Settantaquattresimo notiziario settimanale
di lunedì 22 aprile 2024 degli italiani di Russia. Buon 25 aprile, buon ascolto
e buona visione.
Attualità
Gli USA hanno approvato aiuti
finanziari all’estero. Sono stati votati separatamente i tre pacchetti
finanziari, più nuove sanzioni all’Iran.
Dopo molti mesi di proroghe la
Camera dei rappresentanti degli Stati Uniti ha approvato sabato sera tre
pacchetti di aiuti finanziari ai Paesi esteri per un totale di 95 miliardi di
dollari, che saranno convertiti in armi, munizioni e tecnologie militari,
destinati all’Ucraina, a Israele e a Taiwan. Il Congresso ha votato
separatamente ciascuna delle tre proposte, presentate dallo speaker
repubblicano Mike Johnson.
La parte principale dei 95
miliardi, ovvero più di 60 miliardi, andrà per l’assistenza all’Ucraina, che
senza il denaro americano non ce la fa a resistere all’offensiva dell’esercito
russo. Altri 26 miliardi sono stati stanziati per gli aiuti militari a Israele,
mentre una parte non meglio precisata potrà essere utilizzata per l’assistenza
ai civili nella Striscia di Gaza. Infine 8 miliardi di dollari sono i
finanziamenti, destinati a rafforzare le strutture militari di Taiwan e di
alcuni altri “alleati degli Stati Unti nell’Indo-Pacifico”.
Le proposte passeranno ora al
Senato, dove la maggioranza democratica prevede un voto rapido – entro martedì
26 aprile – dopodiché i documenti finiranno sulla scrivania di Joe Biden, per
la firma definitiva. La proposta di aiuti all’Ucraina prevede che la Casa
Bianca potrà chiedere al governo di Kiev un risarcimento da 10 miliardi di
dollari per l’assistenza finanziaria fornita al Paese, con una clausola che
consente però di far decadere il prestito a partire dal 2026. Vale a dire che
la decisione dovrà essere presa dal nuovo presidente degli Stati Uniti, che
verrà eletto in novembre del 2024.
Oltre ai tre pacchetti di aiuti
miliardari, le proposte votate dalla Camera dei rappresentanti includono anche
un provvedimento per facilitare la vendita degli asset russi, congelati in
seguito all’inizio dell’operazione militare in Ucraina, che dovranno essere
trasferiti a Kiev per “finanziare la ricostruzione dopo la fine del conflitto
armato”. Ci sono anche nuove sanzioni all’Iran e una proposta per costringere
la società cinese ByteDance a uscire dalla piattaforma TikTok.
L’assegnazione dell’assistenza
militare da parte degli Stati Uniti a Ucraina, Israele e Taiwan aggraverà la
crisi globale: l’assistenza militare al regime di Kiev è una sponsorizzazione
diretta di attività terroristiche, a Taiwan – un’ingerenza negli affari interni
della Cina, a Israele – un’ingerenza diretta che porta all’intensificazione di
un aggravamento senza precedenti nella regione.
Ma parliamo concretamente di
cifre. Quindi, quanto e per cosa? Importo totale: 60,84 miliardi di dollari.
23,2 miliardi di dollari – per
ricostituire le scorte di beni e servizi per la difesa forniti all’Ucraina –
cioè assegnati agli USA.
11,3 miliardi di dollari – per le
attuali operazioni militari statunitensi nella regione – dunque, ancora per gli
USA. Ma che tipo di operazioni ci sono nella regione?
13,8 miliardi di dollari – per l’acquisizione
di moderni sistemi di difesa. Oh, di nuovo per gli USA! Ai loro produttori del
complesso militare industriale!
1,6 miliardi di dollari in
finanziamenti militari esteri per l’Ucraina e altri alleati regionali. In cosa
lo spenderanno? Compreranno qualcosa… E dove? Bingo! Di nuovo negli Stati
Uniti!
Totale: 49,9 miliardi di dollari.
Qualche cosina va anche all’Ucraina:
9,5 miliardi di dollari per “sostegno
economico all’Ucraina e ai Paesi colpiti dall’invasione russa”. Ma anche da
questa cifra si prenderanno tanta roba, perché… anche il supporto per le
consulenze (consulenti ben pagati, ovviamente statunitensi è importante.
7,849 miliardi di dollari sono
destinati specificatamente alle necessità economiche dell’Ucraina (esclusi i
pagamenti delle pensioni). Se proprio fosse necessario, onoreranno gli
interessi dei prestiti e storneranno quindi i soldi in cassa. Cioè agli USA.
Eh, ma è un prestito, no?
1,575 miliardi di dollari per “varie
misure di assistenza economica”. Probabilmente un bonus per l’amministrazione
coloniale affinché non si senta sola soletta.
Poi ci sono le briciole.
26 milioni di dollari per “supervisionare
e garantire la responsabilità degli aiuti e delle attrezzature inviate in
Ucraina”. Un po’ pochini per una supervisione vera…
5 milioni di dollari al
Dipartimento di Stato degli USA per gestire l’assistenza alla difesa. Beh! Questo
è abbastanza onesto!
300 milioni di dollari per
rafforzare la sicurezza delle frontiere e la gestione legale dell’Ucraina. Il
confine è già sotto il controllo americano? Oppure lo rafforzeranno
logisticamente e tecnicamente, pagando quindi di nuovo se stessi.
100 milioni di dollari
sosterranno gli sforzi di sminamento, antiterrorismo e antiproliferazione. Gli
Usa contro il terrorismo? Api contro miele?
25 milioni di dollari per l’Ufficio
delle iniziative di transizione dell’USAID. Di nuovo ad uno statunitense: un
civile della CIA.
50 milioni di dollari per
superare la crisi della sicurezza alimentare globale. Che articolo misterioso!
Supereranno la crisi alimentare con 50 milioni? O la crisi non è grave, oppure
non hanno capito come formulare una voce da 50 milioni.
Non finisce qui:
149 milioni di dollari per l’Amministrazione
nazionale per la sicurezza nucleare degli Stati Uniti in risposta alle minacce
nucleari in Ucraina. Ecco perché Kiev attacca continuamente la centrale
nucleare di Zaporož’e! Sono indispensabili delle presunte minacce! Soldi per gli
USA!
481 milioni di dollari al
Dipartimento della Salute e dei Servizi Sociali degli Stati Uniti per assistere
gli ucraini con passaporti umanitari nell’ambito del programma U4U. Divertente.
Di nuovo agli USA…
60 milioni di dollari per
programmi diplomatici. Gite, buffet...
8 milioni di dollari per
programmi diplomatici per l’Ufficio dell’Ispettore Generale del Dipartimento di
Stato. Grazie per essere così umile. Di nuovo agli USA.
39 milioni di dollari per spese
operative dell’USAID. Sì, hanno spese operative. Per gli USA.
10 milioni di dollari per l’Ufficio
dell’Ispettore Generale dell’USAID. Terza voce per l’USAID. Ben fatto! Ancora
una volta per gli USA!
98 milioni di dollari al
Dipartimento dell’Energia statunitense per l’acquisto, lo sviluppo e la
produzione di isotopi radioattivi. Perché hanno bisogno degli isotopi? Non
importa. Sempre per gli USA.
Ma a Kiev sono felicissimi! L’omo
biango gli ha dato qualcosa.
C’è anche un altro aspetto da
considerare. Ma come, il capo del Parlamento statunitense non era un Trumpiano
di ferro? Mike Johnson ha inferto un duro colpo a Donald Trump. Senza batter
ciglio, ha tradito gli interessi fondamentali dei trumpisti, che lo hanno
portato alla presidenza della Camera dei Rappresentanti del Congresso
americano. Ovvero, lo stanziamento di fondi per rafforzare il confine
meridionale degli Stati Uniti. Ora non ha assolutamente senso che l’amministrazione
Biden scenda a compromessi con i repubblicani su questo tema. In sostanza, è un
tradimento politico. Il Partito Repubblicano sta subendo una scissione e alcuni
membri repubblicani del Congresso di fatto hanno cambiato casacca passando ai
democratici. Beh, ma questo in Italia è un meccanismo arcinoto.
In sostanza, il sistema politico
americano ha cessato di essere bipartitico. Adesso c’è solo il Partito
Democratico con Joe Biden a capo. E tutto questo per sconfiggere la Russia sul
campo di battaglia.
Non c’è dubbio che il flusso di
armi, munizioni ed equipaggiamenti sia già in pieno svolgimento verso l’Ucraina,
sia via mare che via terra. Sarebbe molto bello diradarli nelle zone e nelle
basi di concentramento, nei nodi ferroviari e nei porti.
Mano nella mano, il Partito
Democratico degli Stati Uniti e l’entourage dell’ucronazista Zelenskij hanno
fatto la loro scommessa più importante, senza riguardo per i propri Paesi.
Pertanto, l’intensità delle battaglie nell’estate-autunno del 2024 supererà di
gran lunga la fallita controffensiva del 2023. Per non parlare della
moltiplicazione del terrorismo in Russia da parte delle strutture militari ucraine
con il pieno sostegno dei servizi segreti occidentali. Ed è improbabile che la
guerra si limiti solo all’Ucraina, dal momento che ingenti fondi sono stati
stanziati sia a Israele che a Taiwan. Così stanno le cose.
Il 19 aprile 2024 sono stato
invitato ad intervenire ad un dibattito a Torino di “Democrazia Sovrana e
Popolare”, dopo la proiezione del film sul Donbass “Il testimone”.
