Putin al XX anniversario del Valdai International Discussion Club, Soči, 5 ottobre 2023
Il tema dell’incontro di quest’anno è “Equa multipolarità: come garantire sicurezza e sviluppo per tutti”.
Cari partecipanti alla sessione plenaria! Colleghi! Signore e signori!
Sono lieto di dare il benvenuto a tutti voi a Soči in occasione del ventesimo incontro annuale del Valdai International Discussion Club.
Il nostro, o, si potrebbe dire, il vostro forum, che tradizionalmente riunisce politici e scienziati, esperti e personaggi pubblici di molti Paesi del mondo, conferma ancora una volta l’elevato status di piattaforma ricercata e intellettuale. Le discussioni del Valdai riflettono sempre i processi più importanti della politica mondiale del XXI secolo in tutta la loro completezza e complessità. Sono sicuro che oggi sarà così – probabilmente lo era già nei giorni scorsi, quando discutevate tra voi, e continuerà ad essere così, perché in sostanza ci troviamo di fronte al compito di costruire un nuovo mondo. E in fasi così cruciali, il ruolo e la responsabilità degli intellettuali come voi, cari colleghi, sono estremamente grandi.
Nel corso degli anni di attività del club, sia nel mondo che nel nostro Paese, come appena detto, si sono verificati cambiamenti seri, se non enormi, colossali. Secondo gli standard storici, un periodo di vent’anni non è così grande, non così lungo. Ma quando cade nell’era del crollo dell’intero ordine mondiale, il tempo sembra comprimersi.
E penso che sarete d’accordo sul fatto che in questi vent’anni sono accaduti più eventi di quanti ne siano accaduti in altri periodi in molti, molti decenni, e questi cambiamenti sono qualitativi e richiedono cambiamenti fondamentali nei principi stessi delle relazioni internazionali.
All’inizio del XXI secolo, tutti speravano che gli Stati e i popoli avessero imparato la lezione dal costoso e distruttivo confronto ideologico-militare del secolo scorso, si rendessero conto della sua distruttività, avvertissero la fragilità e l’interconnessione del nostro pianeta e fossero convinti che la crisi globale, i problemi dell’umanità richiedono un’azione congiunta e la ricerca di soluzioni collettive. Ma l’egoismo, la presunzione e il disprezzo per le sfide reali ci condurranno inevitabilmente in un vicolo cieco, così come il tentativo del più forte di imporre le proprie idee e i propri interessi agli altri. Questo avrebbe dovuto diventare ovvio a tutti – avrebbe dovuto diventarlo, ma si è scoperto che non era così, no.
Quando ci siamo incontrati per la prima volta in questo club quasi vent’anni fa, il nostro Paese stava entrando in una nuova fase del suo sviluppo. La Russia ha superato il periodo di ripresa più difficile dopo il crollo dell’URSS. Noi, con tutta la nostra energia e buona volontà, siamo stati coinvolti nei processi di costruzione di un nuovo ordine mondiale, come ci sembrava, più equo. Fortunatamente, il nostro Paese è in grado di dare loro un enorme contributo, poiché abbiamo qualcosa da offrire ai nostri amici, ai nostri partner e al mondo intero.
Sfortunatamente, alcuni hanno frainteso la nostra disponibilità a un’interazione costruttiva: l’hanno intesa come sottomissione, come un accordo sulla costruzione di un nuovo ordine da parte di coloro che si sono dichiarati vincitori della Guerra Fredda, di fatto, come un’ammissione che la Russia è pronta a seguire qualcuno, seguire le orme degli altri, è pronta a lasciarsi guidare non dai propri interessi nazionali, ma da quelli degli altri.
In tutti questi anni abbiamo avvertito più di una volta: questo approccio non solo porta a un vicolo cieco, ma è irto di una crescente minaccia di conflitto militare. Ma nessuno ci ha sentiti o ascoltati, nessuno voleva farlo. L’arroganza dei nostri cosiddetti partner in Occidente, si sa, era semplicemente fuori scala, è impossibile dire il contrario.
Gli Stati Uniti e i suoi satelliti hanno fermamente stabilito la rotta verso l’egemonia: militare, politica, economica, culturale, persino morale e basata sui valori. Per noi era chiaro fin dall’inizio che i tentativi di instaurare un monopolio erano destinati al fallimento. Il mondo è troppo complesso e diversificato per essere subordinato a un unico schema, anche se dietro c’è il potere, l’enorme potere dell’Occidente, accumulato in secoli di politica coloniale. Dopotutto, molti dei vostri colleghi non sono qui, ma non negano che la prosperità dell’Occidente sia stata in gran parte raggiunta grazie al saccheggio delle colonie nel corso dei secoli. Questo è un fatto. In realtà, questo livello di sviluppo è stato raggiunto saccheggiando l’intero pianeta. La storia dell’Occidente è essenzialmente una cronaca di espansione infinita. L’influenza occidentale nel mondo è un’enorme piramide militare-finanziaria; ha costantemente bisogno di nuovo “carburante” per sostenersi: risorse naturali, tecnologiche e umane appartenenti ad altri. Pertanto, l’Occidente semplicemente non può fermarsi e non intendeva farlo. Le nostre argomentazioni, esortazioni, richiami alla ragione e suggerimenti sono stati semplicemente ignorati.
Ne ho già parlato pubblicamente – ai nostri alleati, ai nostri partner. Dopotutto, c’è stato un momento in cui io stesso ho semplicemente suggerito: ma non sarà il caso che entriamo nella NATO anche noi? Ma no, un Paese del genere non è necessario alla NATO. No. La domanda è: cos’altro serve? Pensavamo di essere già dei loro, dei borghesi. Cos’altro? Non c’è più alcun confronto ideologico. Qual è il problema? A quanto pare, il problema sono gli interessi geopolitici e un atteggiamento arrogante nei confronti degli altri. Questo è il problema, l’eccessiva sicumera.
Dobbiamo rispondere alla costante crescente pressione politico-militare. Ho detto più di una volta che non siamo stati noi a iniziare la cosiddetta “guerra in Ucraina”. Al contrario, stiamo cercando di finirla. Non siamo stati noi a organizzare il colpo di Stato a Kiev nel 2014 – un colpo di Stato sanguinoso e incostituzionale. Dovunque accada, sentiamo sempre subito tutti i media del mondo, subordinati, ovviamente, in primo luogo al mondo anglosassone: così non si può fare, è impossibile, è antidemocratico. Qui invece si può fare. Hanno anche nominato i soldi, la somma di denaro spesa per questo colpo di Stato. Tutto è possibile.
In questo momento eravamo impegnati a sostenere i residenti della Crimea e di Sebastopoli. Non abbiamo organizzato un colpo di Stato e non abbiamo intimidito gli abitanti della Crimea e di Sebastopoli con la pulizia etnica nello spirito nazista. Non siamo stati noi a cercare di costringere il Donbass all’obbedienza attraverso mitragliamenti e bombardamenti. Non siamo stati noi a minacciare di reprimere coloro che vogliono parlare la loro lingua madre. Diciamocelo, qui sono tutti persone informate e istruite. Ebbene, si può raggirare i cervelli di milioni di persone che percepiscono la realtà dai media. Ma voi sapete cosa è successo: per nove anni hanno bombardato, sparato e usato i carri armati. E’ stata lanciata la guerra, una guerra vera e propria contro il Donbass. E nessuno ha contato i bambini morti nel Donbass. Nessuno in altri Paesi, soprattutto in Occidente, ha pianto i morti.
La guerra iniziata dal regime di Kiev con il sostegno attivo e diretto dell’Occidente è ormai al suo decimo anno e l’operazione militare speciale mira a fermarla. E ci ricorda che i passi unilaterali, indipendentemente da chi li intraprende, saranno inevitabilmente accompagnati da azioni di ritorsione. L’azione, come sappiamo, dà origine alla reazione. Questo è ciò che fa ogni Stato responsabile, un Paese sovrano, indipendente e che si rispetti.
Tutti sanno che in un sistema internazionale dove regna l’arbitrarietà, dove tutto è deciso da chi si ritiene eccezionale, senza peccato e l’unico giusto, chiunque può essere attaccato semplicemente perché questo o quel Paese non piace all’egemone che ha perso il senso delle proporzioni – e, aggiungerei, il senso della realtà.
Purtroppo dobbiamo ammettere che i nostri omologhi occidentali hanno perso il senso della realtà e hanno oltrepassato tutti i limiti possibili. Invano.
La crisi ucraina non è un conflitto territoriale, ci tengo a sottolinearlo. La Russia è il Paese più grande del mondo, con il territorio più vasto. Non abbiamo alcun interesse in termini di conquista di ulteriori territori. Dobbiamo ancora esplorare e sviluppare la Siberia, la Siberia orientale e l’Estremo Oriente. Non si tratta di un conflitto territoriale e nemmeno della creazione di un equilibrio geopolitico regionale. La questione è molto più ampia e fondamentale: stiamo parlando dei principi su cui si fonderà il nuovo ordine mondiale.
Una pace duratura verrà stabilita solo quando tutti inizieranno a sentirsi sicuri, a capire che la propria opinione è rispettata e che esiste un equilibrio nel mondo, quando nessuno sarà in grado di forzare o obbligare gli altri a vivere e a comportarsi come desidera l’egemone, anche se questo contraddice la sovranità, gli interessi autentici, le tradizioni e i fondamenti dei popoli e degli Stati. In un tale schema, il concetto stesso di qualsiasi tipo di sovranità viene semplicemente negato e gettato, scusatemi, nella spazzatura.
E’ ovvio che l’adesione agli approcci di blocco, il desiderio di spingere il mondo in una situazione di scontro costante tra “noi e loro” è un’eredità viziosa del XX secolo. Questo è un prodotto della cultura politica occidentale, almeno nelle sue manifestazioni più aggressive. Ripeto, l’Occidente ha sempre bisogno di un nemico: una certa parte dell’Occidente, le élite occidentali. Il bisogno di un nemico, la lotta contro il quale può spiegare la necessità di un’azione forte e di un’espansione. Ma è anche necessario mantenere il controllo interno in un certo sistema di questo stesso egemone, all’interno dei blocchi – all’interno della NATO o di altri blocchi politico-militari. C’è un nemico: tutti devono radunarsi attorno al “capo”.
Non è affar nostro come vivono gli altri Stati. Ma vediamo come in molti di essi le élite al potere costringono le società ad accettare norme e regole che i cittadini stessi – almeno un gran numero di cittadini, e in alcuni Paesi, si può dire con assoluta certezza, la maggioranza dei cittadini – non vuole accettare. E sono costretti a inventare costantemente ragioni per questo, a trovare colpevoli esterni per crescenti problemi interni, a inventare e gonfiare minacce inesistenti.
Allo stesso tempo, la Russia è l’argomento preferito di questi politici. Naturalmente siamo già abituati a questo, storicamente abituati. Ma stanno cercando di “scolpire” l’immagine del nemico in tutti coloro che non sono pronti a seguire ciecamente queste élite occidentali. Usando chiunque. Dalla Repubblica popolare cinese, in certe situazioni, a un certo momento, l’India ha provato la stessa cosa – ora stanno flirtando, ovviamente, lo capiamo perfettamente, sentiamo e vediamo la situazione in Asia, tutto è chiaro. La leadership indiana, voglio dire, è indipendente, molto orientata a livello nazionale. Penso che questi tentativi non abbiano alcun senso, ma continuano comunque. Stanno cercando di fare del mondo arabo un nemico, anche selettivamente, stanno cercando di agire con cautela, ma tuttavia, in generale, tutto si riduce a questo – e stanno anche cercando di “inventare” una sorta di ambiente ostile da parte dei musulmani. E così via. Infatti, chiunque si comporti in modo indipendente, persegua i propri interessi, si trasforma immediatamente in un ostacolo per queste élite occidentali che deve essere eliminato.
Si stanno imponendo strutture geopolitiche artificiali al mondo e si stanno creando formati di blocchi chiusi. Lo vediamo in Europa, dove da decenni spingono avanti l’espansione della NATO, e nell’Asia-Pacifico e nell’Asia meridionale, dove stanno cercando di rompere l’architettura aperta e inclusiva della cooperazione. L’approccio del blocco, chiamiamolo pane al pane, è una restrizione dei diritti e delle libertà degli Stati al loro stesso sviluppo, un tentativo di spingerli in una certa “gabbia” di obblighi. Si tratta in una certa misura – ed è una cosa ovvia – della sottrazione di parte della sovranità, e poi – molto spesso – dell’imposizione di decisioni in altri ambiti oltre a quello della sicurezza, soprattutto in quello economico, come sta accadendo ora nelle relazioni tra Stati Uniti ed Europa. Non c’è bisogno di spiegare: se necessario, durante la discussione dopo il mio intervento di apertura ne parleremo in modo più dettagliato.
Per raggiungere questo obiettivo, stanno cercando di sostituire il diritto internazionale con l’”ordine”: che tipo di “ordine”? – sulla base di determinate “regole”. Quali “regole”, quali siano queste “regole” e chi le abbia inventate non è del tutto chiaro. Questa è solo una specie di fandonia, una sciocchezza. Ma stanno cercando di introdurlo nella coscienza di milioni di persone. “Dobbiamo vivere secondo le regole”. Quali “regole”?
E in generale, se posso, i nostri “colleghi” occidentali, soprattutto quelli degli Stati Uniti, non solo stabiliscono arbitrariamente tali “regole”, ma insegnano anche chi dovrebbe applicarle e come, chi dovrebbe comportarsi in generale e come. Tutto questo viene fatto e detto, di regola, in modo apertamente rozzo. Questa è ancora la stessa manifestazione di questo pensiero coloniale. Sentiamo continuamente, suona continuamente: “Devi...”, “Sei obbligato...”, “Vi avvertiamo seriamente...”.
Ma chi sei? Che diritto hai di avvisare qualcuno? Fantastico. Forse per quelli che lo dicono, forse è ora che tu stesso ti sbarazzi dell’arroganza, smetti di comportarti in relazione alla comunità mondiale in modo tale da comprendere perfettamente i suoi obiettivi, i suoi interessi e, davvero, sbarazzarsi comunque dal pensiero dell’era del dominio coloniale? Vorrei dire: aprite gli occhi, quest’era è finita da tempo e non tornerà mai più, mai.
Dirò di più: nel corso dei secoli, tale comportamento ha portato alla riproduzione della stessa cosa. Grandi guerre, per giustificare le quali sono state inventate varie giustificazioni ideologiche e persino pseudo-morali. Ciò è particolarmente pericoloso oggi. L’umanità dispone di mezzi che, come sappiamo, possono facilmente distruggere l’intero pianeta e la manipolazione della coscienza su scala incredibile porta alla perdita del senso della realtà. Naturalmente bisogna uscire da questo circolo vizioso, bisogna cercare una via d’uscita. A quanto ho capito, cari amici e colleghi, vi riunite nel Valdai per questo scopo.
Nel concetto di politica estera russa, adottato quest’anno, il nostro Paese è caratterizzato come una civiltà statale distintiva. Questa formulazione riflette in modo accurato e succinto il modo in cui comprendiamo non solo il nostro sviluppo, ma anche i principi fondamentali dell’ordine mondiale, nella cui vittoria speriamo.
Nella nostra comprensione, la civiltà è un fenomeno multiforme. Ovviamente viene interpretato in modi diversi. C’era anche un’interpretazione apertamente coloniale: esiste un certo “mondo civilizzato” che funge da modello per gli altri, tutti devono seguire questi standard, modelli, e coloro che non sono d’accordo verranno spinti alla “civilizzazione” con il testimone di un maestro “illuminato”. Quei tempi, come ho appena detto, sono finiti e la nostra comprensione della civiltà è completamente diversa.
Innanzitutto, esistono molte civiltà e nessuna è migliore o peggiore dell’altra. Hanno uguali diritti in quanto esponenti delle aspirazioni delle loro culture e tradizioni, dei loro popoli. Per ognuno di noi è diverso. Per me, ad esempio, queste sono le aspirazioni della nostra gente, la mia gente, di cui ho avuto la fortuna di far parte.
Eminenti pensatori di tutto il mondo, aderenti all’approccio civilizzatore, hanno riflettuto e continuano a riflettere sul concetto di “civiltà”. Questo è un fenomeno multicomponente. Senza immergerci in profondità filosofiche – probabilmente non è questo il luogo né il tempo per un ragionamento del genere – proviamo a descriverlo in relazione all’oggi, proverò a farlo in dettaglio.
Le qualità principali di una civiltà statale sono la diversità e l’autosufficienza. Ecco le due componenti principali, secondo me. Il mondo moderno è estraneo a qualsiasi unificazione; ogni Stato e società vuole sviluppare autonomamente il proprio percorso di sviluppo. Si basa sulla cultura e sulle tradizioni, rafforzate nella geografia, nell’esperienza storica, antica e moderna, e nei valori delle persone. Questa è una sintesi complessa, nel processo dalla quale emerge una comunità di civiltà unica. La sua eterogeneità e diversità sono la chiave per la sostenibilità e lo sviluppo.
Nel corso dei secoli, la Russia si è formata come un Paese di diverse culture, religioni e nazionalità. La civiltà russa non può essere ridotta a un denominatore comune, ma non può nemmeno essere divisa, perché esiste solo nella sua integrità, nella ricchezza spirituale e culturale. Mantenere la forte unità di un tale Stato non è un compito facile.
Nel corso dei secoli abbiamo affrontato le prove più difficili. Le abbiamo sempre superate, a volte a caro prezzo, ma abbiamo sempre imparato lezioni per il futuro, rafforzando la nostra unità nazionale e l’integrità dello Stato russo.
Oggi questa esperienza ha davvero un valore inestimabile. Il mondo è sempre più diversificato. I metodi semplici di gestione, che sfiorano tutti con lo stesso pennello, come diciamo, a cui alcuni Stati sono abituati, non faranno fronte a tutta la complessità dei processi.
Cosa è molto importante aggiungere qui? Un sistema statale veramente efficace e duraturo non può essere imposto dall’esterno. Cresce naturalmente dalle radici della civiltà di Paesi e popoli, e la Russia a questo proposito è un esempio di come ciò avvenga nella vita, nella pratica.
Il sostegno della civiltà è una condizione necessaria per il successo nel mondo moderno, in un mondo caotico, purtroppo, pericoloso e che ha perso le sue linee guida. Sempre più Stati giungono esattamente a questa conclusione, realizzando i propri interessi e bisogni, opportunità e limiti, la propria identità e il grado di interconnessione con il mondo esterno.
Sono convinto che l’umanità non si stia muovendo verso la frammentazione in segmenti concorrenti, non verso un nuovo confronto di blocchi, qualunque sia la motivazione, non verso l’universalismo senz’anima di una nuova globalizzazione – ma, al contrario, il mondo è sulla strada di una sinergia di Stati-civiltà, grandi spazi, comunità consapevoli di sé come tali.
Allo stesso tempo, la civiltà non è una struttura universale, una per tutti: questo non accade. Ciascuna di esse è diversa dalle altre, ciascuna è culturalmente autosufficiente, traendo i propri principi ideologici e valoriali dalla propria storia e dalle proprie tradizioni. Il rispetto per se stessi deriva, ovviamente, dal rispetto per gli altri, ma significa anche rispetto da parte degli altri. La civiltà, quindi, non impone nulla a nessuno, ma non si lascia nemmeno imporre nulla. Se tutti aderiscono esattamente a questa regola, ciò garantirà una coesistenza armoniosa e un’interazione creativa di tutti i partecipanti alle relazioni internazionali.
Naturalmente, difendere la propria scelta di civiltà è un’enorme responsabilità. Si tratta di rispondere agli attacchi esterni, stabilire relazioni strette e costruttive con altre comunità civilizzate e, soprattutto, mantenere la stabilità e l’armonia interne. Dopotutto, vediamo tutti che l’ambiente internazionale oggi, come ho già detto, purtroppo è allo stesso tempo instabile e piuttosto aggressivo.
E un’altra cosa molto importante. Ovviamente nessuno ha diritto di tradire la propria civiltà. Anche questa sarebbe la strada verso un caos generale, è innaturale e disgustoso, direi. Da parte nostra abbiamo sempre cercato e cerchiamo di offrire soluzioni che tengano conto degli interessi di tutti. Ma i nostri interlocutori in Occidente sembrano aver completamente dimenticato che esistono concetti come l’autocontrollo ragionevole, i compromessi e la volontà di cedere su qualcosa pur di ottenere un risultato accettabile per tutti. No, sono letteralmente ossessionati da una cosa sola: far valere, proprio far valere, ad ogni costo, i loro interessi qui e ora. Se questa è la loro scelta, vediamo cosa ne verrà fuori.
