiesto. La fortuna serve sempre. E vi garantisco che è assicurata.

Alla vigilia del vertice, diversi analisti e media hanno affermato che l’espansione dei BRICS sarebbe una vittoria morale per Mosca e Pechino. Il peso complessivo dell’Organizzazione nell’economia e nella geopolitica globale, infatti, aumenterà. Cosa si può dire della quota della Russia nell’associazione, dato che quest’estate la Nuova Banca per lo Sviluppo dei BRICS ha abbandonato nuovi progetti di investimento in Russia a causa delle sanzioni?

Il peso della Russia non è legato a ciò che decide la Nuova Banca per lo sviluppo. Ma le decisioni prese di “congelare” i progetti già approvati nel territorio della Federazione Russa erano illegali. Gli ex dirigenti di questa banca hanno superato la loro autorità e hanno distorto gli obiettivi statutari fissati durante la creazione della Nuova Banca per lo Sviluppo.

Il nuovo Presidente Rousseff comprende pienamente i compiti che le spettano in conformità ai documenti statutari citati: sviluppare le relazioni bancarie e il finanziamento di progetti industriali e di altro tipo nell’interesse dei Paesi membri della Nuova Banca di Sviluppo, senza dipendere dagli ostacoli artificiali costruiti dalle strutture monetarie e finanziarie internazionali guidate dagli Stati Uniti.

Esiste un accordo per avviare un lavoro sostanziale sulla creazione di sistemi di pagamento alternativi. Questo sarà un ulteriore contributo per garantire il funzionamento efficiente della Nuova Banca di Sviluppo.

Non parlerei di quote di chicchessia, anche se, alla fine, la quota di ogni Paese può essere misurata dalla sua appartenenza all’ONU: quanto “peso” ha ogni Paese, quanti dipendenti secondo la sua quota lavorano nel Segretariato.

La differenza tra i BRICS e il G7 e altre strutture incentrate sull’Occidente è che tutti ascoltano gli Stati Uniti. Ci sono alcune sfumature, qualcuno qua e là “sfonda” e ottiene qualcosa oltre alla linea strategica determinata da Washington, ma è quest’ultima che determina il corso generale.

La nostra associazione ha un approccio al lavoro completamente diverso. Oggi e ieri in una riunione a porte chiuse si è parlato molto di questo. Non è un caso che, rispondendo alla domanda precedente, ho parlato dell’interesse esplosivo per l’interazione con i BRICS, per l’adesione all’Organizzazione. Tutto ciò riflette tendenze simili. Noi abbiamo un modo diverso, un modo onesto: l’uguaglianza è garantita per ogni partecipante. Se qualcuno non è soddisfatto di questa o quella decisione, non ci sarà consenso. Se qualcuno prova disagio, tutti gli altri fanno del loro meglio per trovare formulazioni e soluzioni che aiutino a garantire l’unità. Ciò significa raggiungere un consenso e non seguire gli ordini del “capo dei capi”. Il consenso richiede più tempo, ma gli accordi raggiunti in questo modo sono molto più stabili, duraturi ed efficaci.

Ho letto e visto in televisione prima dell’inizio di questo vertice che i canali occidentali, annunciando l’apertura del vertice dell’Organizzazione, hanno spiegato che i BRICS sono un “club economico”. In una certa misura, l’economia gioca un ruolo importante, dato che in termini di parità di potere d’acquisto gli attuali “cinque” hanno superato i membri del “Gruppo dei Sette”, e con l’aggiunta di sei nuovi membri, questo divario si allargherà ancora di più. Facciamo molto nell’economia. Ho già elencato il lavoro che devono svolgere le nostre banche centrali, i ministeri delle finanze, dell’energia e dei trasporti.

Una delle importanti iniziative avanzate dal presidente russo Vladimir Putin, analizzando la situazione delle catene di approvvigionamento e delle infrastrutture logistiche in generale, riguarda un progetto promettente che ora sta diventando prioritario: il corridoio di trasporto internazionale nord-sud. Insieme alla Rotta del Mare del Nord, queste rotte creano opportunità fondamentalmente diverse per aumentare i tassi di crescita dell’economia mondiale e degli Stati situati in Eurasia. Con il coinvolgimento dei Paesi del Medio Oriente e dei Paesi del Golfo Persico, le opportunità per l’attuazione efficace di questi progetti logistici non fanno che aumentare.