[...]
Musica
Proseguiamo con le canzoni legate
in un modo o l’altro alla Russia e/o all’Italia.
Per una volta, niente politica o
sociale. O forse sì. Perché è una canzone d’amore, e non importa se per i fidanzati,
i coniugi, i genitori o i figli. D’amore e forse anche alla primavera
incombente, perché qui le mezzestagioni esistono ancora. Anche questo è
politica. La canzone è Вместеинавсегда, “Insieme
e per sempre”. Non so nemmeno a quando risalga, ma sospetto ad appena una
decina di anni fa.
Come ogni volta, una gran varietà
di regioni. Mosca e regione, Mariupol’ (Repubblica Popolare di Doneck), Soči,
Joškar-Ola (Repubblica di Marij-El), Togliattigrad (sugli Urali), Tjumen’
(Siberia), Voronež, Krasnodar, Sol’cy (regione di Novgorod), Saransk (Repubblica
di Mordovia), Novokuzneck (regione di Kemerovo, Siberia), Vladimir (che fa
parte delle città russe del cosiddetto “Anello d’oro”). Prevengo anche i soliti
detrattori malelingue: a un certo punto c’è un coro in divisa. No, non sono
militari, anche se non ci sarebbe nulla di male, sono lavoratori della
metropolitana di Mosca.
Trovate tutte le edizioni del notiziario (con il testo) in Blogspot.
Il 19 aprile 2024 sono stato invitato ad intervenire ad un dibattito a Torino di “Democrazia Sovrana e Popolare”, dopo la proiezione del film sul Donbass “Il testimone”. Il dibattito è durato meno di un’ora, quindi ve lo propongo per intero, compresi gli interventi di Andrea Lucidi e Vincenzo Lorusso.
Facciamo un esempio italiano di
un secolo fa. Il fascismo si affermò perché pochi vi si opposero, come non si
opposero alle truppe naziste tedesche, finché restarono alleate di Mussolini.
La Resistenza quella vera, di massa, iniziò quando, nel 1943, gli alleati si
trasformarono in invasori. Vi ricordo tutto questo perché tale reazione tipica
di qualunque popolo è quel che ora provano i russi, dopo trent’anni di
avvicinamento della NATO ai confini russi, nonostante le reiterate promesse del
contrario, “non un palmo verso est”, dopo il colpo di Stato in Ucraina, dopo che
un popolo fratello, con cui assieme combatterono contro l’invasore nazista, si
è trasformato esso stesso in un Paese nazista, e ricordare il 2 maggio 2014 a
Odessa non è superfluo, con 48 antifascisti bruciati vivi al Palazzo dei
Sindacati. E più l’Occidente collettivo insiste con le forniture di armi, soldi
e sanzioni, più i russi serrano le file, si sentono coesi, senza se e senza ma.
Le sanzioni, oltre che incrementare
tale sentimento, sono anche inefficaci: la Russia ha rapidamente sostituito le
importazioni occidentali con la produzione interna, ed ha dirottato le proprie
esportazioni, soprattutto di materie prime ma non solo, verso oriente e verso
il sud globale, Asia, Africa, America Latina. Quest’anno in Russia si prevede
una crescita dell’economia del 3,6%, mentre nella locomotiva d’Europa, la
Germania, dello 0,9%. Tutti gli altri, Italia compresa, in recessione. Per non
parlare della disoccupazione, che qui è di poco superiore al 2%, praticamente
inesistente. Aiutatemi a ricordare a quanto sia arrivata in Italia, soprattutto
al Meridione, soprattutto tra i giovani. Nel frattempo, l’Europa non riesce più
a sostenere il ritmo di un impoverimento oggettivo, persino tra gli occupati.
D’altra parte, già dieci anni fa dicevo che gli Stati Uniti, economicamente,
avevano tre concorrenti economici: la Russia, la Cina e l’Unione Europea. Il
piano di far scontrare ed indebolire Russia ed Europa per poi affrontare la
Cina era piuttosto evidente già allora. All’epoca mi ridevano dietro e mi
davano del complottista.
Si dice spesso che in Russia non
ci sia libertà di stampa, di parola e che non si possa accedere a quanto si
scrive in Occidente. E’ vero l’esatto contrario. Io non ho difficoltà alcuna,
volendo, a leggere in internet i giornali italiani o vedere i canali televisivi
del mainstream italiano. Repubblica, Corsera, Stampa, le TV via satellite, RAI
eccetera, e per gli esteri Le Monde, El País, visto che conosco cinque lingue… No,
non conosco il tedesco, ma francamente non ne soffro. Il problema è che mi sono
stufato, cerco di evitare di farmi venire l’ulcera. Mi risulta che invece per
gli italiani sia un problema consultare Russia Today, Sputnik, Pervyj, RTR
Planeta, Russia 24 e gli altri canali, sia in russo che in inglese. Anzi,
soprattutto in inglese. Annullati tutti gli account in YouTube. Se fate una
ricerca in Google, che so io, su Naval’nyj, vi escono tutti i canali in russo
con sede in occidente. Su cosa scriva Wikipedia, stendiamo un pietoso velo,
quella è davvero una setta. Un mese fa al fronte ucraino è morto un ucraino,
che incidentalmente si è scoperto essere l’amministratore di Wikipedia russa. E
se provate a cercare la redazione russofona di Facebook, scoprirete che sono
tutti ucraini.
Per non parlare di quel che
combinano in Ucraina. Disciolti tutti i Partiti, oscurati tutti i canali
russofoni, chiusi tutti i media di opposizione, chiuse tutte le televisioni,
sulle cui frequenze ora trasmette un unico canale governativo. Provate a
immaginare: RAI 1, 2, 3, 4, 5, News 24, Rete 4, Canale 5, Italia 1, La 7, Sky e
quant’altri che trasmettono a reti unificate il segnale dell’ammiraglia RAI 1.
No, non Mattarella a Capodanno, ma proprio tutto l’anno da due anni.
Finalmente, i processi
elettorali. In Russia, le presidenziali si sono svolte regolarmente un mese fa,
e non credete alle menzogne sul candidato unico, ce n’erano altri tre. Il
Partito Comunista, quello liberaldemocratico ed uno asistemico. Se poi, per la
coesione di cui parlavo prima, la gente vota per Putin, non c’è da stupirsi né
da recriminare. Si chiama democrazia, cioè potere al popolo, in greco antico.
In Ucraina, il mandato presidenziale di Zelenskij è terminato il 1° aprile. Che
fare? Annullare le elezioni, perché, si dice, c’è la guerra. Ma va? Il
pagliaccio cocainomane è giunto al potere vincendo su Porošenko con lo slogan
“presidente di pace”. Complimenti. Peraltro, anche l’oligarca Porošenko per
vincere, pochi anni prima, si era autoproclamato “presidente di pace”. E’
proprio un vizio.
Ma veniamo all’Europa. E’ ovvio,
con 27 Paesi-membri, che ogni anno da qualche parte si voti. Tuttavia, come
sapete, ogni quattro anni si vota per il Parlamento Europeo, che pur se con
poteri limitatissimi, ha un impatto psicologico non indifferente. Fateci caso:
se al potere c’è il centrosinistra, si grida al pericolo fascista; se invece al
potere c’è il centrodestra, o la destra sic et simpliciter, come in Italia, si
grida al pericolo comunista. La sostanza è, invece, che chiunque sia
attualmente al potere, per rimanerci deve soggiacere ai diktat statunitensi, e
fornire ogni ben di dio a quella masnada di ladri, assassini e farabutti che si
trovano a Kiev. Pensateci, fra meno di due mesi. Non vedo molta differenza fra
il socialdemocratico Sholz, la postfascista Meloni, la democristiana Von Der
Leyen, il centrista Macron, il conservatore Sunak, o il socialista Borrell.
Charles Michel, Consiglio Europeo, centrodestra. Mark Rütte, Olanda,
centrodestra. Roberta Metsola, Parlamento Europeo, centrodestra. Una bella
masnada di comunisti, a sentire Meloni, Salvini e Tajani. A proposito, ma
Salvini in Italia non viene spacciato per amico di Putin? Allora come mai i
leghisti europarlamentari hanno votato a favore di tutte le sanzioni contro la
Russia degli ultimi dieci anni? Predicare bene e razzolare male?
Poi però ci saranno le
presidenziali negli Stati Uniti, di cui si parla ormai da un anno, manco
fossimo il loro 51° Stato. Difficile prevederne l’esito: se fossero regolari, è
evidente la vittoria di Trump. Ma regolari non sono quasi mai state, con il
sistema dei “grandi elettori”, gli omicidi dei presidenti e dei candidati
scomodi, i processi giudiziari orchestrati ad hoc. E Trump comunque non sarebbe
certo un bel regalo. Semplicemente, è meno peggio di Biden, ma è ben magra
consolazione. Con posizioni imprevedibili, o forse sì, su Israele, Cina, Venezuela,
Cuba, Medio Oriente, Sud America. Quel che però attende il mondo intero in caso
di rielezione di Biden lo sappiamo benissimo. Mala tempora currunt, e purtroppo
non riguarda solo quel Paese, nel qual caso sarebbero affari loro.