Il paradosso è che domani la situazione potrebbe cambiare: questo è il problema. Ad esempio, ci saranno cambiamenti politici interni dopo le prossime elezioni. Qui il Paese insiste su qualcosa, spinge avanti le sue azioni a tutti i costi – e domani si verificano cambiamenti politici interni e con la stessa pressione e senza tante cerimonie viene portato avanti qualcosa di completamente diverso, a volte esattamente l’opposto.
L’esempio più eclatante è il programma nucleare iraniano. Un’amministrazione, quella statunitense, ha imposto una decisione, ne è arrivata un’altra, tutto è stato invertito e tutto è andato nella direzione opposta. Come lavorare in tali condizioni? Dove sono i punti di riferimento? Su cosa fare affidamento? Dove sono le garanzie? Sono proprio queste le “regole” di cui ci viene detto? Sono solo delle sciocchezze.
Perché succede tutto questo e perché non dà fastidio a nessuno? Perché il pensiero strategico è stato sostituito dal seguire gli interessi egoistici a breve termine non di Paesi e popoli, ma di mutevoli gruppi di influenza. Da qui l’incredibile, per gli standard della precedente Guerra Fredda, irresponsabilità del comportamento delle élite politiche, che spesso dimenticano sia la paura che la vergogna, e si considerano assolutamente senza peccato.
L’approccio civilizzatore resiste a tali tendenze perché si basa sugli interessi fondamentali a lungo termine degli Stati e dei popoli. Interessi che sono dettati non da momentanea congiuntura ideologica, ma da tutta l’esperienza storica, eredità del passato, su cui si fonda l’idea di un futuro armonico.
Se tutti si lasciassero guidare da questo, secondo me, ci sarebbero molti meno conflitti nel mondo, e i metodi per risolverli diventerebbero molto più razionali, perché ogni civiltà rispetta, come ho già detto, gli altri e non cerca di cambiare chiunque secondo le proprie idee.
Cari amici, ho letto con interesse la relazione predisposta dal Club Valdai per l’attuale incontro. Dice che oggi tutti si sforzano di capire, di immaginare un’immagine del futuro. Questo è del tutto naturale e comprensibile, soprattutto per un ambiente intellettuale. In un’era di cambiamenti drammatici, quando l’intero stile di vita familiare sta crollando, è molto importante capire dove stiamo andando e cosa vogliamo ottenere. E, naturalmente, il futuro si crea oggi, non solo davanti ai nostri occhi, ma con le nostre mani.
Naturalmente, quando si parla di processi così giganteschi e incredibilmente complessi, è difficile o quasi impossibile prevederne il risultato. Non importa quello che facciamo tutti, la vita apporterà, e sicuramente apporterà, i propri aggiustamenti. Ma dobbiamo almeno essere consapevoli di ciò a cui miriamo e di ciò che vogliamo ottenere. E c’è una tale comprensione in Russia.
Primo. Vogliamo vivere in un mondo aperto e interconnesso in cui nessuno tenterà mai di erigere barriere artificiali alla comunicazione, alla creatività e alla prosperità delle persone. Dovrebbe esserci un ambiente privo di barriere: questo è ciò a cui dovremmo aspirare.
Secondo. Vogliamo che la diversità del mondo non solo sia preservata, ma che sia il fondamento dello sviluppo universale. Dovrebbe essere proibito imporre a qualsiasi Paese o popolo come dovrebbero vivere, come dovrebbero sentirsi. Solo una vera diversità culturale e di civiltà potrà garantire il benessere delle persone e l’equilibrio degli interessi.
Terzo. Siamo per la massima rappresentanza. Nessuno ha il diritto, né può, governare il mondo per altri o per conto di altri. Il mondo del futuro è un mondo di decisioni collettive prese a quei livelli in cui sono più efficaci e da quei partecipanti che sono veramente in grado di dare un contributo significativo alla risoluzione di un problema specifico. Non uno decide per tutti, e non tutti decidono nemmeno tutto, ma coloro che sono direttamente interessati da questa o quella questione concordano su cosa e come fare.
Quarto. Siamo a favore della sicurezza universale e di una pace duratura, fondata sul rispetto degli interessi di tutti: dai grandi Stati ai piccoli Paesi. L’importante è liberare le relazioni internazionali dall’approccio di blocco, dall’eredità dell’era coloniale e della Guerra Fredda. Da decenni parliamo dell’indivisibilità della sicurezza, del fatto che è impossibile garantire la sicurezza di alcuni a scapito della sicurezza di altri. In effetti, l’armonia in quest’area è raggiungibile. Basta mettere da parte l’orgoglio, l’arroganza e smettere di considerare gli altri come partner di “seconda classe” o come emarginati o selvaggi.
Quinto. Siamo per la giustizia per tutti. L’era dello sfruttamento di chiunque, l’ho già detto due volte in passato. I Paesi e i popoli sono chiaramente consapevoli dei propri interessi e delle proprie capacità e sono pronti a fare affidamento su se stessi, e questo aumenta la loro forza. A tutti dovrebbe essere garantito l’accesso ai benefici dello sviluppo moderno, e i tentativi di limitarlo per qualsiasi Paese o popolo dovrebbero essere considerati un atto di aggressione, esattamente questo.
Sesto. Siamo per l’uguaglianza, per la differenza nel potenziale dei diversi Paesi. Questo è un dato assolutamente oggettivo. Ma non meno oggettivo è il fatto che nessuno è più disposto a sottomettersi, a far dipendere i propri interessi e bisogni da chiunque, e soprattutto da chi è più ricco e potente.
Questo non è solo lo stato naturale della comunità internazionale, è la quintessenza dell’intera esperienza storica dell’umanità.
Questi sono i principi ai quali noi stessi desideriamo aderire e ai quali invitiamo tutti i nostri amici e colleghi ad aderire.
Cari colleghi!
La Russia era, è e sarà uno dei fondamenti del sistema mondiale, pronta per un’interazione costruttiva con tutti coloro che lottano per la pace e la prosperità, pronta per una dura opposizione a coloro che professano i principi della dittatura e della violenza. Siamo fiduciosi che il pragmatismo e il buon senso trionferanno e che si affermerà un mondo multipolare.
In conclusione, vorrei esprimere la mia gratitudine agli organizzatori del forum, come sempre, per una preparazione approfondita e di alta qualità, e a tutti i partecipanti all’incontro dell’anniversario vorrei dire parole di gratitudine per la vostra attenzione. Molte grazie.
Fëdor Luk’janov: Vladimir Vladimirovič, grazie mille per una presentazione così dettagliata di questioni generali, concettuali, perché ora, infatti, al Valdai Club e in molti altri posti tutti stanno cercando di capire il quadro che sostituirà quelli che non sono più operativi, e finora non abbiamo avuto molto successo. Sappiamo cosa non esiste più, ma non capiamo realmente cosa accadrà. I suoi punti sono, mi sembra, il primo caso di un simile tentativo di esporre almeno molto chiaramente i principi.
Se possibile, per dare seguito al suo discorso. Naturalmente, una parte molto interessante dedicata alle civiltà e all’approccio civilizzato. Una volta ha detto, molto tempo fa, anche se con una frase molto vivida, che i confini della Russia non finiscono da nessuna parte. Se i confini della Russia non finiscono, allora la civiltà russa, a quanto pare, non ha nulla da discutere. Cosa significa? Dov’è la Russia?
Putin: Veda, questo è stato detto per la prima volta in una conversazione con uno degli ex presidenti degli Stati Uniti a casa mia, a Ogarëvo, ovviamente per scherzo, mentre guardava un mappa della Federazione Russa.
Sappiamo tutti, e voglio ripeterlo ancora una volta: la Russia rimane il Paese più grande del mondo in termini di territorio. Ma sul serio, questo ovviamente ha innanzitutto un significato di civiltà. Ci sono molti nostri connazionali, il mondo russo ha un carattere globale, la lingua russa è una delle lingue ufficiali delle Nazioni Unite. Solo in America Latina, poco fa abbiamo incontrato i parlamentari, vivono 300mila nostri connazionali. Sono ovunque: in Asia, Africa, Europa e, ovviamente, Nord America.
Pertanto, parlando seriamente, ripeto, in senso civilistico, ovviamente, non ci sono confini, così come non ci sono confini di tutte le altre civiltà. Prenda l’India o la Cina, quanti rappresentanti della Cina vivono in altri Paesi del mondo e quanti rappresentanti dell’India vivono in altri Paesi del mondo. Tutto si interseca e interagisce tra loro. E sarebbe molto positivo se questa interazione fosse naturale e amichevole, mirata a rafforzare questo stato.
Luk’janov: Quindi, per lei, la civiltà non è territorio, ma persone?
Putin: Sì, certo, prima di tutto persone. Probabilmente adesso ci saranno molte domande sull’Ucraina. Le nostre azioni nello stesso Donbass sono dettate innanzitutto dalla protezione delle persone. Questo è il punto centrale delle nostre azioni.
Luk’janov: In questo caso, può caratterizzare l’operazione militare speciale come un conflitto di civiltà? Ha detto che questo non è un conflitto territoriale.
Putin: Questo è prima di tutto… non so quale civiltà difendano quelli dall’altra parte del fronte, ma noi difendiamo le nostre tradizioni, la nostra cultura e il nostro popolo.
Luk’janov: Va bene. Dato che ci siamo subito spostati in Ucraina: oggi, secondo me, in Spagna inizia un grande evento europeo, Vladimir Zelenskij e una serie di altre persone importanti si sono recati lì. E’ in discussione la questione del mantenimento del sostegno all’Ucraina. Ora, come sappiamo, negli Stati Uniti c’è stato qualche intoppo dovuto alla crisi del Congresso. Pertanto, in Europa, mi sembra, hanno ritenuto che avrebbero dovuto farsi carico dei finanziamenti.
Pensa che ce la faranno? E cosa ci aspettiamo da questo?
Putin: Stiamo aspettando che si manifestino almeno alcuni germi di buon senso. Per quanto riguarda se riescono a farcela o meno, è necessario chiederlo a loro. Certo, ce la faranno, non vedo alcun problema: il problema è espandere la produzione per aumentare la quantità di denaro destinata alla guerra e prolungare questo conflitto. Ma ovviamente ci sono dei problemi; per questo pubblico, mi sembra, sono comprensibili e conosciuti.
Se negli Stati Uniti, come lei ha detto, c’è un intoppo, è piuttosto di natura tecnica, per così dire tecnico-politica, che consiste nel fatto che ci sono problemi di bilancio, un grande carico di debito, il bilancio che deve essere in pareggio. Domanda: come bilanciare? Fornendo armi all’Ucraina e tagliando le spese di bilancio, oppure tagliando la spesa sociale? Ma nessuno vuole tagliare la spesa sociale, soprattutto perché ciò rafforza la posizione dei Partiti di opposizione, in questo caso del Partito di opposizione. Tutto lì.
Ma, alla fine, probabilmente troveranno i soldi e ne stamperanno di più. Hanno stampato più di 9mila miliardi di dollari nel periodo post-Covid e durante il periodo Covid, quindi stamparne ancora e “spargerlo” in tutto il mondo, aumentando l’inflazione alimentare, non gli costa nulla. Lo faranno di sicuro.
Per quanto riguarda l’Europa, la situazione qui è più complicata, perché se negli Stati Uniti osserviamo ancora una crescita economica del 2,4% del PIL rispetto al periodo precedente, in Europa la situazione è molto peggiore. Lì, nel 2021, la crescita economica è stata del 4,9%, quest’anno sarà dello 0,5. E poi solo per i Paesi del Sud, per Italia e Spagna, che hanno mostrato un leggero incremento.
Ieri ne abbiamo parlato con i nostri esperti: penso che la crescita in Italia e Spagna sia principalmente associata all’aumento dei prezzi degli immobili e ad un certo aumento del settore turistico. E nelle principali economie europee c’è stagnazione, tutti i settori hanno un segno negativo. Nella Repubblica Federale di Germania meno 0,1, nei Paesi Baltici meno due, anche meno tre, in Estonia, secondo me, meno tre, in Olanda, in Austria, meno ovunque. C’è uno svantaggio particolarmente grande nel campo della produzione industriale: se non una catastrofe, c’è una situazione molto difficile nella sfera della produzione reale, soprattutto nell’industria chimica, nell’industria del vetro, nell’industria metallurgica.
Sappiamo che a causa dell’energia relativamente a buon mercato negli Stati Uniti e di alcune decisioni amministrative e finanziarie, molte industrie europee si stanno semplicemente spostando negli Stati Uniti, chiudendo in Europa e trasferendosi negli USA. Questo è noto, questo è ciò a cui accennavo parlando qui da questa tribuna. Cresce anche il gravame sulla popolazione dei Paesi europei, anche questa è una cosa ovvia, si tratta dei dati delle stesse statistiche europee. Il tenore di vita sta diminuendo, nell’ultimo mese è diminuito, secondo me, dell’1,5%.
L’Europa può o non può? Forse. A causa di cosa? A causa del deterioramento, ulteriore deterioramento della loro economia e della vita dei cittadini dei Paesi europei.
Luk’janov: Ma neanche il nostro budget è di gomma. Possiamo farcela, a differenza di loro?
Putin: Finora ce la stiamo facendo e ho motivo di credere che ce la faremo in futuro. Nel terzo trimestre di quest’anno abbiamo avuto un surplus di oltre 660 miliardi di rubli. Questo è il primo punto.
Secondo. Alla fine dell’anno avremo un certo deficit, intorno all’1%. E nei prossimi anni (2024, 2025) prevediamo che il deficit sarà intorno all’1%. Il nostro livello record di disoccupazione – il 3% – si è stabilizzato.
E ciò che è molto importante – questo è un punto chiave, forse ci torneremo ancora, ma penso che questo sia un fenomeno importante e fondamentale nella nostra economia – abbiamo naturalmente avviato una ristrutturazione strutturale dell’economia. Perché ciò che in precedenza ricevevamo dai Paesi europei per le importazioni ora è chiuso per noi e noi, proprio come nel 2014, dopo aver introdotto alcune restrizioni sull’acquisto di beni occidentali, europei, principalmente agricoli, siamo stati costretti a investire denaro nello sviluppo della produzione agricola all’interno del Paese. Sì, l’inflazione è aumentata, ma poi abbiamo fatto in modo che i nostri produttori aumentassero la produzione dei beni di cui avevamo bisogno. E oggi, si sa, siamo completamente autosufficienti in tutti i prodotti agricoli di base, nei generi alimentari di base.
La stessa cosa sta accadendo ora nel campo della produzione reale nell’industria, e la crescita principale proviene dalle industrie manifatturiere. I ricavi derivanti dal petrolio e dal gas sono diminuiti, ma forniscono anche più del 3%, e ricavi non legati al petrolio e al gas, e principalmente nelle industrie di trasformazione, più del 43%, e questo è principalmente l’industria dell’acciaio, dell’ottica e dell’elettronica. Abbiamo molto da fare nel campo della microelettronica. Siamo davvero ancora all’inizio del nostro viaggio, ma sta già crescendo. Tutti insieme danno un vantaggio del 43%.
Abbiamo ricostruito la logistica, l’ingegneria meccanica sta crescendo e così via. Nel complesso, abbiamo una situazione stabile e sostenibile. Abbiamo superato tutti i problemi sorti dopo che ci sono state imposte le sanzioni e abbiamo iniziato la fase successiva di sviluppo, su una nuova base, il che è estremamente importante.
Per noi è molto importante mantenere questa tendenza e non perderla. Abbiamo problemi, inclusa la carenza di manodopera, sì. A questo seguono alcune altre domande. Ma il reddito disponibile reale della nostra popolazione sta crescendo. Mentre in Europa sono diminuiti, nel nostro Paese sono cresciuti di oltre il 12 per cento.
Qui sorgono le nostre domande relative all’inflazione, che qui è cresciuta: ora è del 5,7%, sì, ma la Banca Centrale e il governo stanno adottando misure concertate per neutralizzare queste possibili conseguenze negative.
Luk’janov: Lei ha menzionato la ristrutturazione strutturale in atto.
Alcuni oppositori diranno che questa è la militarizzazione dell’economia. Hanno ragione?
Putin: Guardi, abbiamo aumentato la spesa per la difesa, ma non solo per la difesa, bensì per la difesa e la sicurezza. Sono quasi raddoppiati: prima era intorno al 3%, ora è intorno al 6% – per la difesa e la sicurezza. Ma allo stesso tempo, voglio sottolinearlo, l’ho già detto e sono costretto a ripetere: abbiamo un avanzo di bilancio nel terzo trimestre di oltre 660 miliardi di rubli, e quest’anno ci sarà un deficit, ma solo dell’1%. Si tratta di un bilancio completamente sano e di un’economia sana.
Pertanto, dire che spendiamo troppi soldi in armi e dimentichiamo il petrolio non è vero. Vorrei sottolineare che tutto, cioè tutti i piani di sviluppo precedentemente annunciati, il raggiungimento degli obiettivi strategici e tutti gli obblighi sociali assunti dallo Stato nei confronti della popolazione vengono pienamente attuati.
Luk’janov: Grazie. E’ una buona notizia
Vladimir Vladimirovič, oltre al conflitto in Ucraina, su cui torneremo sicuramente più di una volta, letteralmente gli ultimi giorni e settimane di eventi nel Caucaso meridionale. Il presidente del Consiglio europeo Charles Michel ha dichiarato proprio ieri in un’intervista che la Russia ha tradito il popolo armeno.
Putin: Chi l’ha detto?
Luk’janov: Charles Michel, presidente del Consiglio europeo.
Putin: Sa, la nostra gente dice: la giumenta degli altri può anche muggire, ma la tua è bene che taccia.
Luk’janov: La mucca.
Putin: Mucca, giumenta – non importa, un animale, in breve, una specie di animale.
Questo è tutto? L’ho interrotta, scusi.
Luk’janov: Prego.
Putin: Capisce cosa succedeva e cosa è successo di recente? Dopo i ben noti eventi e il crollo dell’Unione Sovietica, sappiamo che ci fu un conflitto, iniziarono gli scontri etnici tra armeni e azeri, iniziarono nella città di Sumgait, poi si estesero al Karabach. Tutto ciò ha portato al fatto che l’Armenia – non il Karabach, ma l’Armenia – ha portato sotto il suo controllo l’intero Karabach e sette territori adiacenti, sette regioni dell’Azerbajdžan. Questo, secondo me, rappresenta quasi il 20% del territorio della Repubblica dell’Azerbajdžan. E tutto questo andò avanti per molti decenni.
Devo dire che – non rivelerò qui alcun segreto – molte volte negli ultimi 15 anni abbiamo offerto ai nostri amici armeni un compromesso. Quale? Restituire cinque regioni intorno al Karabach all’Azerbajdžan, tenerne due per sé e preservare così la connessione territoriale tra Armenia e Karabach.
Ma i nostri amici del Karabach ci hanno detto più volte: no, questo creerebbe alcune minacce per noi. Noi a nostra volta abbiamo detto: ascolta, l’Azerbajdžan sta crescendo, l’economia si sta sviluppando, è un Paese produttore di petrolio e gas, ci sono già più di 10 milioni di persone, confrontiamo le potenzialità. Sebbene esista tale opportunità, dobbiamo trovare questo compromesso. Da parte nostra, siamo fiduciosi che attueremo le decisioni pertinenti nel quadro del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, garantiremo la sicurezza di questo corridoio Lachin che emerge naturalmente tra Armenia e Karabach e garantiremo la sicurezza degli armeni che vivono in questo territorio.
Ma no, ci hanno detto: no, non possiamo farlo. Cosa farete? – Combatteremo. Ok. Alla fine si è arrivati al punto degli scontri armati nel 2020, e poi ho proposto anche ai nostri amici e colleghi – a proposito, il presidente Aliev probabilmente non si offenderà, ma ad un certo punto è stato raggiunto un accordo secondo cui le truppe azere si fermavano.
Ad essere sincero, pensavo che il problema fosse risolto. Ho chiamato Erevan e all’improvviso ho sentito: no, lasciamo che lascino quella parte insignificante del Karabach dove sono entrate le truppe azere. Questo è tutto. Io dico: ascoltate, cosa avete intenzione di fare? – Ancora la stessa frase: combatteremo. Io dico: ascoltate, tra pochi giorni raggiungeranno le retrovie delle vostre fortificazioni nella zona di Agdam, e tutto sarà finito. Capite? - Sì. - Cosa farete? - Combatteremo. OK. E così è andata a finire.
