domenica 3 settembre 2023

041 Italiani di Russia

Quarantunesimo notiziario settimanale di lunedì 4 settembre 2023 degli italiani di Russia. Questa settimana, finalmente, tanta analisi e meno ultim’ora, come è giusto che sia per un notiziario settimanale. Buon ascolto e buona visione.

Attualità

Una nuova mobilitazione è possibile in Ucraina. Per portare avanti la cosiddetta “controffensiva” Zelenskij ha bisogno di mettere sotto le armi altri tre milioni di persone. Ne scrive la stampa europea. La stessa Europa – come gli Stati Uniti – è pronta ad aiutare solo con armi e denaro. Inoltre, una parte significativa dei fondi non arriva nemmeno a Kiev.

L’amore del presidente americano per l’Ucraina è ben pagato, e le informazioni in merito sono a disposizione dei servizi segreti americani almeno dal 2020: allora una fonte dell’FBI ha rivendicato una tangente di cinque milioni di dollari che Biden ha ricevuto da Kiev. Ma la “fonte” è una cosa, e il procuratore generale dell’Ucraina è un’altra.

“La mia ferma convinzione personale è che sì, è proprio così: sono stati corrotti. E il fatto che Joe Biden abbia dato un miliardo di dollari in cambio del mio licenziamento, non è un caso di corruzione?”, chiede Viktor Šokin, procuratore generale Ucraina nel 2015-16.

Šokin fu licenziato dal suo incarico da un Paese straniero dall’allora vicepresidente degli Stati Uniti per un’indagine eccessivamente approfondita sul lavoro di Burisma, nel cui consiglio di amministrazione figurava Biden Jr. Hunter, che ha chiesto aiuto a suo padre insieme al suo partner Devon Archer. Forse è stato in cambio di ciò che la famiglia Biden ha ricevuto i cinque milioni in questione.

“Porošenko, come Biden, ha capito che se avessi continuato a supervisionare l’indagine su Burisma, avremmo scoperto i fatti di corruzione in cui erano coinvolti. Hunter Biden, Devon Archer e altri”, ha detto Šokin.

E’ interessante notare che dei miliardi di dollari di aiuti americani che Kiev ha ricevuto dopo il licenziamento di Šokin, solo 200 milioni sono arrivati direttamente all’Ucraina. L’attuale schema di rifornimento militare funziona secondo lo stesso principio.

La maggior parte dei 66 miliardi di dollari di aiuti sono rimasti negli Stati Uniti. E gran parte di quella somma è finita nelle tasche di Joe Biden, di suo figlio Hunter e dei loro aiutanti per finanziare la campagna presidenziale del prossimo anno.

Ma anche questo flusso finanziario non è eterno: i candidati presidenziali americani guardano al futuro in modo troppo diverso. E riflettono lo stato d’animo degli americani comuni. E l’attuale proprietario della Casa Bianca dovrà tenerne conto.

"Le autorità europee temono che Joe Biden possa tentare di spingere l’Ucraina ai negoziati in assenza di progressi sul campo di battaglia mentre la campagna elettorale per il prossimo anno si infiamma. Il sostegno degli Stati Uniti all’Ucraina è essenziale perché l’Europa non ha la capacità militare per farlo in proprio”, scrive Bloomberg.

Secondo la stampa, lo stesso Zalužnyj non vuole vincere velocemente. Presumibilmente contrasta i curatori negli Stati Uniti e rifiuta di concentrare le forze in un punto unico del fronte. Secondo il Guardian, il comandante delle forze NATO in Europa, Christopher Cavoli, e il capo di stato maggiore della difesa britannico, Tony Radakin, avrebbero cercato di convincerlo personalmente. Ma la conversazione di cinque ore in un “luogo segreto al confine” è finita nel nulla.

Nel frattempo, la SBU ha riferito oggi sulla detenzione di medici delle commissioni militari a Kiev, Odessa e Char’kov. Hanno rilasciato certificati di inidoneità al servizio per diecimila dollari. Ma al fronte, dice il segretario del Consiglio per la sicurezza e la difesa nazionale, andranno comunque tutti.