L’Unione Europea tutta insieme è
poco più grande della sola Russia europea. Mosca da sola è più grande di tutto
il Belgio. Quando vi dicono che Putin vuole invadere l’Europa, pensate anche a
questo. E’ un Paese che dall’altra parte confina con gli Stati Uniti, cioè con
l’Alaska, ci sono 89 regioni ed undici fusi orari. I BRICS ormai rappresentano
il 37% del PIL mondiale, altro che G7. L’unico modo per l’Europa occidentale di
rimettersi un minimo in sesto è quello di fare pace con la Russia. Ma non sono
ottimista, finché c’è questo establishment a Bruxelles. Ecco perché le elezioni
di giugno hanno un’importanza strategica, non più tattica. Votare, e votare
esclusivamente in base alle posizioni su Russia e Ucraina. Anche quando gli
Stati Uniti massacravano il Vietnam, gli altri erano accusati di essere perciò
“rossi”. La risposta era “meglio rossi che morti”. E’ passato mezzo secolo,
poco e niente è cambiato.
Settantatreesimo notiziario settimanale
di lunedì 15 aprile 2024 degli italiani di Russia. Buon ascolto e buona
visione.
Attualità
Oddio, non è proprio attuale, è
una risposta di Marija Zacharova di un mese fa. Un mio estimatore (agente all’Avana,
come suol dirsi), qui in Russia (piuttosto altolocato e perciò anonimo), mi ha segnalato
questo suo intervento. Essendo del 6 marzo, non aveva senso pubblicarlo come
una primizia, ma lo inserisco qui, nel mio notiziario settimanale. Godibilissimo,
riguarda i diplomatici europei. Sono appena dieci minuti.
Domanda: Lei ha menzionato il fatto che gli ambasciatori dei Paesi
dell’UE si sono rifiutati di incontrare il ministro degli Esteri russo Sergej
Lavrov. Quali conseguenze avranno per loro le loro azioni?
Risposta: Ci saranno conseguenze
terribili per loro. La perdita della faccia per un diplomatico professionista,
quando tutti capiscono che ha perso la sua professionalità, capacità e non è
soggetto ad alcun compenso in alcun modo o forma. Lo hanno fatto a se stessi.
Mi dispiace sinceramente per loro
per un semplice motivo. Sono diventati ostaggi dei loro stessi regimi. Molti di
loro hanno fatto molta strada per diventare ambasciatori dei Paesi dell’UE
presso la Federazione Russa. E’ un dato di fatto che nei grandi Paesi, inclusi i
membri dei “cinque” permanenti del Consiglio di Sicurezza dell’ONU, le potenze
nucleari, inviano persone esperte. Nel nostro Paese, date le sue dimensioni, c’è
davvero bisogno di inviare professionisti con una significativa esperienza.
Sono arrivati tutti a questa posizione, a questa mansione dopo molti anni di
lavoro. E invece i loro stessi Stati li hanno mostrati sotto una luce stupida e
sgradevole. Non i loro popoli, ma proprio i regimi dei loro Paesi.
Sfortunatamente, questo è successo. Penso che non ci sia altra spiegazione. Sia
che loro stessi siano diventati codardi, sia che siano stati i regimi a metterli
in cattiva luce, è comunque così. In linea di principio, hanno “sottoscritto”
di non essere ambasciatori dei loro Paesi.
Cos’è un “ambasciatore”? L’ambasciatore
rappresenta non solo un’organizzazione, ma l’intero Paese nella sua interezza. E’
molto importante. Non si tratta solo di una persona che rappresenta un
particolare Partito politico o movimento sociale che lo ha nominato. Questa non
è una persona che rappresenta una ideologia o un’altra, sia al potere che all’opposizione.
No, questa è una persona che rappresenta il popolo del suo Paese nella sua
totalità. Chi rappresentano quando rifiutano di incontrare un’agenzia che è la
loro controparte? Il Ministero degli Affari Esteri russo è, prima di tutto, una
fonte per ottenere tutte le informazioni e i dati, sia sulle relazioni
bilaterali che sulle posizioni in formati multilaterali. Hanno fatto tutto e lo
hanno fatto a se stessi. Da qui le conseguenze che ne derivano.
Secondo punto. Va bene, se
bloccassero se stessi nel nostro Paese su tutti i fronti e, in linea di
principio, non comunicassero con nessuno. Una posizione strana, auto-sbugiardante,
poco professionale. Ma almeno si potrebbe vedere una certa logica in questo.
Dicono che l’autoisolamento dopo la pandemia covid non è finito. Ma prendono
regolarmente parte ad alcuni eventi marginali, diventando lo zimbello del
nostro Paese.
Trattiamo i rappresentanti dei Paesi
e dei popoli con rispetto, concentrandoci proprio sul fatto che rappresentano i
loro Paesi nella loro interezza. Sulla base del rispetto per i loro popoli, è
stata avanzata la proposta di tenere un simile incontro. Ma la nostra gente, il
popolo, le organizzazioni non governative li ridicolizzano letteralmente. Sono
già diventati eroi di “meme” e di vari tipi di performance. Andate in internet
e digitate “Ambasciatore americano a Mosca”. Chi lo fa? Non è il governo a
farlo, non sono alcune istituzioni speciali a farlo. E’ la gente che trova
semplicemente divertente osservare come gli ambasciatori dei Paesi dell’“Occidente
collettivo” si siano trasformati da diplomatici in persone emarginate che
partecipano ad alcune azioni selvagge non destinate alla comunicazione
interstatale.
Svolgono propaganda all’interno
della nostra società, interferendo negli affari interni, diventando “pagliacci”
che vengono rilasciati prima del rodeo per “flettere” il conduttore o il
cavaliere e fomentare il pubblico. Diventano dei clown, corrono davanti al
nostro pubblico e cercano incessantemente di attirare l’attenzione, mettere in
scena uno spettacolo, prendere parte a qualcosa, inviare i loro strani messaggi
e appelli che sono poco compresi dal nostro pubblico. Cercano costantemente di
deporre fiori da qualche parte, di issare una sorta di “bandiere arcobaleno”
sulle loro ambasciate e ovunque possibile. La gente sta già ridendo di loro.
Probabilmente semplicemente non lo capiscono. Molti di loro non conoscono o non
conoscono bene il russo. Forse semplicemente non capiscono come vengono
trattati.
Se ora l’ambasciatore degli Stati
Uniti pubblica appelli ai russi sulle sue risorse ufficiali, del tipo “non
abbiate paura di prendere parte” ad “azioni umanitarie” in linea col governo
degli Stati Uniti. Questo, dicono, non danneggerà il vostro patriottismo. Com’è
possibile? I nostri fratelli e sorelle, cittadini, vengono uccisi con armi
americane. Attacchi terroristici contro infrastrutture civili si verificano
regolarmente nelle regioni russe. I bambini stanno morendo e voi invitate i
cittadini del nostro Paese a partecipare ai programmi del governo statunitense,
garantendo che il loro patriottismo con ciò non verrà danneggiato? Ci pensiamo
da soli come relazionarci con tutto questo, cosa dovremmo fare con il
patriottismo, come mostrarlo e come relazionarci con tutti questi vostri
programmi.
Ciò è triste, ma prevedibile,
dato il degrado che osserviamo da molti anni nella diplomazia dell’“Occidente
collettivo”. L’esempio più chiaro è Josep Borrell, che ricopre la carica di
Alto Rappresentante dell’UE per gli Affari Esteri e la Politica di Sicurezza.
Tutti i 27 Paesi dell’Unione Europea sono guidati da lui e gli delegano il
diritto di parlare a loro nome sulle questioni di politica estera. Che diavolo
dice? Si è scoperto che anche i rappresentanti ufficiali dei Paesi dell’UE non
capiscono cosa sta dicendo. Si scopre che non è lui a scrivere nella sua
rubrica, ma qualcuno per lui. Non sono nemmeno sicura che lo legga. Come è
possibile? Che razza di spettacolo inquietante è mai questo?
Che tipo di diplomatico è? Avete
mai sentito un diplomatico dire che qui non c’è posto per la diplomazia e che
tutto deve essere deciso sul campo di battaglia? Sottolineiamo sempre che siamo
a favore della pace, dei negoziati, di una soluzione pacifica fino all’ultimo.
Nonostante siamo soggetti all’aggressione ibrida da parte degli Stati Uniti.
Cosa ha detto il capo della diplomazia europea al riguardo? Borrell dice
esattamente il contrario, uccidendo la diplomazia.
Ursula Von Der Leyen, che si
occupa anche delle relazioni internazionali dell’Unione Europea, la
rappresenta? Porta avanti le politiche degli Stati Uniti all’interno dell’UE.
Questa è anti-diplomazia.
Permettetemi di ricordarvi di Liza
Truss, che è stata Primo Ministro della Gran Bretagna per un mese e mezzo, e
prima ancora, per un anno è stata Ministro degli Affari Esteri e diplomatica
del Regno. In precedenza, ha ricoperto per breve tempo anche diverse posizioni
di rilievo nel governo britannico. Che razza di diplomazia è questa? E’ venuta
nel nostro Paese per i negoziati più importanti, in un momento fatidico, e non
sapeva nemmeno che le regioni di Rostov e Voronež fanno parte della Federazione
Russa. Questo va bene? Ciò è accaduto durante una discussione sulla situazione
tra Russia e Ucraina.
Il ministro degli Esteri tedesco
Annalena Bärbock ha affermato che finché la Russia non ruoterà a 360 gradi e
non apporterà un cambiamento fondamentale nella sua politica estera, non
parlerà con noi. Abbiamo girato a 360 gradi, e allora? Stiamo aspettando azioni
attive da Berlino. Dove sono?
