lunedì 29 luglio 2024

088 Italiani di Russia

Ottantottesimo notiziario settimanale di lunedì 29 luglio 2024 degli italiani di Russia. Buon ascolto e buona visione.

Attualità

Il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, merita un premio Nobel per la medicina, dopo aver scoperto il metodo più veloce per curare il covid. La cura rivoluzionaria si chiama “ritiro dalla corsa elettorale”.

Biden era risultato positivo al covid giovedì 18 luglio. La notizia è stata subito interpretata dai media statunitensi e internazionali come “motivo plausibile”, volto a permettere a Biden di mettere la parola “fine” alla propria disastrosa campagna elettorale. Infatti due giorni più tardi, domenica 21 luglio, Biden ha annunciato il ritiro della propria candidatura e ha subito appoggiato quella del vicepresidente, Kamala Harris.

E martedì 23 luglio il medico della Casa Bianca, Kevin O’Connor, ha solennemente annunciato che il “presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, non è più positivo al covid”. In pochissimo tempo i sintomi di Biden si sono risolti miracolosamente, il covid “politico” non c’è più e le sue condizioni di salute sono rientrate nella norma.

Fate caso alla cronologia di questi ultimi giorni sull’Alaska.

22 luglio. Il Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti intende condurre esercitazioni militari nell’Artico in modo indipendente e insieme agli alleati di Washington per dimostrare la sua capacità di combattimento e interoperabilità, afferma la strategia artica aggiornata del Pentagono.

“Essere presenti nell’Artico, conducendo esercitazioni sia in modo indipendente che congiuntamente con alleati e partner per dimostrare l’interoperabilità e la solida capacità di combattimento complessiva, supportando la difesa nazionale e le operazioni di proiezione della potenza globale”, afferma il documento.

Inoltre, gli Stati Uniti intendono cooperare con i loro partner e alleati nell’Artico, nonché con le società industriali e le tribù locali dell’Alaska, afferma la strategia artica aggiornata del Pentagono.

“Lavorare con i nostri alleati e partner, le autorità federali, statali e locali, le tribù e le comunità dell’Alaska e l’industria per rafforzare la deterrenza integrata e migliorare la sicurezza condivisa”, afferma il documento.

23 luglio. Il Pentagono, in particolare, esprime preoccupazione per le crescenti capacità della Russia nella regione, che, come si legge nel testo, “rappresentano potenzialmente una minaccia per il territorio degli Stati Uniti e dei loro alleati”. Questa strategia tiene conto, dei cambiamenti geopolitici e geofisici. Cioè, per la prima volta comincia a prendere in considerazione il riscaldamento nell’Artico. Il secondo punto è che ora tutti i cosiddetti paesi circumpolari, ad eccezione della Russia, sono diventati membri della NATO, comprese Svezia e Finlandia. Su questa base si sta costruendo la strategia. Se prima, nella strategia precedente, si diceva che avrebbero monitorato la situazione nell’Artico, ora hanno scritto che non stanno solo monitorando, ma stanno contrastando tutte le aree di attività russa nell’Artico, che considereranno ostili per se stessi. Il cambiamento climatico influenza l’atteggiamento degli Stati Uniti nei confronti della rotta del Mare del Nord.

Diciamo che il Mare di Barents e lo Stretto di Bering stanno diventando più liberi per la navigazione. Naturalmente, gli Stati Uniti affermano di non tenere conto, di non considerare importante la priorità della Russia rispetto alla rotta del Mare del Nord. Dobbiamo anche tenere conto dell’Ice Pact concluso da Finlandia, Canada e Stati Uniti, che prevede grandi investimenti nella costruzione di una flotta di rompighiaccio.

E poi c’è il rafforzamento dei gruppi NATO nella Finlandia settentrionale e in Alaska. La regione artica è concettualmente una priorità per l’Alleanza del Nord Atlantico e per il suo principale beneficiario, Washington, con l’adesione di Svezia e Finlandia alla NATO. Il raggruppamento nella Finlandia settentrionale viene rafforzato: l’addestramento delle forze speciali Utti e l’acquisto di Caccia F-35 Lightning. Sul lato dell’Alaska, viene creata una nuova ala aerea con caccia F-35 Lightning e F-22 Raptor e, naturalmente, la componente aviotrasportata. Stanno rafforzando questo gruppo con l’aviazione dell’esercito e le divisioni di fanteria vengono riqualificate come unità aviotrasportate per indebolire la Russia. Gli Stati Uniti sperano di controllare la regione attraverso la quale passa la rotta del Mare del Nord.