Il presidente russo Vladimir Putin ha proposto la creazione di una commissione sui trasporti nei Paesi BRICS. Penso che lo faremo sotto la nostra presidenza. Allo stesso modo, tutti hanno sostenuto la proposta del Primo Ministro indiano, Modi, di creare una commissione per l’esplorazione spaziale. Un’ottima offerta. Ci siamo tutti congratulati con i nostri amici indiani per l’atterraggio riuscito del veicolo di discesa sull’altro lato della Luna, dove nulla di artificiale aveva mai toccato la sua superficie. Lo spazio è un argomento promettente. Proprio come l’energia.

C’è un enorme potenziale economico. Ma definire i BRICS un “club economico” è un tentativo di sminuirne il reale significato. La dichiarazione politica afferma chiaramente la nostra richiesta di democratizzazione delle relazioni internazionali, un aumento del ruolo del Sud del mondo nei meccanismi di governance globale, è scritto che rispetteremo il diritto internazionale e la Carta delle Nazioni Unite nella sua interezza e l’interconnessione delle norme e dei principi in esso contenuti.

Ci siamo espressi a favore di una riforma del Consiglio di Sicurezza dell’ONU esclusivamente a favore dei Paesi in via di sviluppo dell’Asia, dell’Africa e dell’America Latina. Oltre a intensificare la riforma del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, i Paesi BRICS continueranno anche le loro attività coordinate per garantire un ordine più giusto nelle istituzioni di Bretton Woods: il Fondo monetario internazionale, la Banca mondiale e l’Organizzazione mondiale del commercio.

L’espansione dei BRICS è piuttosto rapida e ampia. La decisione di identificare nella fase successiva anche un’ulteriore categoria di partner è il risultato dell’approccio dell’Organizzazione ai problemi di politica internazionale e di una visione del futuro delle relazioni internazionali basata sulla promozione di tendenze oggettive nella multipolarità, quando i centri di crescita formano potere finanziario, influenza politica che non sono pronti a eseguire ciecamente gli “ordini” dell’Occidente, incapace di sbarazzarsi delle sue abitudini coloniali e cercando di vivere a spese degli altri.

In questo incontro e al vertice Russia-Africa a San Pietroburgo, gli africani ci hanno detto che non hanno bisogno di ricevere cibo, hanno chiesto tecnologie su come coltivare il grano in modo efficiente, come lavorarlo e trasformarlo. Lo stesso vale per molte altre cose.

Il presidente dell’Uganda, Museveni, ha fornito un esempio del genere. Il mercato mondiale del caffè è stimato a poco più di 450 miliardi di dollari, di cui i Paesi produttori di materie prime del caffè ricevono solo 25 miliardi di dollari. Se prendiamo l’Africa, tutti i Paesi africani ricevono meno di 3 miliardi di dollari per i chicchi di caffè venduti in Occidente. Mentre la sola Germania, vendendo materie prime trasformate come prodotti finiti, riceve 7,5 miliardi di dollari, 2,5 volte di più di tutta l’Africa. E’ di questo che abbiamo parlato.

Questo vertice ha portato il dibattito sulla giustizia a un livello qualitativamente nuovo, sul fatto che non si può vivere per sempre a spese delle risorse dei Paesi in via di sviluppo. Gli africani ricordano bene i tempi coloniali e per cosa hanno combattuto. Avendo ottenuto l’indipendenza, hanno visto che si cerca tuttora di tenerli solo come fornitori di risorse a basso prezzo, e l’Occidente avrebbe tutto il valore aggiunto a suo vantaggio. Non va bene.

Ora arriva una svolta abbastanza seria. Non è vano quando affermiamo che è iniziata l’era della transizione verso il multipolarismo. Non può essere fermata. Questo processo è storicamente predeterminato.

Considerando che gli Stati produttori di petrolio sono diventati membri dei BRICS, la Russia ha proposto di istituire un’Unione energetica dei BRICS o, forse, nel suo quadro, una Banca dell’energia BRICS? In caso affermativo, sono state impartite istruzioni al riguardo ai gruppi di lavoro?

Abbiamo strutture nei BRICS che si occupano di energia. Quando avremo nuovi membri, vedremo quali iniziative proporranno. Se queste riceveranno sostegno, le implementeremo.

