lunedì 4 novembre 2024

101 Italiani di Russia

Da Mosca, Mark Bernardini. Centunesimo notiziario settimanale di lunedì 4 novembre 2024 degli italiani di Russia. A Mosca è caduta la prima neve. Buon ascolto e buona visione. Essendo questo un notiziario settimanale, delle elezioni presidenziali negli Stati Uniti parleremo nell’edizione di lunedì 11 novembre, tuttavia vi invito fin d’ora a seguire lo speciale che andrà in onda mercoledì 6 novembre dalle 7 alle 10 del mattino italiane (dalle nove a mezzogiorno di Mosca) su Cusano News 7, canale 234 del digitale terrestre. La prima o l’ultima mezzora ci sarò anch’io.

Attualità

Una ridicola querelle orchestrata dall’eurodeputata del Partito Democratico Pina Picierno, classe 1981, che dice di essere ispirata da Ciriaco De Mita, segretario della Democrazia Cristiana nel 1982-1989. La Picierno all’epoca andava sotto il tavolo. No, per carità, a ciascuno i suoi riferimenti, il mio potrebbe essere Antonio Gramsci, che è morto nel 1937, mentre io sono nato nel 1962. Fatto sta, la deputata in questione si è laureata con una tesi di laurea sulle differenze comunicative del linguaggio politico tra Ciriaco De Mita e Bettino Craxi.

Con l’inizio dell’operazione militare speciale, su indicazione del Parlamento Europeo, di cui la Picierno è vicepresidente, in Italia sono stati oscurati tutti i canali televisivi satellitari russi. Tuttavia, non sono stati ritirati gli accrediti ai giornalisti, che perciò sono nel loro pieno diritto e dovere professionale nell’inviare le loro corrispondenze da un Paese ostile quale è ufficialmente diventata l’Italia. Un cittadino qualunque potrebbe anche non saperlo, ma una vicepresidente del Parlamento Europeo dovrebbe saperlo per dovere d’ufficio, altrimenti dimostra la propria incompetenza. Sospetto tuttavia che in effetti lo sappia, ma confida appunto nell’ignoranza (nel senso di ignorare) del suo elettorato.

Perché faccio tutte queste considerazioni a mò di premessa. In Italia c’è una corrispondente della TV statale russa VGTRK, che per intenderci è come la RAI in Italia, si chiama Asja Emel’janova. La nostra vicepresidente del PE afferma che ciò sia illegale, e invece lo è, esattamente come i servizi della RAI da Mosca, la RAI che, attenzione, in Russia si può guardare senza problemi. Che ci sia ben poco da guardare è tutt’altro argomento.

Ora però se la prende anche con due giornalisti italiani, Vincenzo Lorusso e Andrea Lucidi, che a suo tempo qui avevamo intervistato entrambi. La loro colpa è di mostrare quel che in realtà accade nelle Repubbliche Popolari di Doneck e Lugansk. Certo, mica si chiamano Battistini. Sentite qua cosa scrive nei social network.

“E’ necessario agire immediatamente per fermare le reti di propaganda e di disinformazione attive nel nostro Paese. Molto grave che il ministero degli esteri e il governo italiano non abbiano dato risposte alle autorità ucraine su Lucidi e Lorusso. Caro Antonio Tajani, cara Giorgia Meloni, la rete dei propagandisti al servizio del Cremlino va fermata: vi ho già sollecitati ad agire sul caso dell’emittente russa Rossija 1, uno dei media sospesi nell’UE, che ha trasmesso dal nostro Paese servizi legati all’invasione dell’Ucraina. Ora scopriamo che si tentenna anche su questo. Torno a chiedere con forza, lo farò anche formalmente, un intervento immediato del Governo italiano che è colpevolmente silenzioso e assente”.

Da parte nostra, una sola domanda: a quali leggi della Repubblica italiana nata dalla Resistenza antifascista hanno contravvenuto Emel’janova e i cittadini italiani Lucidi e Lorusso? Poi verrebbe da chiedersi se la vicepresidente del Parlamento Europeo non abbia cose ben più importanti da espletare, per il ruolo che riveste, ma questa è una domanda che lascio ai nostri spettatori.

