Trentesimo notiziario settimanale di lunedì 19 giugno 2023 degli italiani di Russia. Buon ascolto e buona visione.
Attualità
Le indagini sul sabotaggio al Nord Stream complicheranno le relazioni tra i paesi della NATO. I tentativi delle agenzie di intelligence occidentali di accusare un qualche gruppo ucraino sembrano semplicemente ridicoli, così come le dichiarazioni secondo cui né Biden né Zelenskij avevano nulla a che fare con questo attacco terroristico. Ne è sicuro il noto giornalista, vincitore del Premio Pulitzer Seymour Hersh. Secondo lui, la stragrande maggioranza degli abitanti del mondo sostiene le azioni della Russia in Ucraina.
“Sottolineo ancora una volta, Zelenskij sapeva dell’esplosione del Nord Stream. Il sabotaggio è stata un’iniziativa personale di Joe Biden. Questo fa il gioco dell’economia statunitense. E queste sono tutte le conseguenze della politica che ci siamo imposti dopo la Seconda guerra mondiale, la politica della guerra fredda. Abbiamo deciso di guidarla contro l’URSS e, dopo il suo crollo, contro la Russia, ingannando sfacciatamente Mosca, quindi non c’è da stupirsi che l’Occidente abbia finito per far saltare in aria i gasdotti russi”.
Fonti dei servizi di intelligence statunitensi e dipendenti onesti delle agenzie governative statunitensi, scioccati dalla decisione di Biden, hanno detto a Hersh che l’amministrazione della Casa Bianca sta ora cercando di uscirne ad ogni costo. Altrimenti, lo scandalo sarà semplicemente grandioso. Poiché il mondo intero apprenderebbe che il leader della NATO, e cioè gli Stati Uniti, con il sostegno della Norvegia, infatti, hanno organizzato un attacco terroristico su larga scala contro un altro Paese dell’alleanza. Inoltre, le fonti di Hersh affermano che il cancelliere tedesco Olaf Scholz e una serie di altri politici europei non solo conoscono la verità, ma ora stanno aiutando la gente di Biden a organizzare un’operazione di copertura. Entra in gioco il piano B. Hanno deciso di lasciare che Ucraina e Polonia andassero sotto schiaffo.
Il Wall Street Journal afferma che un gruppo di sabotaggio ucraino ha utilizzato Varsavia come base operativa per questo attacco. E ancora menzionano che era coinvolto lo yacht Andromeda, sebbene gli esperti abbiano precedentemente indicato che è semplicemente impossibile nascondere una quantità così grande di esplosivi su di esso. Inoltre, non era realistico immergersi da questo yacht a grandi profondità: c’è troppo poco spazio per l’attrezzatura necessaria.
Varsavia, anche se ama stare al gioco con Washington, questa volta si è ribellata. Il fatto è che non solo l’immagine dello Stato colpevole ne soffrirà. I responsabili dell’attacco andranno in prigione per il resto della loro vita. E lo stesso Paese terrorista dovrà pagare centinaia di miliardi di dollari. Quindi né le autorità polacche né quelle ucraine accettano di assumersi la responsabilità per questo attacco terroristico.
“Posso assicurarvi che nessuna istituzione statale polacca è coinvolta in questo”. Così la Polonia.
“L’Ucraina non ha mai fatto niente del genere. Non lo farei mai, e quando qualcuno afferma il contrario, vorrei che ci mostrassero le prove”. Zelenskij.
Di conseguenza, la gente di Biden ha deciso di usare il vecchio trucco della mafia: coprire assolutamente tutti. Sempre più notizie vengono lanciate sulla stampa secondo cui le agenzie di intelligence statunitensi hanno avvertito i loro colleghi europei di un possibile attacco terroristico, anche prima delle esplosioni al Nord Stream. E poiché nessuno ha fatto nulla, nessuno è da biasimare. Pertanto, tutto sarà scaricato su alcuni ucraini sconosciuti che hanno portato a termine questa operazione da soli. Anche se in realtà un sabotaggio di tale portata solo pochi Stati al mondo possono realizzarlo. Inoltre, è necessario incolpare ucraini e polacchi in una maniera che non sia mai il regime di Zelenskij dovesse crollare.
