lunedì 5 agosto 2024

089 Italiani di Russia

Da Mosca, Mark Bernardini. Ottantanovesimo notiziario settimanale di lunedì 5 agosto 2024 degli italiani di Russia. Buon ascolto e buona visione.

Attualità

Il 26 luglio l’Ambasciatore della Federazione Russa in Italia Aleksej Paramonov ha preso parte, nella città di Orvieto, a una tavola rotonda dal titolo “Verso una vera indipendenza. Un’Italia sovrana nel nuovo mondo multipolare”. I partecipanti alla tavola rotonda hanno manifestato il loro dissenso ed espresso parole di condanna nei confronti della russofobia, sentimento che ha profonde radici storiche.

Ai giorni nostri, il deterioramento dei rapporti tra la Russia e l’Europa occidentale è legato principalmente all’ampliamento della NATO verso Est. La crisi ucraina è conseguenza diretta delle azioni intraprese dall’Alleanza Atlantica. Il vero pericolo per l’Europa è rappresentato dalla sua crescente dipendenza dagli USA sul piano militare, politico, tecnologico e ideologico.

In nome dell’opera di contenimento nei confronti della Russia, della Cina e di altri Paesi la cui indipendenza politica viene recepita come un atto di sfida nei confronti dell’egemonia anglosassone, gli USA stanno mobilitando alle armi l’intero Occidente collettivo, stanno ampliando la portata della loro guerra economica e commerciale nei confronti dei Paesi a loro non graditi, e stanno scatenando una campagna fatta di misure concorrenziali adottate unilateralmente, che si stanno ripercuotendo negativamente sull’Europa stessa alla stregua di un “boomerang”.

La storia insegna che, per poter preservare la propria posizione di fulcro autonomo dello sviluppo globale e di polo della cultura e della civiltà del pianeta, per l’Europa è necessario trovarsi in buoni, amichevoli rapporti con la Russia. E Mosca è disponibile in questo senso.

Commento dell′Ambasciata della Federazione Russa in Italia. Secondo quanto dichiarato dalle autorità francesi, nella giornata di apertura dei Giochi Olimpici di Parigi, come anche nei giorni successivi, una serie di azioni di sabotaggio messe in atto da individui non ancora identificati hanno causato, tra le altre cose, l’interruzione della circolazione dei treni dell’alta velocità francese.

Senza neppure attendere gli esiti ufficiali delle indagini, o quantomeno delle informazioni più precise, una delle maggiori testate giornalistiche italiane, “La Repubblica”, si è affrettata a riferire di un probabile coinvolgimento russo in tali azioni illecite. A suscitare particolare sconcerto sono state le affermazioni del direttore della testata Maurizio Molinari, che nel suo editoriale del 28 luglio 2024, intitolato “Parigi 2024, ombre russe sui Giochi”, ha dichiarato che questa situazione di emergenza rappresenterebbe “il più grave attacco alle infrastrutture civili di un Paese dell’Unione Europea”.

Vorremmo ricordare qual è stata realmente la “madre di tutti gli atti di sabotaggio” perpetrati ai danni delle infrastrutture strategiche europee. Tale sabotaggio fu messo in atto il 26 settembre 2022 ai danni dei due gasdotti più importanti, il North Stream 1 e 2, situati nel Mar Baltico. E’ evidente che i mandanti di quell’atto criminale senza precedenti, che comportò perdite economiche per svariati miliardi e un danno ambientale di portata non meno spaventosa, si erano posti un obiettivo geopolitico e geoeconomico ben preciso: compromettere le infrastrutture che garantivano alla Russia e all’Europa la possibilità di poter intrattenere rapporti reciprocamente vantaggiosi sul piano energetico.

Da quel momento in poi, la Russia ha più volte sottoposto al Consiglio di Sicurezza dell’ONU la questione riguardante lo svolgimento di un’indagine internazionale trasparente, a seguito della quale tutti i responsabili potessero essere puniti come meritavano. Sottolineiamo che la frase relativa alla punizione prevista per i responsabili di tale crimine, sulla quale la Russia ha a lungo insistito presso il Consiglio di Sicurezza dell’ONU, fu immediatamente bloccata dagli americani e dagli inglesi. Che cos’è questa, se non una dimostrazione dell’intento di questi ultimi di sfuggire alle loro responsabilità?