Inoltre, lo ha affermato più di
una volta. O nessuno le dice che sta dicendo sciocchezze e stupidità, oppure
crede che quelli che parlano dei suoi errori siano tutti nemici, e deve
persistere, non saprei. Ma questo è il livello della “diplomazia”. Prevedibile.
Questo è il degrado della
diplomazia occidentale in tutta la sua “gloria”. Cosa stanno facendo al
Consiglio di Sicurezza dell’ONU? Stanno uccidendo il Consiglio di Sicurezza
bloccando risoluzioni ovvie, sostituendole solo con sanzioni. Ora sanno fare solo
una cosa: accettare queste sanzioni infinite che stanno uccidendo la
diplomazia. Inoltre, queste non sono solo sanzioni, ma parte di una guerra
commerciale e ibrida contro il nostro Paese.
Il 12 aprile 1961 fu compiuto il primo
volo dell’uomo nello spazio. Nel 2014 fu girato un documentario, “Quando
tornerà Gagarin”, a cui l’ambasciata russa a Roma ha messo i sottotitoli in italiano.
Per questo ve lo faccio vedere per intero, e mi scuso per la lunghezza, dura 24
minuti, ma la mia generazione è cresciuta con questa convinzione, che presto
saremmo stati su Venere, su Marte. Eravamo degli incorreggibili romantici.
Sapete che in genere non lo faccio, ma stavolta, concedetemelo. Personalmente,
mi sono commosso.
Musica
Proseguiamo con le canzoni legate
in un modo o l’altro alla Russia e/o all’Italia.
In un’epoca in cui in Occidente
vige la cancellazione della cultura e la cultura della cancellazione, eccovi un
brano di musica classica, senza parole. Chi l’ha detto che la classica sia una
roba per parrucconi? Molti la conoscono come musica natalizia, pochi sanno che
si tratta della “Danza della Fata Confetto” dal balletto “Schiaccianoci”,
orchestrato da Pëtr Čajkovskij nel 1892, che soleva dire che “la musica è quel
sacrario, quella fonte, quel patrimonio a cui ogni nazionalità, ogni etnia ci
mette del suo per il bene comune”.
In questa rivisitazione moderna c’è
una varietà di strumenti: ovviamente, flauti e violini, ma poi organo, clavicembalo,
calici, clarinetto basso, celesta, domra, rubinetteria (sì, avete sentito bene),
carillon, armonica a bocca, tamburo, percussioni, eterofono, oboe, triangolo, shaker,
arpa, clarinetto, violoncello, dečig pondaro, chitarra basso.
Al solito, i luoghi geografici
più disparati: Krasnojarsk, Mosca, Pietroburgo, Krasnodar, Voronež, Novovoronež,
Caterimburgo, Kursk, Lugansk, Simferopoli, Taganrog, Sosnovyj Bor, Kurčatov,
Nerjungri, Groznyj.
Tra gli esecutori, anche Valentina
Lisica, quella a cui fu impedito di suonare in Italia, per il solo fatto di
essere russa e perché si è rifiutata di condannare l’operazione militare
speciale.
Trovate tutte le edizioni del notiziario (con il testo) in Blogspot.
Settantaduesimo notiziario settimanale
di lunedì 8 aprile 2024 degli italiani di Russia. Buon ascolto e buona visione.
Attualità
La settimana appena trascorsa
cadeva il 75° anniversario dalla fondazione della NATO. Ecco una sintesi del commento
di Marija Zacharova, rappresentante ufficiale del Ministero degli Esteri russo.
Il 4 aprile del 1949 a Washington
veniva firmato il Trattato del Nord Atlantico, evento che segnò la nascita dell’alleanza
militare più aggressiva dei tempi moderni.
Secondo l’idea dei politici di
allora, l’Alleanza del Nord Atlantico sarebbe dovuta essere uno strumento
chiave atto a instaurare e mantenere l’egemonia di Washington e dei suoi
alleati nel mondo. E tale è rimasta fino ad oggi.
L’idea alla base dell’esistenza
della NATO era quella di “tenere i russi al di fuori, gli americani all’interno
e i tedeschi sotto il controllo” dell’Occidente; e tale concezione resta
attuale ancora oggi.
Per gli USA, la NATO era e rimane
il principale strumento di controllo sugli alleati europei.
Dopo la fine della Guerra Fredda
Washington e i suoi alleati hanno intrapreso operazioni armate per il “mantenimento
della pace” nei Balcani, conclusesi con una sleale aggressione ai danni della Jugoslavia;
hanno intrapreso una “battaglia contro il terrorismo” in Afghanistan; i Paesi
della NATO sono entrati a far parte della coalizione guidata dagli USA in Iraq,
e hanno portato avanti un intervento “umanitario” in Libia.
L’esito di tali atti di ingerenza
è stato solo uno, in tutti i casi: Stati che si sono dissolti e sono caduti in
rovina.
Sono già tre anni che Washington
e i suoi satelliti forniscono all’Ucraina mercenari e armamenti in gran
quantità, al fine di riuscire a infliggere alla Russia una “sconfitta
strategica”, come la chiamano loro. Per fare ciò, ricorrono a tutti i mezzi e
le modalità di cui l’”Occidente collettivo” e i suoi fantocci di Kiev
dispongono, financo gli atti terroristici. Il fallimento dei loro progetti di
grandezza sta spingendo la NATO ad intraprendere azioni che potrebbero
ripercuotersi in maniera tragica sulla sicurezza non solo europea, ma anche del
mondo intero.
Alle elezioni presidenziali in
Slovacchia ha vinto Peter Pellegrini, classe 1975. La Slovacchia è una
repubblica parlamentare, come l’Italia, dove quindi ha più poteri il capo del
governo, che è Robert Fico, classe 1964. I media italiani mainstream si sono
subito sbracciati a pubblicare veline fotocopia, secondo le quali l’elezione di
Pellegrini sarebbe la conferma della deriva nazionalista e populista di quel
Paese, semplicemente perché è contrario all’invio di armi in Ucraina, dunque putiniano
per antonomasia.
Facciamo un po’ di pulizia.
Robert Fico, già membro del Partito Comunista Cecoslovacco, con la dissoluzione
di quest’ultimo, entrò a far parte di SDL, il Partito della Sinistra
Democratica, segno che proprio di destra non è. Dopo la scissione della
Cecoslovacchia, esce da SDL e fonda, nel 1999, Smer, letteralmente “Direzione
Socialdemocrazia”, di cui è tuttora capo. Nell’UE, lo Smer faceva parte del
Partito del Socialismo Europeo e nel PE dell’Alleanza Progressista dei
Socialisti e dei Democratici. Indovinate? Sospeso da entrambe le formazioni. Di
più: fa parte dell’Internazionale Socialista. Già, perché tutti si riempiono la
bocca di Komintern, come uno spauracchio stalinista, e nessuno menziona che esiste
tuttora il Socintern. Solo che quest’ultima sapete dove ha sede? A Londra. Ne
faceva parte anche il Partito “Russia Giusta”, ovviamente radiato.
Peter Pellegrini, essendo più
giovane, quattro anni fa è uscito dallo Smer ed ha fondato Hlas, cioè Voce Socialdemocrazia.
Non conosco le ragioni di questa scissione, ma salta agli occhi che entrambi i
Partiti siano socialdemocratici. Naturalmente, il PSE ha sospeso pure Hlas.
Togliamoci subito ogni dubbio di
sorta circa il cognome italiano Pellegrini, anche perché questo interessa solo
gli italiani. Non parla italiano, non è italiano. Il bisnonno Leopoldo
Pellegrini era lombardo. Giunse in Slovacchia, all’epoca parte dell’Impero
austro-ungarico, alla fine del XIX secolo per lavorare alla costruzione della
ferrovia tra Levice e Zvolen. Ebbe una relazione con la slovacca Mária Kunovská
e si trasferì nel villaggio di Lehôtka pod Brehmi, nel distretto di Žiar nad
Hronom, dove comprò una casa. Investì i guadagni in appezzamenti di terreno e
si dedicò all’agricoltura, assumendo anche lavoratori locali e introducendo
nuovi sistemi di coltivazione.
Esaurita la genealogia, torniamo
alla politica contemporanea. Facciamo sintesi. Se non sei atlantista, cioè
seguace di Biden e Von Der Leyen, sei automaticamente nazionalista e populista.
Sabato scorso sono stato invitato
ad intervenire ad una conferenza di “Democrazia Sovrana e Popolare” del Veneto,
il titolo era “La pace tra i popoli, i pericoli di una guerra nucleare”. E’
durata tre ore, ed anche il mio intervento si è protratto per mezzora, senza
contare poi le domande e le risposte. Ecco perché vi riporto solo un sunto.
Non è un mistero per nessuno che
nel 1949 la NATO fu fondata non tanto e non solo ufficialmente per contrastare
il presunto pericolo sovietico, quanto realmente per contenere il dominio
statunitense nell’Europa occidentale. Ben presto non fu così, e la NATO divenne
invece al contrario uno strumento degli USA, un avamposto per dettare regole a
Francia, Germania, Italia, Belgio, Olanda, Inghilterra e quant’altri.