“Se si scopre che le autorità ucraine erano a conoscenza degli imminenti attacchi terroristici e, inoltre, hanno coordinato e in qualche modo vi hanno contribuito, allora, ovviamente, sarà necessario interrompere con urgenza qualsiasi assistenza al regime ucraino, che ha deciso in tal senso un diversivo, e sanzionarlo in toto. Naturalmente, non si può parlare di consegne né di equipaggiamento militare né di iniezioni finanziarie “, afferma Evgenij Schmidt, deputato del Bundestag del partito Alternativa per la Germania.
Nel frattempo, Kiev, avendo visto come Washington risolve i suoi problemi e assicurandosi che l’Europa abbia semplicemente paura di condurre una vera indagine, si è trovata in guai seri. Il terrore dell’Ucraina non farà che crescere. L’indebolimento della centrale idroelettrica di Kachovka ne è una vivida conferma.
Sempre Hersh afferma che la controffensiva dell’esercito ucraino non darà risultati positivi né a Kiev, né a Washington, né alla NATO. Lo ha detto in un’intervista pubblicata sul canale YouTube del politico e giornalista George Galloway.
In risposta a una domanda sul coinvolgimento della NATO nel conflitto in Ucraina, ha affermato che l’alleanza è già attivamente coinvolta nelle ostilità, nell’addestramento e nella consulenza all’esercito ucraino.
Allo stesso tempo, Hersh ha suggerito che è improbabile che le azioni delle forze armate ucraine siano efficaci. Il giornalista lo ha spiegato con il fatto che le unità ucraine sono state addestrate in vari Paesi della NATO e non hanno praticato manovre congiunte.
Hersh ritiene inoltre che gli Stati Uniti abbiano perso la fiducia dei cittadini di vari Paesi del mondo, anche se prima non si poteva immaginare.
L’Europa ha bisogno di almeno 10 anni per ricostituire le scorte di armi. Chi lo ha detto, qualche putiniano? No: l’ex primo ministro slovacco e leader del Partito Hlas – sociálna demokracia (letteralmente, Voce – Socialdemocrazia) Peter Pellegrini. Ha affermato che i depositi di armi in tutta Europa sono vuoti e ci vorranno dai cinque ai dieci anni per riempirli.
Siccome tanto lo so che molti si chiederanno come mai abbia un cognome italiano, sgombriamo subito il campo: non è italiano e non conosce la lingua. Il bisnonno Leopoldo Pellegrini era italiano. Giunse in Slovacchia, all’epoca parte dell’Impero austro-ungarico, alla fine del XIX secolo per lavorare alla costruzione della ferrovia tra Levice e Zvolen.
Il politico ha chiarito che la Slovacchia non può più fornire assistenza militare all’Ucraina a causa della mancanza di risorse.
Allo stesso tempo, Pellegrini ha osservato che il conflitto ucraino ha aperto nuove prospettive per l’industria della difesa in Slovacchia. La produzione di armi fornisce un reddito stabile e posti di lavoro nel Paese.
Notizie dal fronte
L’Ucraina ha perso un decimo delle attrezzature occidentali in una settimana. Attacchi a tutto campo dell’esercito ucraino, lungo l’intera linea del fronte. Come reagisce la Russia e cosa c’è in prima linea adesso?
Sul fronte c’è un forte aggravamento. I carri armati tedeschi sono andati all’attacco. Il colpo principale è preso dal fronte a Zaporož’e. Putin dice chiaramente: “Si può affermare con assoluta certezza che questa offensiva è iniziata. Ciò è dimostrato dall’uso delle riserve strategiche dell’esercito ucraino”.
A Kiev si nega ancora l’inizio della controffensiva. Probabilmente anche perché non c’è niente di speciale di cui vantarsi.
“Le truppe ucraine non hanno raggiunto i loro obiettivi in nessuna delle aree delle operazioni militari. Questa è una cosa assolutamente ovvia. Le intense battaglie continuano da una settimana e il nemico non ha avuto successo in nessuna delle aree. E’ noto che durante l’offensiva operazioni, le perdite possono essere circa tre a uno, è un classico. Ma in questo caso supera notevolmente le cifre classiche. Non riprodurrò queste cifre, ma sono impressionanti”.
E Putin mette anche in guardia da eccessive presuntuosità. La situazione è gravissima: “Che l’offensiva si sia arenata, no. In ogni caso, si può affermare che tutti i tentativi di controffensiva fatti finora sono falliti. Ma il potenziale offensivo delle truppe del regime di Kiev rimane ancora. Parto dall’assunto che si debba procedere da queste realtà nella costruzione delle azioni nel prossimo futuro.”