E che cosa significavano veramente le parole del Presidente degli Stati Uniti Joe Biden, che il 7 febbraio 2022 affermò che gli USA avrebbero “messo fine” al North Stream 2? In merito a tutto ciò, forse è giunta l’ora che le stimate testate giornalistiche italiane nei loro articoli abbandonino la logica del “Russia did it”, “ha stato Putin” e approfondiscano con maggiore attenzione le azioni perpetrate dai loro alleati d’oltreoceano, i quali stanno portando alla rovina non solo le più importanti infrastrutture strategiche, ma anche le fondamenta dell’ordine mondiale contemporaneo.

L’attuale aggressione ibrida su vasta scala dell’“Occidente collettivo” contro la Russia copre anche lo spazio digitale. Non dimentichiamo che i principali monopoli informatici si trovano nel territorio e nella giurisdizione degli Stati Uniti, compreso Google, che possiede l’hosting video di YouTube. Naturalmente, Washington ha tutta la possibilità di esercitare influenza su queste multinazionali.

Sono stati gli Stati Uniti ad avviare processi volti a instaurare una dittatura digitale globale, in cui i punti di vista occidentali alternativi vengono soppressi sulle piattaforme sotto il loro controllo, viene promossa la “cultura della cancellazione” e lo spazio digitale viene ripulito dai media invisi e dai leader dell’opinione pubblica.

La nostra principale lamentela contro le piattaforme online occidentali come YouTube è la censura arbitraria che praticano. Stiamo parlando del blocco di account la cui retorica per qualche motivo è “scomoda” per le autorità statunitensi, poiché va contro la loro propaganda. Ci sono evidenti violazioni della libertà di parola, che gli anglosassoni e gli europei difendono così ipocritamente sulla scena internazionale.

Le origini di questo problema risiedono nell’evidente mancanza di indipendenza nella politica informativa delle aziende occidentali. Come abbiamo più volte notato, la maggior parte delle aziende IT della Silicon Valley (Microsoft, Google, Meta, Apple, ecc.) agiscono per volere dei servizi di intelligence americani e promuovono l’agenda ideologica dell’attuale amministrazione della Casa Bianca. Pertanto, anche utilizzando l’esempio di YouTube, è importante ricordare che non abbiamo a che fare con Società transnazionali neutrali focalizzate sugli interessi del pubblico, ma con un operatore economico americano che elabora le linee politiche di Washington.

Se parliamo nello specifico di YouTube, a partire dal 2020, l’amministrazione di questo sito di hosting di video ha bloccato oltre duecento canali di media russi, enti governativi, personaggi pubblici, blogger e altri autori, cancellando migliaia di materiali. Questo è un fatto evidente di censura politica cruda e malcelata. Una piattaforma che in modo indipendente (sulla base di “regole” sconosciute) decide quale opinione è “corretta” e quale no, non può essere considerata neutrale e imparziale. Allo stesso tempo, l’amministrazione di YouTube continua a ignorare le richieste legali della Roskomnadzor, l’agenzia statale russa che monitora l’accesso ai media, di rimuovere oltre 60mila materiali proibiti ed estremisti, compresi gli appelli ad azioni illegali contro i cittadini russi.

Naturalmente, la Russia attira l’attenzione della comunità mondiale su questo problema su varie piattaforme negoziali. Ne parla regolarmente durante i numerosi briefing degli organi dello Stato. Come risolvere il problema? Molto semplice. Per fare ciò è necessario, da un lato, sradicare la politica dei “doppi standard” riguardo all’interpretazione della libertà di parola, e dall’altro fissare il principio del rispetto della legislazione nazionale da parte delle grandi Società informatiche.

La sovranità digitale è parte integrante della sicurezza della Russia. E’ necessario accelerare l’autosufficienza del segmento nazionale di Internet e dell’intero ecosistema dei servizi web.