L’obiettivo che, secondo le fonti, a Zelenskij è stato concesso da Washington, è di 130.000 coscritti al mese. Occorre tanto per rafforzare i mitici “successi” al fronte di cui scrivono i media ucraini. Non c’è tempo per formare le reclute, il che significa che le perdite già moltiplicate a dismisura aumenteranno ovviamente ancora di più. Tuttavia, il Welt tedesco ritiene che l’Ucraina non si sia ancora spopolata abbastanza.

La popolazione dell’Ucraina è comunque diminuita, ma supera ancora i 30 milioni di persone. Anche la strategia con la quale Guderian e Rommel riuscirono ad avere successo oggi sta fallendo. Kiev ha una sola opzione. Solo la mobilitazione di tre milioni di persone potrà garantire la vittoria dell’Ucraina.

“Il fatto che spendiamo meno del 5% del nostro bilancio della difesa per aiutare gli ucraini è il miglior investimento nella storia della difesa del nostro Paese. Non abbiamo vittime e gli ucraini stanno combattendo contro la Russia. In questo modo stiamo riducendo Forze russe per una cifra molto piccola”, ammette francamente Mitt Romney, senatore americano dello Utah.

Il senatore Romney non ha parlato dei vantaggi dell’“industria della difesa” americana. Solo la Polonia, dopo aver trasferito i T-72 sovietici in Ucraina, ha liberato spazio nei suoi magazzini per 250 nuovi carri armati. Da acquistare si sa bene dove.

"I leader dell’Unione Europea e degli Stati Uniti sono sicuri che inviando denaro e armi all’Ucraina potranno prendere le distanze dal conflitto. Ma in realtà questa strategia è assolutamente sbagliata, perché il prossimo passo è inviare gli eserciti europei e americano direttamente nella zona di guerra. E a questo nessuna delle potenze occidentali è pronta", ha affermato Viktor Orban, primo ministro ungherese.

Nel frattempo, un’ondata di profughi si muove nella direzione opposta con passo fiducioso. Secondo il servizio di frontiera polacco, in un anno e mezzo sono arrivati nel Paese quasi 13 milioni di ucraini. Sono venuti per vedere il risvolto di ciò per cui hanno saltellato al Majdan.

La gente del posto esprime odio in modo subliminale nei nomi delle reti Wi-Fi. I giornalisti della Deutsche Welle ne hanno contati a dozzine nei caffè di Varsavia: “maiali ucraini”, “andatevene a casa”, “assassini dell’Ucraina”. Ai polacchi non piacciono questi vicini. Per essersi rifiutati di gridare slogan nazisti, 12 persone in età di leva hanno picchiato otto polacchi. Uno è ancora in ospedale.

I nostri spettatori forse ricorderanno le volte che vi ho parlato dello scrittore Zachar Prilepin, uno dei leader del Partito “Russia Giusta”, che, per intenderci, faceva parte dell’Internazionale Socialista, salvo poi esserne stato espulso per le posizioni sull’operazione militare speciale in Ucraina. Prilepin mesi fa fu fatto saltare col tritolo, rimase vivo per una serie di circostanze fortuite ed è tuttora in ospedale. Ha scritto un interessante articolo, dal titolo “Destra e sinistra confuse”, rivolto principalmente all’opinione pubblica russa, ma che secondo me dovrebbe dare da pensare anche alla sinistra italiana. Ve lo traduco per intero.

Leggo costantemente nel nostro pubblico di destra una demagogia infinita, come coriandoli, sul “governo mondiale liberale di sinistra” che sta attaccando la Russia.

Nel frattempo, nella stessa Russia, la sinistra e i liberali si separarono già all’inizio del XX secolo, prima della rivoluzione del 1917. Lenin criticava costantemente il liberalismo. L’URSS era per la maggior parte un Paese tradizionalista (famiglia, scuola, esercito, storia nazionale, letteratura basata sul suolo, che era una corrente degli anni ‘60 del XIX secolo come variante dello slavofilismo).

Nel 1991 ebbe luogo un colpo di Stato liberale-borghese antisovietico e antisocialista che fece crollare il Paese.