Alla fine, abbiamo concordato con l’Azerbajdžan che, una volta raggiunta la linea di Šuša e Šuša stessa, le ostilità sarebbero state fermate. Nel novembre 2020 è stata firmata una dichiarazione corrispondente sulla sospensione delle ostilità e sullo spiegamento delle nostre forze di pace. E il punto successivo, molto importante: lo status giuridico delle nostre forze di pace si basava esclusivamente su questa dichiarazione del novembre 2020. Non è mai emerso lo status di peacekeeper. Non dirò perché adesso. L’Azerbajdžan credeva che non ce ne fosse bisogno e firmare senza l’Azerbajdžan era inutile. Pertanto, l’intero status si basava, lo ripeto, esclusivamente sulla dichiarazione di novembre 2020, e i diritti delle forze di pace consistevano in una sola cosa: monitorare il rispetto del cessate il fuoco. Questo è tutto, le nostre forze di pace lì non avevano nessun altro diritto – e non lo hanno. Il solo monitoraggio del cessate il fuoco è tutto. Ma questo stato precario durò per qualche tempo.
Ora lei ha menzionato il presidente del Consiglio europeo, Michel, che rispetto. A Praga nell’autunno del 2022, sotto gli auspici di Michel, poi del presidente della Francia Macron, e Scholz, cancelliere della Germania, i leader di Armenia e Azerbajdžan si sono riuniti e hanno firmato una dichiarazione dalla quale consegue che l’Armenia ha riconosciuto il Karabach come parte della Repubblica dell’Azerbajdžan.
Inoltre, i capi delle delegazioni, i leader dell’Armenia, hanno nominato direttamente il territorio dell’Azerbajdžan in chilometri quadrati, che, ovviamente, include il Karabach, e hanno sottolineato che riconoscono la sovranità dell’Azerbajdžan nel quadro della Repubblica socialista sovietica dell’Azerbajdžan, che una volta faceva parte dell’URSS. E, come sapete, anche il Karabach faceva parte della Repubblica socialista sovietica dell’Azerbajdžan. Cioè, in sostanza, la questione principale, assolutamente fondamentale, ovvero lo status del Karabach, era stata risolta. Quando il Karabach ha dichiarato la sua indipendenza, nessuno ha riconosciuto questa indipendenza, nemmeno l’Armenia, il che, francamente, è strano per me, ma comunque questa è stata la decisione: non hanno riconosciuto l’indipendenza del Karabach. Ma a Praga hanno riconosciuto che il Karabach appartiene all’Azerbajdžan. E poi, all’inizio del 2023, hanno ripetuto la stessa cosa una seconda volta in un incontro simile a Bruxelles.
Sa, inter nos, anche se probabilmente non è più appropriato, ma comunque, se arrivassimo a un accordo… A proposito, nessuno ce ne ha parlato, personalmente l’ho saputo dalla stampa. L’Azerbajdžan ha sempre creduto che il Karabach fosse parte del suo territorio, ma definendo lo status del Karabach come parte dell’Azerbajdžan, l’Armenia ha apportato un cambiamento qualitativo nella sua posizione.
Successivamente, in uno degli incontri, il presidente Aliev è venuto da me e mi ha detto: beh, vedi, tutti hanno riconosciuto che il Karabach è nostro, le vostre forze di pace sono lì sul nostro territorio. Vedete, anche lo status delle nostre forze di pace ha subito immediatamente un cambiamento qualitativo dopo che lo status del Karabach è stato determinato come parte dell’Azerbajdžan. Dice: i vostri militari sono sul nostro territorio e ora concordiamo il loro status su base bilaterale. E il primo ministro Pašinjan ha confermato: sì, ora è necessario negoziare su base bilaterale. Cioè, il Karabach non c’è più. Può dire quello che vuole su questo status, ma la questione chiave era questa: lo status del Karabach. Nei decenni precedenti tutto ruotava attorno a questo: come e quando, chi e dove ne avrebbe determinato lo status. Questo è tutto, l’Armenia lo ha deciso: il Karabach è diventato ufficialmente parte dell’Azerbajdžan. Questa è la posizione del moderno Stato armeno.
Cosa dovremmo fare? Tutto ciò che è accaduto nel recente passato – una settimana, due, tre settimane fa, e il blocco del corridoio Lachin e così via – tutto ciò era inevitabile dopo il riconoscimento della sovranità dell’Azerbajdžan sul Karabach. Era solo questione di tempo: quando e in che modo l’Azerbajdžan avrebbe stabilito l’ordine costituzionale nel quadro della costituzione dello Stato azero. Cosa possiamo dire? In quale altro modo reagire a questo? L’Armenia lo ha riconosciuto, ma cosa dovremmo fare? Dire “no, non lo riconosciamo”? Sarebbe una sciocchezza, no?
Non parlerò ora – perché credo che non sarebbe corretto – delle sfumature delle nostre discussioni, ma ciò che è accaduto negli ultimi giorni o nelle ultime settimane è stata una conseguenza inevitabile di ciò che è stato fatto a Praga e Bruxelles. Pertanto, il signor Michel e i suoi colleghi avrebbero dovuto pensare allora, quando hanno convinto, a quanto pare – non lo so, dovete chiederlo a loro stessi – da qualche parte dietro le quinte, nei corridoi, il Primo Ministro armeno Pašinjan a fare un passo del genere, avrebbero dovuto pensare tutti insieme al destino degli armeni del Karabach, avrebbero dovuto almeno scrivere qualcosa su cosa e come li attende in questa situazione, qualche ordine di integrazione del Karabach nello Stato azero, qualche ordine relativo alla garanzia della sicurezza e del rispetto dei loro diritti. Non c’è niente del genere lì. C’è solo l’affermazione che il Karabach fa parte dell’Azerbajdžan, tutto qui. Quindi cosa dovremmo fare? Se l’Armenia stessa lo ha deciso, noi cosa dovremmo fare?
Cosa abbiamo fatto? Abbiamo utilizzato tutto ciò che avevamo in senso giuridico per fornire una componente umanitaria. Come sapete, la nostra gente è morta lì, proteggendo gli armeni del Karabach, le nostre forze di pace. Abbiamo fornito loro assistenza umanitaria, assistenza medica e assicurato la loro uscita.
Se torniamo ai nostri cosiddetti colleghi europei, almeno ora lasciamo che mandino aiuti umanitari per sostenere quelle persone sfortunate, non posso dire altrimenti, che hanno lasciato i loro luoghi natali del Nagorno-Karabach. Penso che lo faranno. Ma in generale, è necessario, ovviamente, pensare al loro destino a lungo termine.
Luk’janov: La Russia è pronta a sostenere queste persone?
Putin: Ho appena detto che li abbiamo sostenuti.
Luk’janov: Quelli che se ne sono andati.
Putin: La nostra gente è morta lì, proteggendola, coprendola con noi stessi e fornendo sostegno umanitario. Dopotutto, abbiamo le nostre forze di pace lì, al centro: tutti i rifugiati sono venuti lì, sotto la protezione delle nostre forze di pace. Migliaia di persone si sono radunate lì, soprattutto donne e bambini.
E quindi, ovviamente, siamo anche pronti a fornire aiuto, l’Armenia non cessa di essere nostra alleata. E se ci sono problemi umanitari lì, e ci sono, ovviamente ne discuteremo e saremo pronti a fornire sostegno e assistenza a queste persone. Questo è ovvio.
Le ho appena raccontato ora come si sono sviluppati gli eventi, brevemente, ma in generale le ho detto la cosa principale.
Luk’janov: Vladimir Vladimirovič, un’altra sfumatura a questo proposito. Ora la leadership azera sta epurando molto duramente coloro che hanno prestato servizio in Karabach, i leader. E lì ci sono diverse persone, anche persone molto conosciute in Russia, come Ruben Vardanjan, per esempio.
Putin: Per quanto ne so, ha rinunciato alla nostra cittadinanza.
Luk’janov: L’ha rifiutata, ma l’aveva. Possiamo in qualche modo chiedere alla leadership azera di mostrare, non so, misericordia?
Putin: Lo abbiamo sempre fatto e lo stiamo facendo anche adesso. Come sapete, ho parlato al telefono con il presidente Aliev, ma prima abbiamo parlato del fatto che, qualunque cosa accada, e lui mi ha sempre assicurato che, qualunque cosa accada, garantirà sia la sicurezza che i diritti della popolazione armena del Nagorno-Karabach. Ma ora non ci sono più armeni lì, se ne sono andati tutti. Lo sa che se ne sono andati tutti? Semplicemente non ci sono armeni lì - forse un migliaio o un migliaio e mezzo – tutto qui. Questo è tutto, semplicemente non c’è nessuno lì.
Per quanto riguarda gli ex leader, non lo so, non voglio entrare nei dettagli, ma a quanto ho capito, soprattutto non vogliono vederli a Erevan. Ma parto dal fatto che la leadership dell’Azerbajdžan in questo caso, quando tutte le questioni di natura territoriale per l’Azerbajdžan saranno state risolte, procederà comunque da considerazioni di natura umanitaria.
Luk’janov: Grazie.
Colleghi, per favore, se volete fare domande.
Il professor Feng Shaolei è uno dei nostri “veterani”.
Feng: Grazie mille.
Feng Shaolei, Università Normale della Cina Orientale, Shanghai.
Caro signor Presidente, sono molto felice di rivederla!
Si terrà a Pechino la conferenza internazionale di ottobre dedicata al 10° anniversario della Belt and Road Initiative. Allo stesso tempo, l’iniziativa di collegare il partenariato eurasiatico con l’iniziativa Belt and Road, definita da lei e dal presidente Xi Jinping, ha quasi dieci anni.
La mia domanda è la stessa: vista la nuova situazione, quali nuove idee e quali proposte concrete avete già preparato?
Grazie mille.
Putin: Stiamo davvero tornando su questo argomento, e alcuni stanno addirittura cercando di seminare dubbi sul fatto che il nostro progetto di sviluppo eurasiatico – l’Unione economica eurasiatica – e l’iniziativa del presidente Xi Jinping “One Belt, One Road” potrebbero non coincidere come interessi, possono entrare in una sorta di competizione tra loro. Non è così, l’ho già detto tante volte. Al contrario, crediamo che un progetto integri armoniosamente l’altro.
Cosa sta succedendo? E in relazione alla Cina, in relazione alla Russia – ma in relazione alla Russia in misura maggiore oggi, e in relazione alla Cina molto prima che iniziassero gli eventi in Ucraina – alcuni partner, sappiamo chi esattamente, hanno iniziato a imporre vari tipi di sanzioni. Ad un certo punto, tutto ciò si è trasformato in una sorta di guerra commerciale tra Cina e Stati Uniti, sono state introdotte restrizioni, comprese quelle relative alla logistica.
Siamo interessati a stabilire nuove rotte logistiche e anche la Cina è interessata. Il volume del fatturato commerciale è in crescita. Stiamo parlando del corridoio Nord-Sud. La Cina sta costruendo alcune rotte attraverso gli Stati dell’Asia centrale. A noi interessa sostenere questo, stiamo costruendo strade e ferrovie adeguate. Tutto questo è oggetto delle nostre trattative. Questo è, in primo luogo.
In secondo luogo, a tutto ciò si aggiunge quella che viene chiamata la sfera della produzione reale. Forniamo i beni necessari alla Repubblica popolare cinese, la Cina ci fornisce i beni necessari e stiamo costruendo catene logistiche e produttive che sicuramente si adattano agli obiettivi che il presidente Xi Jinping ha fissato per l’economia cinese e ai nostri obiettivi di sviluppo – soprattutto nel mondo moderno – la nostra economia e i partenariati con altri Paesi. Questi sono ovviamente complementari.
Non elencherò ora progetti specifici, ce ne sono abbastanza, anche tra Cina e Russia. Abbiamo costruito il ponte, sa, abbiamo altri piani logistici. Stiamo sviluppando relazioni, come ho già detto, nel campo della produzione reale. Tutto questo insieme sarà oggetto dei nostri contatti bilaterali e dei negoziati nel formato multilaterale. Questo è un lavoro molto grande e molto capiente, ad alta intensità di capitale.
Voglio sottolineare ancora, voglio focalizzare l’attenzione su questo: tutto questo lavoro non è stato in alcun modo e non è mai stato costruito contro nessuno. Ha un inizio creativo e mira esclusivamente a raggiungere un risultato positivo sia per noi – Russia e Cina – che per i nostri partner in tutto il mondo.
Luk’janov: Grazie.
Richard Sakwa.
Sakwa (tradotto): Ha parlato di cambiamenti nella politica internazionale, dell’emergere di Stati sovrani che si proteggono, sono attori autonomi nella politica internazionale. In effetti, questo sta accadendo. Ciò avviene nell’ambito dei BRICS Plus; qualche mese fa si è svolto anche un incontro della OCS (l’Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai).
Così, il mondo sta cambiando, la politica internazionale, gli Stati, gli Stati postcoloniali stanno cambiando. E ora questi Stati hanno chiarito che vogliono partecipare attivamente alla comunità internazionale.
Tuttavia, la politica internazionale si forma nel quadro di un sistema creato nel 1945: l’ONU. Vede qualche contraddizione tra i cambiamenti nella politica internazionale e la paralisi del sistema delle Nazioni Unite e del diritto internazionale? Come può la Russia aiutare a superare questa situazione in modo che le Nazioni Unite possano lavorare meglio? Come si possono risolvere in modo più pacifico le contraddizioni nella politica internazionale, in modo che siano rivolte al futuro?
Putin: Lei ha certamente ragione: ci sono alcune contraddizioni tra il quadro creato dai Paesi vincitori della seconda guerra mondiale nel 1945 e le mutate condizioni del mondo oggi. Il 1945 era una situazione al mondo, oggi è completamente diversa. E, naturalmente, queste norme legali devono cambiare in conformità con il mondo che cambia.
Qui possiamo affrontare la questione in modo diverso; possiamo dire che l’ONU e il diritto internazionale moderno, che è costruito sulla base della Carta delle Nazioni Unite, sono obsoleti e soggetti a demolizione, ed è necessario creare qualcosa di nuovo. Ma qui, ovviamente, c’è il pericolo che elimineremo il sistema esistente di regole internazionali, vale a dire regole reali, diritto internazionale basato sulla Carta delle Nazioni Unite, ma non è stato ancora creato nulla di nuovo – e non lo creeremo, e semplicemente ne deriverà il caos generale. I suoi elementi già “hanno luogo”. Ma se la Carta delle Nazioni Unite viene completamente consegnata alla pattumiera della storia senza sostituirla con nulla, allora il caos è inevitabile e può portare a conseguenze molto gravi.
Pertanto, credo che dobbiamo seguire il percorso dei cambiamenti nel diritto internazionale in conformità con le esigenze odierne e con la situazione in evoluzione nel mondo. In questo senso, ovviamente, il Consiglio di Sicurezza dell’ONU dovrebbe includere Paesi che acquisiscono un peso significativo negli affari internazionali e, semplicemente in virtù del loro potenziale, hanno l’opportunità e l’influenza sulla risoluzione delle principali questioni internazionali.
Di quali Paesi si tratta? L’India: più di un miliardo e mezzo di persone, una crescita economica di oltre il 7%, secondo me, 7,4 o 7,6%. Questo è un gigante globale. Sì, ci sono ancora molte persone che hanno bisogno di aiuto e sostegno. Ciononostante, le esportazioni ad alta tecnologia stanno crescendo a un ritmo gigantesco. Quindi questo è un Paese potente, che sta diventando sempre più potente anno dopo anno sotto la guida del Primo Ministro Modi.
O il Brasile in America Latina: la popolazione è enorme, la crescita dell’influenza è colossale. Sud Africa. Come possiamo ignorare la loro influenza nel mondo? Ciò significa che il loro peso nel prendere decisioni chiave sull’agenda internazionale dovrebbe aumentare.
Ma, naturalmente, ciò deve essere fatto in modo tale da raggiungere il consenso su questi cambiamenti, in modo da non distruggere il regime giuridico internazionale esistente. Si tratta di un processo complesso, ma secondo me bisogna andare in questa direzione, su questa strada.
Luk’janov: Quindi pensa che esista il regime giuridico internazionale esistente? Non è ancora distrutto?
Putin: Sicuramente non è completamente distrutto. Dopotutto, capisce qual è il problema? Ricordiamo i primissimi anni dell’ONU. Come si chiamava allora il nostro ministro degli Esteri sovietico, Gromyko? Lo chiamavano “Mr. No”. Perché? Perché c’erano molte contraddizioni e l’Unione Sovietica molto spesso usava il suo potere di veto. Ma aveva senso e significato, non ha portato a conflitti.
Nella nostra storia recente, abbiamo spesso sentito dai leader occidentali che il sistema delle Nazioni Unite è obsoleto e non soddisfa le esigenze odierne. Soprattutto quando ha iniziato a sentirsi dire? Durante la crisi jugoslava, quando, senza alcuna sanzione da parte del Consiglio di sicurezza dell’ONU, gli Stati Uniti e i loro alleati iniziarono a bombardare Belgrado, senza pietà e senza paura, colpendo anche l’ambasciata della Repubblica popolare cinese a Belgrado.
Dov’è questo diritto internazionale? No, hanno detto, non c’è bisogno del diritto internazionale che esisteva, è superato. Perché? Perché volevano agire senza riguardo a questo diritto internazionale. Quindi, quando la Russia ha iniziato ad intraprendere alcune azioni, si è detto: come può essere? Che brutto! La Russia sta violando il diritto internazionale e la Carta delle Nazioni Unite!
Sfortunatamente, ci sono sempre stati tentativi di adattare questa legge internazionale alle loro esigenze. Va bene o va male? Molto male. Ma almeno esiste qualcosa che sia una linea guida.
La mia unica preoccupazione è che se venisse spazzato nella spazzatura, messo via, non ci sarebbero nemmeno punti di riferimento. Mi sembra che dobbiamo seguire la strada dei cambiamenti graduali e permanenti. Ma questo va fatto, ovviamente. Il mondo è cambiato.
Luk’janov: Grazie.
Sergej Karaganov.
Karaganov: Vladimir Vladimirovič,sono uno dei “veterani” e fondatori del club. Sono prossimo alla felicità nel giorno del suo ventesimo compleanno perché… Gli anziani, in generale, dovrebbero dire che “ai nostri tempi era meglio” – non era meglio con noi, ora è meglio, più divertente, più interessante, più luminoso, più colorato. Quindi grazie anche a lei per la sua partecipazione. La mia domanda è questa…
Putin: Per quanto riguarda il “più divertente”, mi sembra azzardato.
Karaganov: Quando è più interessante, allora è più divertente.
Putin: Per lei è più divertente, ma a dire il vero non è così divertente per me.
Karaganov: Vladimir Vladimirovič, sia fuori dalla Russia che ora al Club Valdai, una semplice questione viene discussa in modo piuttosto aspro. La interpreterò come segue: da me stesso, ovviamente, non da tutti. La nostra dottrina sull’uso delle armi nucleari è obsoleta? Mi sembra che sia certamente antiquato, e sembra anche frivolo, creato in altri tempi e, forse, in un ambiente diverso, e segue anche vecchie teorie. Il contenimento non funziona più. Non è forse giunto il momento di cambiare la dottrina dell’uso delle armi nucleari nella direzione di abbassare la soglia nucleare e di muoverci, ovviamente, con fermezza, ma abbastanza rapidamente lungo la scala dell’escalation della deterrenza, facendo riflettere i nostri partner?
Sono diventati insolenti, dicono direttamente che “dal momento che avete una tale dottrina, non utilizzerete mai armi nucleari” – e noi, quindi, permettiamo loro involontariamente di espandersi e compiere un’aggressione assolutamente mostruosa.
Questa è una domanda, ma al suo interno ce n’è un’altra. Il mondo nei prossimi anni – anche quando vinceremo in un modo o nell’altro in Ucraina o nei dintorni dell’Ucraina – l’Occidente attraverserà ancora tempi molto difficili: sorgeranno nuovi centri, sorgeranno nuove difficoltà. Dopotutto, dobbiamo ripristinare la stessa miccia che ha costituito la deterrenza nucleare e che ha tenuto insieme il mondo per 70 anni. Ora questo Occidente, avendo dimenticato la storia e la paura, sta cercando di eliminare questa miccia. Non dovremmo cambiare la nostra politica in questo settore?
Putin: Conosco la sua posizione, ho letto alcuni documenti, i suoi articoli, gli appunti. E capisco i suoi sentimenti.
Mi permetta di ricordarle che nella dottrina militare russa ci sono due ragioni per il possibile utilizzo di armi nucleari da parte della Russia. Il primo è l’uso contro di noi, cioè il cosiddetto colpo di ritorsione. Ma in pratica, cosa significa questo? I missili lanciati, il nostro sistema di allarme rapido hanno rilevato, registrato, fatto sapere che l’obiettivo è il territorio della Federazione Russa – tutto questo avviene in pochi secondi in modo che tutti capiscano – e già capiscono, conoscendo l’informazione che è in corso un attacco sulla Russia, noi da parte nostra rispondiamo a questa aggressione.