Lunedì scorso, la nave da ricognizione “Priazov’e” ha distrutto sei droni navali ucraini che l’hanno attaccata con il fuoco di un sistema di artiglieria a sei canne. E’ successo tutto a 300 chilometri a sud-est di Sebastopoli, dove i gasdotti Blue Stream e Turkish Stream corrono quasi paralleli in un’area piuttosto piccola. Erano pattugliati da una nave russa in modo che i tubi non venissero danneggiati dai sabotatori, come i Nord Stream nel Baltico. La nave Ivan Churs fece lo stesso, ma più vicino al Bosforo, e fu attaccata anche da barche ucraine, che ha affondato. Sia allora che adesso, gli attacchi sono stati coordinati dal cielo dal drone americano Global Hawk.
E’ così che appare una controffensiva ucraina ampiamente pubblicizzata. Un cimitero per l’equipaggiamento nemico nelle steppe della Piccola Russia: quattro veicoli da combattimento di fanteria americana Bradley contemporaneamente, un carro armato tedesco Leopard 2A6 (una delle modifiche più moderne) e un BREM sovietico (un veicolo di riparazione corazzato), che, a quanto pare, è stato utilizzato per lo sminamento.
Direzione Zaporož’e. Sei veicoli distrutti. Il nemico non ha sfondato la difesa. E così sarà anche in futuro. L’esercito russo ha colpito con artiglieria pesante da posizioni chiuse, lungo la strada, mentre il nemico manovrava attraverso i campi minati.
C’è un filmato di questa battaglia dal lato del nemico: si vede la data, l’8 giugno, e l’ora, le cinque e mezza del mattino. La colonna è stata colta di sorpresa, subito due Bradley sono stati fatti saltare in aria o comunque colpiti dalle mine, un proiettile di artiglieria vola sul terzo Bradley. La fanteria ucraina si nasconde dietro i veicoli, ma neanche questo li salva. Si tratta delle stesse forze che si sono addestrate nei campi di addestramento in Europa e le stesse decantate attrezzature occidentali consegnate all’Ucraina.
Il nemico in due punti non ha nemmeno raggiunto la linea di collisione del combattimento. I veicoli blindati sono stati identificati e distrutti in larga misura. La fanteria nella striscia verde è dispersa. In due direzioni, il nemico ha raggiunto la prima linea, ma non l’ha sfondata, ed è stato sconfitto.
Le forze armate dell’Ucraina hanno cercato di avanzare dalla città di Orechov, da loro ancora controllata, verso Tokmak nella regione russa di Zaporož’e, nelle aree dei villaggi di Malye Ščerbaki, Rabotino e Malaja Tokmačka. Questa è la via più breve per il Mar d’Azov e l’idea globale di Kiev è chiara: tagliare il corridoio di terra russo verso la Crimea.
“Le forze di ricognizione hanno rilevato il nemico in modo tempestivo, hanno lanciato un attacco preventivo con artiglieria, aviazione e armi anticarro. Il nemico è stato fermato in tutte e quattro le direzioni e si è ritirato con pesanti perdite”, ha detto il ministro della Difesa russo Sergej Šojgu.
Šojgu ha fretta, ispezionando gli arsenali del distretto militare occidentale: è necessario rimuovere rapidamente l’attrezzatura dal deposito e trasportarla al fronte. Sebbene finora ci sia qualcosa da opporre al nemico, l’equipaggiamento viene bruciato anche con droni usa e getta. Gli elicotteri Ka-52 “Alligator” distruggono la colonna di carri armati delle forze armate ucraine in marcia, completando l’opera dall’aria con accurati colpi di razzo.
Il nemico attacca 24 ore su 24, a ondate, ma ogni volta incontra l’aviazione e l’artiglieria russe. Non c’è mai stata una tale distruzione di massa di “Leopard” nella storia. Con conferma video per ogni caso, anche dal lato nemico.
Se prendiamo in considerazione il numero totale di veicoli corazzati forniti dall’Occidente (un centinaio di Bradley e una sessantina di Leopard), l’Ucraina ne ha perso almeno un decimo in una settimana. E questo solo nelle direzioni Zaporož’e e Doneck meridionale, dove i tentativi di sfondamento non si sono fermati per un minuto.