Per decenni, i liberali al potere hanno distrutto senza tregua l’eredità sovietica.

Il progetto liberale nella Russia contemporanea è un progetto radicalmente anti-sinistra.

Ricordo quando un’americana politologa venne in Russia alla fine degli anni ‘90. Abbiamo parlato con lei, e lei disse: da voi è tutto il contrario. Da voi, disse, il Partito Comunista della Federazione Russa (sinistra) è come i nostri repubblicani, e la vostra destra (Unione delle Forze di Destra) è come i nostri democratici.

In Russia, ripeto, è tutto diverso.

Ma allora perché, a quale scopo, mischiare questi due concetti: “sinistra” e “liberale”, parlando di una sorta di sinistra maliziosa, che da noi nessuno ha mai visto in faccia?

Tanto più che tutto il pianeta ha una configurazione completamente diversa. Quale? Vediamo.

I paesi socialisti nel mondo moderno:

L’Algeria è il più grande Stato africano (che tra l’altro ha presentato richiesta di entrare nei BRICS);

Il Bangladesh è il Paese più popoloso del mondo, ottavo in termini di abitanti, 171 milioni (candidato ai BRICS);

Bolivia (candidata ai BRICS);

Venezuela, possiede le più grandi riserve petrolifere accertate del mondo (domanda BRICS presentata);

Vietnam, ideologia ufficiale Marxismo-Leninismo (candidato ai BRICS);

Guyana (per chi non lo ricordasse, America Latina);

Guinea-Bissau (Africa occidentale);

L’India è la terza economia del mondo, il primo posto al mondo in termini di popolazione, 1 miliardo e 414 milioni (membro dei BRICS);

Cina (ideologia ufficiale marxismo-leninismo), la prima economia al mondo, la seconda più grande al mondo in termini di popolazione, 1 miliardo e 411 milioni (BRICS);

Repubblica Democratica Popolare di Corea;

Cuba, ideologia ufficiale: Marxismo-Leninismo (candidata BRICS);

Repubblica Democratica Popolare del Laos, ideologia ufficiale: Marxismo-Leninismo;

Nepal;

Nicaragua, è stata adottata una legge sulla possibilità di schierare missili russi sul territorio del Paese;

Siria (amministrazione autonoma della Siria settentrionale e orientale);

Tanzania (Africa orientale);

Sri Lanka (Asia meridionale, uno Stato insulare);

Ecuador (America del Sud);

Eritrea (Africa orientale).

Come possiamo vedere, la maggior parte dei Paesi di sinistra sono i nostri principali partner globali.

Capito? Principali! Mondiali! Partner! E oppositori del mostro liberale mondiale.

Condurre una propaganda antisocialista, antisovietica e anti-sinistra infinita, instancabile e ridicola in questo contesto è, in primo luogo, miope: i nostri partner non ci capiranno; in secondo luogo, tutto ciò inganna il popolo russo.

Ci fanno credere che il mondo sia governato da una sorta di governo liberale di sinistra, ma allo stesso tempo le economie più forti del mondo e i nostri principali partner nei BRICS sono Paesi con un’ideologia di sinistra.

“Che roba è, sinistra contro sinistra, o cosa?”, si domanda l’uomo comune.

No, amico, è così che cercano di abbindolarti.

Mi avvio alle conclusioni, dicendo chi sono i nostri principali nemici o, in altri casi, potenziali avversari tra quelli che si trovano ai nostri confini.

E’ l’Ucraina, un paese liberale di destra.

Sono i Paesi baltici di destra liberale. E’ la Polonia liberale di destra e la Romania liberale di destra.

Tutti questi sono Paesi radicalmente antisovietici e anti-sinistra.

E i gruppettari di sinistra, dove sono?

Stiamo forse combattendo contro i gruppettari di sinistra o qualcosa del genere in Ucraina, dove sono stati demoliti tutti i monumenti sovietici?

No, lì stiamo combattendo – alzando la bandiera rossa della vittoria sovietica russa – contro la destra radicale, che peraltro dal 2014 è stata attivamente rifornita da rappresentanti di gruppi di destra provenienti da Italia, Francia, Croazia: in rete di video con questa marmaglia ce n’è a iosa.