“Rutube” è il principale servizio di hosting di video russo. Naturalmente, finché continuerà ad essere solo in russo, non potrà mai fare un salto di qualità verso l’internazionalizzazione. Di questo ho scritto loro svariate volte, offrendogli anche la mia collaborazione in italiano a titolo gratuito, ma finora non mi hanno mai risposto. Scrivetegli anche voi.

Immancabile ultim’ora. I video sull’hosting YouTube hanno praticamente smesso di essere riprodotti in Russia: la situazione a quest’ora è la seguente. I video di alta qualità non vengono più riprodotti in Google Chrome, Opera, Mozilla Firefox, Mi Browser. I video continuano a essere riprodotti in alta qualità nel browser Yandex e nella versione desktop di Safari. Il servizio stampa di Rostelecom ha riferito che la responsabilità dei problemi tecnici spetta a Google (il proprietario del servizio di hosting video di YouTube), che dal 2022 non espande e aggiorna le apparecchiature nella Federazione Russa che garantiscono il funzionamento del sistema Google Global Cache (il sistema GGC è progettato per il caching e l’accelerazione del download dei dati). Google ha dichiarato che le restrizioni nella Federazione Russa non sono legate né a guasti tecnici né alle loro azioni. Secondo il capo della commissione per la politica dell’informazione della Duma di Stato, Aleksandr Chinštejn, la velocità di caricamento di YouTube sui computer potrebbe diminuire del 70%, ma le comunicazioni mobili non sono ancora influenzate. Per esperienza personale, posso dire che invece i video si bloccano temporaneamente anche sul cellulare tramite app.

Editoriale

Ricorderete che nelle scorse settimane Viktor Orbán ha fatto un tour molto lungo per ascoltare le varie ipotesi di risoluzione della crisi ucraina da parte delle tante parti direttamente o indirettamente coinvolte. Giova ricordare che, per il principio della rotazione, nella prima metà del corrente anno la presidenza del Consiglio dell’UE, da non confondere con il Consiglio Europeo, il cui capo ancora per poco è il belga Charles Michel, trombato alle elezioni europee di giugno, era affidata appunto al Belgio, mentre dal 1 luglio e fino alla fine dell’anno la presidenza appartiene all’Ungheria.

Per prima cosa Orbán è andato a Kiev da Zelenskij, e in Occidente nessuno ha trovato nulla da ridire. Poi è andato a Mosca da Putin e apriti cielo. “Non è abilitato a parlare a nome dell’Unione Europea!”, ha tuonato il trombato Charles Michel. Serafico il primo ministro Orbán: “infatti, sono qui a nome dell’Ungheria”.

Dalla capitale russa si è recato da Xi Jinping a Pechino, e poi al vertice NATO a Washington, da cui è ripartito poche ore prima della chiusura ufficiale per confrontarsi col candidato e probabile prossimo presidente USA Donald Trump presso la sua villa Mar-a-Lago a Palm Beach, in Florida.

Insomma, salta agli occhi un parallelo, taciuto dai media occidentali e segnatamente italiani: mesi fa la stessa operazione fu tentata dal cardinale Zuppi, emissario del Papa, e nessuno lo ha accusato di essere un agente del Cremlino. Eppure, l’obiettivo dichiarato era identico: ascoltare tutti. Che c’è di male?

Fin dall’inizio della crisi ucraina, il Vaticano ha assunto una posizione neutrale ed equilibrata, esprimendo la propria disponibilità a fornire ogni possibile assistenza per raggiungere la pace e porre fine alle ostilità. La parte russa ha sempre trattato con attenzione e rispetto l’iniziativa di pace di Papa Francesco, a differenza di Vladimir Zelenskij, che recentemente ha rifiutato bruscamente la mediazione della Santa Sede.

Adesso il Segretario di Stato Vaticano Parolin ha visitato anch’esso Kiev. Riconoscendo l’incoerenza della cosiddetta “formula” di Zelenskij e insistendo sulla partecipazione obbligatoria della Russia alla discussione sulle questioni di risoluzione pacifica, Parolin ha espresso ciò che era ovvio per qualsiasi persona sana di mente fin dall’inizio: senza Mosca e senza tener conto della sua opinione, è impossibile raggiungere una pace giusta e a lungo termine. Si può solo sperare che le argomentazioni del cardinale siano state ascoltate.