Voglio assicurare a tutti che oggi la risposta è assolutamente inaccettabile per qualsiasi potenziale aggressore, perché dal momento in cui viene rilevato il lancio di un missile, non importa da dove provenga, da qualsiasi parte dell’Oceano Mondiale o da qualsiasi territorio, in risposta al colpo parte una tale quantità, appaiono in aria così tante centinaia – centinaia – di nostri missili che nessun nemico ha alcuna possibilità di sopravvivere, e in più direzioni contemporaneamente.
La seconda ragione per l’uso di queste armi è una minaccia all’esistenza dello Stato russo, se anche le armi convenzionali venissero usate contro la Russia, ma l’esistenza stessa della Russia come Stato fosse minacciata.
Ecco due possibili ragioni per usare le armi che ha menzionato.
Dobbiamo cambiare questa situazione? Per che cosa? Tutto può essere cambiato, semplicemente non ne vedo la necessità. Non esiste una situazione in cui, ad esempio, oggi qualcosa possa minacciare lo Stato russo e l’esistenza dello Stato russo, no. Penso che nessuna persona sana di mente e con una memoria chiara penserebbe di usare armi nucleari contro la Russia.
Tuttavia, il punto di vista di voi esperti, persone patriottiche, siete molto preoccupati per ciò che sta accadendo all’interno del Paese, intorno a noi, preoccupati per ciò che sta accadendo sulla linea di contatto militare in direzione ucraina – capisco tutto, stiamo osservando attentamente e, mi creda, rispettiamo il suo punto di vista, ma non vedo una tale necessità di cambiare il nostro concetto. Il potenziale nemico sa tutto, conosce le nostre capacità.
Un’altra cosa è, ad esempio, che sento già richieste, ad esempio, di iniziare a testare le armi nucleari, di tornare ai test. Ecco cosa direi. Gli Stati Uniti hanno firmato il corrispondente atto internazionale, documento trattato che vieta i test sulle armi nucleari, e la Russia lo ha firmato. La Russia ha firmato e ratificato, mentre gli Stati Uniti hanno firmato ma non ratificato.
Ora abbiamo quasi finito il lavoro sui moderni tipi di armi strategiche di cui ho parlato e che ho annunciato diversi anni fa.
E’ stato effettuato con successo l’ultimo test del Burevestnik, un missile da crociera a raggio globale con un sistema di propulsione nucleare. Abbiamo effettivamente terminato il lavoro sul Sarmat, un razzo super pesante. La questione è che dobbiamo solo completare alcune procedure in modo puramente amministrativo e burocratico, passare alla loro produzione di massa e metterli in servizio di combattimento. Lo faremo presto.
Di norma, gli esperti affermano che si tratta di un’arma nuova ed è necessario assicurarsi che la testata speciale funzioni senza guasti e che sia necessario eseguire dei test. Non sono pronto a dire ora se abbiamo davvero bisogno o meno di condurre test. Ma comportarsi in modo speculare nei rapporti con gli Stati Uniti, lo ripeto ancora una volta, quando gli Stati Uniti hanno firmato ma non ratificato, ma noi abbiamo firmato e ratificato – in linea di principio è possibile comportarsi in modo speculare con gli stessi Stati Uniti. Ma questa è una domanda per i deputati della Duma di Stato. In teoria, questa ratifica potrebbe essere revocata. Se lo facciamo, sarà più che sufficiente.
Luk’janov: Ora in Occidente alcuni stanno già esprimendo apertamente la posizione secondo cui un sostegno così attivo all’Ucraina è dovuto al fatto che la Russia in qualche modo non ha reagito in modo sufficientemente convincente all’escalation da parte loro nell’ultimo anno e mezzo.
Putin: Non lo so, in modo convincente, non convincente. Ma ora, dall’inizio della cosiddetta controffensiva – questi sono gli ultimi dati – solo dal 4 giugno, le unità ucraine hanno già perso oltre 90mila persone – si tratta di perdite sanitarie e irrecuperabili, 557 carri armati, quasi 1900 veicoli blindati di varie classi. Convincente, non convincente?
Abbiamo la nostra comprensione di cosa si muove e come. Capiamo dove e cosa dobbiamo fare, dove e cosa dobbiamo aggiungere. Ci stiamo muovendo con calma verso il raggiungimento dei nostri obiettivi e sono fiducioso che li raggiungeremo: l’attuazione di questi compiti che ci siamo prefissati.
Luk’janov: Grazie.
Radhika Desai.
Desai (come tradotto): Signor Presidente Putin, grazie per un altro discorso, direi, storicamente importante e ponderato. Rimango sempre molto colpito quando la ascolto.
Ho una domanda e una richiesta personale. La domanda riguarda il mio Paese, il Canada. Come sapete, il parlamento canadese si è preso gioco di se stesso applaudendo un veterano nazista ucraino nel parlamento canadese. Più di 440 persone hanno applaudito e nessuno si è posto la domanda: è giusto?
Come sapete, il Primo Ministro Trudeau si è scusato, a quanto pare, già due volte, e il Presidente del Parlamento si è dimesso. E per me questo dimostra davvero la portata dei progressi compiuti dalla posizione occidentale. Sono così concentrati sui loro concetti ignoranti che hanno persino dimenticato quanto ha fatto la Russia per sconfiggere il nazismo.
Non capiscono che se non fosse stato per il contributo della Russia, la Seconda Guerra Mondiale sarebbe finita diversamente: non ci sarebbe stata alcuna vittoria. Hanno dimenticato quanto ha fatto la Russia per la vittoria, 30 milioni di vite sono andate perse: un numero enorme, è difficile persino immaginare questa portata.
Potrebbe commentare questo, cosa ne pensa?
E la mia richiesta personale a lei, riguarda me personalmente. Scusate se pronuncio male qualcosa, ma questo riguarda il mio amico, l’amico di molti di noi qui e mio marito Dimitris Konstantakopoulos. Ed è l’affare Boris Kagarlickij. Come sapete, è stato arrestato ed è preoccupato per le sue condizioni personali.
E ho diversi motivi per cui sto parlando di questo. Nei Paesi occidentali sono state firmate diverse petizioni; ovviamente si parla molto di questo caso, ma noi non firmiamo queste petizioni perché non siamo d’accordo con il loro contenuto, perché sono completamente anti-russe. E abbiamo una lettera per voi, e speriamo che la leggerete, e speriamo che capiate che ci rivolgiamo a voi come amici della Russia.
Naturalmente ci troviamo in una posizione difficile perché non siamo d’accordo con la posizione del nostro amico, ma ricordiamo quanto abbiamo imparato da lui. Ha un’ottima conoscenza della storia russa ed è sempre stato impegnato a favore della Russia. E questo è il nostro appello personale a voi: per favore, occupatevi di questo personalmente. Grazie.
Putin: Sa, ad essere sincero, non so nei dettagli chi sia Kagarlickij – questo è quello che mi dice il mio collega Luk’janov. Certo, prenderò il suo foglio, guarderò e reagirò, glielo prometto, ok?
Per quanto riguarda la sua domanda, Dio lo sa, lei ed io non ci siamo accordati prima sul fatto che questa domanda si ponesse, ma la stavo aspettando, glielo dico onestamente. E inoltre, ha preso informazioni su ciò che è realmente accaduto. Per noi questo non è un evento ordinario.
Permettetemi di ricordarvi che questa divisione, nella quale prestò servizio il nazista ucraino da voi menzionato, fu creata per ordine di Hitler il 28 aprile 1943. Il processo di Norimberga – non noi ieri o nelle condizioni di oggi, ma il Tribunale di Norimberga – ha dichiarato criminale e responsabile del genocidio di ebrei, polacchi e altri civili la divisione SS “Galizia”, in cui prestava servizio questo nazista ucraino. Questa è la decisione del tribunale internazionale di Norimberga.
Permettetemi di ricordarvi che questa decisione è stata presa da pubblici ministeri e giudici indipendenti – in definitiva giudici, ovviamente, sulla base dei dati forniti dai pubblici ministeri di vari Paesi. Questa organizzazione è stata dichiarata criminale.
Permettetemi anche di ricordarvi le parole – ho preso appositamente questo documento con informazioni in modo che fosse specifico ed evidente – ciò che ha detto il presidente del parlamento canadese: “Oggi in questa sala c’è un veterano ucraino-canadese della Seconda Guerra Mondiale, che ha combattuto per l’indipendenza dell’Ucraina contro i russi. Sono orgoglioso di dire che è un eroe dell’Ucraina e un eroe del Canada, e siamo grati per il suo servizio”.
In primo luogo, se il presidente del parlamento canadese afferma che durante la seconda guerra mondiale questo nazista canadese-ucraino o ucraino-canadese ha combattuto contro i russi, non può fare a meno di capire che ha combattuto dalla parte di Hitler, e non dalla sua stessa parte, il Canada, o era un collaboratore fascista – in ogni caso, combatté dalla parte delle truppe naziste. Diciamo che questo non lo sa. Non voglio in alcun modo offendere i sentimenti del popolo canadese. Trattiamo il Canada con rispetto, qualunque cosa accada, soprattutto le persone. Ma se non sa che Hitler e i suoi scagnozzi hanno combattuto contro la Russia durante la guerra, allora è un idiota. Ciò significa che semplicemente non è andato a scuola e non ha conoscenze di base. E se sa che quest’uomo ha combattuto dalla parte di Hitler e lo chiama “l’eroe dell’Ucraina” e “l’eroe del Canada”, allora è un mascalzone. O questo o quello.
Queste sono le persone con cui dobbiamo confrontarci, questi sono i nostri oppositori oggi provenienti da alcuni Paesi occidentali.
Ma cos’altro è importante, secondo me. Il presidente del parlamento canadese dice: ha combattuto con i russi e (c’è un’ulteriore citazione lì nel documento) oggi continua a sostenere le truppe ucraine che combattono contro i russi. Egli, infatti, ha messo sullo stesso piano i collaboratori di Hitler, le truppe delle SS e le odierne unità combattenti ucraine, che combattono, come ha detto, contro la Russia. Ciò non fa che confermare la nostra tesi secondo cui uno dei nostri obiettivi in Ucraina è la denazificazione. Ciò significa che esiste ancora ed è riconosciuta la nazificazione dell’Ucraina. E il nostro obiettivo, credo, è comune: raggiungere la denazificazione.
E infine, ovviamente, sembra assolutamente disgustoso che tutti abbiano applaudito questo nazista, e in particolare il presidente dell’Ucraina, nelle cui vene scorre sangue ebraico, un ebreo di nazionalità, si alza e applaude un nazista – non solo un “seguace” ideologico dei nazisti, ma un uomo che ha distrutto con le proprie mani la popolazione ebraica. La distrusse personalmente, perché i fascisti tedeschi crearono questa divisione delle SS “Galizia” principalmente per sterminare la popolazione civile, e questo è scritto nella decisione del tribunale di Norimberga. Furono accusati del genocidio degli ebrei e dei polacchi: furono uccisi circa 150mila polacchi; ovviamente nessuno considerava affatto i russi zingari, non erano nemmeno considerati persone. In Ucraina furono sterminati 1,5 milioni di ebrei: basti pensare a questa cifra. Non è successo proprio questo? Nessuno lo sa? Sì, lo sapevano tutti, lo sanno tutti. Non c’è stato un Olocausto?
E quando il presidente dell’Ucraina applaude l’uomo che personalmente, con le sue stesse mani, ha sterminato gli ebrei in Ucraina, intende forse dire che l’Olocausto non è avvenuto? Non è disgustoso? Tutti i mezzi sono buoni, purché combattano contro la Russia, queste persone. E tutti i mezzi sono buoni se usati nella lotta contro la Russia. Posso immaginare che ci sia semplicemente un desiderio irresistibile di sconfiggere la Russia sul campo di battaglia, di ottenere la sua sconfitta strategica. Ma è possibile farlo a un prezzo del genere? Penso che questo sia semplicemente estremamente disgustoso. E spero davvero che non solo noi qui, in una cerchia ristretta, al Valdai Club, ne parleremo, ma che, tuttavia, in qualche modo le organizzazioni pubbliche – coloro che non sono indifferenti al futuro dell’umanità, formuleranno comunque la loro posizione su una questione che è chiara, inequivocabile, e che condannino quanto accaduto.
Luk’janov: Grazie.
Ho visto Gabor Stier. Gabor Stier – L’ho visto da qualche parte, ma ora l’ho perso.
Stier: Gabor Stier dall’Ungheria.
Signor Presidente, questa volta non chiederò cosa accadrà a Odessa, anche se in Ungheria molti si chiedono come si chiamerà il Paese a noi vicino.
Putin: Intendeva con Odessa? L’ultima volta ha chiesto proprio questo.
Stier: Sì, l’ultima volta l’ho chiesto, ma ho una domanda diversa.
Putin: Prego, mi perdoni.
Stier: Signor Presidente, sappiamo che lei è interessato alla storia, quindi ora vorrei affrontare la realtà attuale da questo punto di vista. Se parliamo di storia, sappiamo quanto sia stato importante per lo sviluppo della Russia il fatto che Pietro il Grande abbia aperto una “finestra sull’Europa”, sulla parte europea dell’identità russa.
Certo, ora l’Europa è in declino e sta facendo di tutto perché la Russia la disprezzi. Ma io, da europeo, a volte ho seriamente paura di sentire affermazioni secondo cui alcune città europee dovrebbero essere sottoposte al bombardamento atomico.
Cosa significa l’Europa per la Russia oggi? Perché questa domanda non riguarda quali problemi abbiamo. Cosa significa l’Europa per la Russia oggi? La Russia gli volterà completamente le spalle? Non crede che sarebbe un errore murare questa “finestra”?
E visto che parliamo di storia, allora un’altra domanda. I nuovi libri di storia russi hanno suscitato una seria discussione in Ungheria, più precisamente le righe sul 1956, descrivendo ciò che accadde come una sorta di “rivoluzione colorata”. Pensa anche lei che il 1956 non sia stata una vera rivoluzione? Ed è d’accordo con un altro commento controverso contenuto nel libro secondo cui il ritiro delle truppe dall’Europa centrale nel 1990-1991 fu un errore?
Ricordo, so che a Vladivostok ha detto che l’introduzione dei carri armati era un errore, nel 1968 e nel 1956. Ma se questo è stato un errore, allora pensa che anche il ritiro delle truppe sia un errore?
Putin: Pensa che questa sia una domanda? Questo è probabilmente un motivo per scrivere una tesi. Ha detto che non avrebbe menzionato Odessa, anche se l’ha fatto. L’ultima volta mi sono astenuto, ma posso dire che Odessa è, ovviamente, una città russa. Un po’ ebrea, come diciamo adesso. Un po’. Ma non ne parleremo adesso se ha voglia di parlare di un altro argomento.
Innanzitutto una “finestra sull’Europa”. Sa, proprio ora i miei colleghi hanno detto: il mondo sta cambiando, e arrampicarsi continuamente avanti e indietro attraverso la “finestra”, strappandosi i pantaloni non è la cosa migliore. E perché entrare dalla finestra quando ci sono altre porte? Questo è il primo punto.
Secondo. Senza alcun dubbio, il codice di civiltà della Russia, come dell’Europa, si basa sul cristianesimo. E questo, ovviamente, ci unisce. Ma non ci imporremo all’Europa se non lo vuole. Non rifiutiamo, non sbattiamo la porta in faccia. Ha chiesto se siamo o meno dispiaciuti. Perché dovremmo pentirci? Non siamo noi a sbattere la porta alla comunicazione congiunta, è l’Europa che si difende da noi e crea una nuova “cortina di ferro”, non siamo noi, ma gli europei a crearla – a loro discapito e a proprio danno.
L’ho già detto, lo posso ripetere: l’economia, diciamo, degli Stati Uniti sta crescendo del 2,4%, mentre l’economia europea sta entrando in recessione, è già andata. Alcuni personaggi europei, sicuramente non positivi o amichevoli nei confronti del nostro Paese, danno la diagnosi corretta: la prosperità si basava sull’energia a buon mercato proveniente dalla Russia e sullo sviluppo del mercato cinese. La prosperità dell’Europa si basava su questi fattori. Naturalmente, l’alta tecnologia, una classe operaia laboriosa e disciplinata, persone di talento: tutto questo è certamente vero. Ma ci sono fattori fondamentali che l’Europa stessa rifiuta.
Nelle mie osservazioni iniziali ho parlato di sovranità. Capisce cosa sta succedendo, perché la sovranità ha dimensioni multivettoriali. Perché diciamo sempre, e lo dico sempre, che la Russia non può esistere come Stato non sovrano? Semplicemente cesserà di esistere completamente. Perché non si tratta solo di questioni militari e di sicurezza, ma anche di altre componenti.
Cosa è successo all’Europa? Che poi molti leader europei non mi accusino di aver attaccato o diffamato qualcuno in modo rude, molti europei stessi dicono che l’Europa ha perso la sua sovranità. Ad esempio, nella locomotiva economica dell’Europa, la Repubblica Federale, i principali politici hanno ripetutamente sottolineato che dopo il 1945 la Germania non è mai stata uno Stato sovrano nel vero senso della parola.
Cosa comporta tutto ciò nella pratica, anche nella vita economica? Sono stati gli Stati Uniti a provocarla, e penso, senza alcun dubbio, che abbiano provocato la crisi ucraina quando hanno sostenuto il colpo di Stato in Ucraina nel 2014. Non hanno potuto fare a meno di capire che questa è una linea rossa, lo abbiamo detto mille volte. No, andiamo. Ecco la situazione odierna.
E sospetto che non sia una coincidenza. Avevano bisogno di questo conflitto. Risultato: l’Europa, che da tempo aveva perso parte – non completamente, ma una parte significativa - della sua sovranità, è stata costretta a seguire immediatamente il suo sovrano e seguire la sua politica, passando a una politica di sanzioni e restrizioni nei confronti della Russia. E’ stata costretta, rendendosi conto che ciò andava a suo discapito, e ora tutte le risorse energetiche – una parte significativa di queste risorse energetiche - vengono acquistate dagli Stati Uniti al 30% in più.
Hanno introdotto restrizioni sul petrolio russo, ma qual è stato il risultato? Questo non è così ovvio come per il gas, ma il risultato è lo stesso: hanno ridotto il numero dei fornitori, a loro volta hanno cominciato ad acquistare petrolio da un numero ridotto di fornitori a prezzi più alti, e noi vendiamo il nostro petrolio ad altri Paesi con lo sconto.
Capisce cosa è successo? La competitività dell’economia europea è diminuita e la competitività del loro principale concorrente dal punto di vista della componente economica – gli Stati Uniti – è aumentata notevolmente, così come sono aumentati anche altri Paesi, anche in Asia. A seguito della perdita di parte della loro sovranità, sono stati costretti con le proprie mani a prendere decisioni a loro danno.
Perché avremmo bisogno di un partner del genere? Naturalmente non è inutile. Ma vorrei attirare la vostra attenzione sul fatto che stiamo in gran parte abbandonando il mercato europeo in declino e aumentando la nostra presenza nei mercati in crescita in altre regioni del mondo, compresa l’Asia.
Allo stesso tempo, ovviamente, siamo legati all’Europa da numerosi legami secolari nel campo della cultura e dell’istruzione. Ripeto: tutto questo si fonda sulla cultura cristiana. Ma anche qui gli europei non ci rendono molto felici. Stanno distruggendo le loro radici, basate sulla cultura cristiana, le stanno semplicemente strappando senza pietà.
Pertanto non chiuderemo nulla, né finestre né porte, ma non irromperemo in Europa se l’Europa non lo vuole. Se vuole, prego, lavoreremo insieme. Mi sembra che si possa parlare all’infinito, ma secondo me ho notato i punti principali.
Ora parliamo del libro di testo e delle “rivoluzioni colorate” del 1956. Non nascondo che non ho letto il libro di testo in questa parte. E riguardo al ritiro delle truppe. Naturalmente, questi sono anche fatti storici, e poi, nel 1956, molti Paesi occidentali sollevarono i problemi che si stavano verificando, compresi gli errori dell’allora leadership ungherese, e i militanti furono addestrati all’estero e trasferiti in Ungheria. Ma, a mio avviso, è ancora difficile chiamarla nella sua forma pura una sorta di “rivoluzione colorata”, perché dopotutto esisteva una base interna per una seria protesta all’interno del Paese stesso. Questa, secondo me, è una cosa ovvia. E poi non c’è quasi bisogno di trasferire le formulazioni odierne alla metà del secolo scorso.