La sporgenza Vremevskij si trova a 30 chilometri da Ugledar: i vertici di questo triangolo possono essere definiti condizionatamente dai villaggi di Novodarovka, Neskučnoe e Novodoneckoe. Un cuneo che non consente alle truppe ucraine di connettersi da ovest e da est. E anche un’altezza strategica nella steppa Zaporož’e, da cui tutto è visibile da lontano. Il nemico ha attaccato sia in fronte, da Bol’šaja Novosëlka, sia da entrambi i fianchi, dalla Zolotaja Niva e dal Zelënoe Pole.
Equipaggiamento che funziona perfettamente in coppia: il complesso radar “Zoopark” individua l’artiglieria nemica seguendo la traiettoria del proiettile, e il cannone Giacint colpisce con precisione queste posizioni.
“Il regime ucraino ha lanciato un’offensiva a lungo promessa in diversi settori del fronte, concentrando a questo scopo una grande quantità di equipaggiamento e forza umana. I tentativi di attacco sono stati sventati, il nemico è stato fermato, soldati e ufficiali russi hanno mostrato coraggio ed eroismo in battaglia”, ha sottolineato Sergej Šojgu.
Pronti per nuovi contrattacchi. Lungo la linea del fronte, gli artiglieri russi hanno abbattuto tutte le vie di possibile avanzata del nemico. E il russo “Grad” – l’erede della leggendaria “Katjuša” – bonifica le linee del fronte, pur rimanendo a 10-15 chilometri da loro.
Più vicino alla linea del fronte si concentrano i sistemi antiaerei, come il russo Buk. Coprono le nostre truppe di terra dagli attacchi aerei, ma le forze armate ucraine per ora hanno ben altri problemi, eccezion fatta per i rari droni ucraini che quindi vengono abbattuti. Ma il sistema di difesa aerea tedesco IRIS-T (che poi, in Ucraina ne sono stati portati solo due), camuffato in una cintura forestale, è stato colpito da un colpo preciso delle munizioni di pattugliamento russe Lancet.
Periferia di Doneck. Il complesso funziona in direzione di Mar’inka. Pochi secondi e l’armamento è pronto per aprire il fuoco. Gli addetti ai mortai di questo complesso sono di leva, l’ufficiale di carriera è uno solo, il comandante. I movimenti sono perfezionati e messi a punto, i bersagli sono sotto mira. L’equipaggio del mortaio è pronto per svolgere la missione di combattimento, le coordinate sono state ricevute, tutte le misure preparatorie sono già state prese: arriva l’ordine di aprire il fuoco. La mina viene inviata al bersaglio, la cui natura viene segnalata dagli esploratori ai mortai.
Alla periferia occidentale di Doneck, l’area è ora così satura di veicoli corazzati che il nemico può solo sognare un’offensiva qui. Si vede sullo sfondo un buon vecchio carro armato T-72, che è sicuramente affidabile, ma ovviamente attira l’attenzione il nuovissimo T-90. E’ possibile esaminare e confrontare alcune delle caratteristiche tecniche. La sua protezione dinamica si trova in apposite borse di tela, che vengono poste a lato del serbatoio sotto l’apposita copertura. Non è molto pratico, perché il carro armato è più largo del T-72, con i suoi lati che sfregano contro gli edifici durante la battaglia, contro gli alberi. Ecco invece come appare su un carro armato completamente nuovo, recentemente entrato in servizio: qui la protezione è già in scatole di metallo, con una parete laterale del genere puoi sfondare gli edifici senza paura. Questo è un chiaro esempio di come i progettisti ascoltano l’opinione dei carristi. Queste innovazioni sono state apportate dopo l’inizio dell’operazione militare speciale.
Il nemico è ora nella regione di Zaporož’e e l’attenzione di tutti è ora concentrata sugli eventi qui. “Il nemico prevale numericamente, ma subisce pesanti perdite”, dicono i militari russi.
“Cascade” è un’unità ben nota e collaudata, tiene saldamente la difesa e dimostra la capacità di combattere a lungo e con sicurezza. Come risultato dell’ultimo tentativo di attacco ucraino sono stati trovati vari documenti di quei soldati ucraini che recentemente sono stati abbattuti. Passaporti, tesserini militari, patenti di guida. Un punto interessante: la patente di un soldato, come è scritto nella sua carta d’identità militare, è stata rinnovata dal 24 febbraio al 2 marzo 2023 nel Regno Unito.
