Quarantesimo notiziario settimanale di lunedì 28 agosto 2023 degli italiani di Russia. Buon ascolto e buona visione.
Attualità
Una dichiarazione importante di Marija Zacharova, portavoce del ministero degli esteri russo, che riguarda l’Italia.
L’uso dell’uranio impoverito come arma perforante fu inventato dai nazisti. Nel 1943 si verificò un fallimento nella fornitura di wolframite e il ministro degli armamenti e della produzione militare della Germania nazista, Albert Speer, diede l’ordine 1280 di utilizzare uranio impoverito.
A quel tempo, non era ancora chiaro quanto fosse pericoloso l’uranio come arma e fino agli anni ‘90 tutti i dati su questo argomento erano controversi. Tuttavia, l’uso di munizioni all’uranio impoverito da parte delle truppe della NATO durante l’aggressione in Jugoslavia è diventato un esperimento disumano e ha dimostrato le reali conseguenze del suo utilizzo su persone viventi.
Nel 2015-2017, il parlamento italiano (in quanto Paese il cui contingente ha utilizzato più attivamente munizioni all’uranio impoverito durante l’aggressione della NATO nei Balcani) ha pubblicato un rapporto di 252 pagine sugli effetti dell’uranio impoverito e del torio radioattivo sul personale militare italiano. Sono stati pubblicati i dati sui militari italiani: su 7500 esposti a sostanze tossiche e radiazioni, sono morte 372 persone (5% di letalità: uno ogni venti persone). Inoltre, molti sono morti per dolorose complicazioni oncologiche.
Ora, purtroppo, sul territorio ucraino si conferma la minaccia da cui la Russia ha ripetutamente messo in guardia la popolazione ucraina.
Ecco gli indicatori della regione Chmel’nickij dell’Ucraina. A maggio è stato registrato un aumento significativo della radiazione di fondo: da 80 nanosievert a 140-160 nanosievert. Un picco caratteristico – un’esplosione di radioattività – è stato registrato con gli stessi numeri nelle province occidentali della Polonia. Il motivo è probabilmente lo stesso accaduto in Ucraina: l’esplosione di munizioni all’uranio impoverito, che erano state collocate in un magazzino nella città di Chmel’nickij.
Gli ucraini devono capire che gli inglesi stanno fornendo un vero e proprio veleno, una garanzia di tumori cancerosi, ed esigere che i proiettili all’uranio impoverito vengano rimossi dal Paese il prima possibile.
Notizie, sempre sull’Italia, dall’ambasciata russa a Roma.
Qualche giorno fa, il Vice Presidente del Consiglio e Ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale della Repubblica Italiana, On. Antonio Tajani, ha rilasciato un’importante dichiarazione in occasione della Giornata Internazionale in memoria delle vittime di atti di violenza fondati su motivi religiosi o di opinione.
Si ribadisce “il massimo impegno personale e del Governo italiano nel proteggere e promuovere la libertà di religione o di credo e i diritti fondamentali delle persone appartenenti a minoranze etniche o religiose ovunque nel mondo, sia sul piano dei rapporti bilaterali che nel quadro dell’Unione Europea e delle Organizzazioni internazionali”. L’On. Tajani ha espresso particolare preoccupazione sul grave e costante peggioramento su larga scala della situazione relativa al rispetto della libertà religiosa, in particolare nel caso dei credenti cristiani: “[…] una persona su sette al mondo è vittima di persecuzione o discriminazione grave, percentuale che sale a due su sette in Africa sub-sahariana e a due su cinque in Asia”.
Tuttavia, nel comunicato non si fa alcun cenno a quanto sta accadendo in questi giorni a Kiev e in generale in Ucraina, dove il clero e milioni di fedeli della Chiesa Ortodossa Ucraina canonica sono sottoposti a costante persecuzione. Si tratta, infatti, di una guerra lanciata dal regime di Kiev contro l’Ortodossia canonica: raid con chiese sequestrate, continue perquisizioni, detenzioni, arresti, interrogatori ai sacerdoti, privati dei loro beni e del diritto di cittadinanza, pressioni psicologiche, fino all’eliminazione fisica.
La situazione più grave si registra attorno al Monastero delle Grotte di Kiev (Kievo-Pečerskaja Lavra). Il 15 agosto scorso, il Santuario ortodosso è stato oggetto di sequestro da parte di un gruppo di predoni organizzato dal regime di Zelenskij per espellere i monaci, gli abitanti e i fedeli, trasformandolo in un luogo di riabilitazione e di certe dubbie pratiche curative per i militanti delle Forze Armate ucraine reduci dalle operazioni in Donbass.