Per quanto riguarda il ritiro delle truppe, sono profondamente convinto che non abbia senso usare le truppe per sopprimere le tendenze interne di questo o quel Paese, tra le persone, per raggiungere quegli obiettivi che considerano prioritari per se stessi. Questo vale per i Paesi europei, compresi quelli dell’Europa orientale. Non aveva senso mantenere le truppe lì se le popolazioni di questi Paesi non volevano vederle sul loro territorio.
Ma come è successo, in quali condizioni è successo tutto, in che modo – questo, ovviamente, solleva molte domande. Le nostre truppe furono mandate direttamente in campo aperto. Quante persone lo sanno? In campo aperto, con le loro famiglie. Questo va bene? Allo stesso tempo, anche gli obblighi e le conseguenze legali del ritiro di queste truppe non furono formulati né dalla leadership sovietica né da quella russa.
I partner occidentali non hanno assunto alcun obbligo. Almeno fossero tornati alla questione dell’espansione o della mancata espansione della NATO a est. Sì, tutto era stato promesso, i nostri partner americani non lo negano, a voce, e poi ci chiedono: dov’è il pezzo di carta? Niente carta. E allora basta, arrivederci. Lo avevano promesso? Sembrerebbe di sì, ma promettere non costa nulla. Sappiamo che per loro anche un pezzo di carta non vale nulla. Sono pronti a buttare via qualsiasi pezzo di carta. Ma almeno qualcosa verrebbe registrato su carta e si poteva concordare qualcosa durante il ritiro delle truppe.
Coordinare le questioni volte a garantire la sicurezza in Europa, realizzare una sorta di nuovo design in Europa. Dopotutto, lo stesso socialdemocratico tedesco, Egon Bahr, aveva delle proposte, di cui ho già parlato una volta, per creare un nuovo sistema di sicurezza in Europa, che includa la Russia, gli stessi Stati Uniti e lo stesso Canada, ma non la NATO, bensì insieme a tutti gli altri – per l’Europa centrale e orientale. Secondo me questo avrebbe risolto molti dei problemi odierni.
E poi ha detto, da anziano intelligente, ha detto decisamente: altrimenti, vedrete, sarà tutto uguale, solo più vicino alla Russia. Era un politico tedesco, una persona esperta, competente e intelligente. Nessuno lo ha ascoltato: non la leadership sovietica, tanto meno in Occidente e negli Stati Uniti. Ora abbiamo quello che ha detto.
Il ritiro delle truppe: sì, era inutile resistere. Ma le condizioni per il ritiro erano esattamente ciò di cui dovevamo parlare, e ottenere la creazione di una situazione che, forse, non avrebbe portato alle tragedie e alla crisi di oggi.
Ho risposto alla sua domanda? Se ho dimenticato qualcosa, prego.
Luk’janov: Grazie.
Visto che abbiamo iniziato a parlare della Germania, Stefan Huth.
Huth (come tradotto): Mi chiamo Stefan Huth, vengo dalla Germania.
Vorrei parlare di ciò che ha appena menzionato: l’operazione militare speciale in Ucraina. Spesso dicono che questa è un’operazione antifascista, che il popolo ucraino deve essere liberato dai nazisti, che il Paese deve essere liberato e così via.
In questo contesto, non è del tutto chiaro come ciò possa avvenire. Si scopre che manteniamo contatti ad alto livello, tra i parlamenti, e anche i Partiti tedeschi mantengono i contatti.
Abbiamo anche Partiti che sono profondamente razzisti nella loro essenza. Naturalmente non hanno simpatia per il popolo russo e non capiscono affatto che la Russia è un Paese multinazionale, come già menzionato nel suo discorso.
Questo vorrei capire: cosa si aspetta lei, cosa si aspetta il suo Governo dai contatti con i parlamenti di altri Paesi, con altri Partiti, con Partiti che hanno un senso simile, quasi fascista? Capisce che anche l’antifascismo in Europa non sostiene le sue politiche? Il movimento antifascista europeo non sostiene le azioni russe.
Putin: Mi scusi, per favore, vorrei chiederle di essere più specifico: cosa intende quando parla di forze e Partiti fascisti, del loro atteggiamento nei confronti della Russia e così via? Per favore, sia più diretto e specifico, altrimenti parleremo a mezzitoni, e invece sarebbe meglio in modo diretto.
Huth (tradotto): Allora, il capo dell’AfD Tino Chrupalla ha tenuto un incontro ufficiale con il ministro degli Esteri Sergej Lavrov nel 2020. E’ stato un incontro ufficiale. E una parte dell’AfD, infatti, si basa sul movimento fascista, e gli antifascisti in Germania non capiscono bene il significato di tali contatti e non capiscono il significato della politica della Russia nei confronti di tali Partiti.
Putin: Cosa vede e cosa conferma ciò che ha detto, cioè che le loro attività si basano su una sorta di idee nazionalsocialiste fasciste e filo-fasciste? Mi può dire nello specifico di cosa si tratta?
Huth (tradotto): Björn Höcke, ad esempio, è direttamente collegato ai fascisti, partecipa regolarmente alle manifestazioni a Dresda nell’anniversario dei fatti e si schiera insieme ai fascisti. Si tratta di un rappresentante del partito Alternativa per la Germania, direttamente collegato al movimento fascista, e di questo si parla spesso. Non nasconde il fatto che si tratta di un Partito di destra.
Putin: Capisco. Guardi, ha iniziato con l’Ucraina e mi ha chiesto se è giusto che dichiariamo pubblicamente che stiamo lottando per la denazificazione del sistema politico ucraino. Ma ora stavamo proprio discutendo della situazione che si era sviluppata nel parlamento canadese, quando il presidente dell’Ucraina si è alzato e ha applaudito i nazisti che hanno ucciso ebrei, russi e polacchi.
Non è questo un segno che in Ucraina si è sviluppato un sistema che abbiamo il diritto di definire filo-nazista? Il leader dello Stato si alza e applaude un nazista, e non solo un seguace ideologico del nazismo, ma un vero nazista, un ex soldato delle SS. Non è questo un segno della nazificazione dell’Ucraina e non ci dà il diritto di parlare della sua denazificazione?
Potrebbe rispondermi: sì, quello è il capo dello Stato, ma non l’intero Paese. Ed io le direi: ha parlato di quelli che vanno ai comizi insieme ad elementi filofascisti. E’ questo l’intero Partito che viene a queste manifestazioni? Probabilmente no.
Certamente condanniamo tutto ciò che è filofascista, filonazista. Tutto ciò che è privo di questi segni, ma che al contrario è finalizzato a stabilire contatti, è da noi supportato.
Per quanto ne so, uno dei leader di Alternativa per la Germania è stato vittima di un attentato. Giusto ora, in campagna elettorale. Cosa significa questo? Che i rappresentanti di questo Partito usano metodi nazisti o che questi metodi nazisti vengono usati contro di loro? Dopotutto, questa è una domanda che attende il suo scrupoloso ricercatore, anche nella sua persona e in quella del grande pubblico della stessa Repubblica Federale.
Per quanto riguarda le forze antifasciste, noi siamo sempre stati con loro, conosciamo la loro posizione nei confronti della Russia. Siamo loro grati per questa posizione e, ovviamente, la sosteniamo.
Penso che tutto ciò che mira a rilanciare, a mantenere le relazioni tra noi, dovrebbe essere sostenuto, e questa, ovviamente, può essere la luce alla fine del tunnel delle nostre attuali relazioni.
Luk’janov: Grazie.
Aleksej Grivač.
Grivač: Grazie per l’opportunità di porre una domanda, che è anche di natura esplorativa. Stiamo lavorando sugli ultimi sviluppi nel settore del gas.
Poco più di un anno fa, siamo stati tutti testimoni di un incredibile e inedito atto di terrorismo internazionale contro le infrastrutture critiche transfrontaliere europee. Intendo le esplosioni del Nord Stream.
Avete commentato molto questo argomento, inclusa la dimostrativa negligenza degli investigatori e dei politici europei nel valutare questa situazione. Possiamo dire che assistiamo ad una brillante assenza di una chiara reazione – di condanna di questo fatto da parte della leadership, ad esempio del Cancelliere Scholz o del Presidente Macron. Anche se le aziende di questi Paesi, si potrebbe dire, sono state direttamente colpite da queste azioni, poiché erano e sono azionisti, comproprietari di questi beni e co-investitori in questi progetti.
Ma allo stesso tempo, recentemente sono emerse numerose “fughe di notizie” che cercano direttamente o indirettamente di attribuire la colpa: presumibilmente l’indagine giunge alla conclusione che dietro questi atti e azioni ci sono gli ucraini. A questo proposito ho due domande per lei.
Primo: c’è stata qualche reazione da parte di questi signori – personaggi politici, vostri omologhi europei – in alcuni contatti diretti, e non in discorsi ufficiali, cosa che non è avvenuta, a mio avviso, o, come si suol dire, per via diplomatica?
La seconda domanda: quali possono e saranno le conseguenze se la cosiddetta indagine europea, le autorità investigative dei Paesi europei, in un modo o nell’altro attribuissero comunque la colpa di questi eventi e azioni alla parte ucraina?
Putin: La prima cosa su cui vorrei attirare la sua attenzione è che, molto prima di queste esplosioni, il Presidente degli Stati Uniti aveva dichiarato pubblicamente che gli Stati Uniti avrebbero fatto di tutto per garantire che le forniture energetiche russe all’Europa attraverso questi sistemi di gasdotti fossero fermate. Inoltre, ha sorriso in modo significativo e ha detto: ora non dirò come sarà fatto, ma lo faremo. Primo.
Secondo. La distruzione di queste infrastrutture è certamente un atto di terrorismo internazionale.
Terzo. Non ci è consentito partecipare alle indagini, nonostante le nostre proposte e i ripetuti inviti a farlo.
E ancora. Non ci sono i risultati dell’indagine e, a quanto pare, non ce ne saranno.
E infine, rispondendo alla domanda su di chi sia la colpa, bisogna sempre rispondere alla domanda su chi sia interessato a questo. Naturalmente il fornitore americano di risorse energetiche al mercato europeo è interessato. Gli americani lo desideravano da molto tempo e ci sono riusciti, ma per mano di chi non ha più importanza.
C’è un’altra componente in tutto questo problema. Naturalmente, se mai verrà rivelato chi ha fatto questo, dovranno essere ritenuti responsabili. Questo è un atto di terrorismo internazionale. Ma un ramo del Nord Stream 2 rimane intatto, non è danneggiato e può fornire 27,5 miliardi di metri cubi di gas all’Europa. Questa è solo una decisione del governo della Repubblica federale di Germania. Non serve nient’altro. Oggi viene presa la decisione e domani giriamo la valvola e basta: il gas scorre. Ma non lo fanno perché, come diciamo noi, il “comitato regionale di Washington” non lo consente, a scapito dei propri interessi.
Continuiamo a fornire gas all’Europa attraverso il Turkish Stream e, a quanto pare, i gruppi terroristici ucraini mirano a danneggiarlo. Le nostre navi sorvegliano le condutture posate sul fondo del Mar Nero, ma vengono costantemente attaccate con l’aiuto di droni, che vengono preparati, tra l’altro, con la partecipazione diretta di specialisti e consulenti di lingua inglese. Lo sentiamo in onda: dove vengono preparate queste imbarcazioni semisommergibili senza pilota, sentiamo parlare inglese: per noi questo è un fatto ovvio. Chi sia dunque a farlo, tragga lei le sue conclusioni.
Ma le consegne continuano, anche attraverso il territorio dell’Ucraina. Transitiamo attraverso il territorio dell’Ucraina e paghiamo i soldi per questo transito, lo sottolineo. Ne ho già parlato. Sentiamo che siamo aggressori, che siamo fatti male, siamo i cattivi. Ma i soldi, a quanto pare, non puzzano: ricevono soldi per il transito con piacere, li incassano tutti: tutto qui.
Ci comportiamo in modo aperto, trasparente e siamo pronti a collaborare. Se non vogliono, pazienza. Aumenteremo la quantità di gas naturale liquefatto prodotto e venduto. Invieremo ad altri mercati. Costruiremo nuovi sistemi di condutture dove vogliono vedere il nostro prodotto, dove è assolutamente competitivo e aumenta la competitività delle economie di quei Paesi, di cui ho già parlato, dove vanno i nostri prodotti.
Per quanto riguarda le indagini, vedremo. Alla fine la verità è come l’olio, viene sempre a galla.
Luk’janov: Vladimir Vladimirovič, lei stesso ha menzionato la questione del transito attraverso l’Ucraina. Una parte del nostro pubblico è perplessa: perché lo stiamo facendo? Perché paghiamo loro questi soldi in modo che se li “pappino”?
Putin: Paghiamo denaro perché è un Paese di transito, e lo forniamo in transito attraverso l’Ucraina solo perché adempiamo ai nostri obblighi contrattuali nei confronti delle nostre controparti in Europa.
Luk’janov: Ma questo rafforza la capacità di difesa del nostro nemico.
Putin: Ma questo rafforza anche la nostra condizione finanziaria: riceviamo soldi per questo.
Luk’janov: Capisco. Grazie.
Mohammed Ihsan ha alzato la mano da molto tempo.
Ihsan (come tradotto): Grazie.
E’ stato un onore e una grande opportunità per me ascoltare il suo discorso.
Vorrei passare al Medio Oriente, lontano dal tema del sistema internazionale e dell’Ucraina. Vengo dall’Iraq e presto il Primo Ministro iracheno verrà in visita a Mosca. La ringrazio per il fatto che lo riceverà personalmente.
Ora ci sono numerosi problemi associati al nostro Paese. Sia Rosneft che Gazprom lavorano da noi. Hanno investito ingenti somme in Iraq e in Kurdistan in particolare.
Ritiene che ora ci sia l’opportunità di aiutare le parti in conflitto in Kurdistan a raggiungere una soluzione pacifica e a risolvere pacificamente tutti i problemi attualmente esistenti, dal momento che ci sono altri Paesi nella regione che vorrebbero, ad esempio, intensificare il conflitto, vorrebbero gettare benzina sul fuoco?
Adesso vorrei anche dire che ci siamo già avvicinati alla fine del 2023, non pensa che sia giunto il momento di aiutare personalmente tutte le parti in conflitto in Siria, anche dialogando con il governo e con i curdi, e con le forze regionali, e da parte di tutti i Partiti regionali, e porre finalmente fine a questo conflitto?
Migliaia di siriani sono fuggiti dalle loro case. Vengono umiliati e una soluzione pacifica al conflitto non è ancora in vista. Penso che nessuno tranne lei possa farlo adesso. La maggior parte delle parti in conflitto rispetta la Russia, rispetta il presidente Putin e voi avete ottimi rapporti con loro. Penso che sia giunto il momento non solo di intervenire, ma di agire come mediatore tra tutte le parti in Siria.
Grazie mille.
Putin: Ha appena detto che anche le parti in conflitto in alcuni Stati del Medio Oriente, inclusa la Siria, ci rispettano e ci trattano con rispetto. Posso dirle: questo perché noi stessi trattiamo tutti con rispetto.
Per quanto riguarda la Siria, siamo sostenitori del processo di pace, anche sotto l’egida delle Nazioni Unite. Ma non possiamo sostituirci alle parti contraenti. Possiamo solo creare condizioni e, in una certa misura, se ciò è accettabile per tutti, agire come garanti di questi accordi, anche con la partecipazione dei nostri partner diretti in questo processo. Mi riferisco all’Iran e alla Turchia, nel quadro del processo di Astana.
Lo abbiamo fatto, tutto ciò ha avuto conseguenze positive, e ora tutto ciò che è stato ottenuto e, grazie a Dio, molto è stato ottenuto – intendo, prima di tutto, un cessate il fuoco – sono state create le condizioni per il processo di pace. Tutto questo è stato fatto da noi e dai nostri partner con la buona volontà della leadership siriana. Ma, ovviamente, c’è ancora molto da fare.
Mi sembra che le interferenze esterne e i tentativi di creare una sorta di formazioni quasi statali sul territorio della Siria non portino a nulla di buono. Lo spostamento delle tribù arabe che tradizionalmente vivevano in determinati territori per creare queste entità quasi-statali è una storia difficile che può portare a un prolungamento del conflitto.
Ma siamo comunque pronti ad aiutare in ogni modo possibile ad aumentare il livello di fiducia, anche tra le autorità centrali della Siria e i curdi che vivono nell’est del Paese. Questo è un processo complesso. Ecco, sa, cerco di stare molto attento, perché ogni parola conta. Questo è il primo punto.
In secondo luogo, per quanto riguarda l’Iraq. Abbiamo ottimi rapporti con l’Iraq e accogliamo con favore la visita del Primo Ministro iracheno in Russia. Sono infatti molte le questioni di reciproco interesse e, ovviamente, queste riguardano innanzitutto il settore energetico. Ma c’è un’altra questione molto importante nella sfera economica: la logistica. Non entrerò ora nei dettagli, ma sappiamo che esistono diverse opzioni per lo sviluppo delle rotte di trasporto logistico in tutto l’Iraq. In generale ne siamo tutti soddisfatti, dobbiamo solo scegliere i progetti più ottimali. Siamo pronti a prendere parte alla loro attuazione.
Verrà il Primo Ministro e saremo lieti di discutere tutte queste questioni, comprese quelle relative alla sicurezza regionale e alla sicurezza all’interno dello stesso Iraq. Per molti, molti decenni abbiamo mantenuto le relazioni più strette e di fiducia con l’Iraq. Abbiamo molti amici lì e desideriamo e ci battiamo affinché nel Paese si crei una situazione di stabilità e, sulla base di questa stabilità, si sviluppi l’economia e la sfera sociale.
Stiamo aspettando l’arrivo del Primo Ministro. Sono fiducioso che questa visita sarà molto produttiva e tempestiva.
Luk’janov: Grazie.
Taisuke Abiru, prego.
Abiru (come tradotto): Fondazione Sasakawa, Giappone.
L’ultima volta che mi è stata data l’opportunità di porle una domanda è stato nel 2018, cinque anni fa. Ma dopo lo scoppio della guerra in Ucraina, il Giappone ha preso parte alle sanzioni contro la Russia, e la Russia ha annunciato la sospensione dei negoziati per un trattato di pace tra i due Paesi, causando uno stallo nelle relazioni russo-giapponesi. Personalmente non vedo buone prospettive per un miglioramento della situazione nel prossimo futuro.
Tuttavia, Russia e Giappone sono vicini. Credo che sia necessario tenere sempre aperta la finestra del dialogo. In questo senso, credo che sia giunto il momento di riprendere il dialogo tra i nostri Paesi almeno a livello di esperti.
Se il Giappone proponesse un’iniziativa del genere, signor Presidente, la sosterrebbe? Grazie.
Luk’janov: Le “aperture delle finestre” sono popolari oggi, ha notato?
Putin: Sono un falegname di quarta categoria, so costruire finestre, non si preoccupi.
Luk’janov: Le sa ampliare?
Putin: Le amplieremo se necessario. Se conviene ai nostri interessi nazionali, lavoreremo anche su quello.
Per quanto riguarda il Giappone. Lei ha detto di aver posto la domanda nel 2018, ma dopo lo scoppio delle ostilità in Ucraina tutto è cambiato. I combattimenti in Ucraina non sono iniziati dopo il 2018, bensì nel 2014, ma il Giappone ha semplicemente preferito non accorgersene. E la fase più acuta in realtà è iniziata nel 2022, ma i combattimenti veri e propri sono iniziati nel 2014 con bombardamenti attacchi di veicoli blindati sul Donbass: è lì che è iniziato tutto. L’ho detto nelle mie osservazioni iniziali.
Ora riguardo alle nostre relazioni. Non siamo stati noi a introdurre le sanzioni contro il Giappone, non siamo stati noi a chiudere questa “finestra”, in questo caso verso l’Asia. Il Giappone ha fatto tutto da solo. Noi non abbiamo fatto nulla.
Se pensate che sia giunto il momento di avviare un qualche tipo di dialogo e pensate che sia possibile per la parte giapponese prendere qualche tipo di iniziativa, è sempre positivo che ci sia un qualche tipo di dialogo.
Mi ha chiesto se eravamo pronti a rispondere a questa domanda. Siamo pronti se ci sarà un’iniziativa del genere dalla parte che ha chiuso queste “porte” o “finestre”. Se pensa che sia il momento di aprire leggermente questa “finestra”, prego. Non abbiamo mai detto che eravamo contrari. Fatelo.
Luk’janov: Aleksandr Rakovič.
Rakovič (come tradotto): Eccellenza!
Sono uno storico di Belgrado, Serbia. E’ un privilegio per me essere qui, vederla e parlarle. Ho una domanda sulla sua opinione sulle attuali relazioni tra Russia e Serbia e sull’attuale posizione dei serbi nei Balcani. Noi, Serbia e Russia, siamo il bersaglio delle politiche occidentali perché sosteniamo il cristianesimo?