Il Donbass sta perdendo i suoi figli migliori nella battaglia per il diritto di stare con la Russia. Il Donbass russo continua a difendere il diritto alla propria opinione e al proprio destino nelle trincee, e l’esercito russo si prepara a incontrare nuovi carri armati tedeschi con croci bianche, come ottant’anni fa.
Il 6 giugno è crollata la diga della centrale idroelettrica di Kachovskaja, capolavoro di ingegneria e frutto di un ardito progetto sovietico. Per mesi era stata colpita dai neonazisti ucraini. Finito. Chilometri cubi d’acqua sono precipitati nel varco, spazzando via tutto ciò che incontrava: case, ospedali e teatri, scuole, strade, linee elettriche, giardini e campi seminati, allevamenti di bestiame e cimiteri… Tutto questo è principalmente sulla riva sinistra del Dnepr, che è più in basso a destra. E sotto il controllo della Russia.
Al centro degli eventi di questa settimana c’è la centrale idroelettrica Kachovskaja. Ora tutto il mondo lo sa. La Kachovka è uno dei “grandi progetti di costruzione del comunismo”, pianificato quando il Paese veniva costruito secondo i piani quinquennali nazionali. L’idea di erigere una struttura ciclopica era quella di innalzare di 16 metri il livello dell’acqua del Dnepr davanti a una diga artificiale, creando così un vero e proprio mare artificiale – il bacino di Kachovka con un volume totale di 18 chilometri cubi – e da esso per alimentare un canale attraverso il quale l’acqua scorrerebbe per gravità in Crimea. Inoltre, la centrale idroelettrica avrebbe fornito elettricità. Così hanno fatto.
Nell’arida Crimea arrivò tanta acqua che iniziarono a coltivare il riso. E’ emersa un’intera industria, per non parlare dei vigneti irrigati. In una parola, hanno fatto tutto bene. L’acqua del Dnepr nel bacino di Kachovka era sufficiente anche per il sistema di raffreddamento della centrale nucleare di Zaporož’e. Costruita nel 1981, ma tuttora la più grande d’Europa e tra le prime dieci più grandi del mondo.
In realtà, questo è un grande atto terroristico pianificato. Ma Zelenskij non sarebbe se stesso se non accusasse la Russia di aver fatto saltare in aria la diga della centrale idroelettrica di Kachovka per allagarsi: “E’ successo solo a causa della Russia e delle persone che ora controllano questa regione. Hanno paura che noi lanceremo una controffensiva in questa direzione e vogliono rendere difficile la liberazione dei nostri territori”.
Sì, la stampa occidentale, a bacchetta, ha riprodotto la versione di Kiev ed è rimasta inorridita dall’insensata crudeltà dei russi. E’ stato fatto a voce alta e fitta, così da soffocare il sussurro del portavoce della Casa Bianca John Kirby: “Ora non possiamo dire con certezza cosa sia successo, ma forniremo sicuramente maggiori informazioni. Possiamo dire che la distruzione per il popolo ucraino e la regione sarà significativa”.
Il giorno dopo, con tutta l’incertezza possibile, anche Londra ha detto la sua. I russi, anche sorprendentemente, contrariamente alla tradizione, non sono incolpati. Ad esempio, è ancora troppo presto per trarre conclusioni definitive.
“E’ troppo presto per dire con certezza cosa abbia causato l’attacco. I nostri servizi militari e di sicurezza stanno studiando la situazione. Se si tratta di un atto deliberato, sarà barbaro su una scala senza precedenti”, ha detto il primo ministro britannico Rishi Sunak.
Ma il cancelliere Scholz ha subito inchiodato la Russia: “Questa, ovviamente, è un’aggressione da parte russa, volta a fermare l’offensiva ucraina”. Nessuna connessione può essere rintracciata, ma Scholz scolpisce la sua. E’ importante per lui ora giustificare l’invio dei Leopard tedeschi.
Anche il presidente del Consiglio europeo Charles Michel grugnisce e promette di “coinvolgere la Russia”. E poi l’onnipresente Von Der Leyen minaccia di farla “pagare” alla Russia. In generale, tutto questo coro discordante è già una tecnologia: l’uso del cosiddetto effetto Rashomon.