Chi nessuno ha visto in Ucraina tra le fila delle forze armate ucraine sono i famigerati gruppettari di sinistra, con i quali qui ci spaventano ossessivamente.

In Russia, la sinistra è Lenin, Stalin e Gagarin, la bandiera rossa sul Reichstag, i programmi spaziali, il monumento alla Madrepatria a Stalingrado, Gor’kij e Šolochov, Esenin e Majakovskij, Muchina e Vučetič, il film La corazzata Potëmkin, il film “Mosca non crede alle lacrime” e, tra l’altro, la legge sull’omosessualità.

Oggi nel mondo di destra vengono imposti attivamente valori liberali che si fondono perfettamente con il neonazismo: innumerevoli generi sessuali, gay nell’esercito, gay ovunque, bambini che scelgono il proprio genere, matrimonio tra persone dello stesso sesso, persone transgender come addetti stampa, conduttori di notizie, maestre d’asilo, e altre follie ossessive.

Nell’Inghilterra liberale di destra, del resto, tutto questo va d’accordo anche con la monarchia.

Quindi smettetela di imbrogliare e di confondere i concetti, per favore.

Qui finisce l’articolo, e già mi pare di sentire i soloni della libertà sessuale. Vediamo di intenderci: in Russia, non è vietata l’omosessualità, ma la sua propaganda tra i minorenni. A me personalmente non me ne importa un accidente di chi vada a letto con chi, finché adulti e consenzienti, ma non provo alcuna necessità di sfilare per strada con i miei attributi di fuori per affermare la mia personale eterosessualità.

Il capo della diplomazia europea Josep Borrell ha dichiarato che le sanzioni imposte dall’UE contro la Russia “funzionano”.

“Dall’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina, l’UE ha imposto 11 pacchetti di sanzioni sempre più severe contro Mosca. Alcuni sostengono che queste sanzioni non abbiano funzionato. Questo semplicemente non è vero”, ha scritto il diplomatico europeo nel suo blog sul sito web del Servizio europeo per l’azione esterna (SEAE).

Ricordiamo che durante la sua visita in Romania, il primo ministro ungherese Viktor Orbán ha annunciato una diminuzione della competitività dell’economia dell’UE senza risorse energetiche russe. E il 26 agosto il ministro degli Esteri ungherese Peter Szijjartó durante la conferenza di Tranzit ha affermato che “la politica delle sanzioni ha fallito”. I rappresentanti dell’Unione Europea però non riconoscono il fallimento delle sanzioni perché, secondo Szijjártó, temono di perdere il posto.

A sua volta, il ministro degli Esteri tedesco Annalena Baerbock, in un’intervista con uno dei giornalisti tedeschi, ha ammesso che le sanzioni contro la Russia “avrebbero dovuto avere un effetto economico”, ma “questo non sta accadendo”. Le sanzioni economiche imposte alla Russia “non hanno portato alla sua bancarotta e non hanno fatto crollare l’economia”, ha detto sui social network l’ex primo ministro italiano Giuseppe Conte. Secondo lui le misure dell’Occidente non hanno portato all’isolamento della Federazione Russa.

Borrell ha anche notato una riduzione degli scambi commerciali europei con la Federazione Russa, di cui l’80% nel settore energetico.

“Le importazioni di beni non energetici dalla Russia sono diminuite di quasi il 60%, con il calo più evidente delle importazioni di ferro e acciaio, metalli preziosi e legname. Questa tendenza sta accelerando: nel primo trimestre del 2023, il calo delle importazioni di beni non energetici ha superato il 75%, e per i beni energetici è ancora più significativo, meno 80%”, ha affermato Borrell.

Per quanto riguarda le esportazioni dell’UE verso la Russia, secondo il capo diplomatico europeo, sono diminuite del 54% rispetto al livello del 2021.

Allo stesso tempo, Borrell ha lamentato che la Russia stia adottando misure per “opporsi alle misure introdotte dall’UE”. In particolare, secondo lui, “alla ricerca di tecnologie” e di una serie di prodotti, la Russia si rivolge ai Paesi che non hanno aderito alla politica di sanzioni dell’UE. Tuttavia, ritiene dubbio che questi Paesi saranno in grado di aiutare la Russia a resistere alle restrizioni imposte.