Signor Presidente, ho con me due libri che le ho portato da Belgrado. Per favore li accetti e li metta nella sua libreria. Fornirò questi libri al suo servizio di protocollo dopo la nostra sessione.
Putin: Grazie mille. Prenderò sicuramente i libri. Grazie.
Se la Russia e la Serbia siano un obiettivo per alcuni ambienti occidentali? Sì, è un dato di fatto. Non è necessaria alcuna prova speciale qui, è solo un dato di fatto. Perché la Serbia è un obiettivo del genere? Onestamente non capisco.
Proprio come la Russia all’inizio degli anni ‘90 era pronta a fare qualsiasi cosa per ricostruire dopo il crollo dell’Unione Sovietica, credendo che i tempi fossero cambiati radicalmente, a fare praticamente qualsiasi sacrificio pur di costruire le sue relazioni con i Paesi occidentali. Cosa abbiamo ottenuto? Sostegno al separatismo e al terrorismo nel Caucaso, diretto: politico, informativo, finanziario e persino militare. Sa, a quel tempo all’inizio ero il direttore dell’FSB, ho guardato con sorpresa quello che stava succedendo e ho pensato: “Perché? Dovremmo essere tutti insieme adesso, perché lo stanno facendo? Ma lo hanno fatto senza esitazione. A dire il vero, non c’è risposta nemmeno finora.
Credo che questa sia semplicemente una sorta di mancanza di istruzione o qualcosa del genere, una mancanza di comprensione delle tendenze, una mancanza di comprensione di come funziona il mondo, come funziona la Russia, a cosa può portare. Solo il desiderio di spingere, spingere, spingere – nient’altro che forzare. Dopotutto, anche le sanzioni sono un attacco, solo in una forma diversa. Una totale mancanza di voglia di cercare compromessi. E queste grida di cui ho parlato: “Devi, sei obbligato, ti avvertiamo”, sono anche forza e un tentativo di usare un elemento di forza. E’ la stessa cosa. Questo è ciò di cui si tratta.
E in relazione prima alla Jugoslavia e poi alla Serbia. A che pro? Anche la Serbia sembrava pronta a tutto e voleva mettersi d’accordo su tutto. No, devi esercitare più pressione, più pressione. Sapete, ho sentito molte volte: “Dobbiamo fare pressione su questo, questo è l’anello debole”. Questa è la filosofia. Perché i serbi avevano bisogno di essere schiacciati? Onestamente non lo so.
Inoltre, anche quando ci sono state delle conversazioni franche, quando avevo ancora rapporti normali con alcuni leader, quando mi hanno detto: “Dobbiamo aggiungere pressione”, ho detto: “Perché?” – non c’è stata risposta. E’ proprio così, questa è la filosofia che si è sviluppata, il paradigma, devi decidere in questo modo: aggiungere pressione.
Ma i serbi non sono quel popolo, la storia non è questa, la cultura non è questa. Sa, dirò, forse, una cosa pesante: è possibile distruggere, ma è impossibile schiacciare e soggiogare i serbi. Non capiscono neanche questo.
Ma spero che prima o poi si arrivi a comprendere questa componente nella politica europea, e nella politica globale in generale, e a comprendere che dobbiamo ancora negoziare in modo più costruttivo e non cercare di esercitare pressioni su di loro.
Domanda (come tradotta): Signor Presidente, la ringrazio molto per i suoi interventi, sono molto istruttivi. Vengo da Nuova Delhi. La ringrazio molto per la sua valutazione positiva del ruolo dell’India.
Ho una domanda sul G20. E’ stata elaborata una dichiarazione del G20 e vi siamo molto grati per il vostro lavoro. C’è anche qualche riferimento nel G20: “Un mondo, una famiglia, un futuro”, che è legato all’approccio civilizzatore, credo, di cui parlava. Proprio come la civiltà russa, lei promuove l’approccio della civiltà russa, allo stesso modo in cui l’India descrive se stessa, si definisce uno Stato di civilizzazione, uno Stato-civiltà. Pertanto, è necessario stabilire un dialogo tra le civiltà e non seguire la via dello scontro tra civiltà: questo è ciò che una volta era popolare nel mondo occidentale.
Ora leader come lei e il Primo Ministro Modi stanno portando avanti le loro iniziative. Aiuteranno a creare un dialogo tra le civiltà che può essere positivo e contribuiranno a creare i principi delle relazioni internazionali di cui ha parlato.
La domanda è: cosa ne pensa della Dichiarazione del G20 e qual è la sua visione sul futuro del G20? Grazie.
Putin: Prima di tutto, voglio confermare ciò che ha detto riguardo alla civiltà indiana e a quella russa: questo è esattamente ciò di cui ho parlato nel mio discorso di apertura. L’India, ovviamente, è la civiltà più antica del mondo, potente, enorme e con un enorme potenziale.
Anche la Russia è una civiltà separata. Guardi: in Russia vivono più di 190 popoli, nazionalità ed etnie, più di 270 lingue e dialetti. Naturalmente, non è forse questa una civiltà? E l’India è un Paese multireligioso, multietnico, semplicemente enorme. Tra tutte le civiltà – queste non sono le uniche civiltà del mondo – dobbiamo stabilire un dialogo, un equilibrio di interessi e meccanismi per mantenere questo equilibrio.
Per quanto riguarda il lavoro del G20, si tratta senza dubbio di un successo della leadership indiana e personalmente del Primo Ministro Modi. Si tratta di un successo e la leadership indiana è stata in grado di trovare e raggiungere questo equilibrio anche nella Dichiarazione. Alcune associazioni chiudono, non hanno molte prospettive e gli equilibri cambiano.
Ma quale penso sia il successo del G20 in India? Il fatto è che, dopo tutto, il Primo Ministro è riuscito a depoliticizzare le decisioni prese al G20, e questo è l’unico approccio corretto, perché una volta il G20 è stato creato come piattaforma per discutere di questioni economiche, non politiche. La politicizzazione del G20 è semplicemente un percorso sicuro verso la sua autodistruzione, e la leadership indiana è riuscita a evitarlo, e questo è certamente un successo.
Per quanto riguarda il fatto che alcune associazioni chiuse in se stesse siano difettose, mi sembra che questa tesi sia difficile da confutare, perché l’equilibrio delle forze sta cambiando. Guardi, proprio di recente tutti guardavano con un brivido cosa sarebbe successo a seguito della riunione del G7: le più grandi economie del mondo si stavano riunendo, cosa stavano decidendo ora, quali conseguenze ci sarebbero state per l’economia mondiale.
Anche prima dell’espansione, le economie BRICS rappresentavano oltre il 51% del PIL globale. Di conseguenza, l’economia del G7 era più piccola. E ora, dopo l’ammissione di altri membri da parte dell’organizzazione BRICS, il volume economico dei paesi membri del BRICS è diventato ancora più grande di quello dei membri del G7, quindi il reale equilibrio delle forze e dei potenziali è molto importante.
In questo senso, gli spazi aperti sono sempre migliori, sempre più promettenti, sempre più preziosi, perché creano le condizioni per trovare compromessi e soluzioni reciprocamente accettabili. Ma se parliamo dei risultati del lavoro del G20, vorrei ripeterlo ancora una volta e qui vorrei concludere la risposta alla sua domanda: questo è, ovviamente, il successo del Primo Ministro Modi.
Luk’janov: Vladimir Vladimirovič, non è andato ai BRICS e nemmeno al G20. Non si sente un po’ “privato”, di non avere la possibilità di andare dove vuole?
Putin: I “privati dei diritti civili” erano coloro che nei primi anni del potere sovietico erano stati privati di alcuni benefici sociali. Giusto? Non abbiamo bisogno di assistenza sociale, siamo uno Stato autosufficiente e stiamo seguendo questa strada.
Luk’janov: Alcune persone furono anche private dei loro diritti civili.
Putin: Sì, private. E noi difendiamo i nostri diritti e sono sicuro che li garantiremo. Questo è il primo punto.
Secondo. Perché dovrei creare problemi ai nostri amici durante questi eventi? Io, e lei ed io siamo adulti, lo comprendiamo: fossi andato – ci sarebbero stati attacchi politici, spettacoli politici, tutto questo avrebbe avuto lo scopo di interrompere l’evento. Per che cosa?
In primo luogo, siamo interessati che i BRICS si svolgano normalmente, senza intoppi e con risultati, e che il G20 si svolga al livello richiesto. E’ così che è successo e ne siamo abbastanza contenti.
E infine, terzo. Abbiamo pur sempre abbastanza da fare a casa.
Luk’janov: Quindi non si è offeso col presidente del Sud Africa?
Putin: Ma si figuri, è un nostro amico.
Luk’janov: E lui con lei?
Putin: E per cosa? No, eravamo d’accordo con lui, è venuto in Russia due volte, ci siamo incontrati e abbiamo parlato a lungo. Non ci sono problemi e penso che abbia portato avanti brillantemente i BRICS; a dire il vero non mi aspettavo nemmeno da lui una tale abilità diplomatica. Perché se si guarda come è andata la discussione, non è stato facile risolvere la questione dell’espansione dei BRICS, ma ce l’ha fatta. Con tanta gentilezza e tatto, è tornato ripetutamente sullo stesso argomento, una, due e tre volte – e, alla fine, è stato raggiunto il consenso. Questo risultato è positivo, lo accogliamo con favore.
Luk’janov: L’anno prossimo sarà lei al suo posto. Sa già chi accoglieremo?
Putin: L’anno prossimo presiederemo i BRICS e, naturalmente, cercheremo di raccogliere il testimone dal Sudafrica. Per la prima volta terremo un vertice con la partecipazione di nuovi membri dell’organizzazione. Abbiamo programmato 200 eventi nell’ambito dei BRICS; nel corso di un anno, sono sicuro, si farà molto lavoro positivo per rafforzare l’organizzazione, che sta diventando sempre più autorevole e potente, e questo porterà sicuramente benefici sia ai membri dell’organizzazione che all’intera comunità internazionale.
I BRICS Hanno avuto origine in Russia. Le voglio ricordare com’era. Inizialmente abbiamo proposto di riunirci noi tre: Russia, India e Cina, e abbiamo concordato che ci saremmo incontrati regolarmente. E’ così che è nato il RIC: Russia, India, Cina. Quindi il Brasile ha espresso il desiderio e la disponibilità a partecipare a queste discussioni: così nacquero i BRIC. E poi Sud Africa, e divenne BRICS.
Ora siamo arrivati all’espansione e abbiamo ampliato il numero dei membri dell’organizzazione. Questo secondo me è molto importante, testimonia la crescita dell’autorità e, soprattutto, la volontà di aderire a un formato che non obbliga nessuno a nulla, non impone nulla a nessuno, ma crea semplicemente le condizioni per trovare compromessi e risolvere quei problemi alla cui soluzione sono interessati tutti i Paesi partecipanti. Ne siamo felici e crediamo che si tratti di un processo positivo.
Luk’janov: Prendiamo l’Algeria?
Putin: L’Algeria è ovviamente nostra amica, un’amica tradizionale nel mondo arabo, nell’Africa settentrionale. Crediamo che ciò andrebbe a vantaggio dell’organizzazione, ma noi, ovviamente, dobbiamo lavorare su questi problemi con tutti i nostri amici nell’ambito dei BRICS, in contatto con la stessa leadership algerina, farlo con calma, senza creare problemi all’organizzazione, ma solo creando ulteriori modi per lo sviluppo generale.
Luk’janov: Grazie.
Dayan Jayatilleka.
Jayatilleka (come tradotto): Grazie, signor Presidente.
Rappresento lo Sri Lanka. Ero ambasciatore nella Federazione Russa.
Il blocco occidentale ha deciso di dotare l’Ucraina di missili a lungo raggio, munizioni a grappolo che potrebbero raggiungere il territorio della Federazione Russa, e ha voluto fornire anche gli F-16.
E’ ovvio che ora ci troviamo di fronte alla guerra, all’imperialismo, a una guerra per procura e, come lei ha già detto, qui ci sono elementi nazisti.
Da un punto di vista storico, signor Presidente, l’imperialismo si è combattuto sul campo di battaglia. Questi includono i comunisti cinesi, i comunisti in Corea del Nord e in Vietnam. Hanno sconfitto gli Stati Uniti. Quanto all’imperialismo, soprattutto lo criticò Lenin.
La domanda è: di fronte a questa sfida, a questa minaccia da parte di queste forze, forse è tempo di rivalutare il 1917, perché i cinesi, i vietnamiti, i nordcoreani erano i figli di quell’anno. Non crede che sia giunto il momento di riconsiderare gli eventi di quegli anni, così come il rapporto degli Stati Uniti con i suoi alleati, sia con la Francia che con la Cina durante la Rivoluzione cinese? Ecco la mia domanda.
Putin: chiedo scusa, per favore chiarisca, rivedere cosa? E chi ha bisogno di rivedere cosa – la sua è una domanda difficile – a partire dal 1917?
Luk’janov: Se ho capito bene, il collega chiede: non è ora di riconsiderare il nostro atteggiamento nei confronti della rivoluzione, dei comunisti e di quel periodo della nostra storia in una direzione più positiva?
Putin: Riconsiderare il nostro atteggiamento nei confronti del periodo della nostra storia del 1917?
Luk’janov: dal 1917 in poi. Scusi la mia interpretazione, ma l’ho capita così, sì.
Putin: Perché interpretare quando c’è l’autore di questa domanda?
Jayatilleka (come tradotto): Lasciatemi spiegare brevemente di cosa sto parlando.
Poiché siamo soggetti agli attacchi dell’imperialismo e degli elementi del fascismo, e poiché nella storia ci sono già stati casi di vittoria riuscita sull’imperialismo in Cina, Corea, Vietnam e Lenin ha scritto testi sull’imperialismo, forse è giunto il momento di criticare un po’ meno gli eventi del 1917 e ripristinare lo status storico di quegli eventi – come le rivoluzioni francese, americana e cinese.
Putin: Meno critiche agli eventi di quegli anni, anche nella stessa Russia, a quanto ho capito?
Sì, ha ragione. Ha ragione nel senso che dobbiamo impegnarci meno nella critica, e più in un’analisi approfondita, in questo caso anche scientifica, delle realtà che accaddero allora e che stanno accadendo ora. Sì, ha ragione.
L’unica cosa è che bisogna dare valutazioni approfondite, comprese valutazioni relative all’ideologizzazione. Ora dirò la mia opinione, ognuno dei presenti qui può discuterne. E’ inoltre necessario dare valutazioni corrette sull’ideologizzazione delle relazioni interstatali e degli interessi geopolitici. A parte i rapporti tra le classi, i rapporti nel quadro della cosiddetta lotta di classe... Non attribuivamo importanza – e anche dopo gli eventi del 1991, dopo il crollo dell’Unione Sovietica, eravamo ancora nel paradigma delle relazioni di classe e ideologiche e non ci accorgevamo che c’erano interessi puramente geopolitici.
Questa è la relazione dell’Occidente con la Repubblica popolare cinese. C’è stato un tempo in cui hanno cercato – e non senza successo – di contrapporre la Cina all’Unione Sovietica e alla Russia. Perché la Cina era la più debole – non era faceva spavento, non allora. Ora che la Cina ha cominciato a crescere, sotto la guida dello stesso Partito Comunista e oggi del presidente Xi Jinping, il suo potere aumenta quasi ogni giorno – tutto qui, ora si torna daccapo… E poi, quando hanno provato a usare la Cina, allora si erano dimenticati di tutte le differenze ideologiche, ma ora vengono rianimate di nuovo. Ma, in sostanza, la politica statunitense nei confronti della Cina si basa su timori geopolitici. Ciò che spaventa è la potenza, la crescente potenza della Cina, e non il fatto che lì vengano violati alcuni diritti umani o i diritti delle minoranze nazionali.
Questo dà davvero fastidio a qualcuno? No, è solo uno strumento per combattere la Cina, tutto qui. Lo stesso vale per la Russia.
Ma in generale, a livello globale, sì, bisogna dare valutazioni generali, più approfondite. In ogni caso, sono d’accordo con lei nel non gettare indiscriminatamente tutto nella “pattumiera della storia”, tutto ciò che è accaduto sotto la guida dei Partiti comunisti di quel tempo, che lei ha menzionato. Ovviamente, imbrattare tutto indiscriminatamente con la stessa vernice è inappropriato e persino dannoso. In questo senso sono d’accordo con lei.
Luk’janov: Ma visto che abbiamo iniziato a parlare della Cina, Liu Gang.
Liu Gang (tradotto): Signor Presidente, rappresento l’Istituto Xinhua dalla Cina.
Negli ultimi incontri del Club Valdai abbiamo parlato dei BRICS, e questo è molto importante. Abbiamo anche visto che dopo che gli Stati Uniti e alcuni Paesi occidentali hanno intensificato le sanzioni contro la Russia, il Sud del mondo non ha seguito l’esempio e ha mostrato un’indipendenza strategica. Al vertice BRICS dell’agosto di quest’anno, sei Paesi sono diventati nuovi membri BRICS e il Sud del mondo ha raggiunto un nuovo livello nella sua storia di cooperazione.
Cina e Russia sono importanti economie emergenti. Cosa possono fare i nostri Paesi per espandere la cooperazione nel Sud del mondo? Quali sono i principali ambiti da rafforzare? E cosa bisogna fare di fronte alle nuove sanzioni da parte degli Stati Uniti e di alcuni Paesi occidentali? Cos’altro può fare la Russia per affrontare questa sfida?
Grazie.
Putin: Già oggi la cooperazione tra Russia e Repubblica popolare cinese è, ovviamente, un fattore molto importante per la stabilizzazione della vita internazionale. Primo.
Secondo. Affinché questa influenza cresca, dobbiamo prima prestare attenzione a mantenere il ritmo della nostra crescita economica. Crescita economica in Russia quest’anno – non ricordo se l’ho detto o no, ma ho parlato di alcuni aspetti, se lo avessi già detto lo ripeterò – la crescita economica quest’anno sarà intorno a 2,8, e forse tre per cento, lo dico con molta attenzione, ma più vicino al tre per cento. Per la nostra economia, per la struttura economica della Russia, questo è un buon risultato. Abbiamo completamente superato il calo dello scorso anno e stiamo accelerando il ritmo.
In Cina la crescita, per quanto ne so, sarà già del 6,4%: un dato molto buono. Qualunque cosa si dica sul rallentamento del tasso di crescita dell’economia cinese, sono solo chiacchiere e fandonie, perché la Cina garantisce questi tassi elevati ed è di fatto uno dei principali motori dell’economia mondiale. La stessa cosa sta accadendo in India: la crescita è ancora più elevata, secondo me pari al 7,6%. Pertanto, i Paesi del Sud del mondo stanno guadagnando slancio e il nostro compito è garantire questa leadership. Primo.
Il secondo punto riguarda il campo della sicurezza. Vediamo cosa sta succedendo in Europa. Vediamo che uno dei modi per provocare e creare una crisi in Ucraina è stato il desiderio irrefrenabile dei Paesi occidentali, e in particolare degli Stati Uniti, di espandere la NATO fino ai confini della Federazione Russa. Fanno lo stesso in Oriente, creando vari gruppi militari chiusi. Là stanno dando sui piedi la stessa zappa che hanno usato in Europa. Pertanto è importante per noi rispondere tempestivamente a questa situazione.
Amplieremo la nostra cooperazione nella sfera della sicurezza. Allo stesso tempo, non creiamo blocchi contro nessuno, ma siamo costretti a reagire a ciò che sta accadendo nei nostri Stati.
Naturalmente attueremo i piani di sviluppo delle infrastrutture legati alla costruzione della grande Eurasia, dell’Unione economica eurasiatica e ai piani dei nostri amici cinesi per sviluppare l’idea del presidente Xi Jinping “One Belt, One Road”. Ne ho già parlato: penso che sia molto promettente.
Infine, abbiamo in programma molta cooperazione in ambito umanitario: nel campo della cultura, degli scambi studenteschi, dello sport. Ciò è estremamente importante per gli Stati vicini.
Stiamo già realizzando progetti infrastrutturali piuttosto grandi su base bilaterale e continueremo a farlo. Spero che discuteremo di tutto questo nel prossimo futuro durante il nostro incontro con il presidente Xi Jinping nell’ambito del forum che il presidente terrà a Pechino nell’ottobre di quest’anno.
Luk’janov: Michail Rostovskij.
Rostovskij: Vladimir Vladimirovič, l’adesione dell’Ucraina alla NATO è categoricamente inaccettabile per la Russia. Ma per quanto ricordo il suo ultimo discorso sull’adesione dell’Ucraina all’Unione europea, è stato molto meno negativo.