Questa regione è interessante anche per loro perché non riconoscono la Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare del 1982 e considerano la rotta del Mare del Nord come extraterritoriale. E questo suggerisce che faranno ogni sforzo per garantire che se la Russia si indebolisse, loro possano controllare questa regione. Naturalmente, questi sono progetti irrealistici, perché negli ultimi 12 anni un potente gruppo di forze e mezzi della flotta russa è stato creato nell’Artico e ci sono basi permanenti negli arcipelaghi che non consentono alla NATO e a Washington di realizzare i loro piani aggressivi.

24 luglio. Due bombardieri russi e due cinesi sono volati nello spazio aereo internazionale vicino all’Alaska, ha detto il North American Air Defense Command (NORAD). Il NORAD ha rilevato, tracciato e intercettato due aerei russi Tu-95 e due aerei militari cinesi H-6 che operavano all’interno della zona di identificazione della difesa aerea dell’Alaska, ha affermato il NORAD in una dichiarazione sul sito del social network X.

Come ha sottolineato il Comando, i bombardieri russi e cinesi “sono rimasti nello spazio aereo internazionale e non sono entrati nello spazio aereo sovrano del Canada o degli Stati Uniti”.

Gli aerei russi e cinesi hanno ripetutamente effettuato pattugliamenti congiunti. A maggio, a seguito della visita a Pechino di Vladimir Putin, è stata rilasciata una dichiarazione congiunta in cui si affermava, in particolare, l’intenzione dei due Paesi di approfondire la cooperazione in campo militare, ampliare la portata delle esercitazioni congiunte e dell’addestramento al combattimento.

Il Ministero della Difesa russo ha ripetutamente indicato che gli aerei russi volano nel rigoroso rispetto delle regole internazionali per l’uso dello spazio aereo su acque neutre, senza attraversare rotte aeree o avvicinarsi pericolosamente ad aerei di uno Stato straniero.

25 luglio. Il Ministero della Difesa russo ha riferito che i vettori missilistici strategici Tu-95MS e i bombardieri cinesi hanno condotto pattugliamenti congiunti sulle acque dei mari di Čukči, di Bering e dell’Oceano Pacifico settentrionale. Il dipartimento ha sottolineato che nello svolgimento degli obiettivi gli aerei di entrambi i Paesi hanno agito in conformità con le disposizioni del diritto internazionale e non hanno violato lo spazio aereo di altri Stati. Inoltre, il pattugliamento non è stato diretto contro terzi e si è svolto in conformità con il piano annuale di cooperazione tra gli eserciti dei due Paesi, ha concluso il ministero.

26 luglio. Il Pentagono è allarmato dai dati sui bombardieri russi e cinesi che pattugliano il mare di Bering al largo delle coste dell’Alaska, ha detto il segretario alla Difesa statunitense Lloyd Austin, come riportato dall’Associated Press. “Questi rapporti tra Mosca e Pechino ci preoccupano costantemente”, ha detto.

L’articolo rileva inoltre che questa è stata la prima volta nella storia che i bombardieri cinesi hanno volato all’interno della zona di identificazione della difesa aerea dell’Alaska e che gli aerei dei due Paesi sono decollati dalla stessa base nel nord-est della Russia.

Alcuni spettatori mi hanno chiesto in settimana, preoccupati, se fosse vero che Lavrov fosse in fin di vita. Mentre me lo chiedevano, io lo stavo guardando in diretta, sottolineo in diretta, all’incontro a Mosca con le ONG russe, che ho poi tradotto in simultanea per Visione TV. Subito dopo, è partito alla volta di Ventiane, nel Laos, per il vertice dei ministri degli esteri dell’ASEAN. Lavrov li ha incontrati praticamente tutti, ed erano decine, ma di questo i media italiani non hanno proferito verbo.