Intervenendo al vertice dei BRICS, il presidente Vladimir Putin ha annunciato la disponibilità della Russia a tornare all’”accordo sul grano” se tutte le condizioni concordate in Turchia l’anno scorso saranno soddisfatte. Ci sono segnali che l’Occidente sia pronto ad adempiere ai propri obblighi per tornare al “patto sul grano”?

Non vediamo ancora segnali del genere. L’Occidente ci spinge solo a sostenere le proposte dell’ONU.

Oggi incontrerò il segretario generale delle Nazioni Unite Guterres. Naturalmente, gliene parlerò.

Le proposte dell’ONU, che sono state presentate più volte, anche nel maggio di quest’anno e all’inizio di luglio, sono state le seguenti: non è necessario revocare il consenso della Russia alla parte ucraina del “pacchetto”, lasciare tutto com’era, dicono, aggiungere un paio di porti in più, il numero di ispezioni, per cui questo volume è in costante aumento. Se lo faremo, inizieranno a parlare di riportare Rossel’chozbank nel sistema SWIFT entro circa tre mesi, convinceranno anche le compagnie di assicurazione a non “alzare” troppo i tassi, e concorderanno sul fatto che le navi russe potrebbero entrare in qualche porto.

Non possiamo accettare nulla di tutto ciò. Ormai da un anno ci vengono fatte promesse su questo particolare argomento. Su altre questioni, non legate all’”accordo sul grano”, ma alle nostre relazioni con l’Occidente, siamo stati ripetutamente “nutriti” con le stesse promesse che non sono mai state mantenute.

Un esempio. Sembrerebbe che non costi nulla risolvere la situazione con i fertilizzanti russi (260mila tonnellate), sequestrati nei porti dell’Unione Europea più di un anno fa. La società proprietaria di questi fertilizzanti ha già dichiarato che li regaleremo gratuitamente ai Paesi in via di sviluppo. Il presidente russo Vladimir Putin ha pubblicamente invitato l’Unione europea a sbloccare questi fertilizzanti di cui gli africani hanno bisogno e che siamo pronti a consegnare gratuitamente, a nostre spese, alle loro destinazioni. Dopo più di un anno dall’annuncio, su 260.000 tonnellate, il primo lotto di 20.000 tonnellate è stato inviato in Malawi con grande difficoltà (cinque mesi per l’approvazione). Tre mesi dopo ne furono inviate in Kenya 34mila tonnellate. Il resto, più di 200mila tonnellate, giace ancora. Questo non è molto buono per la qualità dei fertilizzanti, quando restano “peso morto” nei porti. Un accordo simile per la Nigeria è bloccato per ragioni che non comprendiamo. Ecco quanto valgono le “promesse” dell’Occidente, anche quando gli dai qualcosa gratuitamente solo per trasmetterlo ai Paesi bisognosi.

Come ha ribadito di recente il presidente russo Vladimir Putin, non appena tutto ciò che ci è stato promesso sarà adempiuto, nello stesso giorno e ora saremo pronti a riprendere la parte ucraina del “pacchetto”. Era davvero un “pacchetto”. L’abbiamo firmata come risoluzione, le cui due parti sono interconnesse.

Siamo con voi da tre giorni in Africa. Questione regionale. State discutendo della situazione in Niger con qualcuno dei vostri colleghi del continente africano e dei BRICS? Quale sarà la reazione della Russia e dei Paesi BRICS in caso di una possibile invasione di questo Paese da parte dell’ECOWAS?

Non abbiamo discusso specificamente della situazione in Niger. Non era all’ordine del giorno. L’ECOWAS lo sta facendo qui, ma non è presente con tutta la sua forza. Non tutti i membri della comunità sostengono l’intervento.

L’Occidente ama decontestualizzare e, in linea con la “cultura della cancellazione”, considera ogni evento che vuole spiegare come se fosse un argomento a se, cancellando ogni altro fattore, tutti i presupposti della questione.