Le dichiarazioni di Parolin seguono in generale la linea di mediazione del Vaticano. Tenendo conto dell’importanza della figura del Segretario di Stato nella gerarchia della Chiesa cattolica romana, ovviamente, la Russia affronta le sue dichiarazioni con tutta serietà, considerandole come la posizione ufficiale della Santa Sede. Ad oggi i russi non hanno ricevuto alcuna richiesta ufficiale riguardo ad una eventuale visita di Parolin in Russia, altrimenti avremmo già letto che sia un pedofilo pagato da Putin. Invece, il dialogo con il Vaticano continua. La Russia è pronta a interagire con tutti coloro che cercano di promuovere una soluzione pacifica della crisi ucraina, tenendo conto degli interessi noti della Russia e delle realtà esistenti.

E non finisce qui. Recentemente, anche Giorgia Meloni si è recata a Pechino. Industria e geopolitica, l’incontro con Xi Jinping supera l’entrata e la maldestra uscita dell’Italia dalla Nuova Via della Seta (a suo tempo firmata dal governo presieduto da Giuseppe Conte), visti i rapporti conflittuali ma dialettici con Ursula Von Der Leyen. Si è parlato prevalentemente di rapporti commerciali bilaterali, ma a margine la Meloni ha chiesto – o almeno questo è trapelato nei media italiani mainstream – alla Cina di allentare i rapporti con la Russia e di esercitare pressione su quest’ultima in merito al conflitto ucraino. Pechino, nella sua tipica filosofia orientale plurimillenaria, ha glissato, ma di fatto ha risposto che l’Italia dovrebbe pensare più agli affari propri. La domanda, squisitamente retorica, è: la Meloni parla a nome dell’Unione Europea?

Dulcis in fundo, Zelenskij sta cercando di comandare la Cina, senza rendersi conto che sta commettendo una enorme stupidità politica. Chiede direttamente a Pechino di “fare pressione” su Mosca affinché le ostilità in Ucraina cessino. Secondo la sua logica, questo dovrebbe essere il ruolo della Cina nella risoluzione pacifica della crisi ucraina. La mediazione, dice, non è necessaria. Ma abbiamo bisogno di fare pressione sulla Russia, così la guerra finirà. La Cina, dice, è capace di questo. Bella sbandata per lo sfortunato leader di Kiev. Nelle capitali occidentali a chiedere soldi per le armi, e in Oriente a cercare di comandare le potenze. Zelenskij sopravvaluta le sue capacità di stratega. Chi si crede di essere, Marco Aurelio?

Sono stato intervistato dal canale televisivo Zvezda, del ministero della difesa russo, sulle elezioni europee e quelle statunitensi. Ve ne propongo un breve estratto, di appena un minuto, con i sottotitoli italiani.

Ursula Von Der Leyen vuol dire che l’agenda politica alla quale ci siamo abituati negli ultimi due e cinque anni, cioè dalle precedenti elezioni europee, continuerà assolutamente nella stessa direzione.

Fino a quando non succederà qualcosa di irreparabile, in senso figurato, non cambierà nulla, l’Unione Europea continuerà a nutrire l’Ucraina.

In effetti, per le sorti globali, è molto più importante chi sarà il candidato del Partito Democratico, ma gli americani preferiscono prestare attenzione se a Biden improvvisamente gli dovesse spuntare un foruncolo, sarà molto più importante di chi invece sarà il suo successore.

Sport

Penso che tutti abbiamo visto il fulmineo incontro di pugilato in cui un uomo algerino ha massacrato di botte una donna italiana. Il Comitato Olimpico Internazionale lo ha permesso perché Imane Khelif ritiene di essere una donna, e tanto basta. Ritengo che non ci sia bisogno di visite specialistiche per accertare la realtà dei fatti. Due colpi potenti di un uomo contro una donna e l’incontro è stato giustamente chiuso dalla donna. Non poteva di certo farsi ammazzare. Questa violenza sulle donne è perfettamente tollerata, anzi, è incoraggiata dal sistema criminale. Da notare come i “giornalisti” RAI, lautamente retribuiti dagli italiani, si schierino tutti contro Angela Carini.