Ho ascoltato attentamente,
qualche giorno fa, le dichiarazioni del ministro degli esteri italiano Antonio
Tajani alla stampa nel corso del giubileo NATO a Bruxelles. Sembrava quello
studente che non ha studiato a casa e ripete quelle poche parole che ha letto
sul libro cinque minuti prima dell’interrogazione. Secondo la vulgata, alla
dissoluzione dell’Unione Sovietica la Russia avrebbe potuto ricongiungersi all’Occidente
e ai valori occidentali, dunque unirsi alla NATO, ma Putin decise diversamente,
ed ecco quindi la situazione in cui ci troviamo oggi.
Naturalmente, ci sarebbe da
chiedersi di quali valori occidentali si parli, ma è proprio la chiave di
lettura di questa retorica narrazione ad essere fallace e menzognera. Fu
promesso – e sottoscritto! – all’ultimo Gorbačëv che mai la NATO si sarebbe
espansa a est. Da allora, passando da 12 a 32 Stati membri, quattro ondate:
1999, Ungheria, Polonia, Repubblica Ceca; 2004, Bulgaria, Romania, Slovacchia,
Slovenia e le tre repubbliche baltiche; 2009, Albania e Croazia; 2017,
Montenegro; 2020, Macedonia del Nord; ed ora, Svezia e Finlandia. Insomma, a
parte questi ultimi due, praticamente tutto l’ex cosiddetto “campo socialista”.
E si parla di Ucraina e Georgia.
L’esistenza di garanzie di non
allargamento date dalla NATO dopo il crollo del Patto di Varsavia, è citata
anche nel discorso del Segretario generale della NATO Manfred Werner a
Bruxelles il 17 maggio 1990: “Il fatto stesso che siamo pronti a non schierare
truppe della NATO al di fuori del territorio della Germania offre all’Unione
Sovietica solide garanzie di sicurezza”.
Il 12 maggio 2015, la Missione
permanente della Federazione Russa presso la NATO ha pubblicato un’analisi
delle relazioni della Federazione Russa con l’alleanza dal titolo “Russia-NATO:
miti e fatti”, in cui rilevava che l’espansione verso est della NATO è avvenuta
nonostante le promesse verbali fatte dai leader occidentali, in particolare dal
cancelliere tedesco Helmut Kohl e dal ministro degli Esteri Hans-Dietrich
Genscher al leader sovietico Michail Gorbačëv nel 1990 durante i
negoziati sull’unificazione della Germania.
Il 18 febbraio 2022 il tedesco
Spiegel ha riferito che esistevano documenti d’archivio che confermavano la
promessa dei Paesi occidentali alla leadership dell’Unione Sovietica di non
espandere la NATO a scapito dei Paesi dell’Europa orientale. Il 24 febbraio il
Ministero degli Esteri russo ha fornito una registrazione video del 1990 in cui
il Ministro degli Esteri tedesco Hans-Dietrich Genscher e il Segretario di
Stato americano James Baker dichiarano davanti alla telecamera che ai partner
dell’Unione Sovietica erano state assicurate la non espansione della NATO verso
est. A questo proposito vengono menzionati anche i colloqui sul tema della
mancata espansione del ministro degli Esteri dell’URSS Eduard Ševardnadze con
il segretario di Stato americano James Baker.
Dagli anni ‘50 parte dell’arsenale
nucleare statunitense si trova in Europa. Secondo le stime del Centro americano
per il controllo degli armamenti e la non proliferazione per il 2021, ci sono
circa 100-150 bombe nucleari tattiche americane nelle basi militari sul
territorio di cinque Stati membri della NATO: Belgio, Germania, Italia, Paesi
Bassi e Turchia, circa 20 di loro in Germania.
L’Atto istitutivo NATO-Russia
sulle relazioni reciproche, la cooperazione e la sicurezza, firmato a Parigi il
27 maggio 1997, include una clausola che afferma che i Paesi della NATO “non
hanno intenzione, piano o motivo di schierare armi nucleari sul territorio dei
nuovi membri e non c’è bisogno di cambiare alcun aspetto dell’assetto della
forza o politica nucleare della NATO, e non prevedono la necessità di farlo in
futuro”. Tuttavia, il 19 novembre 2021, in una conferenza organizzata dalla
Società Atlantica tedesca, il segretario generale della NATO Jens Stoltenberg
ha affermato che se la Germania si rifiuta di schierare armi nucleari
statunitensi sul suo territorio, esse “potrebbero finire in altri Paesi
europei, in particolare a est della Germania”. Il 3 aprile 2022, il vice primo
ministro polacco Jaroslaw Kaczynski ha dichiarato che il Paese è aperto allo
spiegamento di armi nucleari americane sul suo territorio. Il 5 ottobre il
presidente polacco Andrzej Duda ha annunciato l’intenzione di ottenere l’accesso
al programma statunitense di condivisione delle armi nucleari.
Ma veniamo più concretamente all’Ucraina.
Dieci anni fa, il potere fu preso – ora è chiaro – da veri e propri nazisti che
effettuarono un colpo di Stato incostituzionale a Kiev. Hanno immediatamente
cancellato lo status della lingua russa come lingua regionale, dimostrando così
le loro vere intenzioni riguardo al rispetto dei diritti umani e delle
minoranze nazionali. Hanno inviato militanti armati in Crimea perché la Crimea,
come il Donbass, si è rifiutata di riconoscere il regime illegale salito al
potere con mezzi cruenti. Ciò è servito come base per tenere un referendum in
Crimea. Di conseguenza, la penisola è tornata nella Federazione Russa, nella
sua terra natale.
Il 14 aprile ricorre il decimo
anniversario da quando i nazisti saliti al potere in Ucraina dichiararono una “operazione
antiterrorismo” contro gli abitanti del Donbass. Li hanno identificati come
terroristi che devono essere distrutti. Tutti i difensori delle Repubbliche
popolari di Doneck e Lugansk furono dichiarati terroristi solo perché si
rifiutarono di riconoscere il colpo di Stato. Contro di loro furono lanciate
operazioni militari. E’ cronaca: le zone residenziali di Doneck, Lugansk e
altre zone popolate furono bombardate con l’artiglieria e l’aviazione.
Oltre alle forze armate ucraine,
alla “operazione antiterrorismo” hanno preso parte battaglioni regolari di
volontari tra i seguaci aperti del nazismo: “Settore destro”, “Azov”, “Ajdar” e
molti altri. Molto prima dell’inizio dell’operazione militare speciale, quando
l’Ucraina, in violazione degli accordi di Minsk, ha intrapreso una guerra
contro il proprio popolo nel Donbass, il Congresso americano ha incluso il
battaglione Azov nell’elenco delle organizzazioni che non possono essere
assistite con forniture di armi. Molti Paesi occidentali hanno seguito questa
posizione. Tuttavia, in seguito “chiusero un occhio” nei loro confronti. Armare
i nazisti, così come l’intero regime ucraino, è diventata la norma per gli
occidentali. Ora vogliono rendere obbligatoria l’assistenza militare volontaria
all’Ucraina “sotto l’egida” della NATO e costringere tutti i membri dell’alleanza,
attraverso una rigida disciplina, a firmare per la fornitura di finanziamenti e
armi al regime di Kiev, basta che continui a combattere contro la Federazione
Russa.
I crimini delle forze armate
ucraine e dei battaglioni “volontari” non sono ancora stati indagati, compresa
la terribile scena in cui 48 antifascisti furono bruciati vivi nel Palazzo dei
sindacati di Odessa, il 2 maggio 2014.
Nel 2015 la Russia è riuscita a
fermare la guerra che Kiev ha intrapreso contro il suo stesso popolo. Sono
stati firmati gli accordi di Minsk. Sono stati approvati dal Consiglio di
Sicurezza delle Nazioni Unite. Ha assunto uno status speciale per una piccola
parte del Donbass, il diritto di parlare la propria lingua, di avere le proprie
forze dell’ordine, nonché consultazioni per la nomina di pubblici ministeri e
giudici. Più o meno la stessa cosa che il presidente francese Macron ha
recentemente promesso alla Corsica. Con gli accordi di Minsk le promesse di
Parigi si sono rivelate assolutamente false. Vedremo come andrà nelle altre
parti d’Europa. In generale, in molti Paesi, varie minoranze nazionali vogliono
esattamente la stessa cosa degli abitanti del Donbass: avere il diritto di
parlare la loro lingua madre, insegnarla ai bambini, conoscere e amare la loro
storia, tradizioni, religione, vivere secondo i principi che da secoli hanno
attecchito su queste terre.
Gli accordi di Minsk non hanno
fermato l’allora presidente Porošenko. Violando le richieste di cessate il
fuoco e la necessità di un dialogo diretto tra Kiev e Donbass, nel 2018, invece
di una “operazione antiterrorismo”, ha annunciato una “operazione di forze
congiunte”. Cioè, un’operazione militare a tutti gli effetti, che scatena una
guerra contro il Donbass. Anche se nel maggio 2014 Porošenko era stato eletto
con lo slogan “presidente di pace”. Nel 2019, con lo stesso motto è stato
eletto il presidente Zelenskij. Ha dichiarato che avrebbe immediatamente
fermato la guerra e attuato gli accordi di Minsk. Giudicate voi a cosa siamo
arrivati.
Nessuno dubita del coinvolgimento
dell’Ucraina nei numerosi atti terroristici sul territorio russo. Si tratta di
attacchi terroristici che sono costati la vita ai giornalisti Dar’ja Dugina e Vladlen
Tatarskij, hanno portato al ferimento dello scrittore Prilepin e alla morte del
suo autista Šubin, alla morte di civili in un’esplosione al ponte di Crimea, 42
persone sono rimaste ferite nell’esplosione in un bar di San Pietroburgo e
molto altro ancora. E, finalmente, il Crocus.