La zona del Sahara-Sahel in Africa soffre di terrorismo dal 2011, quando la NATO distrusse la Libia, distrusse lo Stato libico, sostenendo i terroristi, che “incitarono” contro Gheddafi. Quando la Libia cessò di esistere, divenne un “buco nero”, un “cortile di passaggio”, attraverso il quale milioni di migranti illegali si precipitarono verso nord e verso sud, gli stessi banditi che l’Occidente usò per rovesciare il regime di Gheddafi. Ora questi “ragazzi” hanno già creato lì e stanno rafforzando gruppi affiliati all’ISIS e ad Al-Qaeda. I francesi, che per lungo tempo hanno sostenuto attivamente l’opposizione a Gheddafi e li hanno aiutati con le armi, stanno ora lasciando il Mali. E anche la missione dell’Ue.

Dobbiamo vedere le vere cause di questi sconvolgimenti. Se guardiamo a ciò che l’Africa ottiene dalla cooperazione con l’Occidente (ne ho appena parlato in dettaglio), allora il valore aggiunto viene “portato via” dal continente africano. Da qui vengono prese solo le risorse.

Abbiamo sempre, sin dall’epoca sovietica, cercato di comportarci diversamente, creando le basi dell’industria, del sistema educativo e della medicina.

I cosiddetti colpi di Stato hanno già avuto luogo in Mali, Guinea e Burkina Faso. Non sono andato in profondità. Quando una certa parte della società, in questo caso i militari, vede che il sistema di relazioni con l’Occidente, che i governanti di questo rispettivo Paese hanno costruito e di cui sono personalmente soddisfatti, non aiuta a risolvere i problemi dell’intera popolazione, allora questi fattori non possono essere “scartati”.

Non credo che l’invasione porterà benefici a nessuno. Una forza è già stata creata da un’altra parte dell’ECOWAS per contrastare l’invasione. Non auguro agli africani questo tipo di scenario. Sarà distruttivo e deleterio per un gran numero di Paesi e migliaia di persone.

Il giorno prima, il presidente francese Emmanuel Macron si era detto pronto a parlare con il presidente russo Vladimir Putin quando “sarebbe stato utile”. Non è riuscito a venire al vertice dei BRICS, ora vuole andare a Mosca? Quando un simile dialogo potrà rivelarsi utile per la Russia?

Non seguo le dichiarazioni su chi farà cosa nei confronti della Russia e non ne parlo pubblicamente. Se sei interessato a qualcosa, allora la decenza elementare e le regole della diplomazia richiedono che tu trasmetta il tuo interesse (sia che si tratti di un incontro, o di una conversazione telefonica) attraverso i canali diplomatici. Un anno fa il presidente francese Macron e il cancelliere della Repubblica federale tedesca Scholz dichiararono che avrebbero portato avanti il dialogo e che avrebbero ancora detto la loro. Allo stesso tempo, dichiarano pubblicamente come e quando restituiranno la Russia alla “comunità civilizzata”. Ho smesso di leggerlo e di prestargli attenzione. Se ne parli pubblicamente, allora sei interessato al pubblico che ti ascolta (i tuoi elettori, i partner dell’UE). Non è chiaro quali segnali vengano inviati da tali dichiarazioni.

L’altro giorno il presidente francese ha affermato ancora una volta che la Francia non può permettere la sconfitta dell’Ucraina e che Kiev deve prepararsi per uno scontro a lungo termine. La Repubblica francese, a sua volta, garantirà la fornitura di missili a lungo raggio. Allo stesso tempo, il presidente Macron si posiziona come potenziale mediatore del conflitto ucraino, pronto a dialogare con il presidente russo Vladimir Putin. Ha espresso il desiderio di partecipare al vertice dei BRICS. Secondo lei la Francia può diventare un mediatore nella risoluzione del conflitto? Come valuta le dichiarazioni così contraddittorie del presidente francese?

Ho già toccato questo argomento. Presumo che se qualcuno vuole contribuire alla ricerca di vie per una soluzione, lo farà non attraverso un microfono, ma attraverso i canali appropriati. Tutti lo sanno. Non è noto quale sia lo scopo di fare dichiarazioni pubbliche e ad alta voce su un argomento o su un altro. O faranno da intermediari, oppure forniranno missili a lungo raggio per sparare sul territorio russo. Mi è difficile dedurre qualche considerazione da queste affermazioni. Sapendo cosa sta succedendo in Europa in questo momento, questo è probabilmente il desiderio di far ricordare te stesso, di mostrare quanto sei attivo e come hai bisogno di essere supportato. Posso solo indovinare.

