Discorso del Ministro degli Affari Esteri della Russia Sergej Lavrov durante il dibattito aperto del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite sul tema “Multilateralismo efficace attraverso la protezione dei principi della Carta delle Nazioni Unite”, New York, 24 aprile 2023
E’ simbolico che stiamo tenendo il nostro incontro nella Giornata internazionale del multilateralismo e della diplomazia per la pace, che è stata inclusa nel calendario delle date significative dalla risoluzione dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite il 12 dicembre 2018.
Tra due settimane celebreremo il 78° anniversario della vittoria nella seconda guerra mondiale. La sconfitta della Germania nazista, alla quale il mio Paese ha dato un contributo decisivo con l’appoggio degli alleati, ha gettato le basi dell’ordine internazionale del dopoguerra. La sua base giuridica era la Carta delle Nazioni Unite e la nostra stessa organizzazione, incarnando il vero multilateralismo, ha acquisito un ruolo centrale e di coordinamento nella politica mondiale.
Per quasi 80 anni della sua esistenza, l’ONU ha svolto la missione più importante che le è stata affidata dai padri fondatori. Per diversi decenni, la comprensione di base dei cinque membri permanenti del Consiglio di sicurezza sulla supremazia degli scopi e dei principi della Carta ha garantito la sicurezza globale. E così, ha creato le condizioni per una vera cooperazione multilaterale, regolata dalle norme universalmente riconosciute del diritto internazionale.
Ora il sistema incentrato sulle Nazioni Unite sta attraversando una profonda crisi. La causa principale è il desiderio di singoli membri della nostra organizzazione di sostituire il diritto internazionale e la Carta delle Nazioni Unite con una sorta di “ordine basato su regole”. Nessuno ha visto queste “regole”, non sono state oggetto di trattative internazionali trasparenti. Vengono inventati e applicati per contrastare i processi naturali di formazione di nuovi centri di sviluppo indipendenti, che sono la manifestazione oggettiva del multilateralismo. Sono scoraggiati da misure unilaterali illegittime, tra cui l’interruzione dell’accesso alla tecnologia moderna e ai servizi finanziari, l’abbandono delle catene di approvvigionamento, la confisca di proprietà, la distruzione di infrastrutture critiche dei concorrenti e la manipolazione di regole e procedure universalmente accettate. Di conseguenza, la frammentazione del commercio mondiale, il crollo dei meccanismi di mercato, la paralisi dell’OMC e la trasformazione finale, già palese, del FMI in uno strumento per raggiungere gli obiettivi degli Stati Uniti e dei suoi alleati, tra cui obiettivi militari.
Nel disperato tentativo di affermare il proprio dominio attraverso la punizione dei recalcitranti, gli Stati Uniti sono andati alla distruzione della globalizzazione, che per molti anni è stata propagandata come il bene supremo di tutta l’umanità, al servizio del sistema multilaterale dell’economia mondiale. Washington e il resto dell’Occidente che le obbedisce usano le loro “regole” ogni volta che è necessario giustificare passi illegittimi contro coloro che costruiscono le loro politiche in conformità con il diritto internazionale e si rifiutano di seguire gli interessi egoistici del “miliardo d’oro”. Chi non è d’accordo viene inserito nelle “liste nere” secondo il principio: “chi non è con noi è contro di noi”.
E’ diventato “scomodo” da tempo per i colleghi occidentali negoziare in formati universali, come le Nazioni Unite. Per sostanziare ideologicamente la politica di indebolimento del multilateralismo, è stato messo in circolo il tema dell’unità delle “democrazie” contrapposte alle “autocrazie”. Oltre ai “vertici per la democrazia”, la cui composizione è determinata dall’autoproclamato egemone, si stanno creando altri “club dell’élite” che scavalcano l’Onu.