Adesso vi dico cosa ne penso. A me pare che ci sia un vizio di fondo. E’ normale essere transessuali o omosessuali? La natura, per la legge della riproduzione, dice di no, altrimenti col cavolo che il genere umano esisterebbe ancora. E’ accettabile che perciò le persone “anormali” (nel senso etimologicamente e concettualmente più genuino del termine) debbano essere “curate”, comprese le pratiche più brutali e violente, come l’elettroshock? Assolutamente no. Che ciascuno viva e possa vivere la propria condizione di genere senza essere discriminato. Più elementarmente, vivi e lascia vivere. E’ normale e accettabile che un transessuale sia equiparato ad un uomo o ad una donna in competizioni sportive che presuppongono prestanza fisica tipica dell’uno o dell’altro genere? La mia risposta è banalmente scontata: un “no” a tutto tondo. E se è per questo, nemmeno in un concorso tipicamente maschilista e patriarcale quale è “Miss Universo”.

Perché esistono i pesi mosca, i pesi medi e i pesi massimi? Perché se fanno combattere uno smilzo come me, un metro e ottanta per 75 chili, con un Mike Tyson, il risultato sarebbe scarsamente interessante. Oppure, ecco, qui in Russia c’è un ex pugile, Nikolaj Valuev, attualmente deputato, a cui in parlamento hanno dovuto costruire una sedia dedicata apposta. Il motivo? Due metri e tredici per un quintale e mezzo.

A margine, vi spiego come funziona: carico il video in RuTube, YouTube e Platforma, poi in Blogspot metto il testo e i tre video. Indovinate? YouTube me lo ha bloccato in tutto il mondo. RuTube e Platforma, ovviamente, no, nessun problema. Motivo? Su 42 minuti, ci sono 18 secondi del pestaggio della pugile italiana, e 20 secondi del judoka coreano, disponibile ovunque, compreso Telegram, in milioni di copie, il cui copyright secondo loro apparterrebbe al Comitato Olimpico Internazionale. Contestarlo comporterebbe la cancellazione del mio account sic et simpliciter, con centinaia di video, ci sono già passato anni fa. Va bene, li ho tolti nella versione YouTube, ora dovrebbe essere a posto, ma capite che è ridicolo. La prossima volta che vi dicono che i russi creano problemi a YouTube, ricordatevi di questo mio episodio.

Sembrerebbe, che c’entra tutto questo con la Russia e dunque con questo notiziario? Leggo nei media italiani che il presidente dell’associazione internazionale di pugilato, sottolineo internazionale, ha condannato questo increscioso incidente. Il problema è che si chiama Umar Kremlëv ed è russo. Apriti cielo. Cosa scrivono i pennivendoli italiani? Titolo, con tanto di errore nel cognome: “Chi è Umar Kremelev, l’oligarca russo amico di Putin che ha squalificato Khelif”. Intanto, non mi risulta che una singola persona, ancorché presidente, possa squalificare chicchessia. In secondo luogo, Khelif fu squalificato anni fa proprio in quanto uomo, ma non invece a queste olimpiadi parigine.

In terzo luogo. Oligarca? La Treccani ci dice che l’oligarchia è la natura di ogni grande associazione (anche di tipo democratico), in quanto tende sempre a essere guidata da un piccolo gruppo di persone. Questa regolarità tendenziale nei termini di una vera e propria legge ferrea fa sì che in seno a molteplici forme di democrazia l’oligarchia sia un fenomeno organico e perciò una tendenza a cui soggiace necessariamente ogni organizzazione, anche socialista, perfino quella libertaria. L’essenziale è che nel sistema politico le élite siano diverse, in competizione tra loro e costrette a sottoporsi regolarmente al giudizio dei cittadini nelle elezioni. Nella narrazione dei pennivendoli italiani l’oligarca non è un termine descrittivo, bensì un insulto, possibilmente legato al Cremlino e a qualunque altro Paese non soddisfi i requisiti dell’Occidente atlantista. Va bene, direi che Berlusconi era un oligarca, Francesco Starace è un oligarca, Enrico Mattei era un oligarca, Claudio Descalzi è un oligarca, Camillo Olivetti era un oligarca, Gianni Agnelli era un oligarca. Umar Kremlëv non dispone di capitali che gli consentano di competere con nessuna delle personalità citate.