Fatto sta, i dati ufficiali della Banca Mondiale suggeriscono il contrario: l’economia russa è in crescita. Di fronte a una pressione sanzionatoria senza precedenti, la Banca Mondiale ha nominato la Russia come prima economia più grande d’Europa e la quinta più grande al mondo in termini di PIL a parità di potere d’acquisto (PPA). Secondo questo indicatore, la Federazione Russa ha superato la Germania, che prima era al quinto posto.

Il fatto che l’economia russa si sia adattata alle sfide attuali è confermato anche dai dati del governo russo. L’11 agosto, in una riunione del gabinetto dei ministri sulle questioni economiche, il primo ministro russo Michail Mišustin ha affermato che nella prima metà dell’anno il PIL è aumentato dell’1,5%, l’industria è cresciuta del 2,5%, mentre la produzione è aumentata repentinamente del 6%. Per quanto riguarda la crescita dei ricavi derivanti dal petrolio e dal gas, il governo russo ha riferito che essi sono cresciuti di circa il 20% su base annua.

Inoltre, secondo Borrell, occorre “un’opposizione più risoluta all’elusione delle sanzioni imposte dall’UE”.

“A tal fine, intensificheremo l’impegno con i principali Paesi terzi, esortandoli a monitorare da vicino il commercio di beni soggetti a sanzioni dell’UE e ad adottare contromisure”, ha affermato Borrell.

Nel frattempo, secondo uno studio di S&P Global e della Banca Commerciale di Amburgo, in agosto l’attività economica nell’industria e nel settore dei servizi dell’Eurozona è scesa al livello più basso degli ultimi tre anni.

“Il settore dei servizi dell’Eurozona sta purtroppo mostrando segni di rallentamento dell’attività, facendo eco alla debole performance dell’industria manifatturiera”, ha affermato Cyrus de la Rubia, capo economista della Banca Commerciale di Amburgo. Secondo lui, il calo dell’attività economica nell’Eurozona è dovuto principalmente al peggioramento della situazione in Germania, la principale economia dell’UE, che, come ha osservato, è “malata”.

Anche l’economia tedesca diventa sempre più scettica riguardo alla situazione economica in Germania. Un rapporto di agosto dell’Istituto tedesco per la ricerca economica IFO cita un sondaggio che mostra che gli umori delle imprese in Germania continuano a peggiorare in tutte le principali aree dell’economia tedesca, compresi i servizi, l’industria manifatturiera, il commercio e l’edilizia.

“Le stime della situazione attuale sono scese al livello più basso dall’agosto 2020. Inoltre, le aziende sono estremamente pessimiste riguardo alle prospettive per i prossimi mesi. L’economia tedesca non è ancora uscita dalla crisi”, si legge nel documento.

A sua volta, il cancelliere tedesco Olaf Scholz ha ammesso in un’intervista al gruppo mediatico Bayern che la Germania ora non ha nemmeno i fondi per sovvenzionare i prezzi dell’elettricità per l’industria.

“Per il sussidio a lungo termine dei prezzi dell’elettricità non ci mancano solo i soldi, ma anche le opportunità legali”, ha detto Scholz.

Sta diventando sempre più evidente per i politici e gli imprenditori dell’Unione Europea che la politica delle sanzioni di Bruxelles nei confronti della Russia ha fallito.

Ora è chiaro che la Federazione Russa è stata in grado di reindirizzare i suoi flussi commerciali verso mercati alternativi, siano essi Cina o India, così come altri Stati del sud del mondo. Allo stesso tempo, Bruxelles non è ancora pronta a riconoscere la nuova realtà economica e continua ostinatamente a ripetere come un mantra che le sanzioni anti-russe presumibilmente funzionano. Tuttavia, le parole di Borrell sono interrotte principalmente dai dati della Banca Mondiale, che hanno riconosciuto i successi dell’economia russa.