Vertici per la democrazia, l’Alleanza per il multilateralismo, il partenariato globale per l’intelligenza artificiale, la coalizione globale per la libertà dei media, l’appello di Parigi per la fiducia e la sicurezza nel cyberspazio: tutti questi e altri progetti non inclusivi sono concepiti per minare i negoziati su argomenti rilevanti sotto gli auspici dell’ONU, per imporre concetti e soluzioni non consensuali vantaggiose per l’Occidente. Prima si accordano su qualcosa in privato, in una cerchia ristretta, e poi presentano questi accordi come “la posizione della comunità internazionale”. Diciamo pane al pane: nessuno ha permesso alla minoranza occidentale di parlare a nome di tutta l’umanità. Dobbiamo comportarci in modo decente e rispettare tutti i membri della comunità internazionale.
Imponendo un “ordine basato su regole”, i suoi autori respingono con arroganza il principio chiave della Carta delle Nazioni Unite: l’uguaglianza sovrana degli Stati. La quintessenza del “complesso dell’esclusività” è stata la dichiarazione “orgogliosa” del capo della diplomazia dell’UE, J. Borrell, secondo cui “l’Europa è un giardino dell’Eden e il resto del mondo è una giungla”. Citerò anche la Dichiarazione congiunta NATO-UE del 10 gennaio di quest’anno, in cui si afferma: “The United West” utilizzerà tutti gli strumenti economici, finanziari, politici e – lo sottolineo con particolare attenzione – militari a disposizione della NATO e dell’UE per garantire gli interessi del “nostro miliardo”.
L’“Occidente collettivo” si propone di rimodellare «per sé» i processi di multilateralismo a livello regionale. Non molto tempo fa, gli Stati Uniti hanno chiesto il rilancio della Dottrina Monroe, hanno chiesto ai Paesi latinoamericani di limitare i legami con la Federazione Russa e la Repubblica popolare cinese. Questa linea, però, si è scontrata con la volontà dei Paesi della regione di rafforzare le proprie strutture multilaterali, in primis la Comunità degli Stati latinoamericani e caraibici (CELAC), pur difendendo il loro legittimo diritto a costituirsi come uno dei pilastri della mondo multipolare. La Russia sostiene pienamente tali giuste aspirazioni.
Ora forze significative degli Stati Uniti e dei suoi alleati sono state dispiegate per minare il multilateralismo nella regione Asia-Pacifico, dove da decenni attorno all’ASEAN si è sviluppato un sistema aperto di successo di cooperazione economica e di sicurezza. Questo sistema ha permesso di sviluppare approcci di consenso adatti sia ai “dieci” membri dell’ASEAN che ai loro partner di dialogo, tra cui Russia, Cina, Stati Uniti, India, Giappone, Australia e Repubblica di Corea, garantendo un vero multilateralismo inclusivo. Proponendo le strategie indo-pacifiche, Washington ha stabilito una rotta per il crollo di questa architettura consolidata.
Al vertice di Madrid dello scorso anno, la NATO, che ha sempre convinto tutti della sua “pacificità” e del carattere esclusivamente difensivo dei suoi programmi militari, ha dichiarato la sua “responsabilità globale”, l’“indivisibilità della sicurezza” nell’area euro-atlantica e in quella cosiddetta indo-pacifica. Cioè, ora la “linea di difesa” della NATO (come alleanza difensiva) si sta spostando verso le coste occidentali dell’Oceano Pacifico. Gli approcci di blocco che minano il multilateralismo incentrato sull’ASEAN si manifestano nella creazione dell’alleanza militare AUKUS, in cui vengono spinti Tokyo, Seoul e un certo numero di paesi dell’ASEAN. Sotto gli auspici degli Stati Uniti, si stanno creando meccanismi per intervenire nelle questioni di sicurezza marittima con l’obiettivo di garantire gli interessi unilaterali dell’Occidente nelle acque del Mar Cinese Meridionale. J. Borrell, che ho già citato oggi, ha promesso ieri di inviare forze navali dell’UE in questa regione. Non è nascosto che l’obiettivo delle strategie indo-pacifiche è contenere la RPC e isolare la Russia. E’ così che i colleghi occidentali intendono il “multilateralismo effettivo” nella regione dell’Asia-Pacifico.