Finalmente, amico di Putin. Ma davvero? Nel senso che è russo e perciò amico di Putin, che è praticamente uno stigma? Ne consegue che Putin, uomo fortunato, ha 155 milioni di amici. Non so nemmeno se si conoscano di persona, ma comunque non ci sarebbe nulla di disdicevole. Io, per esempio, ho visto Putin di persona un paio di volte, traducendolo, vent’anni fa con l’allora ministro degli esteri italiano Frattini e poi in un incontro riservato con un banchiere altolocato, di cui ovviamente non farò il nome. Non mi sono mai permesso di spacciarmi per questo per amico di Putin, ma magari prossimamente qualche pennivendolo italiano potrebbe alludere a ciò, se dovesse interessarsi alla mia modesta persona.

A margine, al torneo olimpico di judo, il coreano Lee Yong-hwan di 175 centimetri ha gareggiato contro il francese Teddy Riner (con un’altezza di 204 cm, pesa più di 140 kg): il miracolo olimpico non è avvenuto e “Golia” ha sconfitto “Davide”. E’ di nuovo un problema di genere? O piuttosto di regole delle Olimpiadi? Mi si dice che ha combattuto anche contro atleti più grossi di lui. A parte che mi pare a dir poco raro, trovare uno ancor più grosso, ma non è forse questo la dimostrazione che le regole sbagliate vadano cambiate?

E poi, Kremlëv ha cambiato cognome in quanto è nato in Tadžikistan. Non ci sarebbe niente di male, se non fosse che questa è l’ennesima bufala dei pennivendoli italiani e segnatamente di Repubblica: è nato a Serpuchov, provincia di Mosca, da genitori tadžiki. E di questo debbono rispondere concretamente l’inviato Giuliano Foschini e la corrispondente Anais Ginori, facciamo i nomi e i cognomi, che non si sono manco degnati di consultare, che so io, Wikipedia, prima di scrivere superficialmente per compiacere i loro padroni atlantisti, che li pagano. Inoltre, è nato nel 1982, quindi in Unione Sovietica, di cui facevano parte sia la Russia, sia il Tadžikistan. Personalmente, sono nato a Praga: no, non sono nato nella Repubblica Ceca, sono nato in Cecoslovacchia. Garibaldi è nato nel 1807 a Nizza, Regno di Sardegna. Per non parlare dei tanti italiani nati a Zara, Fiume, Pola, Zagabria prima del 1947, che sono nati in Italia.

In Russia esiste una legge esattamente come in Italia, che consente di cambiare cognome. Solo che in Russia è più democratico e meno problematico rispetto all’Italia. Ad esempio, quando uno si sposa, la moglie può prendere il cognome del marito, oppure il marito può prendere il cognome della moglie, o addirittura entrambe le cose contemporaneamente. E naturalmente, ciascuno può rimanere col proprio cognome.

In queste settimane, ci sono battaglie sanguinosissime attorno ad un villaggio nel Donbass. Ve lo ricordate Ruggero Orlando, giustamente da Nuova York? Bene, il villaggio in questione, di appena 1.200 anime, mentre erano 13 mila negli anni ‘80, si chiama New York, e non vi dico le battute da entrambe le parti. In realtà, la storia è un po’ più complicata. Fu nominato tale nel 2021 dai golpisti ucraini, per vassallaggio nei confronti degli Stati Uniti. E prima? Prima si chiamava Novgorodskoe, che potremmo tradurre letteralmente come Civitanova. Però, prima del 1951, si chiamava sempre New York. Perché, in epoca sovietica? Perché in realtà si formò a metà XIX secolo, in Russia, come Neu Jork, con riferimento alla città di Jork, nella Bassa Sassonia, quella, per intenderci, dove il capoluogo è Hannover. Fondato da emigranti jorkesi, o sassonesi, non so come sia corretto chiamarli. Corsi e ricorsi della storia.