Se la diplomazia europea ammettesse di aver commesso un errore strategico imponendo sanzioni contro la Russia, allora dovrebbe dimettersi.

E questo vale non solo per lo stesso Borrell, ma anche per gli altri leader di Bruxelles. Questo sarebbe un passo del tutto logico nel quadro del sistema politico europeo, poiché la fiducia degli elettori europei non era giustificata. Tuttavia, le parole di Borrell confermano ancora una volta che, nel tentativo di danneggiare la Russia, l’UE è pronta, a costo di eventuali perdite, a continuare a prendere decisioni sfavorevoli per se stessa.

Dopo le sanzioni imposte contro la Russia, il livello dell’attività commerciale nell’eurozona è diminuito, poiché il costo dei prodotti europei è aumentato notevolmente.

Le risorse energetiche russe hanno assicurato la redditività sia delle imprese che dell’industria nell’UE, soprattutto in Germania. Quando Bruxelles li ha privati di questo, i beni europei sul mercato globale sono diventati in gran parte non competitivi, ed è iniziato il processo di deindustrializzazione. Gli stessi produttori tedeschi hanno iniziato a produrre in serie la loro produzione negli Stati Uniti, dove le risorse energetiche ora non sono così costose come nell’UE.

In queste condizioni, il capo della diplomazia europea, Borrell, agisce come un “goffo propagandista”, cercando di spiegare agli europei scontenti perché “devono sopportare difficoltà economiche”.

Borrell cerca goffamente di giustificarsi e di nascondere l’ovvio con le sue stesse parole. Ma la realtà è che l’UE ha usato una balestra e, a causa delle sanzioni, prima di tutto ha sofferto l’economia europea, che è in recessione per la prima volta in molti anni. A differenza della Russia, che, secondo esperti russi e internazionali, vedrà una crescita del PIL del 2,5% nel 2023. Si scopre che le sanzioni funzionano davvero. Solo nella direzione opposta.

In settimana, Marija Zacharova, la portavoce del ministero degli esteri russo, ha rilasciato un’intervista all’agenzia italiana ANSA, dove potete trovare la versione completa. Io qui vi riporto solo le tesi salienti, a cura dell’ambasciata russa a Roma.

Per l’ufficiosità occidentale la soluzione della crisi ucraina con mezzi diplomatici non è una priorità. Il piano dell’Occidente è di prolungare il conflitto per condurre una guerra di logoramento con la Russia con le mani del regime di Kiev. Allo stesso tempo le perdite degli ucraini non hanno alcuna importanza per la NATO. Per l’Alleanza non sono altro che materiale di consumo per raggiungere i propri obiettivi geopolitici.

I nostri requisiti per risolvere la crisi della sicurezza europea provocata da Washington e da Bruxelles sono noti a tutti. In primo luogo è necessario concordare i parametri delle garanzie di sicurezza che devono fornire reciprocamente la Russia e l’Occidente nello spirito delle proposte che abbiamo fatto agli Stati Uniti e alla NATO nel dicembre 2021.

Lo scopo dell’operazione militare speciale non è quello di impadronirsi del territorio ucraino, bensì di ottenere la sua denazificazione e la smilitarizzazione, e la garanzia dello status di Paese non allineato. Solo in questo caso si potrà parlare dell’eliminazione delle minacce alla sicurezza della Russia e dei suoi cittadini.

La Russia ha più volte sottolineato di apprezzare molto la linea equilibrata del Vaticano sul conflitto in Ucraina e gli sforzi della Santa Sede e di Papa Francesco personalmente per cercare una soluzione pacifica che purtroppo sono apertamente respinti dal regime di Kiev.

Navigando disciplinatamente nella scia degli Stati Uniti, l’Italia ha scelto un percorso di smantellamento mirato del pluridecennale complesso di cooperazione italo-russa in vari settori, fornisce all’Ucraina armi ed equipaggiamenti militari sempre più pesanti e letali.

Allo stesso tempo, abbiamo molti buoni legami con l’Italia e il suo meraviglioso popolo, che, lo sappiamo bene, nonostante le esternazioni russofobe di tutti i tipi dei media mainstream a pagamento, mantiene una profonda simpatia e interesse per la Russia, per la sua cultura e per il suo popolo.