Dopo lo scioglimento del Patto di Varsavia e l’uscita dalla scena politica dell’Unione Sovietica, iniziò a prospettarsi la realizzazione dei principi di un multilateralismo autentico, senza linee di divisione, nello spazio euro-atlantico. Ma invece di liberare il potenziale dell’OSCE su una base paritaria collettiva, i Paesi occidentali non solo hanno mantenuto la NATO, ma, contrariamente alle loro promesse giurate, hanno stabilito una rotta per lo sfacciato assorbimento dello spazio adiacente, compresi i territori in cui gli interessi vitali della Russia sono sempre esistiti e continueranno ad esistere. Come riferì l’allora Segretario di Stato americano John Baker al presidente George W. Bush Sr.: “La principale minaccia per la NATO è l’OSCE”. Aggiungo per conto mio che oggi sia l’ONU che i requisiti della sua Carta rappresentano una minaccia per le ambizioni globali di Washington.
La Russia ha pazientemente cercato di raggiungere accordi multilaterali reciprocamente vantaggiosi basati sul principio dell’indivisibilità della sicurezza, proclamato solennemente al più alto livello nei documenti dei vertici OSCE del 1999 e del 2010. E’ scritto nero su bianco e senza ambiguità che nessuno dovrebbe rafforzare la propria sicurezza a scapito della sicurezza degli altri e nessuno Stato, gruppo di Stati o organizzazione può essere incaricato di mantenere la pace nella regione dell’Organizzazione o considerare qualsiasi parte della regione dell’OSCE come sua sfera di influenza.
Alla NATO non importava niente di questi obblighi dei presidenti e dei primi ministri dei suoi Paesi membri e iniziò ad agire esattamente all’opposto, proclamando il suo “diritto” a qualsiasi azione arbitraria. Un esempio clamoroso è il bombardamento illegale della Jugoslavia nel 1999, incluso l’uso di testate all’uranio impoverito, che successivamente hanno causato un’ondata di malattie oncologiche – sia tra i cittadini serbi che tra i militari della NATO. J. Biden era allora un senatore e parlò alle telecamere non senza orgoglio di aver chiesto personalmente il bombardamento di Belgrado e la distruzione di tutti i ponti sul fiume Drina. Ora l’ambasciatore americano a Belgrado K. Hill, attraverso i media, invita i serbi a “voltare pagina” e a “smetterla di offendersi”. Gli Stati Uniti hanno accumulato una vasta esperienza su “smettila di essere offeso”. Dopotutto, il Giappone è stato a lungo timidamente silenzioso su chi ha bombardato Hiroshima e Nagasaki. Non una parola al riguardo nei libri di testo scolastici. Di recente, in una riunione del G7, il Segretario di Stato americano A. Blinken ha lamentato pateticamente la sofferenza delle vittime di quegli attentati, ma non ha menzionato chi li ha organizzati. Queste sono le “regole”. E nessuno osa discutere.
Dalla seconda guerra mondiale, ci sono state dozzine di avventure militari criminali di Washington senza alcun tentativo di garantire la legittimità multilaterale. Perché, se ci sono “regole” che nessuno conosce?
La vergognosa invasione dell’Iraq da parte della coalizione guidata dagli Stati Uniti nel 2003 è stata effettuata in violazione della Carta delle Nazioni Unite, proprio come l’aggressione contro la Libia nel 2011. Il risultato è la distruzione dello Stato, centinaia di migliaia di morti, terrorismo dilagante.
L’intervento degli Stati Uniti negli affari degli Stati post-sovietici è stata una flagrante violazione della Carta delle Nazioni Unite. “Rivoluzioni colorate” sono state organizzate in Georgia e Kirgizia, un sanguinoso colpo di Stato a Kiev nel febbraio 2014. Nella stessa fila, ci sono tentativi di prendere il potere con la forza in Bielorussia nel 2020.
Gli anglosassoni, che guidavano con sicurezza l’intero Occidente, non solo giustificano tutte queste avventure criminali, ma ostentano anche la loro linea di “promozione della democrazia”. Ma sempre secondo le proprie “regole”: Kosovo – riconoscere l’indipendenza senza alcun referendum; Crimea – non riconoscerla (sebbene ci sia stato un referendum); non toccate le Falkland/Malvinas, dopotutto lì c’è stato un referendum (come ha dichiarato di recente il ministro degli Esteri britannico John Cleverley). Divertente.