Il suo punto di vista è cambiato nell’ultimo anno? La Russia si opporrà all’ingresso dell’Ucraina nell’Unione Europea? E pensa che un simile ingresso sia possibile in linea di principio?
Putin: Non abbiamo mai contestato né espresso alcuna posizione negativa riguardo ai piani per l’adesione dell’Ucraina alla Comunità economica europea – mai.
Per quanto riguarda la NATO: sì, siamo sempre stati contrari, e questa posizione ha alcuni motivi seri, poiché l’espansione della NATO direttamente ai nostri confini minaccia la nostra sicurezza: questa è una seria sfida alla sicurezza della Federazione Russa. Questo non è solo un blocco politico: è un blocco politico-militare e l’approccio infrastrutturale rappresenta per noi una seria minaccia.
Per quanto riguarda l’interazione economica di qualsiasi Paese, le unioni economiche, non vediamo alcuna minaccia militare per noi stessi, quindi non ci consideriamo nemmeno autorizzati a discutere di questo argomento. Questa è una questione che riguarda la stessa Ucraina e gli Stati europei.
Un tempo, il presidente Janukovič, tra l’altro, senza rinunciare all’associazione con l’Unione europea, ha affermato che queste questioni devono semplicemente essere ulteriormente risolte, perché ritiene che i termini dell’accordo sulla creazione di questa associazione con l’Unione europea rappresentano alcune gravi minacce per l’economia ucraina. E in effetti, se leggete cosa c’era scritto, aveva assolutamente ragione.
C’è l’apertura delle frontiere, la creazione di condizioni assolutamente inaccettabili per il funzionamento dell’economia ucraina, del settore reale dell’economia ucraina. I prodotti europei sono più competitivi. L’apertura del mercato ucraino a questi beni è stata estremamente distruttiva per il settore reale dell’economia dell’Ucraina stessa. L’inserimento nelle strutture energetiche dell’Unione europea ha privato l’Ucraina anche di alcuni vantaggi, quindi, se analizziamo solo – analizziamo obiettivamente – Janukovič aveva ragione. E lo hanno usato come pretesto per un colpo di Stato. Sono solo sciocchezze, non lo so, solo una scusa. Il crimine è reale.
Ma oggi questo non è più rilevante, perché in generale l’economia ucraina non può esistere senza il sostegno esterno; oggi tutto è diverso. Oggi, guardi, lì tutto è in equilibrio nel suo insieme: esternamente, e in Ucraina il bilancio è in pareggio, gli indicatori macroeconomici sono più o meno allineati. Ma a quale costo? A causa di iniezioni mensili multimiliardarie.
Ogni mese arrivano in Ucraina dai quattro ai cinque miliardi attraverso vari canali: prestiti, sovvenzioni di ogni tipo e così via. Una volta che si fermasse tutto questo, tutto sarà finito in una settimana. Tutto. Lo stesso vale per il sistema di difesa: immagini che le forniture si fermino domani: avrebbero solo una settimana di vita quando le munizioni finiranno.
Sì, stanno finendo anche in Occidente. Ho già detto che gli Stati Uniti producono 14mila proiettili calibro 155 e le truppe ucraine ne spendono fino a cinquemila al giorno e gli USA ne producono 14 al mese, capisce di cosa stiamo parlando? Sì, stanno cercando di aumentare la produzione – fino a 75 entro la fine del prossimo anno, ma per questo bisognerà aspettare fino alla fine del prossimo anno.
E in Europa la situazione è più o meno la stessa, lo dicono loro stessi. Dissero di aver fornito tutto: tutti i mezzi blindati, le munizioni. Hanno fatto di tutto per l’Ucraina. Loro stessi hanno detto che non sono stato io a inventare questo, hanno dichiarato pubblicamente: “Abbiamo fatto di tutto per questo, ora tocca all’Ucraina: lascia che contrattacchino”. E poi a margine aggiungono: “Ad ogni costo”. Credetemi, so di cosa sto parlando. Quindi lo fanno, provano a farlo ad ogni costo.
Questa è la questione della smilitarizzazione dell’Ucraina. Ora sta cercando di produrre qualcos’altro, ma funziona poco. Anche questi veicoli senza pilota – sia aerei che quelli che si muovono attraverso il mare – tutto avviene con l’aiuto di consulenti e intermediari occidentali.
L’Unione Europea è pronta ad accettare un’economia di questo tipo tra i suoi membri? Fate vobis. Ma per mantenere la vitalità della popolazione, che già dall’inizio dell’era post-sovietica è diminuita da 41 milioni a 19 e mezzo, e forse nemmeno quella. Ma ancora 19 milioni devono essere nutriti e questo non è un compito facile. I Paesi europei sono pronti ad affrontare una simile economia? Lasciamogliela prendere. Non siamo mai stati contrari – prima dell’aggravarsi della crisi, e non siamo contrari adesso.
Ma ho già detto cosa sta accadendo all’interno della stessa economia europea. Sarebbe molto nobile da parte loro considerare anche l’economia ucraina nella sua forma attuale. Esistono anche alcuni fondi e alcune procedure per pareggiare il livello di sviluppo economico. Un collega ungherese ha appena parlato, non so quanto l’Ungheria riceve ora da questi fondi? Naturalmente non otterrà nulla, perché tutto andrà all’Ucraina e nulla gli basterà. Nessuno riceverà niente, nessuno.
Se il livello di benessere è diminuito dell’1,5% negli ultimi due anni, non solo scenderà a zero, ma entrerà in territorio negativo. Tuttavia non voglio essere ironico, non voglio forzare nulla, questa è semplicemente la realtà, se ciò accade, non ci riteniamo autorizzati a contrastarlo in qualche modo e nemmeno a parlarne negativamente.
Luk’janov: Vladimir Vladimirovič, esiste davvero ancora un confine tra la NATO e l’UE? In fondo, sono gli stessi Paesi.
Putin: Credo che l’UE non sia un blocco militare. E perché dovrebbero trasferire tutto questo sulla piattaforma dell’UE se esiste la NATO: come ha detto, sono gli stessi Paesi. Prendono decisioni conseguenti all’interno di questa organizzazione.
La NATO, infatti, è principalmente uno strumento della politica estera statunitense. Così hanno provocato il conflitto in Ucraina in una fase acuta, hanno unito i loro alleati e satelliti attorno a sé, infatti, hanno chiesto che prendessero misure nella lotta contro la Russia. Hanno preso queste misure e gli Stati Uniti hanno subito approfittato di questa situazione nella sfera economica, hanno imposto le loro costose risorse energetiche e hanno preso decisioni relative all’aumento dell’attrattiva della loro economia e dei loro mercati. E? E’ un dato di fatto: molte imprese industriali in Europa e in Germania decidono di trasferirsi negli USA. Ecco il risultato finale di tutta questa catena.
Lo so e ne sono sicuro: a molte persone in Europa questo non piace. Eppure tutti lo vedono e lo capiscono, ma non possono farci nulla. E le élite europee di oggi, a quanto pare, non sono pronte a lottare per i propri interessi, semplicemente non possono, non sono pronte: la dipendenza è molto grande nella sfera economica. In parte possono anche essere compresi.
Sono sicuro che gradualmente tutto si stabilizzerà. Quegli stessi Stati, a mio avviso, stanno commettendo un errore strategico colossale, semplicemente colossale. L’ho detto in diverse manifestazioni pubbliche: fanno pressione sui loro alleati, e poi sorgono domande come da un collega tedesco: il Partito AfD, “Alternativa per la Germania”, alza la testa. Quindi, ovviamente, solleveranno la questione, perché nessuno della classe dirigente si batte per gli interessi della Germania, ecco perché sta accadendo. Non capisce? E’ una cosa ovvia.
Vediamo come si sviluppa questa situazione. Gli ucraini vogliono entrare nell’UE – lasciateli aderire; gli europei sono pronti ad accettarli – lasciateli accettare.
Luk’janov: L’altro ieri era il Giorno dell’Unità tedesca e ho letto su qualche giornale che c’era un grosso problema: Gerhard Schröder era presente all’evento e tutti gli attuali politici avevano come unico problema il come non finire vicini a lui, perché è suo amico. A proposito, ha ancora amici in Germania?
Putin: Sa, il punto non è se ho ancora amici in Germania, anche se ho amici lì, e il loro numero sta crescendo, per quanto strano possa sembrare.
Luk’janov: A scapito di quelli di cui parla Stefan, no?
Putin: Non importa. Innanzitutto a scapito di chi persegue gli interessi del proprio popolo e non vuole servire gli interessi degli altri.
Per quanto riguarda Schröder, la Germania dovrebbe essere orgogliosa di persone come lui. E’ un vero figlio del suo popolo: pensa prima di tutto agli interessi del popolo tedesco. Ve lo assicuro: in ogni decisione ha sempre messo al primo posto gli interessi dell’economia tedesca e dello Stato tedesco, quando si discuteva di qualsiasi questione che abbiamo dibattuto con lui.
Cosa succede oggi? Dopotutto, io e lui abbiamo costruito il Nord Stream 1 e abbiamo effettivamente avviato il Nord Stream 2. Hanno iniziato a fargli questo. Questi sistemi infrastrutturali sono stati fatti saltare in aria, e dov’è adesso l’economia tedesca? Dov’è? Quindi coloro che stanno cercando di stargli lontano dovrebbero pensare a cosa egli abbia fatto per gli interessi del suo popolo e cosa stanno facendo loro oggi, e quale sarà il risultato.
Luk’janov: Rachim Ošakbaev.
Putin: Mi dispiace. Cosa mi sorprende? Le dirò onestamente, sono sorpreso che queste persone e questi politici, come Gerhard Schröder, esistano ancora in Europa, che siano sopravvissuti. Questo è sorprendente, glielo dico sinceramente, perché la generazione di persone in grado di difendere gli interessi nazionali, secondo me, si è semplicemente autodistrutta, è scomparsa.
Ošakbaev: Buonasera!
Qui, al Valdai Club, si sono svolte molte discussioni che hanno affermato l’imperfezione e l’ingiustizia della struttura del sistema economico monetario mondiale: la finanza mondiale, l’economia mondiale. Molti esperti riponevano grandi speranze nei BRICS Plus.
Potrebbe condividere la sua visione della struttura desiderata e, soprattutto, possibile del sistema economico monetario globale? E quali discussioni avete all’interno dei BRICS? E sulla moneta unica.
Grazie.
Putin: Per quanto riguarda il sistema finanziario globale, ovviamente non è ideale, equilibrato o che soddisfi gli interessi della stragrande maggioranza dei partecipanti alla comunicazione internazionale.
Guardi, ne ho già parlato, lo ripeterò ancora, al vertice Russia-Africa, i colleghi, i nostri amici africani, hanno detto e menzionato che il peso del credito degli Stati africani – più di un trilione di dollari – è tale che sarebbe impossibile ripagare questi debiti nemmeno come ipotesi, semplicemente non sarà mai fatto.
Che tipo di sistema di relazioni finanziarie internazionali è questo che ha dato origine a un simile stato? Questa è una sorta di indennità. Non si tratta di prestiti, questo va oltre i normali rapporti finanziari ed economici. E il moderno sistema finanziario ha creato un tale stato e lo ha portato a questo stato. Quindi io scherzosamente – scherzosamente! – ho detto che solo i codardi pagano i debiti e ho avvertito che si trattava di uno scherzo.
Ma non è normale che si crei una situazione del genere e, ovviamente, qualcosa va cambiato. Il sistema di Bretton Woods, una volta creato sulla base del dollaro, sta gradualmente crollando. Dopotutto, una valuta è un derivato del potere dell’economia del Paese che la emette.
La quota dell’economia americana nel PIL mondiale sta diminuendo: anche questa è una cosa ovvia, si tratta di dati statistici. La quota dei Paesi BRICS, di cui ho anche parlato, in termini di parità di potere d’acquisto rispetto alla quota dei Paesi del G7, è in aumento, soprattutto dopo l’ammissione di nuovi membri all’organizzazione. Questo è già un valore serio, la differenza è piuttosto seria.
Sì, l’economia degli Stati Uniti e dell’Eurozona si basa su tecnologie moderne, i redditi pro capite sono molto più alti rispetto alle economie in via di sviluppo. Ma qual è la tendenza? Lì tutto va in recessione e in negativo, ma nei paesi BRICS c’è una tale crescita, anche dopo i colpi all’economia russa. E, a quanto pare, sono stati calcolati sul fatto che il Paese sarebbe semplicemente andato in pezzi, l’economia sarebbe andata in pezzi e il Paese Russia sarebbe andato in pezzi.
Non solo abbiamo superato tutte le difficoltà dello scorso anno, ma abbiamo anche ottenuto un risultato positivo: crescita economica al 3%, disoccupazione al 3%, riduzione dei debiti. Abbiamo ridotto significativamente il debito estero. Tutte le nostre Società onorano tutti i loro obblighi di debito. Sì, abbiamo problemi, li vediamo: mancata restituzione delle entrate, indebolimento della valuta nazionale. Lo vediamo e sia la Banca Centrale che il Governo stanno reagendo. Sono fiducioso che i passaggi siano corretti e che i risultati saranno buoni.
Ma per quanto riguarda i BRICS, ora non abbiamo bisogno di creare una moneta unica, ma dobbiamo istituire un sistema di regolamento, creare una logistica finanziaria per garantire gli accordi tra i nostri Stati, passare agli accordi nelle valute nazionali, comprendendo allo stesso tempo cosa sta succedendo con le nostre valute nazionali, vanno tenuti presenti gli indicatori macroeconomici delle nostre economie, le differenze dei tassi di cambio, i processi inflazionistici. E’ una situazione difficile, ma risolvibile: bisogna lavorarci sopra.
Ieri abbiamo discusso di questo tema con i nostri esperti, compresa la possibilità di creare una moneta unica BRICS. In teoria sì, probabilmente è possibile, ma per poterci avvicinare dobbiamo raggiungere una certa parità nello sviluppo delle economie dei nostri Paesi, ma questa è una prospettiva a lunghissimo termine.
Un tempo, come mi hanno detto i miei colleghi, l’eurozona è passata all’euro, a una moneta unica, senza pensare a come avrebbe funzionato in relazione a Paesi con diversi livelli di sviluppo economico, e sono sorti problemi. Perché dovremmo darci la stessa zappa sui piedi? Questa questione non è nemmeno all’ordine del giorno. Ma noi, ovviamente, dobbiamo e lavoreremo per migliorare l’intero sistema finanziario – sia la finanza globale che le relazioni finanziarie nel quadro dei BRICS.
Luk’janov: Vladimir Vladimirovič, stiamo lavorando da tre ore. Non si è stancato di noi?
Putin: Come potrei dire una cosa del genere?
Luk’janov: Capisco. Risposta corretta.
Putin: Però è ora di concludere, poco alla volta.
Luk’janov: Ok, finiremo presto.
Signor de Gaulle.
De Gaulle (tradotto): Signor Presidente, sono Pierre de Gaulle, presidente dell’associazione MIR Francia e Francofonia. Sono un vero amico del suo Paese. Proprio come la mia famiglia, sostengo l’amicizia tra Russia e Francia. Sempre più persone in Francia e in Europa condividono gli stessi punti di vista.
L’amicizia e il partenariato tra Russia e Francia erano uno dei pilastri della politica di mio nonno Charles de Gaulle, voglio ricordarlo. La Francia è fondata su valori fondamentali come la famiglia, il patriottismo e la responsabilità spirituale: sono cose che stanno scomparendo nel mondo occidentale. Mi sembra che questi valori fondamentali siano molto importanti per creare la pace e per la comprensione reciproca tra i popoli.
Pertanto, mi sembra che il conflitto in Ucraina sia un conflitto ideologico, è addirittura un conflitto di civiltà. Perché da un lato c’è il mondo occidentale, che ha perso la sua anima, che ha barattato tutto con l’ego, con il piacere momentaneo. La storia ci ha mostrato che la civiltà non può vivere in questo modo. D’altra parte, esiste un mondo multipolare sotto l’egida di Russia, Cina, India, Paesi africani, Paesi arabi. Queste persone, queste nazioni sono pronte a lottare per i loro valori tradizionali, valori fondamentali. Per me, signor presidente, questo è un conflitto ideologico. Ecco perché credo che continuerà e si espanderà.
Lei cosa ne pensa?
Putin: Prima di tutto, voglio dire che è un grande onore per noi dare il benvenuto in Russia al nipote del generale de Gaulle.
In qualche modo io e l’attuale presidente abbiamo toccato brevemente alcune questioni e ho detto – posso ripeterlo qui, non c’è nessun segreto: non voglio dare valutazioni storiche, tutto è stato molto difficile, ma per noi, in Russia, nonostante la differenza di grado militare, un eroe non è il maresciallo Pétain, ma il generale de Gaulle, perché personificava la Francia e il suo desiderio di libertà, indipendenza, dignità, e gli eroi piloti dello squadrone Normandie-Niemen.
Sì, oggi la situazione è diversa, oggi alla guida della Francia ci sono persone completamente diverse – e non è una questione di età, ma di opinioni sul ruolo, sul significato della Francia, anche, forse, sulla sua storia, sul suo futuro. Non darò alcuna valutazione: non sono affari nostri, sono affari dei francesi. Ma so che ci sono molte persone con le idee che lei rappresenta, veri amici della Russia in Francia, e il loro numero è in crescita.
Questa situazione peggiorerà ulteriormente dal punto di vista dell’evoluzione della situazione nel mondo, tenendo conto del fatto che, come lei ha detto, questo confronto ideologico continuerà? Non finirà mai, è ovvio. Queste diverse correnti, qualunque sia la forma che assumono, ovviamente combatteranno sempre tra loro, questo è ovvio. Ma, a mio avviso, la consapevolezza dell’importanza, del significato duraturo dei valori e delle tradizioni nazionali acquisirà gradualmente slancio sia nei Paesi europei che negli stessi Stati Uniti.
E in questo senso, penso che sì, il confronto ideologico continuerà, ma il futuro appartiene ancora alle forze orientate a livello nazionale nel mondo. E l’equilibrio tra loro sulla scena mondiale deve essere raggiunto, come ho detto nel mio intervento, cercando compromessi tra le civiltà.
Luk’janov: Cari colleghi, il tempo è davvero agli sgoccioli, facciamo un question time. Per favore, per favore, domande molto brevi.
Putin: Per favore, provate a fare domande brevi.
Staryš: Ci proverò. Grazie.
Konstantin Staryš, Repubblica Moldava, opposizione parlamentare.
La mia domanda è questa. Prima o poi, questo conflitto finirà comunque e, voglio crederci, inizierà una sorta di ricomposizione delle relazioni tra Russia e Occidente. Lo dico molto egoisticamente, perché quando si verifica questo tipo di confronto, Paesi come la Moldavia sono in grande febbricitazione, sia economicamente che politicamente.
Mi piacerebbe quindi credere che un simile processo di riconfigurazione delle relazioni, che determinerà il destino della grande Europa per i decenni a venire, avrà comunque inizio.
Secondo lei, Vladimir Vladimirovič, che ruolo possono svolgere Paesi come la Moldavia in questo processo? E quale posto potranno occupare nella struttura futura che emergerà come risultato di questo processo?
Grazie.
Putin: Dipende dal popolo della Moldavia. Adesso le spiego.
Se il popolo della Moldavia vota per coloro che vogliono cedere una parte significativa della propria sovranità ad altri Paesi e segue questi interessi, allora avrà un certo ruolo in conformità con questo: non sarà né vista né ascoltata.
E se seguiranno la strada della preservazione della sovranità, della dignità nazionale, della preservazione delle loro tradizioni nazionali, allora, come ho detto nel mio discorso, ci impegneremo per garantire che tutti i Paesi, indipendentemente dalle loro dimensioni e status economico, abbiano pari voce, quindi che tutti si trattino da pari a pari. Non so come andrà a finire tutto questo, ma questa è la nostra posizione ed è ciò per cui ci batteremo.
Prego.
Rachimov: Kubat Rachimov, Repubblica della Kirghizia. Domanda veloce.
Vediamo un caso di successo di creazione di un’unione del gas tra Russia, Uzbekistan e Kazachstan. Quest’anno, già in ottobre, l’Uzbekistan riceverà il gas russo. Ma in Asia centrale abbiamo altri due problemi: l’acqua e l’energia.
Come valuta lei, Vladimir Vladimirovič, le prospettive per la creazione di un’unione dell’acqua e dell’energia in cui la Russia possa agire come attore attivo e moderatore dei processi al fine di evitare l’instabilità sociale e persino i conflitti armati?
Grazie.