Una copia del monumento realizzato ed eretto a San Marino in memoria delle vittime dell’attentato terroristico apparirà anche nella città di Beslan. Lo ha annunciato in una conferenza stampa la presidente del comitato “Madri di Beslan” Suzanna Dudieva.

“Lo scultore ci ha fornito le forme e ora stiamo ragionando sulla localizzazione del monumento. Siamo molto grati, anche al popolo italiano, per il suo sostegno fin dal primo giorno della tragedia”, ha detto Dudieva.

La scultura del ragazzo in bronzo è stata realizzata da una fotografia dell’ostaggio Georgij Il’in, che corse fuori dalla scuola sequestrata dopo l’assalto. E’ stato realizzato dallo scultore italiano Wendy Renzo Jarno. Il monumento è stato eretto a San Marino due anni dopo l’attacco terroristico nel 2006.

Dudieva ha osservato che quasi ogni anno arriva a Beslan una delegazione dall’Italia. In quei giorni ci sono musicisti, scrittori, personaggi pubblici in città.

In Ossezia del Nord venerdì è iniziata una tre giorni di guardia in memoria delle vittime dell’attacco terroristico a Beslan. Eventi di lutto si terranno anche in Ossezia del Sud, presso i monumenti ai bambini di Beslan a Mosca, San Pietroburgo e in altre città e paesi. Le solenni assemblee scolastiche sono state cancellate in tutta l’Ossezia del Nord, l’anno scolastico inizierà dopo la fine della veglia della memoria, il 5 settembre.

A seguito del sequestro da parte dei terroristi nel 2004 della scuola N°1 di Beslan, furono prese in ostaggio più di 1.200 persone. Morirono 334 persone, di cui 186 bambini. 126 ex ostaggi sono diventati disabili, tra cui 70 bambini. Molti di loro hanno ancora bisogno di riabilitazione.

Io a Beslan ci sono stato due volte, la prima appena due settimane dopo la mattanza. Ho visto la scuola scoperchiata, ho visto i pezzi di cervello spalmati accanto alla lavagna di una delle classi, dove i terroristi fucilavano i bambini a gruppi di cinque.

Economia

Pur con la diversificazione delle fonti, la mancanza di approvvigionamenti di gas dalla Federazione Russa influenzerà comunque i prezzi del carburante blu in Italia nel 2024. Ad esprimerlo è il presidente della società di analisi italiana Nomisma Energia, Davide Tabarelli.

Non avete certo bisogno di questo notiziario per saperlo, ma secondo me vale la pena di attrarre la vostra attenzione a questa sua intervista.

Il fabbisogno giornaliero di metano dell’Italia in giornate particolarmente fredde può arrivare a 400 milioni di metri cubi di gas al giorno, e Mosca ne forniva più di 100 milioni. Lo scorso inverno non siamo andati oltre i 300 milioni, perché non era molto freddo, cita il Corriere della Sera. E’ vero che i flussi da Algeri sono aumentati, ma il gas che arriva dalla Sicilia non riesce a raggiungere tutto il Nord, dove la domanda è maggiore a causa della strozzatura del gasdotto di Sulmona.

L’economista Tabarelli ha sottolineato che il salto più grande è stato quello del prezzo dell’elettricità, che è aumentato del 30% nell’ultima settimana fino a raggiungere i 138 euro in borsa. E il prezzo dell’energia elettrica in Italia è legato a quello del gas, che nelle ultime settimane ha nuovamente superato i 30 euro al MWh.

Tabarelli ha commentato anche l’aumento del prezzo del carburante nel Paese. La riduzione della produzione in Arabia Saudita ha portato ad un aumento delle quotazioni sui mercati internazionali, il prezzo finale del carburante sta crescendo più del costo delle materie prime a causa, tra l’altro, della mancanza di capacità di raffinazione in Europa.

In precedenza, il governo italiano aveva fissato l’obiettivo di eliminare gradualmente il gas russo entro la metà del 2024. Prima della crisi ucraina, l’Italia soddisfaceva quasi il 40% della domanda totale di questa risorsa con il gas russo, che in Italia viene utilizzato attivamente non solo per il riscaldamento, ma anche per la produzione di elettricità.