Rashomon è il titolo di un film giapponese diretto da Akira Kurosawa che è stato presentato per la prima volta nel 1950. L’immagine fornisce quattro descrizioni dell’omicidio, che sembrano fornite da testimoni, ma le loro versioni sono così contraddittorie che non è possibile capire cosa sia successo. L’effetto Rashomon è stato deliberatamente utilizzato come tecnica per coprire il crimine statunitense di far saltare in aria il gasdotto Nord Stream, così tante versioni sono state deliberatamente accumulate da dimenticare da dove è iniziato.
Quindi ora, in risposta ai fatti di cui sopra e sullo sfondo dei dubbi ufficiali di americani e britannici, il forte coro di stigmatizzare la Russia spaventa molti. Vero, non tutto. Mercoledì, il conduttore radiofonico americano Garland Nixon ha riso a crepapelle su Twitter. “Secondo i media mainstream, la Russia ha attaccato i propri oleodotti, fatto saltare in aria il ponte di Crimea, attaccato la propria centrale nucleare, attaccato di nuovo il ponte di Crimea, fatto saltare in aria la propria diga, attaccato il Cremlino con i droni”.
E il giorno dopo, ha detto: “I russi sono generalmente astuti. Ricordo come hanno bombardato il gasdotto Nord Stream e hanno insistito per un’indagine delle Nazioni Unite per confonderci. Fortunatamente, gli Stati Uniti sono stati in grado di impedire alle Nazioni Unite di indagare sull’attacco”.
Il suo collega americano Tucker Carlson, sospeso da Fox News, ha ora deciso di diventare un blogger. E ha dedicato il suo primo commento su Internet alle mine alla centrale idroelettrica di Kakhovka. In primo luogo, ha fornito un breve background. “La domanda è chi l’ha fatto. Bene, vediamo. Il bacino idrico di Kakhovka si trova nel territorio controllato dalla Russia. Fornisce alla Crimea l’umidità vitale, dove la flotta russa del Mar Nero è di stanza negli ultimi 240 anni. La distruzione della diga potrebbe avere un impatto negativo sull’Ucraina, ma danneggerebbe ancora di più la Russia, motivo per cui la leadership di Kiev ha considerato di distruggerla. A dicembre, il Washington Post ha citato un generale ucraino che ha detto che i suoi uomini, come mossa di prova, hanno colpito la chiusa della diga con un missile di fabbricazione americana. Così, non appena i fatti cominciano ad emergere, diventa molto meno misterioso ciò che potrebbe accadere alla struttura idraulica. Qualsiasi persona sana di mente giungerà alla conclusione che sono stati gli ucraini a farla saltare in aria”.
“E qui ti sbagli!” dicono gli utenti di notizie dai canali via cavo. Vladimir Putin è esattamente il tipo di persona pronta a spararsi solo per infastidirti. Questo ci dicono i media americani, che non hanno perso un minuto e hanno subito accusato i russi di sabotaggio sulla propria infrastruttura, ha detto Carlson.
Il commento di Tucker Carlson è stato un enorme successo negli Stati Uniti questa settimana. Nelle prime 19 ore dopo l’uscita, è stato visto da ben 80 milioni di persone. E’ chiaro che ora il numero di visualizzazioni è già andato ben oltre i cento milioni per il cupo piacere che ne traggono. In questo caso particolare, Putin si è attaccato, perché questo è l’atto più malvagio che si possa fare, ed è del tutto in linea con la natura di una persona così malvagia. Questa era la loro spiegazione.
Ma nessuno di quelli che sono pagati per coprire questo evento ha nemmeno provato a considerare la possibilità che gli ucraini possano aver fatto saltare la diga. In nessun caso! L’Ucraina, come probabilmente avrete sentito, è governata da Zelenskij, che – e questo si può dire con assoluta certezza – semplicemente non poteva essere coinvolto in quanto accaduto. Zelenskij è troppo nobile per piegarsi al terrorismo. Certo, quando viene mostrato in televisione, può dare un’impressione completamente diversa: un comico sudato, simile a un ratto, che è riuscito a diventare un oligarca, un persecutore di cristiani, un amico della compagnia Black Rock. Ma non dovete credere ai vostri occhi. In realtà, Zelenskij è una bravissima persona, la persona migliore. Come disse una volta George Bush, Zelenskij è il Winston Churchill del nostro tempo. Di tutte le persone sulla Terra, il nostro torbido amico ucraino dagli occhi vuoti e in tuta da ginnastica è assolutamente incapace di far saltare una diga. E’ letteralmente senza peccato, è un santo moderno.