La Francia era già tra gli intermediari. Il “garante” degli accordi di Minsk era Hollande. Poi, nel 2022, ha affermato con orgoglio che non avrebbero realizzato nulla, nonostante questi accordi fossero stati approvati dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Avevano bisogno di guadagnare tempo per pompare armi in Ucraina contro la Russia. Pertanto, quando Macron dice che forniranno missili a lungo raggio, è la stessa cosa che ha detto Hollande, in qualità di mediatore. Fate vobis.

Alla vigilia del vertice di Johannesburg, alcuni media occidentali hanno notato che questo vertice dei BRICS ha focalizzato l’attenzione sulle relazioni del Sud Africa con Mosca. Come descriverebbe l’attuale livello di interazione tra Mosca e Pretoria?

I rapporti sono ottimi. Quest’anno il presidente Ramaphosa ha visitato due volte la Federazione Russa. La prima volta è stata a giugno, quando ha chiesto al presidente Vladimir Putin di ricevere una delegazione di sette leader africani per discutere della situazione in Ucraina in modo professionale, senza pubblicità, come dovrebbe essere.

La seconda volta, quando è venuto a San Pietroburgo per partecipare al vertice Russia-Africa alla fine di luglio di quest’anno. In entrambi i casi si sono svolte trattative bilaterali, riservate, franche e utili. I presidenti hanno determinato (e continueranno a farlo) le modalità dell’ulteriore sviluppo delle nostre relazioni in tutti i settori: economia, investimenti, alte tecnologie, scienza, istruzione, sport, cooperazione militare e tecnico-militare.

Penso che questi rapporti stiano crescendo. Apprezziamo, come ricordano tutti i principali politici della Repubblica del Sud Africa, il ruolo dell’Unione Sovietica nella lotta contro l’apartheid, ma anche nella decolonizzazione di tutta l’Africa. Abbiamo una solida base politica storica. Ora prestiamo sempre più attenzione ai settori della cooperazione materiale che ho menzionato. Non c’è dubbio che abbiamo buone prospettive.

Azioni popolari si osservano in Niger e in altri Paesi africani, in particolare in Mali e Burkina Faso. Le persone scendono in piazza chiedendo alla Russia e ai suoi partner di svolgere un ruolo attivo nella protezione dei Paesi della regione dalle interferenze straniere e dal neocolonialismo in generale. Qual è la posizione della Russia rispetto alle minacce di interferenze esterne in Niger? Che ruolo possono svolgere la Russia e i suoi alleati in questa crisi?

Subito dopo quanto accaduto in Niger ci sono stati timidi ma piuttosto rumorosi tentativi di accusare la Russia di aver organizzato il cambio di potere attraverso un colpo di Stato. Ma molto presto, anche nei principali Paesi occidentali, i funzionari si sono affrettati a dichiarare di non avere dati a sostegno di tali affermazioni.

Queste manifestazioni, le bandiere russe, sono, a mio parere, innanzitutto, un riflesso dei sentimenti provati dagli abitanti (in questo caso, il Niger) rispetto alla loro vita quotidiana. Il Niger era uno degli alleati più affidabili dell’Occidente, della Francia. Lì c’è una base militare americana. Probabilmente, le persone analizzano questo partenariato prioritario a lungo termine, decennale con l’Occidente e capiscono che non dà loro molto, che rimangono in una posizione subordinata, il loro sviluppo non sta andando molto avanti. Questa è l’insoddisfazione per le pratiche occidentali basate su metodi coloniali e, dall’altro, c’è il ricordo di come abbiamo combattuto insieme il colonialismo. Non penso che questo possa essere scontato. Queste non sono solo parole altisonanti. Nei leader e nei popoli africani questa è infatti una convinzione profondamente radicata.

E’ necessario che tutti passino a rapporti paritari, si rispettino a vicenda, cerchino un equilibrio di interessi, non impongano nulla a nessuno e che tutti i governi seguano i requisiti che rispettano pienamente la Carta delle Nazioni Unite, che afferma che l’Organizzazione si basa sull’uguaglianza sovrana di tutti gli Stati, grandi e piccoli. Se almeno una volta l’Occidente cercasse di condurre la propria politica in conformità con questa richiesta, che ha firmato e ratificato al momento della creazione delle Nazioni Unite, allora, forse, il buon senso avrebbe qualche possibilità.

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