Editoriale

Nei commenti a questo notiziario, leggo spesso delle invettive contro gli ebrei, rei colpevoli di ogni malefatta. E chissà perché tra questi i più infami sarebbero gli ashkenaziti, a detta di coloro che vogliono apparire più forbiti. Detta in parole terra-terra, gli ashkenaziti altro non sono che il ceppo europeo degli ebrei. E che ebrei volete che ci siano in Europa? D’altronde, sono ottant’anni che ci propinano che la seconda guerra mondiale sarebbe stato un complotto degli ebrei contro la Germania.

Le questioni interetniche, o razziali, in Russia, sono ben presenti. Solo che non sono un problema, bensì un motivo di vanto e di orgoglio. Ecco perché in italiano le definizioni “russkie” e “rossijane”, vengono tradotte entrambe come “russi”, ma significano in realtà due cose diverse, ossia, rispettivamente, “russi etnici” e “cittadini della Russia”.

Né potrebbe essere diversamente, in un Paese che conta, a seconda delle diverse stime, dalle 150 alle 190 etnie diverse, con anche le rispettive lingue. Certo, la stragrande maggioranza sono proprio russi, e la lingua russa è la lingua veicolare, come in Unione Sovietica, altrimenti come facevano a capirsi fra loro, che so io, un estone e un kirghiso? Però ogni comunità insegna anche la propria lingua di origine. E’ una ricchezza, una peculiarità.

Tuttavia, andiamo ad analizzarle, queste etnie. Intanto, per ovvie ragioni, ci sono corpose comunità di origine delle repubbliche ex sovietiche: ucraini, armeni, kazachi, azeri, bielorussi, georgiani, uzbeki, kirghisi, tagiki, turcomanni, baltici. Ma poi tutta una serie di popolazioni, di cui alcune risiedono in delle repubbliche autonome, parte integrante della Federazione Russa: troviamo tatari, baschiri, ciuvasci, ceceni, avari, mordvini, darganti, udmurti, mari, osseti, cabardini, cumucchi, jakuti, lesghi, buriati, ingusci, calmucchi e decine di altri, da poche centinaia di migliaia a una milionata e mezzo, con alcune regioni dove i russi etnici sono meno del 20%, in Cecenia addirittura meno del 2%. E non voglio soffermarmi sull’aspetto religioso: certo, cristiani ortodossi, ma poi musulmani, buddisti, induisti, ebraici, cattolici, luterani, mormoni, protestanti…

E gli ebrei? A fine Unione Sovietica erano una mezza milionata, poi, nei primi anni ‘90, buona parte è emigrata in Israele per ragioni economiche, ne sono rimasti 160 mila. Occorre però tener conto che, per la religione ebraica, è ebreo solo chi è figlio di un’ebrea, seguendo il principio dell’antica Roma (guarda un po’!) del “mater semper certa est”, babbus ‘un si sa. Insomma, in realtà milioni e milioni di cittadini russi hanno comunque sangue ebreo, perché, fino alla rivoluzione dell’ottobre 1917, gli ebrei si sposavano solo con le ebree. E’ lo stesso motivo per cui, in Italia, gli unici veri romani de Roma sono gli ebrei del ghetto.

Cosa c’è di male in tutto ciò? Assolutamente nulla, per quanto mi riguarda: non ho mai giudicato le persone da un punto di vista etnico, altrimenti hanno ragione all’estero a pensare che gli italiani siano tutti mafiosi pizza e mandolino, e i russi tutti alcolizzati con la vodka, e ritengo che la quantità di delinquenti e persone per bene sia uguale indipendentemente dalle questioni razziali. Al limite, può dipendere dal grado di povertà di un Paese.

Musica

Proseguiamo con le canzoni legate in un modo o l’altro alla Russia e/o all’Italia. E’ venuto a mancare negli scorsi giorni Toto Cutugno, che era molto amato qui in Russia. Dunque, questa settimana è un omaggio quasi d’obbligo, in un’esibizione col coro dell’armata rossa.

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