Le dichiarazioni della Picierno sono state prontamente propagate dalla testata “L’inkiesta”, concretamente da tale Massimiliano Coccia, e da lì veicolate sul Foglio di Giuliano Ferrara, che si ciuccia annualmente oltre 60 milioni di euro di finanziamenti pubblici dei contribuenti italiani. Chi è il direttore dell’Inkiesta? Un certo Christian Rocca, ex redattore del Foglio. Incidentalmente, è anche direttore del periodico “Slava Evropi”, finanziato dal Parlamento Europeo, di cui la Picierno è vicepresidente. E Massimiliano Coccia? O beh, è il marito di Pina Picierno, ma cosa volete che conti?

Il 2 novembre ricorre la Giornata internazionale per porre fine all’impunità dei crimini contro i giornalisti, istituita con decisione della 68a sessione dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite nel 2013 per attirare l’attenzione della comunità mondiale su questo grave problema.

Purtroppo non è possibile definire festiva quella data. Pur condonando il silenzio ipocrita delle pertinenti organizzazioni internazionali e delle strutture per i diritti umani, centinaia di crimini contro i giornalisti in tutto il mondo, principalmente da parte del regime di Kiev, rimangono irrisolti e i colpevoli non ricevono la meritata punizione.

Solo nell’ultimo anno, altri quattro giornalisti russi sono morti per mano di militanti del regime di Kiev, che praticavano apertamente attività terroristiche: Boris Maksudov, Semën Erëmin, Valerij Kožin e Nikita Cicagi. Miracolosamente, Evgenij Poddubnyj, così come il corrispondente di NTV Aleksej Ivliev, sono sopravvissuti dopo gli attacchi mirati dei droni delle forze armate ucraine.

Il regime di Zelenskij non solo non persegue gli autori di questi attacchi terroristici, ma li incoraggia addirittura a continuare le loro sanguinose atrocità. All’inizio dell’anno si è saputo della morte del giornalista americano-cileno Gonzalo Lira nelle segrete ucraine. E’ stato torturato e ucciso. Tuttavia, da allora non abbiamo visto alcun segno che si stia cercando di assicurare alla giustizia i responsabili di questo brutale omicidio (l’omicidio di un giornalista per le sue convinzioni e attività professionali).

Questo quadro di ciò che sta accadendo, in netto contrasto con gli ideali esaltati dalla giornata internazionale, ha una spiegazione semplice. Coloro che dovrebbero combattere l’impunità per i crimini contro i giornalisti si sono trasformati in criminali, reprimendo ogni sacca di dissenso in vari modi e imponendo la censura politica.

Approfittando delle posizioni del personale e delle opportunità finanziarie nelle strutture specializzate in diritti umani, Washington e il suo circolo ristretto hanno paralizzato l’intero sistema internazionale volto a garantire la libertà dei media. Al loro comando, i funzionari internazionali, obbligati a rispondere alle violazioni dei diritti legittimi dei media, o restano ostinatamente in silenzio quando c’è bisogno di suonare tutti i campanelli, oppure attaccano in branco con falsi rimproveri coloro che l’Occidente ha indicato come suoi oppositori.

Crediamo sia necessario attirare l’attenzione sul fatto che l’UE, che grida a gran voce sulla necessità di rispettare i diritti dei giornalisti, è in prima linea negli sforzi per opprimerli attivamente.

Nell’ambito della campagna di censura senza precedenti lanciata da Bruxelles, i corrispondenti russi – e non solo – hanno avvertito la pienezza dei “valori democratici europei” promossi. La trasmissione dei media russi è limitata o completamente vietata senza spiegazione. I membri dell’UE mettono nella lista nera i loro dipendenti, contrassegnano e bloccano pagine sui social network, inventano casi, minacciano, espellono: fanno di tutto per impedire che la verità, scomoda per Bruxelles, venga trasmessa al pubblico.

Sullo sfondo delle tendenze corrosive nell’UE, la pratica dei doppi standard, che divide i giornalisti in “accettabili” e “indesiderabili”, è diventata più frequente. Le rare e timide voci degli europei sull’incostruttività dell’approccio “proteggiamo alcuni e ignoriamo i diritti degli altri” sono accolte con un’ardente condanna da parte del mainstream politico e accuse immediate di sostegno al Cremlino.