Per respingere i doppi standard, chiediamo a tutti di essere guidati dagli accordi di consenso concordati nel quadro della Dichiarazione delle Nazioni Unite del 1970 sui principi del diritto internazionale, che rimane in vigore. Proclama chiaramente la necessità di rispettare la sovranità e l’integrità territoriale di quegli Stati che “osservano il principio dell’uguaglianza dei diritti e dell’autodeterminazione dei popoli e hanno governi che rappresentano tutte le persone che vivono in un dato territorio”. E’ evidente a qualsiasi osservatore imparziale che il regime nazista di Kiev non può in alcun modo essere considerato come rappresentante degli abitanti dei territori che si sono rifiutati di accettare i risultati del sanguinoso colpo di Stato del febbraio 2014 e contro i quali i golpisti hanno scatenato una guerra per questo. Così come Priština non può pretendere di rappresentare gli interessi dei serbi del Kosovo, ai quali l’Ue ha promesso l’autonomia, così come Berlino e Parigi hanno promesso uno status speciale al Donbass. Il risultato di queste promesse è noto.
Ha detto molto bene il nostro Segretario Generale A. Guterres nel suo discorso al “Secondo Vertice per la Democrazia” il 29 marzo di quest’anno: “La democrazia nasce dalla Carta delle Nazioni Unite. Le sue prime parole – Noi popoli – riflettono la fonte fondamentale del potere legittimo: il consenso di coloro che sono governati. Accordo. Permettetemi di sottolinearlo ancora una volta.
Per fermare la guerra scatenata a seguito di un colpo di Stato nell’Ucraina orientale, sono stati compiuti sforzi multilaterali nell’interesse di una soluzione pacifica, incarnata in una risoluzione del Consiglio di sicurezza che ha approvato all’unanimità gli accordi di Minsk. Questi accordi sono stati calpestati da Kiev e dai suoi padroni occidentali, che di recente hanno ammesso cinicamente e persino con orgoglio di non aver mai avuto intenzione di rispettarli, ma volevano solo guadagnare tempo per pompare l’Ucraina in armi contro la Russia. Pertanto, è stata proclamata pubblicamente una violazione dell’obbligo multilaterale di tutti i membri delle Nazioni Unite sancito dalla sua Carta, che richiede a tutti i Paesi di conformarsi alle risoluzioni del Consiglio di sicurezza.
Le nostre azioni coerenti per prevenire lo scontro, comprese le proposte del dicembre 2021 del presidente russo Vladimir Putin di concordare garanzie di sicurezza reciproca multilaterali, sono state respinte con arroganza. Nessuno, ci è stato detto, può impedire alla NATO di avvolgere l’Ucraina nel suo “abbraccio”.
Tutti gli anni dopo il colpo di Stato, nonostante le nostre pressanti richieste, nessuno dei padroni occidentali del regime di Kiev ha fermato né Porošenko, né Zelenskij, né la Verchovnaja Rada dell’Ucraina, quando la lingua russa, l’istruzione, in generale, le tradizioni culturali e religiose russe violano direttamente la costituzione dell’Ucraina e le convenzioni universali sui diritti delle minoranze nazionali. Parallelamente, il regime di Kiev ha introdotto la teoria e la pratica del nazismo a livello legislativo e nella vita di tutti i giorni. Senza imbarazzo ha organizzato magnifiche fiaccolate nel centro di Kiev e in altre città sotto la bandiera delle divisioni SS. L’Occidente taceva e “si fregava le mani”. Quanto stava accadendo rientrava pienamente nei piani degli Stati Uniti di utilizzare il regime francamente razzista da loro nutrito nella speranza di indebolire la Russia in ogni modo possibile in linea con il corso strategico per eliminare i concorrenti, per minare qualsiasi scenario che implichi l’istituzione di un multilateralismo equo negli affari mondiali.