Putin: Per quanto riguarda l’energia e le forniture energetiche, non abbiamo mai fornito gas dalla Russia all’Asia centrale. Lì, in epoca sovietica, tutto era diverso: dall’Asia centrale veniva fornito attraverso due sistemi di condutture.
Ma ora, tenendo conto dei crescenti bisogni, della crescita dell’economia dei nostri amici in Asia centrale e del cambiamento climatico, quest’anno in Kazachstan, per non parlare di Taškent, dove erano generalmente meno 21, meno 24 gradi, secondo me, nessuno se lo ricorda mai, è semplicemente incredibile, ma è successo, il che significa che potrebbe succedere di nuovo: ci hanno posto una domanda, ci hanno chiesto di pensare ad avviare la fornitura di gas russo a questi Paesi. Senza queste forniture è difficile, lo capiamo.
Ci abbiamo lavorato insieme. I nostri amici kazachi hanno intrapreso e attuato un piano per ripristinare la loro parte del sistema di condutture, lo stesso è stato fatto sul territorio dell’Uzbekistan. E Gazprom ha dovuto farlo sul territorio della Federazione Russa, inclusa la riconfigurazione di alcune delle nostre capacità tecniche. Perché, lo ripeto ancora una volta, in epoca sovietica il gas veniva fornito in una direzione, ma ora deve essere fornito nell’altra.
Lo attueremo; tecnicamente è già stato fatto. Nell’ottobre di quest’anno inizieranno le consegne a pieno titolo, ancora in piccoli volumi, ma questo è di fondamentale importanza sia per l’economia del Kazachstan che per quella dell’Uzbekistan. Forniremo tre miliardi di metri cubi all’anno e poi potremo aumentarli.
Sì, ci sono altri problemi: energia nel senso ampio del termine, energia idroelettrica, acqua: sono tutte questioni che possono essere risolte. Sono difficili dal punto di vista economico e finanziario, ma possono essere risolti. Ma, risolvendo tutti questi problemi, ovviamente, non dovremmo dimenticare l’ambiente. Tutto questo rientra nel nostro campo visivo, anche con i nostri amici kirghizi. Lo sappiamo, ci stiamo lavorando. E ne discutiamo costantemente con l’attuale Primo Ministro. Spero che lo vedremo al vertice della CSI nel prossimo futuro e ne parleremo anche. Quindi tutto è all’ordine del giorno, comprendiamo che questo è importante per i nostri Paesi.
A proposito, per quanto riguarda la fornitura del nostro gas alla Moldavia. Una volta ho notato che uno dei funzionari moldavi ha affermato che la Moldavia non acquista più gas russo. A dire il vero, sono rimasto un po’ sorpreso, perché le condizioni alle quali forniamo gas alla Moldavia sono condizioni moldave: sono stati i Moldavi a chiederci una tale formula di fornitura e di prezzo, questa era proprio la proposta della Moldavia. E ci siamo incontrati a metà strada, nonostante tutte le contraddizioni in ambito politico. Abbiamo scelto la proposta della parte moldava. Ma, ovviamente, le questioni relative agli obblighi di debito devono essere risolte; questa è una cosa ovvia in questo caso.
Nonostante la dichiarazione dei funzionari moldavi secondo cui la Moldavia ha smesso di ricevere il nostro gas, ieri ho chiesto ad Aleksej Miller cosa stanno facendo, cosa combinano: non hanno bisogno del gas? Dice: no, consegniamo tutto come sempre, non è cambiato assolutamente nulla. Che tipo di persone sono queste? Aprono bocca per darle fiato, non è chiaro il motivo per cui lo fanno e, secondo me, stanno solo causando danni all’economia della Moldavia.
Sì, prego.
Aleksandr Prochanov: Vladimir Vladimirovič, Pëtr Stolypin, rivolgendosi ai piantagrane, pronunciò la sua famosa frase: “Noi abbiamo bisogno di una grande Russia, voi avete bisogno di grandi sconvolgimenti”. Allora i grandi sconvolgimenti non sfuggirono alla Russia. L’ultima volta che questi shock si sono verificati è stato nel 1991. Oggi la Russia sta passando dal grande tumulto alla grandezza.
Qual è per lei la grandezza della Russia?
Grazie.
Putin: La conosciamo tutti come scrittore, patriota della Russia e fondamentalista, direi, dello Stato russo.
Per quanto riguarda la grandezza della Russia, sa, la grandezza della Russia oggi sta nel rafforzamento della sua sovranità, e la sovranità si basa sull’autosufficienza nella tecnologia, nella finanza, nell’economia nel suo insieme, nel campo della difesa e della sicurezza.
E questo vorrei dire a questo proposito. Quelle persone che per un qualche motivo hanno iniziato a combattere con la Russia odierna dopo il 1991, l’ho in parte detto nel mio discorso... Non capisco affatto perché lo abbiano fatto – solo per fiducia in se stessi o per stupidità, non posso dirlo in alcun altro modo. Continuo a pormi la domanda: perché? Del resto, abbiamo detto: siamo qui, disponibili. No, hanno iniziato a cercare di finirci. A che pro? Tuttavia, hanno iniziato a farlo. Ciò ci ha portato all’unica scelta: rafforzare la nostra sovranità nei campi dell’economia, della finanza, della tecnologia e della sicurezza.
Quindi quelle persone che hanno iniziato a farlo e hanno portato questo confronto già acceso alla fase attuale, hanno iniziato a imporci sanzioni, hanno ottenuto il risultato opposto rispetto a quello previsto. Stiamo vivendo un cambiamento del tutto evidente nella struttura dell’economia russa. L’ho già detto: nella struttura del PIL abbiamo aggiunto un 3% proveniente dal petrolio e dal gas, e dalle industrie di trasformazione, compresa, ovviamente, l’industria della difesa, ma non solo, ho già detto, elettronica, ottica, ingegneria meccanica – 43 per cento. Hanno lasciato il nostro mercato, apparentemente pensando che tutto sarebbe crollato, ma no: tutto si sta solo rafforzando.
Sì, l’inflazione è leggermente aumentata. Sì, il rublo oscilla. Vediamo questi problemi. Ma la struttura dell’economia sta cambiando: sta diventando sempre più high-tech e dobbiamo mantenere questa tendenza. E lo faremo sicuramente, e sulla base di ciò continueremo a rafforzare le nostre capacità di difesa. Vediamo anche i problemi che sorgono, scusatemi, lo dico senza mezzi termini, sul campo di battaglia. Vediamo cosa ci manca ancora, ma stiamo aumentando questa produzione, e in alcune aree di più volte, non solo di una certa percentuale, ma di più volte.
Se manterremo tutte queste tendenze, e lo faremo sicuramente, faremo affidamento sul sostegno e sulla fiducia del nostro personale, che si esprime anche nel fatto che abbiamo un ampio flusso di volontari che si uniscono alle Forze Armate. Oggi abbiamo già 335mila persone che sono venute volontariamente e hanno stipulato contratti con il Ministero della Difesa, e circa altri cinquemila, poco più, dei cosiddetti volontari. Sebbene siano tutti volontari – vengono volontariamente, ma questa è semplicemente una categoria diversa – i contratti vengono firmati per un periodo più breve. In generale, si tratta già di circa 350mila. E questa è una manifestazione della fiducia delle persone nelle politiche dello Stato russo.
Perché tutti vedono che non abbiamo a che fare con problemi dell’immediato. Forse non facciamo tutto come vorremmo, ma la stragrande maggioranza dei cittadini vede che tutto mira a rafforzare lo Stato russo, la statualità russa. E’ multicomponente, ma la tendenza è ovviamente molto positiva e corretta. Il nostro compito è mantenere queste tendenze e lo faremo.
Grazie.
Luk’janov: Vladimir Vladimirovič, posso intromettermi su una cosa, visto che ha menzionato i volontari? E’ solo che recentemente, durante l’anno trascorso, tra le altre cose, si è verificato un evento molto drammatico: un tentativo di ammutinamento militare. Ha incontrato di recente un rappresentante…
Putin: Volevo concludere con una nota positiva, ma non me lo permette.
Luk’janov: E questo è positivo. Volevo solo chiedere: sappiamo ora come comportarci con le compagnie militari private?
Putin: Sa, avevamo un nome giornalistico: “compagnia militare privata”. In Russia non esistono compagnie militari private perché non esiste una legge sulle compagnie militari private. Nel nostro Paese non esistono e non sono mai esistite.
L’esperienza esistente era così goffa perché non era basata sulla legge. Sì, è stato causato dalla necessità della situazione attuale, francamente, sul campo di battaglia. E quando il Ministero della Difesa ha invitato parte di questa compagnia a venire e partecipare alle ostilità, non ho obiettato, perché le persone hanno agito volontariamente e abbiamo visto che hanno combattuto eroicamente. Ma gli interessi anche dei soci ordinari di questa Società e quelli della direzione di questa Società non sempre coincidono. Non tutti hanno ricevuto un reddito, a mio avviso, 840 miliardi di rubli, dalle forniture alimentari alle Forze Armate. C’erano altri problemi legati alla componente puramente economica, ma non voglio entrare in questo argomento adesso.
In Russia non abbiamo ancora un consenso sulla necessità o meno di tali formazioni, ma oggi posso dire con certezza che diverse migliaia di combattenti di questa compagnia hanno già firmato contratti con le forze armate. Vogliono e, se lo desiderano, prenderanno parte alle ostilità. Questo è un primo momento.
Secondo. Lo fanno sulla base di contratti individuali firmati, cosa che prima non avveniva. E questo era stato un grosso errore, perché non ha garantito la protezione sociale alle persone: se non c’è il contratto, significa che non ci sono obblighi sociali da parte dello Stato. Inutile nasconderlo, lo sanno già tutti: i soldi sono stati pagati in contanti. Cosa intendo per contanti? Onestamente è anche colpa mia, non riesco a immaginare come possa essere? E se è in contanti, significa a chi è stato dato e a chi no: chi determina chi merita cosa? Questa è la domanda. Pertanto, se lo si fa, deve essere fatto sulla base della legge. Questo è un processo difficile e complesso. Ne stiamo discutendo e riflettendo.
In molti Paesi tali Società esistono e operano attivamente, e soprattutto operano all’estero, questo lo sappiamo bene, ovviamente. Se ne avremo bisogno o meno, ci penseremo. Ma ora vediamo cosa sta succedendo sulla linea di contatto. Le truppe russe si sentono fiduciose e si muovono in molte direzioni.
Ieri, lungo l’intera linea di contatto in 12 sezioni – semplicemente non prestiamo molta attenzione a questo, ma è importante – siamo avanzati in 12 direzioni: circa 300, 400, 500 metri, in due sezioni – 1500, 1600 metri di profondità. Questo si chiama semplicemente migliorare la tua posizione sul campo di battaglia, queste sono cose tattiche, ma contano comunque. Quindi abbiamo bisogno di compagnie militari private qui? Abbiamo bisogno di quelle persone che vogliono combattere e difendere gli interessi della Patria, che lottano per la Patria: ci sono persone del genere, anche della compagnia che ha menzionato.
Beh, già che ci siamo… Lo so, probabilmente la domanda è nell’aria: cosa è successo al management di quell’azienda? Sappiamo dell’incidente aereo, mi ha riferito proprio l’altro giorno il capo della commissione investigativa Aleksandr Bastrykin: nei corpi delle persone uccise nell’incidente aereo sono stati trovati frammenti di bombe a mano. Non c’è stato alcun impatto esterno sull’aereo: questo è un fatto già accertato, risultato dell’esame effettuato dal comitato investigativo della Federazione Russa. Ma l’indagine non è conclusa. Sì, purtroppo non è stato effettuato alcun esame per accertare la presenza di alcol o droghe nel sangue delle vittime, anche se sappiamo che dopo i noti avvenimenti avvenuti nell’ufficio della Wagner a San Pietroburgo, l’FSB ha scoperto non solo 10 miliardi in contanti, ma anche cinque chilogrammi di cocaina. Ma, ripeto ancora una volta, a mio avviso un simile esame avrebbe dovuto essere effettuato, ma non è stato effettuato. Le ho detto di cosa si tratta.
Voglio dire subito che ho chiesto al presidente del comitato investigativo se questo potesse essere detto pubblicamente. Dice: sì, è possibile, questo è un fatto accertato. Quindi ve lo dico.
Facciamo ancora una domanda.
Luk’janov: Sì, giusto per non concludere con questa ultima.
Margarita Simonjan, forse?
Putin: Sì, Margarita, prego. Sebbene lei possa farlo quando vuole, sarebbe meglio dare la parola ai nostri ospiti stranieri.
Luk’janov: Decida lei.
Simonjan: Sarò veloce, Vladimir Vladimirovič.
Putin: Bene.
Simonjan: Ha menzionato il Karabach. Essendo di etnia armena, non posso fare a meno di reagire e mi lasci assicurarvi che tutti gli armeni normali capiscono tutto perfettamente – e capiscono perfettamente che Pašinjan un tempo fu portato al potere proprio per mollare il Karabach e per provocare queste domande come hanno citato i nostri principali politici europei. Gli armeni normali capiscono che se non fosse stato per la Russia, il popolo armeno non esisterebbe – sia all’inizio del XIX secolo, quando Griboedov li salvò, sia all’inizio del XXI secolo, quando le forze di pace in Karabach li hanno salvati. Questa è un’osservazione.
La domanda è breve. Il nostro ospite dall’Ungheria non vuole chiedere della nostra Odessa, ma io sì, perché Odessa è una città russa, una città bellissima. E ci sembra che le città russe dovrebbero vivere in Russia. Quindi la domanda è: dove vorrebbe che ci fermassimo?
Grazie.
Putin: Per la prima parte del suo discorso. Non posso essere d’accordo con lei sul fatto che il primo ministro Pašinjan sia stato portato al potere da qualcuno esterno allo scopo di svendere il Karabach. Dopotutto, è stata una scelta del popolo armeno. Sì, si possono avere atteggiamenti diversi nei confronti dei processi elettorali, ma questo è un dato di fatto. Pertanto, non sono d’accordo con lei su questo. Questo è il primo punto.
La seconda cosa, che abbia cercato di mollare il Karabach: anche qui non sono d’accordo. Ho comunicato con lui, comunicato da vicino: sia durante il conflitto del 2020 che prima, ovviamente. Dopotutto, ricordiamolo: quando salì al potere, disse che il Karabach fa parte dell’Armenia. Nessuno lo aveva mai detto prima. E’ vero, poi la sua posizione è cambiata radicalmente. Perché, questo non va chiesto a me. E poi durante il conflitto del 2020, gli ho parlato e, secondo me, ha cercato sinceramente di mantenere la situazione e preservarla.
Non lo dico adesso: le decisioni sono state giuste o sbagliate, non spetta a me giudicarlo. Ma ritengo ingiusto affermare che abbia volontariamente ceduto il Karabach.
Ora riguardo a dove dovremmo fermarci. Sapete, non si tratta di territori, si tratta di garantire la sicurezza dei popoli della Russia e dello Stato russo, e questa è una questione più complessa di alcuni territori, riguarda la sicurezza delle persone che considerano la Russia la loro Patria, e noi le consideriamo la nostra gente. Questa è una questione complessa che richiede una conversazione. Ho paura di parlare con suo marito: se non è proprio un estremista, è comunque una persona con convinzioni estreme. Ma ne discuteremo con lei più tardi.
Simonjan: Grazie.
Javed (come tradotto): Signor Presidente!
Il mio nome è Muhammad Athar Javed. Lavoro a Islamabad e vorrei tornare al suo discorso.
Abbiamo sollevato questioni molto importanti, parliamo delle posizioni dell’Occidente e della necessità di dialogo, di interazione costruttiva tra le civiltà. Lei continua a dire: chi sono loro per farci domande o dettarci le risposte? E comprendiamo che le alleanze militari hanno davvero cambiato l’intero equilibrio di potere in Medio Oriente attaccando vari Paesi, tra cui Afghanistan, Iraq e così via.
Ma c’è una questione seria. Se davvero costruiamo un mondo multipolare, esso deve basarsi sugli aspetti economici. Ha parlato di energia. Guardi la concorrenza nei mercati e veda che per la popolazione, ad esempio, è impossibile offrire un prezzo più basso, e quindi questo è un crimine contro i propri consumatori.
E questa è la mia domanda. E’ possibile durante le crisi vedere un’opportunità per la Russia di creare un nuovo ordine economico mondiale? Sono uno scienziato politico e mi sembra che sia tutta una questione di ordine economico. Colui che controlla le risorse naturali, colui che controlla tutte le nostre vie di trasporto, ha tutte le leve del controllo. E c’è qualche nuovo progetto su come possiamo resistere alle sanzioni?
Le sanzioni stanno davvero strangolando non solo la Russia, ma anche molti altri Paesi. La Russia sopravvive perché ha molte risorse. Ma ci sono altri Paesi, ad esempio in Africa e in Asia, dove dobbiamo affrontare sfide serie.
Potrebbe formulare la sua opinione su come valuterebbe se in futuro fosse possibile formare un nuovo ordine economico mondiale guidato dalla Russia?
Putin: Sono pienamente d’accordo con quello che ha appena detto. E’ proprio così: il futuro ordine mondiale si baserà sicuramente sul futuro sistema economico, monetario e finanziario. E dovrebbe essere più equilibrato, dovrebbe soddisfare gli interessi della stragrande maggioranza dei partecipanti alla comunicazione internazionale – è proprio così.
Ci sono prospettive che ciò accada prima o poi? Questo è un processo molto difficile. A giudicare dal comportamento dei nostri avversari – chiamiamoli così, visto che parliamo di economia, non useremo altri termini – essi si aggrappano a tutti i costi ai loro privilegi.
Ho già detto, e molti lo pensano, che il sistema di Bretton Woods è obsoleto. Dopotutto, non sono io a dirlo, lo dicono gli esperti occidentali. Ha bisogno di essere cambiato. Naturalmente, ciò porta a fenomeni terribili come, ad esempio, gli obblighi di debito delle economie in via di sviluppo; ovviamente, è il dominio incondizionato e completo del dollaro nel sistema mondiale. Questo sta già accadendo, è solo questione di tempo.
Ma con le loro azioni, per usare un eufemismo, poco professionali, la loro testardaggine e il loro disprezzo per tutti gli altri partecipanti alla comunicazione economica internazionale, diciamo, le autorità politiche e finanziarie, le autorità economiche degli Stati Uniti si stanno dando la zappa sui piedi. Dopotutto, quando limitano i pagamenti in dollari, cosa dovremmo fare? Siamo quindi costretti, semplicemente obbligati, a pagare nelle valute nazionali. Siamo costretti a discutere le questioni di cui ho già parlato rispondendo alle domande di uno dei miei colleghi e a creare una nuova logistica per questi pagamenti in valuta.
Quindi, la portata del dollaro è naturalmente ridotta, ma è anche ridotta perché gli Stati Uniti sono un’economia enorme, e il Paese è enorme e grande, senza alcun dubbio, non ci possono essere dubbi qui, non stiamo minimizzando nulla qui e non esageriamo nulla, ma esso stesso sta riducendo la sua sfera di influenza nell’economia mondiale. Cioè, ciò sta già accadendo per ragioni oggettive: la crescita dei mercati emergenti, le economie in via di sviluppo, il ritmo con cui si sta sviluppando l’Asia. Questo è ciò che succede. E gli USA, in base alla situazione politica odierna, stanno accelerando questi processi. Ma, scusatemi, questo è, per usare un eufemismo… Sapete, c’è un’espressione così comune: questo è peggio di un crimine, è un errore. Questo è vero, in questo caso è vero.
Ci sono progetti? Sì, e creeranno una nuova base economica e logistica. Certo che ci sono. Il presidente Xi Jinping propone uno di questi progetti: “One Belt, One Road”. Questo è lo slogan unificante: “One Belt, One Road”, tutti insieme. E stiamo facendo lo stesso durante la costruzione della Comunità Economica Eurasiatica: insieme pensiamo a come unirci. E se anche i Paesi BRICS e i Paesi OCS vengono coinvolti in ciò – ascolti, un lavoro comune è proprio questo – anche il Pakistan vi partecipa – per trovare una soluzione. Naturalmente, questo è un compito difficile e richiederà tempo. Ma la consapevolezza che ciò avvantaggia tutti farà avanzare questo processo.
E chiudo da dove ho iniziato: in questo senso il rafforzamento di un mondo multipolare è inevitabile.
Grazie per la vostra attenzione.
Luk’janov: Grazie mille, Vladimir Vladimirovič. La aspettiamo tra un anno, al XXI Valdai.
Putin: Non vedo l’ora di vedervi tutti a eventi di questo tipo e vorrei ringraziarvi per la vostra partecipazione.
Molte grazie.
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