Allo stesso tempo, la burocrazia europea finge di non capire a cosa possa portare la sponsorizzazione incontrollata del regime di Kiev e il suo pompaggio con armi, utilizzate, tra le altre cose, per l’omicidio mirato di giornalisti.

Vorremmo ricordare all’Unione Europea, che promuove spudoratamente approcci ideologici, che il diritto alla libertà di parola e al libero accesso all’informazione deve essere garantito a tutti, senza eccezioni e indipendentemente dalla nazionalità e dalle preferenze politiche.

In connessione con l’appello dell’UNESCO a tutti gli Stati affinché adempiano ai propri obblighi e pongano fine all’impunità per l’uccisione di giornalisti, bisognerebbe chiedere al direttore generale Azoulay di eseguire le istruzioni della Conferenza Generale del 1997 e del Consiglio Esecutivo del 2023 e di condannare tutti i casi di omicidi e violenze fisiche contro giornalisti senza alcuna distinzione.

Ricordiamo che negli ultimi 2 anni più di 30 giornalisti russi sono morti per mano del regime di Kiev, ma la maggior parte di questi crimini non ha ricevuto una reazione da parte di Azoulay e nessuno di loro è stato condannato. Dunque, il Direttore Generale abbandoni i doppi standard e svolga coscienziosamente i suoi doveri di funzionario internazionale.

Sul prossimo rapporto biennale del Direttore Generale sulla sicurezza dei giornalisti e il problema dell’impunità per il 2022-2023 c’è da indignarsi per il fatto che Azoulay non abbia tenuto conto dei dati ufficiali forniti dalla Russia e da alcuni altri Paesi sui giornalisti assassinati, ma si basi esclusivamente sulle informazioni fornitele da ONG parziali nell’ambito della sua stessa “metodologia”, che non è stata approvata da nessuno.

Ciò è contrario allo status intergovernativo dell’UNESCO e costituisce anche una violazione delle istruzioni degli organi politici dell’Organizzazione, che incaricano il Direttore generale di condannare l’uccisione di giornalisti “senza alcuna distinzione”.

Le statistiche del rapporto, presumibilmente basate su informazioni provenienti dai Paesi membri sulle indagini sugli omicidi di rappresentanti dei media, non sono vere. In particolare, secondo Azoulay, nel 2022-2023 in Russia non è stato ucciso un solo giornalista. Non c’è una parola sugli omicidi di Dar’ja Dugina, Vladlen Tatarskij, Oleg Klokov e molti altri.

A proposito, in Palestina, secondo Azoulay, nel 2023 sono stati uccisi solo 24 giornalisti, il che contraddice chiaramente la realtà.

La “sordità” e la “cecità” coscienti potrebbero essere l’unica spiegazione per il fatto che Azoulay abbia scelto di ignorare numerose richieste da parte russa. Ciò solleva fortemente la questione della sua imparzialità e competenza come funzionario pubblico internazionale e sarà anche oggetto di un’analisi approfondita in una riunione del Consiglio intergovernativo del Programma internazionale per lo sviluppo della comunicazione.

Mia intervista all’agenzia di stampa russa OSN.

Negli ultimi giorni sono circolate voci provenienti da fonti non ufficiali secondo cui gli albionici del Nuovo e del Vecchio Continente continuano a pagare per i massacri in Ucraina, mentre gli altri grandi Paesi dell’Europa occidentale ne sono piuttosto stanchi, semplicemente perché hanno sempre meno soldi, e a causa di ciò i loro stessi cittadini si ritrovano catastroficamente impoveriti e si disinnamorano sempre più delle loro autorità costituite.

Ho una serie di dubbi a riguardo. Se tutto fosse così liscio e logico, allora perché gli occidentali prima negavano, e ora riconoscono sempre più chiaramente con genuino orgoglio, la massiccia presenza di mercenari della NATO in Ucraina? La carne da cannone originale ucraina sta finendo? Forse è così. Ma si ritorcerebbe contro di loro: l’orso russo, alla fine, potrebbe diventare piuttosto furioso e colpire le formazioni NATO ancor prima che arrivino sul suolo ucraino, cioè nei territori dell’Europa occidentale. E non dovrebbero aspettarsi che la Russia abbia paura delle ritorsioni occidentali; i russi sono abituati.