Dal 2005 la Federazione Russa ha
presentato all’Assemblea generale delle Nazioni Unite una risoluzione sull’inammissibilità
della glorificazione del nazismo. Negli ultimi due anni l’Ucraina ha votato “contro”,
accusando la Russia di aver presentato questa risoluzione per avere un pretesto
in più per giustificare l’operazione militare speciale.
2005. Mai prima d’ora e finora l’Ucraina
aveva votato a favore di questo importantissimo documento, che è sostenuto
dalla stragrande maggioranza degli Stati del mondo. Nel 2005, il rifiuto di
votare per una risoluzione contro l’esaltazione del nazismo, contro cui il
popolo ucraino ha combattuto come parte dell’Unione Sovietica, la dice lunga. Una
conferma che gli obiettivi di lotta contro l’esaltazione del nazismo furono
respinti dal regime di Kiev molto prima dell’operazione militare speciale.
Circa sei anni fa sono state
legalizzate le regolari fiaccolate annuali in onore del criminale nazista Stepan
Bandera. Uguali identiche alle fiaccolate organizzate nella Germania nazista. I
compleanni di Bandera e di un altro criminale, Šuchevič, condannato dal Tribunale di
Norimberga, vengono celebrati come date commemorative dello Stato, così come la
data della creazione del sedicente “Esercito ribelle ucraino”, colpevole dell’omicidio
di russi, ebrei, polacchi, ucraini e molti altri.
I titoli di Eroi dell’Ucraina
vengono assegnati anche agli ex membri delle SS (alcuni dei quali sono ancora
vivi e hanno ucciso civili mentre prestavano servizio nelle file dei nazisti). Come
già detto, tutto ciò che è russo è proibito, incluso l’insegnamento. I libri
vengono confiscati dalle biblioteche. Solo che non vengono bruciati, come nella
Germania nazista. Gli ucraini sono più pragmatici e taccagni. Consegnano i
libri di autori russi alla carta straccia e ricevono denaro per questo.
Anche nella vita di tutti i
giorni, se parli russo a scuola durante una pausa, o entri in un negozio e
parli in russo, potresti essere accusato di una violazione amministrativa. Allo
stesso tempo, la stragrande maggioranza degli ucraini parla ancora russo.
Perché è la tradizione delle loro famiglie e parenti. Anche ascoltando le
intercettazioni radio sul campo di battaglia, sulla linea di contatto dell’operazione
militare speciale, le forze armate ucraine si sentono più a loro agio nel
parlare russo. L’intero popolo è “in ginocchio” in modo da dimenticare questa
lingua.
Sarebbe impensabile se nella
Svizzera, che intende tenere una conferenza di pace sull’Ucraina, venissero
banditi il francese, l’italiano o il tedesco. Se l’inglese fosse bandito in Irlanda
o Scozia…
Anche prima dell’inizio dell’operazione
militare speciale, gli ideologi occidentali chiedevano che l’Ucraina venisse
accettata nella NATO il prima possibile. Dicevano che allora la Russia “non
oserà attaccare” un Paese dell’alleanza. Ora le dichiarazioni sono cambiate.
Dicono che l’Ucraina “sta per perdere”, ma non possono permetterlo, perché in
tal caso la Russia presumibilmente “attaccherebbe” il blocco NATO. Dov’è la
logica? Inizialmente presumevano che Mosca non si sarebbe mai permessa di
attaccare la NATO. Ora stanno convincendo tutti che questa è proprio l’intenzione
di Putin e della leadership russa.
Un’ultima considerazione, a
margine. E’ una notizia della settimana scorsa, riguarda l’architettura della
sicurezza in Europa post Guerra Fredda. Il 5 aprile del 2024 altri due Paesi,
la Turchia e la Bielorussia, hanno annunciato la “sospensione” della loro
partecipazione allo storico Trattato sulle forze armate convenzionali in
Europa.
Le mosse di Ankara e di Minsk
hanno fatto seguito alle analoghe decisioni degli Stati Uniti, dei Paesi
europei e della Russia, che dopo aver “sospeso” la propria partecipazione nel
2007, ha annunciato il proprio ritiro formale nel novembre del 2023, accusando
gli Stati Uniti di “aver minato la sicurezza in Europa negli anni successivi
alla Guerra Fredda con l’allargamento dell’Alleanza atlantica verso l’Est”.
Il Trattato fu inizialmente
firmato a Parigi il 19 novembre del 1990 dai 16 Paesi membri del blocco NATO e
dai 6 Paesi dell’ex-Patto di Varsavia. Il Trattato stabilì un sostanziale
equilibrio nel campo di armi convenzionali tra i Paesi dell’Ovest e quelli dell’Europa
Orientale, limitando considerevolmente tutte le categorie chiave di forze
armate non nucleari, dai carri armati e veicoli blindati, agli aerei ed
elicotteri da combattimento e all’artiglieria.
Firmato un anno dopo la caduta
del muro di Berlino, il Trattato era stato concepito per impedire a entrambe le
parti della Guerra Fredda di accumulare forze per una rapida offensiva contro l’altra
in Europa.
La Russia ha sospeso la
partecipazione al Trattato nel 2007, ha completamente interrotto la
partecipazione attiva nel 2015, mentre poco più di un anno dopo l’inizio del
conflitto armato con l’Ucraina, a maggio del 2023, Putin ha firmato un decreto
che denunciava il Trattato.
Vorrei concludere con alcune
note, la prima riguarda le recenti dichiarazioni del presidente francese Macron
circa l’invio in Ucraina di truppe regolari. E’ stato ribadito da più parti:
qualunque contingente militare sul suolo ucraino, autoctono o straniero che
sia, viene considerato dalla Russia un legittimo obiettivo. Ancora più
esplicito è stato il vicepresidente della Duma, della Camera, Pëtr Tolstoj,
pronipote del più noto scrittore, in un’intervista al canale televisivo
francese BFM: li uccideremo dal primo all’ultimo.
La logica di Macron è chiara:
siamo l’unico Paese dell’UE ad avere la bomba nucleare, i russi non oseranno.
Sa benissimo che oseranno eccome. Resta però da chiarire perché faccia
dichiarazioni così irresponsabili. La cosiddetta locomotiva d’Europa, quella
tedesca, ha da tempo perso il suo ruolo, e Macron vuole sostituirsi ad essa. Ma
c’è da fare un ulteriore ragionamento. Con 27 Paesi membri, praticamente ogni
anno in alcuni di essi si svolgono le elezioni, e la retorica di guerra si
limita a quei singoli territori. Tuttavia, ogni quattro anni si svolgono le
elezioni del Parlamento Europeo, e sapete benissimo che la prossima tornata
sarà fra appena due mesi. Tutti temono la vittoria delle opposizioni. Se al
potere c’è il centrosinistra, si grida al pericolo fascista, come in Germania.
Se invece al potere c’è il centrodestra, o addirittura la destra, sic et
simpliciter, come in Italia, si grida al pericolo comunista. Non so quanto
questo artifizio sia ancora efficace, con un’opinione pubblica ed un corpo
elettorale stremato dalle scelte scellerate dell’establishment degli ultimi
anni. Spero poco. Fatto sta, sempre più spesso, chiunque sia al potere, alla
consultazione successiva perde, l’opposizione si fa maggioranza e cambia giacca
immediatamente: la Meloni era contro l’invio delle armi in Ucraina e
addirittura contro la NATO e contro i poteri forti di Bruxelles, ricordate?
A questo aggiungiamo che a
novembre ci saranno le presidenziali statunitensi, e sono imprevedibili come
non mai. Come è noto, le decisioni quelle vere di geopolitica vengono prese a
Washington, altro che Parlamento Europeo vassallo. I leader europei, presi
singolarmente, ancora non hanno deciso su quale cavallo puntare.
Davvero un’ultima chiosa. Lungi
da me paragonarmi a Togliatti, però spesso, quando vengo intervistato dai media
russi, ricordo che proprio Togliatti, dalle onde corte clandestine di Radio
Mosca, dava indicazione ai partigiani italiani. Spero, più modestamente, di
avere imparato qualcosa da lui.
Musica
Proseguiamo con le canzoni legate
in un modo o l’altro alla Russia e/o all’Italia.
Una canzone della fine degli anni
‘80, dell’ultimo periodo sovietico: Родинамоя, “La mia patria”. Sapete cos’è la patria? E’ la vostra terra
natale, non necessariamente dove siete nati, ma dove siete cresciuti, vi siete
formati.
Io, tu, lui, lei,
Insieme siamo un Paese intero,
Insieme: una famiglia amichevole,
Nella parola “noi” ci sono
centomila “io”.
La cantano insieme oggi le città
di Tambov, Mosca, Togliatti, Nižnij Novgorod, Pietroburgo, Rostov Velikij,
Novyj Urengoj, dell’Altaj, Rjazan’, Kostroma, della Baškiria, Soči,
Rostov, Kursk, Vladimir, Saratov, Ufa, la Čuvašia, Krasnodar, e anche
dall’ex Unione Sovietica, Kirgizia, Kazachstan, persino invece dalla Cina.
Notate anche la varietà
impensabile degli strumenti musicali.