Oggi è chiaro a tutti, anche se non tutti ne parlano ad alta voce: non si tratta affatto dell’Ucraina, ma di come si continueranno a costruire le relazioni internazionali, attraverso la formazione di un consenso stabile basato su un equilibrio di interessi, o attraverso la promozione aggressiva ed esplosiva dell’egemonia. E’ impossibile considerare la “questione ucraina” isolatamente dal contesto geopolitico. Il multilateralismo presuppone il rispetto della Carta delle Nazioni Unite in tutta l’interconnessione dei suoi principi, come accennato in precedenza. La Russia ha spiegato chiaramente gli obiettivi che persegue nell’ambito dell’operazione militare speciale: eliminare le minacce create da anni dalla NATO alla nostra sicurezza direttamente ai nostri confini e proteggere le persone che sono state private dei diritti proclamati dalle convenzioni multilaterali, per proteggerli da minacce dirette di sterminio ed espulsione dai territori dichiarati pubblicamente dal regime di Kiev dove i loro antenati hanno vissuto per secoli. Abbiamo onestamente detto cosa e per chi stiamo combattendo.
Sullo sfondo dell’isteria scatenata da Stati Uniti e Unione Europea, vorrei chiedere in risposta: cosa hanno fatto Washington e la NATO in Jugoslavia, Iraq, Libia? Ci sono state minacce alla loro sicurezza, cultura, religione, lingue? Da quali norme multilaterali erano guidati, dichiarando l’indipendenza del Kosovo in violazione dei principi dell’OSCE, distruggendo Stati stabili ed economicamente prosperi come l’Iraq e la Libia, situati a diecimila miglia dalla costa americana?
Il sistema multilaterale è stato minacciato dagli spudorati tentativi degli Stati occidentali di soggiogare i segretariati delle Nazioni Unite e di altre istituzioni internazionali. C’è sempre stato uno squilibrio quantitativo a favore dell’Occidente, ma fino a poco tempo fa il Segretariato ha cercato di rimanere neutrale. Oggi questo squilibrio ha assunto un carattere cronico e il personale di segreteria si permette sempre più comportamenti politicamente motivati, inappropriati per i funzionari internazionali. Chiediamo allo stimato Segretario Generale Guterres di garantire che tutti i suoi dipendenti rispettino i requisiti di imparzialità in conformità con l’articolo 100 della Carta delle Nazioni Unite. Invitiamo inoltre la leadership del Segretariato, nella preparazione dei documenti di iniziativa sui suddetti temi di “agenda comune” e “nuova agenda per la pace”, ad essere guidata dalla necessità di suggerire ai Paesi membri modalità per trovare consenso, un equilibrio di interessi, e non assecondare i concetti neoliberisti. Altrimenti, invece di un’agenda multilaterale, ci sarà un ulteriore approfondimento della divisione tra il “miliardo d’oro” e la maggioranza mondiale.
Quando si parla di multilateralismo non ci si può limitare al contesto internazionale, così come non si può ignorare questo contesto internazionale quando si parla di democrazia. Non dovrebbero esserci doppi standard. Sia il multilateralismo che la democrazia devono essere rispettati sia all’interno degli Stati che nelle loro relazioni reciproche. Tutti sanno che l’Occidente, pur imponendo agli altri la sua concezione della democrazia, non vuole la democratizzazione delle relazioni internazionali basate sul rispetto dell’uguaglianza sovrana degli Stati. Ma ora, promuovendo le sue “regole” sulla scena internazionale, sta anche “soffocando” il multilateralismo e la democrazia in patria, utilizzando strumenti sempre più repressivi per sopprimere ogni dissenso – proprio come fa il regime criminale di Kiev con l’appoggio dei suoi “insegnanti” – gli Stati Uniti e i loro alleati.
Cari colleghi, ancora una volta, come negli anni della Guerra Fredda, ci siamo avvicinati a una linea pericolosa, e forse ancora più pericolosa. La situazione è aggravata dalla perdita di fiducia nel multilateralismo, quando l’aggressione finanziaria ed economica dell’Occidente distrugge i benefici della globalizzazione, quando Washington e i suoi alleati abbandonano la diplomazia e chiedono una resa dei conti “sul campo di battaglia”. Tutto questo all’interno delle mura delle Nazioni Unite, create per prevenire gli orrori della guerra. Le voci di forze responsabili e sensibili, gli appelli a mostrare saggezza politica, a rilanciare la cultura del dialogo sono soffocati da coloro che hanno intrapreso un corso per minare i principi fondamentali della comunicazione interstatale. Dobbiamo tutti tornare alle nostre radici: l’osservanza degli scopi e dei principi della Carta delle Nazioni Unite in tutta la loro diversità e interconnessione.