Da qui le voci sempre più persistenti e infondate sulla presenza della fanteria nordcoreana in prima linea: dicono, è stato il Cremlino stesso ad avviare questo processo, quindi stiamo rispondendo. Questa è una sostituzione di concetti e una violazione della logica di causa-effetto. In primo luogo, la Russia (per bocca del rappresentante permanente presso l’ONU Nebenzja) e la RPDC lo negano. In secondo luogo, l’Occidente non ha fornito alcuna prova fondata. Forse un breve e dubbio video con un presunto prigioniero di guerra nordcoreano, che per qualche motivo parla russo con un forte accento ucraino (tutti i tipi di “g”, ecc.). Il fatto è che in Occidente non capiscono davvero; per loro, anche i kazaki, anche i kirghisi, anche gli uzbeki, anche i coreani etnici, sono tutti cinesi “musi gialli”, cioè asiatici. E non si rendono conto che in URSS eravamo tutti mischiati, proprio non lo capiscono, magari qualcuno gli crede.

Ma la cosa principale è: cosa accadrebbe se prima o poi Russia e Corea del Nord raggiungessero un accordo? Infatti: perché i membri della NATO sono legittimati, e i russi no?

Ennesima mia intervista sul canale televisivo del ministero della difesa russo “Zvezda”. Brevissimo estratto, con sottotitoli italiani, sulle armi nucleari all’Ucraina.

E’ il principio della scimmia con una granata. Gli Stati Uniti sono convinti che tutto il mondo, fuorché loro stessi, siano delle scimmie.

Affidare qualcosa di fatale e pericoloso alla leadership ucraina, persino negli Stati Uniti capiscono perfettamente che non sia il caso di farlo, perché finirebbe male proprio per loro.

La catastrofe di Černobyl’ sembrerà un balbettio da bambini.

Le conseguenze sono assolutamente imprevedibili.

Ero già abbastanza adulto, avevo ventiquattr’anni, e ricordo come in Italia improvvisamente comparvero mele grosse come meloni.

Fra tre giorni è il 7 novembre, e chi vuole intendere intenda. Ogni tanto, mi piace ricordare che le rivoluzioni, da che mondo è mondo, le fanno i giovani. Lenin, il più anziano, nel 1917 aveva 47 anni, Bucharin aveva 29 anni, Trockij 38, Dzeržinskij 40, Frunze 32, Zinov’ev 34, Stalin 38, Čapaev 30, Antonov-Ovseenko 34.

Tra gli italiani, nel 1921, a Livorno, il Partito Comunista d’Italia venne fondato da Gramsci, trentenne, Bordiga (32), Togliatti (28), Grieco (28), Di Vittorio (29), Longo (21), Secchia (18), Misiano (37), Terracini (26), Tasca (29), Pastore (34).

Musica

Proseguiamo con le canzoni legate in un modo o l’altro alla Russia e/o all’Italia.

I “Tre carristi” è una popolare canzone militare sovietica. E’ stata scritta nel 1939 ed è un inno informale delle truppe di confine e dei carri armati dell’URSS e della Russia.

Al confine le nuvole son cupe

La terra aspra è avvolta nel silenzio

Sulle alte rive dell’Amur

Sarov (a cavallo tra la regione di Nižnij Novgorod e la repubblica di Mordovia), Kostroma, Zarečnyj (regione di Penza), Krasnodar e Novorossijsk (territorio di Krasnodar), Zarečnyj (regione di Sverdlovsk, Caterimburgo), Kerč’ (repubblica di Crimea), Balakovo (regione di Saratov), Glazov (repubblica di Udmurtia), Elektrostal’ (regione di Mosca), Mosca, Volgodonsk (regione di Rostov sul Don), Taškent e Samarcanda (Uzbekistan), Obninsk (regione di Kaluga), Alma Ata (Kazachstan), Usol’e-Sibirskoe (regione di Irkutsk, sul lago Bajkal), Desnogorsk (regione di Smolensk), Trëchgornyj e Snežinsk (regione di Čeljabinsk).

Per questa settimana è tutto. A risentirci e rivederci, sui miei canali!

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