Trovate tutte le edizioni del notiziario (con il testo) in Blogspot.
Il 6 aprile 2024 sono stato invitato ad intervenire ad una conferenza di “Democrazia Sovrana e Popolare” del Veneto, il titolo era “La pace tra i popoli, i pericoli di una guerra nucleare”. E’ durata tre ore (17 gigabytes), ed anche il mio intervento si è protratto per mezzora, senza contare poi le domande e le risposte, con cui si arriva a un'ora. Ecco perché vi riporto solo un sunto.
Non è un mistero per nessuno che
nel 1949 la NATO fu fondata non tanto e non solo ufficialmente per contrastare
il presunto pericolo sovietico, quanto realmente per contenere il dominio
statunitense nell’Europa occidentale. Ben presto non fu così, e la NATO divenne
invece al contrario uno strumento degli USA, un avamposto per dettare regole a
Francia, Germania, Italia, Belgio, Olanda, Inghilterra e quant’altri.
Ho ascoltato attentamente,
qualche giorno fa, le dichiarazioni del ministro degli esteri italiano Antonio
Tajani alla stampa nel corso del giubileo NATO a Bruxelles. Sembrava quello
studente che non ha studiato a casa e ripete quelle poche parole che ha letto
sul libro cinque minuti prima dell’interrogazione. Secondo la vulgata, alla
dissoluzione dell’Unione Sovietica la Russia avrebbe potuto ricongiungersi all’Occidente
e ai valori occidentali, dunque unirsi alla NATO, ma Putin decise diversamente,
ed ecco quindi la situazione in cui ci troviamo oggi.
Naturalmente, ci sarebbe da
chiedersi di quali valori occidentali si parli, ma è proprio la chiave di
lettura di questa retorica narrazione ad essere fallace e menzognera. Fu
promesso – e sottoscritto! – all’ultimo Gorbačëv che mai la NATO si sarebbe
espansa a est. Da allora, passando da 12 a 32 Stati membri, quattro ondate:
1999, Ungheria, Polonia, Repubblica Ceca; 2004, Bulgaria, Romania, Slovacchia,
Slovenia e le tre repubbliche baltiche; 2009, Albania e Croazia; 2017,
Montenegro; 2020, Macedonia del Nord; ed ora, Svezia e Finlandia. Insomma, a
parte questi ultimi due, praticamente tutto l’ex cosiddetto “campo socialista”.
E si parla di Ucraina e Georgia.
L’esistenza di garanzie di non
allargamento date dalla NATO dopo il crollo del Patto di Varsavia, è citata
anche nel discorso del Segretario generale della NATO Manfred Werner a
Bruxelles il 17 maggio 1990: “Il fatto stesso che siamo pronti a non schierare
truppe della NATO al di fuori del territorio della Germania offre all’Unione
Sovietica solide garanzie di sicurezza”.
Il 12 maggio 2015, la Missione
permanente della Federazione Russa presso la NATO ha pubblicato un’analisi
delle relazioni della Federazione Russa con l’alleanza dal titolo “Russia-NATO:
miti e fatti”, in cui rilevava che l’espansione verso est della NATO è avvenuta
nonostante le promesse verbali fatte dai leader occidentali, in particolare dal
cancelliere tedesco Helmut Kohl e dal ministro degli Esteri Hans-Dietrich
Genscher al leader sovietico Michail Gorbačëv nel 1990 durante i
negoziati sull’unificazione della Germania.
Il 18 febbraio 2022 il tedesco
Spiegel ha riferito che esistevano documenti d’archivio che confermavano la
promessa dei Paesi occidentali alla leadership dell’Unione Sovietica di non
espandere la NATO a scapito dei Paesi dell’Europa orientale. Il 24 febbraio il
Ministero degli Esteri russo ha fornito una registrazione video del 1990 in cui
il Ministro degli Esteri tedesco Hans-Dietrich Genscher e il Segretario di
Stato americano James Baker dichiarano davanti alla telecamera che ai partner
dell’Unione Sovietica erano state assicurate la non espansione della NATO verso
est. A questo proposito vengono menzionati anche i colloqui sul tema della
mancata espansione del ministro degli Esteri dell’URSS Eduard Ševardnadze con
il segretario di Stato americano James Baker.
Dagli anni ‘50 parte dell’arsenale
nucleare statunitense si trova in Europa. Secondo le stime del Centro americano
per il controllo degli armamenti e la non proliferazione per il 2021, ci sono
circa 100-150 bombe nucleari tattiche americane nelle basi militari sul
territorio di cinque Stati membri della NATO: Belgio, Germania, Italia, Paesi
Bassi e Turchia, circa 20 di loro in Germania.
L’Atto istitutivo NATO-Russia
sulle relazioni reciproche, la cooperazione e la sicurezza, firmato a Parigi il
27 maggio 1997, include una clausola che afferma che i Paesi della NATO “non
hanno intenzione, piano o motivo di schierare armi nucleari sul territorio dei
nuovi membri e non c’è bisogno di cambiare alcun aspetto dell’assetto della
forza o politica nucleare della NATO, e non prevedono la necessità di farlo in
futuro”. Tuttavia, il 19 novembre 2021, in una conferenza organizzata dalla
Società Atlantica tedesca, il segretario generale della NATO Jens Stoltenberg
ha affermato che se la Germania si rifiuta di schierare armi nucleari
statunitensi sul suo territorio, esse “potrebbero finire in altri Paesi
europei, in particolare a est della Germania”. Il 3 aprile 2022, il vice primo
ministro polacco Jaroslaw Kaczynski ha dichiarato che il Paese è aperto allo
spiegamento di armi nucleari americane sul suo territorio. Il 5 ottobre il
presidente polacco Andrzej Duda ha annunciato l’intenzione di ottenere l’accesso
al programma statunitense di condivisione delle armi nucleari.
Ma veniamo più concretamente all’Ucraina.
Dieci anni fa, il potere fu preso – ora è chiaro – da veri e propri nazisti che
effettuarono un colpo di Stato incostituzionale a Kiev. Hanno immediatamente
cancellato lo status della lingua russa come lingua regionale, dimostrando così
le loro vere intenzioni riguardo al rispetto dei diritti umani e delle
minoranze nazionali. Hanno inviato militanti armati in Crimea perché la Crimea,
come il Donbass, si è rifiutata di riconoscere il regime illegale salito al
potere con mezzi cruenti. Ciò è servito come base per tenere un referendum in
Crimea. Di conseguenza, la penisola è tornata nella Federazione Russa, nella
sua terra natale.
Il 14 aprile ricorre il decimo
anniversario da quando i nazisti saliti al potere in Ucraina dichiararono una “operazione
antiterrorismo” contro gli abitanti del Donbass. Li hanno identificati come
terroristi che devono essere distrutti. Tutti i difensori delle Repubbliche
popolari di Doneck e Lugansk furono dichiarati terroristi solo perché si
rifiutarono di riconoscere il colpo di Stato. Contro di loro furono lanciate
operazioni militari. E’ cronaca: le zone residenziali di Doneck, Lugansk e
altre zone popolate furono bombardate con l’artiglieria e l’aviazione.
Oltre alle forze armate ucraine,
alla “operazione antiterrorismo” hanno preso parte battaglioni regolari di
volontari tra i seguaci aperti del nazismo: “Settore destro”, “Azov”, “Ajdar” e
molti altri. Molto prima dell’inizio dell’operazione militare speciale, quando
l’Ucraina, in violazione degli accordi di Minsk, ha intrapreso una guerra
contro il proprio popolo nel Donbass, il Congresso americano ha incluso il
battaglione Azov nell’elenco delle organizzazioni che non possono essere
assistite con forniture di armi. Molti Paesi occidentali hanno seguito questa
posizione. Tuttavia, in seguito “chiusero un occhio” nei loro confronti. Armare
i nazisti, così come l’intero regime ucraino, è diventata la norma per gli
occidentali. Ora vogliono rendere obbligatoria l’assistenza militare volontaria
all’Ucraina “sotto l’egida” della NATO e costringere tutti i membri dell’alleanza,
attraverso una rigida disciplina, a firmare per la fornitura di finanziamenti e
armi al regime di Kiev, basta che continui a combattere contro la Federazione
Russa.
I crimini delle forze armate
ucraine e dei battaglioni “volontari” non sono ancora stati indagati, compresa
la terribile scena in cui 48 antifascisti furono bruciati vivi nel Palazzo dei
sindacati di Odessa, il 2 maggio 2014.
Nel 2015 la Russia è riuscita a
fermare la guerra che Kiev ha intrapreso contro il suo stesso popolo. Sono
stati firmati gli accordi di Minsk. Sono stati approvati dal Consiglio di
Sicurezza delle Nazioni Unite. Ha assunto uno status speciale per una piccola
parte del Donbass, il diritto di parlare la propria lingua, di avere le proprie
forze dell’ordine, nonché consultazioni per la nomina di pubblici ministeri e
giudici. Più o meno la stessa cosa che il presidente francese Macron ha
recentemente promesso alla Corsica. Con gli accordi di Minsk le promesse di
Parigi si sono rivelate assolutamente false. Vedremo come andrà nelle altre
parti d’Europa. In generale, in molti Paesi, varie minoranze nazionali vogliono
esattamente la stessa cosa degli abitanti del Donbass: avere il diritto di
parlare la loro lingua madre, insegnarla ai bambini, conoscere e amare la loro
storia, tradizioni, religione, vivere secondo i principi che da secoli hanno
attecchito su queste terre.