A margine, si è svolto un incontro tra lui e il suo omologo cinese Wang Yi. Le parti hanno molto apprezzato lo sviluppo del dialogo politico e l’interazione pratica tra Russia e Cina in un contesto di crescente turbolenza nel sistema mondiale. Particolare attenzione è stata rivolta ai progressi nell’attuazione degli accordi raggiunti a seguito del vertice di Pechino del maggio di quest’anno.

I ministri hanno discusso in dettaglio le questioni della cooperazione all’interno dell’ASEAN nel contesto dell’intensificazione delle attività di singoli Paesi per creare meccanismi politico-militari a blocco ristretto volti a minare il sistema incentrato sull’ASEAN per il mantenimento della sicurezza e della stabilità nella regione Asia-Pacifico. Hanno molto apprezzato il nuovo formato di interazione “Presidenza Russia – Cina + ASEAN”, il cui incontro inaugurale con la partecipazione della parte laotiana si è svolto a Vientiane il 25 luglio. E’ stata espressa la speranza per un ulteriore rafforzamento di questa piattaforma di dialogo nell’interesse dello sviluppo della cooperazione nello spazio ASEAN.

Sergej Lavrov e Wang Yi hanno sottolineato l’importanza di rafforzare il coordinamento della politica estera tra Mosca e Pechino su varie piattaforme internazionali, tra cui l’ONU, la OCS, l’APEC, il G20 e altri formati. Il ministro russo ha espresso gratitudine alla parte cinese per aver sostenuto la presidenza russa nei BRICS e ha confermato la disponibilità di Mosca ad assistere Pechino nel suo “avvicendamento” alla presidenza nella OCS. Sergej Lavrov e Wang Yi hanno discusso le prospettive di attuazione del concetto avviato dalla parte russa di creare una nuova architettura di sicurezza in Eurasia in un contesto di stagnazione dei meccanismi euro-atlantici.

Il capo del Ministero degli Esteri russo ha espresso gratitudine per la posizione equilibrata e coerente sulla crisi ucraina e ha accolto con favore le iniziative di Pechino volte a promuovere approcci che tengano conto degli interessi di tutte le parti coinvolte e implichi l’eliminazione delle cause profonde del conflitto.

La conversazione si è svolta nel modo tradizionalmente confidenziale e costruttivo tipico del partenariato strategico russo-cinese.

Apertura Olimpiadi a Parigi. Sì sì. Senza commenti, da parte mia. Un breve paragone tra Soči nel 2014 e Parigi nel 2024.

Economia

L’Ucraina ricorre all’arma energetica contro i Paesi “filorussi” della UE, il greggio russo crea discordia tra i Ventisette.

Braccio di ferro tra l’Ucraina da una parte, l’Ungheria e la Slovacchia dall’altra, che non ricevono più petrolio dal colosso petrolifero russo Lukoil. Kiev ha letteralmente “chiuso il rubinetto” dell’oleodotto ex sovietico “Družba” (Amicizia) attraverso il quale notevoli quantità di poco costoso greggio russo affluivano alle raffinerie ungheresi e slovacche, lasciando praticamente “a bocca asciutta” i consumatori est-europei.

Le sanzioni ucraine contro Lukoil hanno fatto infuriare i Governi di Budapest e di Bratislava che lunedì 22 luglio hanno inviato alla Commissione europea una lettera di protesta congiunta, firmata dai ministri degli esteri dei due Paesi est-europei e contenente la richiesta di “premere sull’Ucraina affinché ripristini pienamente il transito attraverso il suo territorio del petrolio di Lukoil”. Budapest e Bratislava hanno accusato l’Ucraina di aver violato i termini dell’accordo di associazione alla UE nel quale, “nero su bianco”, Kiev si impegnava a non impedire il transito di energia sul suo territorio.

L’Ungheria e la Slovacchia non hanno sbocchi sul mare e insieme alla Repubblica Ceca, erano stati esentati dal divieto di importare petrolio via terra dalla Russia. L’Ungheria acquista dalla Russia il 70% delle sue importazioni petrolifere e la carenza di petrolio ha già iniziato a spingere al rialzo i prezzi di benzina con conseguenze drammatiche sull’intera catena economica.