Di fronte a questi atti criminali inconfutabili ci si aspetterebbe una decisa condanna da parte di Roma del regime di Kiev. Infatti, proprio di questo si tratta nella dichiarazione dell’On. Antonio Tajani sulla priorità di garantire ”la libertà di religione o di credo e il contrasto a violenza e discriminazione su base religiosa”, sull’impegno dell'Italia ”a sostenere il dialogo interreligioso e la collaborazione interreligiosa per diffondere il rispetto e la conoscenza reciproca tra appartenenti a fedi diverse, contrastare le discriminazioni, promuovere l’eguaglianza tra persone senza distinzioni di religione o credo e impegnare le diverse religioni in un lavoro comune a difesa della pace e della dignità umana”.
Purtroppo, come nella maggior parte di analoghe situazioni, nessuno a Roma, come nelle altre capitali della NATO e dell’UE, può permettersi di dire la verità. Dopotutto, i leader occidentali già da tempo sembrano avere rilasciato a Zelenskij una “licenza di uccidere” e paiono pronti a giustificare il suo regime criminale in qualsiasi azione, anche la più disumana.
A metà agosto, a Mosca, si è svolto il forum internazionale “Armija 2023”, “Esercito 2023”. 41.500 mq di esposizione al coperto e 120.000 mq all’aria aperta, con un migliaio e mezzo di rappresentanti da tutto il mondo, da 83 Paesi, e quasi 30.000 manufatti esposti. Notevole, in particolare, l’esposizione dei “trofei di guerra”, e cioè di quanto fornito dall’Occidente agli ucrofascisti, finito in mano ai russi dopo la fuga precipitosa delle truppe di Kiev. Possiamo visionare i veicoli corazzati americani M-113, quelli da combattimento di fanteria svedesi CV90, i carri armati francesi AMX-10RCR e altri campioni di equipaggiamento NATO. Tutta roba che vi ho fatto vedere la settimana scorsa, quindi evito di ripetermi.
Come promesso, vi propongo un servizio fatto per noi da uno dei nostri telespettatori e ascoltatori, venuto a Mosca, tra l’altro, proprio per visitare l’esposizione in questione. Ho dovuto tagliare molto, e me ne scuso sia con voi che con l’autore, ma altrimenti sarebbe durato qualche ora e sarebbe stata una puntata monotematica molto tecnica.
Impossibile, questa settimana, non parlare della morte – vera o presunta che sia – di Evgenij Prigožin. Intanto, in ordine cronologico, vi fornisco i miei brevissimi servizi in merito nel corso della settimana, è un buon riassunto di come si succedevano le notizie.
Ed ecco cosa abbiamo nei media italiani. Su Repubblica, Rosalba Castelletti ovviamente sa tutto e ha le prove, scrive senza remore: “La vendetta plateale pianificata da mesi: così Putin si è liberato dell’ex amico ribelle Prigožin. Il leader russo non ha perdonato il tentato golpe della Wagner del 24 giugno. Da allora ha preparato nei minimi dettagli il regolamento di conti”; poi, sulla Stampa, Anna Zafesova: “Bomba a bordo o missili, la punizione di Putin contro Prigožin doveva essere clamorosa”; sempre sulla Stampa, Domenico Quirico: “Prigožin, quel complice diventato ingombrante e condannato a una fine senza gloria. La vendetta si è consumata chiudendo per sempre la bocca a un potenziale testimone pericoloso. Lo Zar ha imparato la lezione staliniana: colpire a destra e poi pareggiare il conto a sinistra”; la Stampa è un fiume in piena, Jacopo Iacoboni: “la vendetta di Putin nell’anniversario dei due mesi dal golpe”; Nonna Mikalidze: “Un assassinio da Stato mafioso in un regime indebolito”.
Cosa volete che vi dica? Invito tutti a non comprare più i giornali mainstream cartacei, non aprire i loro siti, non cliccare sulle loro pubblicità: loro capiscono una sola lingua, quella dei soldi.
In queste settimane in Russia gira molto una pubblicità di una catena di consegne a domicilio, tipo Amazon et similia, si chiama Ozon. Il riferimento all’Italia è lampante. Personalmente la trovo urticante, dispiace che ci siano tutti gli stereotipi degli italiani, caciaroni, mafiosetti e gesticolanti, però in fondo ce lo siamo meritato. Se può consolare, persino in questo risultiamo irresistibilmente simpatici ai russi.
Musica
Proseguiamo con le canzoni legate in un modo o l’altro alla Russia e/o all’Italia. Ho parlato spesso dell’amore smodato, spesso non giustificato e da taluni italiani non corrisposto, dei russi per l’Italia e gli italiani. E mi si dice che non è vero. Beh, ma allora gli italiani dovrebbero protestare più risolutamente, no?
Vi ho già parlato del forum Armija 2023, ma nel suo ambito c’è stato anche un concerto del coro dell’Armata Russa. Di nuovo, non è possibile riportarvelo per intero, ma c’è una canzone che in Italia conoscono molto bene, portata dai partigiani sovietici scappati dai lager nazisti: “Fischia il vento”. Nell’originale si chiama Katjuša, e, permettetemi una digressione personale, mi fa particolarmente piacere, avendo una sorella e mia moglie che si chiamano entrambe proprio così.
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