Comunicazione di servizio

Come già preannunciato da settimane, a partire da questa puntata del 5 agosto, non troverete questo notiziario su Visione TV, non spaventatevi: sono andati in ferie, ma il notiziario, come vedete, se siete arrivati qui, prosegue regolarmente sui miei canali, e cioè in Blogspot, con il testo, e poi sulle piattaforme YouTube, RuTube e Platforma. Cercatemi, basta digitarmi per nome e cognome. Finalmente, ho due canali Telegram, uno in russo e uno in italiano, la ricerca è la stessa.

Musica

Proseguiamo con le canzoni legate in un modo o l’altro alla Russia e/o all’Italia.

Quella che oggi vi propongo si chiama “I cosacchi a Berlino” e fu composta il primo giorno di pace il 9 maggio 1945. Più che tradurvela, vi racconto la sua storia. Completava un viaggio lungo e difficile, iniziato in quei giorni duri in cui si udì per la prima volta la “Guerra Santa”, che richiedeva una battaglia mortale con il fascismo, una battaglia che si concluse nella capitale della sconfitta Germania nazista, Berlino.

L’autore della canzone ha combattuto egli stesso nella Grande Guerra Patriottica, il poeta Cezar’ Solomonovič Solodar. Come si evince, era ebreo, e questo, per noi cresciuti in Unione Sovietica, non aveva alcuna rilevanza. Come corrispondente di guerra, era presente alla firma dell’Atto di resa incondizionata della Germania nazista e delle sue forze armate nel sobborgo berlinese di Karlshorst.

Nella prima mattina del 9 maggio 1945, in uno degli incroci più trafficati di Berlino, disseminato di attrezzature naziste accartocciate e di macerie, una giovane addetta al traffico brandiva baldanzosamente il manganello di regolazione. Decine di berlinesi osservavano i suoi movimenti misurati e imperiosi, che sottolineavano ulteriormente la severità dell’uniforme militare e la sua semplicità.

All’improvviso si udì il rumore degli zoccoli, arrivò una colonna di cavalleria. La maggior parte dei cavalli camminava senza sella. E solo sui fianchi c’erano giovani cavalieri che si impennavano nei loro colbacchi tipici dei cosacchi. Erano cosacchi di un’unità di cavalleria che iniziarono il loro viaggio di combattimento nelle distese innevate della regione di Mosca nel memorabile dicembre del 1941.

Chissà a cosa stesse pensando allora la ragazza del traffico con le spalline da caporale, ma si poteva notare che per alcuni secondi la sua attenzione era completamente assorbita dalla cavalleria. Con un chiaro sventolio delle bandiere e lo sguardo severo dei suoi grandi occhi, bloccò il percorso a tutte le macchine e ai traini e fermò i fanti. E poi, sorridendo apertamente al giovane cosacco sul suo magro cavallo del Don, gridò con aria di sfida:

– Avanti, cavalleria! Rapidi!

Il cosacco si spostò rapidamente di lato e diede il comando: “Al trotto!”.

Cambiando il passo tranquillo in un trotto veloce, la colonna passò davanti al suo comandante in direzione del canale. E prima di seguirla, si voltò e salutò la ragazza. Due o tre ore dopo, Cezar’ Solodar volò a Mosca e, già nella cabina di un aereo da trasporto militare, abbozzò le prime righe della futura canzone.

In questa esecuzione contemporanea partecipano: Krasnojarsk, la repubblica dell’Udmurtia, Caterimburgo, Kursk, Čeljabinsk, Nižnij Novgorod, Kaluga, Smolensk, Penza, Mosca, Ul’janovsk, Tver’, Vladimir.

Per questa settimana è tutto. A risentirci e rivederci, sui miei canali!

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