Come ha fatto sapere il capo della diplomazia ungherese, Péter Szijjártó, scaduto un ultimatum di tre giorni, la questione verrà portata sul tavolo della Corte di giustizia europea, mentre l’Ungheria in assenza di una soluzione rapida ed efficace bloccherà qualsiasi nuovo pagamento all’Ucraina da parte del cosiddetto “Strumento europeo per la pace”, una specie di “calderone” finanziario che permette all’Unione europea di inviare aiuti finanziari ai Paesi extra comunitari. Per rispondere alle esigenze di difesa e armamento di Kiev, Bruxelles nel 2022-2024 attraverso questo strumento finanziario ha mobilitato oltre 6 miliardi di euro. A marzo l’Ungheria dopo forti pressioni aveva accettato l’aumento del massimale di altri 5 miliardi di euro, e l’istituzione di un apposito fondo pro Ucraina.

Alla fine del 2024 scadrà l’accordo di transito di gas russo attraverso il territorio dell’Ucraina mentre il presidente ucraino, Zelenskij, ha dichiarato che “non intende rinnovare l’intesa”, con conseguenze drammatiche per le forniture di “combustibile blu” verso la martoriata Europa centrale e orientale.

Intanto la Russia ha dichiarato che lavora con tutte le parti interessate per garantire che le forniture attraverso l’oleodotto “Družba” continuino. Come ha detto il vice primo ministro russo con delega all’energia, Aleksandr Novak, la “Russia vuole proseguire le forniture di petrolio via “Družba” verso la trojka dei Paesi, composta dell’Ungheria, della Slovacchia e della Repubblica Ceca”.

Nella prima metà del 2024 la Russia ha prodotto 357,3 miliardi di metri cubi di gas naturale, ovvero +8,3% rispetto all’analogo periodo dell’anno scorso. In un solo mese di giugno la produzione è cresciuta del 9,5%, raggiungendo i 49 miliardi di metri cubi, poiché il gruppo energetico Gazprom, che produce più della metà di tutto il gas della Russia, ha aumentato le esportazioni.

Secondo i dati del ministero dell’Energia della Russia (Minenergo) nel periodo maggio-giugno del 2024 le esportazioni di Gazprom all’Europa attraverso il sistema di gasdotti ex sovietico “Sojuz” (Unione) che passa per il territorio dell’Ucraina, sono aumentate del 34% fino a 1,2 miliardi di metri cubi, mentre quelle che passano per il gasdotto Russia-Turchia “Turkish Stream” sono cresciute del 60% anch’esse fino a 1,2 miliardi di m3.

Intanto i produttori russi aumentano di mese in mese anche le esportazioni di gas naturale liquefatto (GNL). Come scrive il quotidiano economico russo “Kommersant” nella prima metà del 2024 l’export di GNL è cresciuto rispetto al corrispondente periodo del 2023 del 2,7% fino a 16,79 milioni di tonnellate. L’export russo di GNL verso i Paesi europei nel periodo gennaio-giugno è aumentato del 6,3%, mentre il maggiore consumatore è stata la Francia, che ha importato 3,2 milioni di tonnellate di GNL russo (+86,8%). Al secondo e al terzo posti si sono trovati rispettivamente il Belgio (2,94 milioni di tonnellate) e la Spagna (2,55 milioni di tonnellate).

Comunicazione di servizio

Come già preannunciato la settimana scorsa, a partire dalla puntata del 5 agosto, non troverete questo notiziario su Visione TV, non spaventatevi: vanno in ferie, ma il notiziario proseguirà regolarmente sui miei canali, e cioè in Blogspot, con il testo, e poi sulle piattaforme YouTube, RuTube e Platforma. Cercatemi, basta digitarmi per nome e cognome. Finalmente, ho due canali Telegram, uno in russo e uno in italiano, la ricerca è la stessa.

A settembre poi vediamo: economicamente, Visione TV non versa in buone acque, se non contribuite temo che dovranno rinunciare a molte delle attuali collaborazioni. Ai miei detrattori e ai vari haters da divano salottieri sicuramente farà piacere, fateli schiattar di rabbia.

Ne approfitto per chiedervi di non scrivermi per posta elettronica, la guardo di rado, meglio in Telegram, o, se proprio non lo avete, in WhatsApp, col mio numero di telefono: +7 (903) 191-37-30.

Musica

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La Russia non è il mio nemico, ve lo ricordate?

Per questa settimana è tutto. A risentirci e rivederci, sui miei canali, e a settembre, forse, su Visione TV!

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