Il vero multilateralismo nella fase attuale richiede l’adattamento delle Nazioni Unite alle tendenze oggettive nella formazione di un’architettura multipolare delle relazioni internazionali. E’ necessario accelerare la riforma del Consiglio di sicurezza ampliando la rappresentanza in esso dei Paesi dell’Asia, dell’Africa e dell’America Latina. L’attuale esorbitante sovrarappresentazione dell’Occidente in questo organo principale delle Nazioni Unite mina il principio del multilateralismo.
Su iniziativa del Venezuela è stato creato il Gruppo degli Amici in Difesa della Carta delle Nazioni Unite. Chiediamo a tutti gli Stati che rispettano la Carta di aderirvi. E’ anche importante utilizzare il potenziale costruttivo dei BRICS e dell’Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai. L’UEEA, la CSI e l’Organizzazione-Trattato per la Sicurezza Collettiva sono pronte a dare il loro contributo. Siamo favorevoli a utilizzare l’iniziativa delle posizioni delle associazioni regionali dei Paesi del Sud del mondo. Anche il G20 può svolgere un ruolo utile nel mantenimento del multilateralismo se i partecipanti occidentali smettono di distrarre i colleghi dai temi di attualità all’ordine del giorno nella speranza di smorzare il tema della loro responsabilità per l’accumulo di fenomeni di crisi nell’economia mondiale.
E’ nostro dovere comune preservare le Nazioni Unite come esempio faticosamente conquistato di multilateralismo e di coordinamento della politica mondiale. La chiave del successo è lavorare insieme, rinunciando alle pretese di esclusività di chiunque e – lo ripeto ancora una volta – rispettando la sovrana uguaglianza degli Stati. Questo è quanto abbiamo sottoscritto tutti quando abbiamo ratificato la Carta delle Nazioni Unite.
Nel 2021, il presidente russo Vladimir Putin ha proposto di convocare un vertice dei membri permanenti del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. I leader di Cina e Francia hanno sostenuto questa iniziativa, ma purtroppo non è stata ancora attuata. Questo argomento è direttamente correlato al multilateralismo: non perché le cinque potenze abbiano determinati privilegi sulle altre, ma proprio a causa della loro speciale responsabilità ai sensi della Carta delle Nazioni Unite per il mantenimento della pace e della sicurezza internazionale. Questo è esattamente ciò che ora richiedono gli imperativi del sistema incentrato sulle Nazioni Unite, che, a seguito delle azioni dell’Occidente, si sta sgretolando davanti ai nostri occhi.
La preoccupazione per questo stato di cose si sente sempre più nelle numerose iniziative e idee dei Paesi del Sud del mondo: dall’Asia orientale e sudorientale, al mondo arabo e musulmano in genere, fino all’Africa e all’America Latina. Apprezziamo il loro sincero desiderio di assicurare la soluzione di qualsiasi problema contemporaneo attraverso un onesto lavoro collettivo volto a concordare un equilibrio di interessi basato sull’uguaglianza sovrana degli Stati e sull’indivisibilità della sicurezza.
In conclusione, vorrei rivolgermi a tutti i giornalisti che ora seguono il nostro incontro. Ai vostri colleghi dei media russi non è stato permesso di venire qui. L’ambasciata degli Stati Uniti a Mosca ha annunciato beffardamente la sua disponibilità a rilasciare loro passaporti con visti nel momento in cui il nostro aereo è decollato. Pertanto, un’enorme richiesta per voi: compensate l’assenza di giornalisti russi. Cercate di realizzare i vostri resoconti in modo tale da trasmettere a un pubblico mondiale la piena versatilità di giudizi e valutazioni.
Fonte originale (in russo): Ministero degli Esteri russo
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