Gli accordi di Minsk non hanno
fermato l’allora presidente Porošenko. Violando le richieste di cessate il
fuoco e la necessità di un dialogo diretto tra Kiev e Donbass, nel 2018, invece
di una “operazione antiterrorismo”, ha annunciato una “operazione di forze
congiunte”. Cioè, un’operazione militare a tutti gli effetti, che scatena una
guerra contro il Donbass. Anche se nel maggio 2014 Porošenko era stato eletto
con lo slogan “presidente di pace”. Nel 2019, con lo stesso motto è stato
eletto il presidente Zelenskij. Ha dichiarato che avrebbe immediatamente
fermato la guerra e attuato gli accordi di Minsk. Giudicate voi a cosa siamo
arrivati.
Nessuno dubita del coinvolgimento
dell’Ucraina nei numerosi atti terroristici sul territorio russo. Si tratta di
attacchi terroristici che sono costati la vita ai giornalisti Dar’ja Dugina e Vladlen
Tatarskij, hanno portato al ferimento dello scrittore Prilepin e alla morte del
suo autista Šubin, alla morte di civili in un’esplosione al ponte di Crimea, 42
persone sono rimaste ferite nell’esplosione in un bar di San Pietroburgo e
molto altro ancora. E, finalmente, il Crocus.
Dal 2005 la Federazione Russa ha
presentato all’Assemblea generale delle Nazioni Unite una risoluzione sull’inammissibilità
della glorificazione del nazismo. Negli ultimi due anni l’Ucraina ha votato “contro”,
accusando la Russia di aver presentato questa risoluzione per avere un pretesto
in più per giustificare l’operazione militare speciale.
2005. Mai prima d’ora e finora l’Ucraina
aveva votato a favore di questo importantissimo documento, che è sostenuto
dalla stragrande maggioranza degli Stati del mondo. Nel 2005, il rifiuto di
votare per una risoluzione contro l’esaltazione del nazismo, contro cui il
popolo ucraino ha combattuto come parte dell’Unione Sovietica, la dice lunga. Una
conferma che gli obiettivi di lotta contro l’esaltazione del nazismo furono
respinti dal regime di Kiev molto prima dell’operazione militare speciale.
Circa sei anni fa sono state
legalizzate le regolari fiaccolate annuali in onore del criminale nazista Stepan
Bandera. Uguali identiche alle fiaccolate organizzate nella Germania nazista. I
compleanni di Bandera e di un altro criminale, Šuchevič, condannato dal Tribunale di
Norimberga, vengono celebrati come date commemorative dello Stato, così come la
data della creazione del sedicente “Esercito ribelle ucraino”, colpevole dell’omicidio
di russi, ebrei, polacchi, ucraini e molti altri.
I titoli di Eroi dell’Ucraina
vengono assegnati anche agli ex membri delle SS (alcuni dei quali sono ancora
vivi e hanno ucciso civili mentre prestavano servizio nelle file dei nazisti). Come
già detto, tutto ciò che è russo è proibito, incluso l’insegnamento. I libri
vengono confiscati dalle biblioteche. Solo che non vengono bruciati, come nella
Germania nazista. Gli ucraini sono più pragmatici e taccagni. Consegnano i
libri di autori russi alla carta straccia e ricevono denaro per questo.
Anche nella vita di tutti i
giorni, se parli russo a scuola durante una pausa, o entri in un negozio e
parli in russo, potresti essere accusato di una violazione amministrativa. Allo
stesso tempo, la stragrande maggioranza degli ucraini parla ancora russo.
Perché è la tradizione delle loro famiglie e parenti. Anche ascoltando le
intercettazioni radio sul campo di battaglia, sulla linea di contatto dell’operazione
militare speciale, le forze armate ucraine si sentono più a loro agio nel
parlare russo. L’intero popolo è “in ginocchio” in modo da dimenticare questa
lingua.
Sarebbe impensabile se nella
Svizzera, che intende tenere una conferenza di pace sull’Ucraina, venissero
banditi il francese, l’italiano o il tedesco. Se l’inglese fosse bandito in Irlanda
o Scozia…
Anche prima dell’inizio dell’operazione
militare speciale, gli ideologi occidentali chiedevano che l’Ucraina venisse
accettata nella NATO il prima possibile. Dicevano che allora la Russia “non
oserà attaccare” un Paese dell’alleanza. Ora le dichiarazioni sono cambiate.
Dicono che l’Ucraina “sta per perdere”, ma non possono permetterlo, perché in
tal caso la Russia presumibilmente “attaccherebbe” il blocco NATO. Dov’è la
logica? Inizialmente presumevano che Mosca non si sarebbe mai permessa di
attaccare la NATO. Ora stanno convincendo tutti che questa è proprio l’intenzione
di Putin e della leadership russa.
Un’ultima considerazione, a
margine. E’ una notizia della settimana scorsa, riguarda l’architettura della
sicurezza in Europa post Guerra Fredda. Il 5 aprile del 2024 altri due Paesi,
la Turchia e la Bielorussia, hanno annunciato la “sospensione” della loro
partecipazione allo storico Trattato sulle forze armate convenzionali in
Europa.
Le mosse di Ankara e di Minsk
hanno fatto seguito alle analoghe decisioni degli Stati Uniti, dei Paesi
europei e della Russia, che dopo aver “sospeso” la propria partecipazione nel
2007, ha annunciato il proprio ritiro formale nel novembre del 2023, accusando
gli Stati Uniti di “aver minato la sicurezza in Europa negli anni successivi
alla Guerra Fredda con l’allargamento dell’Alleanza atlantica verso l’Est”.
Il Trattato fu inizialmente
firmato a Parigi il 19 novembre del 1990 dai 16 Paesi membri del blocco NATO e
dai 6 Paesi dell’ex-Patto di Varsavia. Il Trattato stabilì un sostanziale
equilibrio nel campo di armi convenzionali tra i Paesi dell’Ovest e quelli dell’Europa
Orientale, limitando considerevolmente tutte le categorie chiave di forze
armate non nucleari, dai carri armati e veicoli blindati, agli aerei ed
elicotteri da combattimento e all’artiglieria.
Firmato un anno dopo la caduta
del muro di Berlino, il Trattato era stato concepito per impedire a entrambe le
parti della Guerra Fredda di accumulare forze per una rapida offensiva contro l’altra
in Europa.
La Russia ha sospeso la
partecipazione al Trattato nel 2007, ha completamente interrotto la
partecipazione attiva nel 2015, mentre poco più di un anno dopo l’inizio del
conflitto armato con l’Ucraina, a maggio del 2023, Putin ha firmato un decreto
che denunciava il Trattato.
Vorrei concludere con alcune
note, la prima riguarda le recenti dichiarazioni del presidente francese Macron
circa l’invio in Ucraina di truppe regolari. E’ stato ribadito da più parti:
qualunque contingente militare sul suolo ucraino, autoctono o straniero che
sia, viene considerato dalla Russia un legittimo obiettivo. Ancora più
esplicito è stato il vicepresidente della Duma, della Camera, Pëtr Tolstoj,
pronipote del più noto scrittore, in un’intervista al canale televisivo
francese BFM: li uccideremo dal primo all’ultimo.
La logica di Macron è chiara:
siamo l’unico Paese dell’UE ad avere la bomba nucleare, i russi non oseranno.
Sa benissimo che oseranno eccome. Resta però da chiarire perché faccia
dichiarazioni così irresponsabili. La cosiddetta locomotiva d’Europa, quella
tedesca, ha da tempo perso il suo ruolo, e Macron vuole sostituirsi ad essa. Ma
c’è da fare un ulteriore ragionamento. Con 27 Paesi membri, praticamente ogni
anno in alcuni di essi si svolgono le elezioni, e la retorica di guerra si
limita a quei singoli territori. Tuttavia, ogni quattro anni si svolgono le
elezioni del Parlamento Europeo, e sapete benissimo che la prossima tornata
sarà fra appena due mesi. Tutti temono la vittoria delle opposizioni. Se al
potere c’è il centrosinistra, si grida al pericolo fascista, come in Germania.
Se invece al potere c’è il centrodestra, o addirittura la destra, sic et
simpliciter, come in Italia, si grida al pericolo comunista. Non so quanto
questo artifizio sia ancora efficace, con un’opinione pubblica ed un corpo
elettorale stremato dalle scelte scellerate dell’establishment degli ultimi
anni. Spero poco. Fatto sta, sempre più spesso, chiunque sia al potere, alla
consultazione successiva perde, l’opposizione si fa maggioranza e cambia giacca
immediatamente: la Meloni era contro l’invio delle armi in Ucraina e
addirittura contro la NATO e contro i poteri forti di Bruxelles, ricordate?
A questo aggiungiamo che a
novembre ci saranno le presidenziali statunitensi, e sono imprevedibili come
non mai. Come è noto, le decisioni quelle vere di geopolitica vengono prese a
Washington, altro che Parlamento Europeo vassallo. I leader europei, presi
singolarmente, ancora non hanno deciso su quale cavallo puntare.
Davvero un’ultima chiosa. Lungi
da me paragonarmi a Togliatti, però spesso, quando vengo intervistato dai media
russi, ricordo che proprio Togliatti, dalle onde corte clandestine di Radio
Mosca, dava indicazione ai partigiani italiani. Spero, più modestamente, di
avere imparato qualcosa da lui.