Scherzi a parte, il presidente russo Putin, in una conversazione con il suo omologo turco Erdogan, ha parlato dell’esplosione della centrale idroelettrica di Kakhovka con la massima precisione e concisione: si tratta di “un’azione barbara di Kiev su suggerimento dei curatori occidentali”.
Dal 14 al 17 giugno a San Pietroburgo si è svolto il 26° Forum Economico Internazionale. E’ intervenuto Putin, ha parlato per un’ora e mezzo, su temi prettamente economici, io l’ho tradotto per Visione TV. Noto che Repubblica e gli altri “giornaloni” si sono limitati a definire il Forum “un flop”, senza peraltro inviare nessuno all’evento. A nulla valgono le affermazioni “non ci hanno accreditati”: c’erano centinaia, migliaia di giornalisti stranieri. Tutti putiniani? Fatto sta, 14.000 partecipanti da 131 Paesi, 1.700 capitani d’industria, 130 personalità altolocate (capi di Stato e di governo, ministri e quant’altri), 3.500 giornalisti da 33 Paesi, sono stati firmati 695 contratti per 5 trilioni 670 miliardi di rubli (circa 63 miliardi di euro). E pensa se non fosse stato un flop.
Putin ha proseguito in formato domande-risposte per un’altra ora e mezza, e qui il tema Ucraina era inevitabile. Tante cose dette a braccio, l’occidente ha estrapolato dal contesto un’unica frase:
Abbiamo più armi nucleari rispetto ai Paesi della NATO. Loro lo sanno e per tutto il tempo ci convincono ad avviare negoziati sulle riduzioni. Se la prendessero in tasca, come si dice popolarmente. Perché, nei crudi termini dell’economia, questo è il nostro vantaggio competitivo.
Perché ve l’ho riportata? Perché vi è stato riferito che Putin abbia detto: che si fottano. Interpretazioni malevoli.
Editoriale
Questa settimana voglio parlarvi di uno scrittore italiano, che ormai non è più tanto giovane neanche lui, avendo cinquant’anni, Giovanni Da Empoli. Attingo da Wikipedia.
E’ cresciuto in diversi Paesi europei, si è laureato in Giurisprudenza all’Università La Sapienza di Roma e ottenuto il master in Scienze Politiche all’Institut d’études politiques di Parigi.
E’ stato consulente di Antonio Maccanico al ministero delle comunicazioni e, in seguito, direttore dell’Archivio per le Arti Contemporanee della Biennale di Venezia.
Dal 2003 al 2005 è stato amministratore delegato della Marsilio Editori.
Dal 2006 al 2008 è stato consigliere del Ministro dei beni e delle attività culturali Francesco Rutelli.
Nel dicembre 2007 è stato nominato membro del consiglio di amministrazione della Biennale di Venezia.
Dal 2009 al 2012 è stato assessore alla Cultura del Comune di Firenze nella giunta guidata da Matteo Renzi.
Dal 2012 al 2016 è stato Presidente del Gabinetto Vieusseux di Firenze.
Dal 2014 è membro della Fondazione Italia USA.
Nel 2016 ha fondato il think tank Volta, un laboratorio di idee attivo in Italia e in Europa e membro del network Global Progress.
E’ presidente del comitato scientifico dell’associazione Civita, per la quale ha pubblicato nel 2021 il saggio Sette idee per un Recovery Plan culturale dell’Unione Europea.
A partire dal 1996 ha una regolare collaborazione con diverse testate nazionali tra cui il Corriere della Sera, La Repubblica, Il Sole 24 ore e Il Riformista.
Ha inoltre condotto una trasmissione radiofonica a cadenza settimanale su Radio 24, intitolata “Sua Eccellenza”.
In qualità di scrittore e opinionista è apparso regolarmente sulle reti televisive nazionali.
A ventidue anni ha pubblicato il suo primo libro, Un grande futuro dietro di noi, che trattava i problemi dei giovani italiani contribuendo al dibattito nazionale sulla questione e spinse il quotidiano La Stampa a designarlo Uomo dell’anno. Da allora ha pubblicato vari altri saggi che hanno analizzato la mobilità sociale, l’evoluzione e il cambiamento sociale, l’impatto della new economy e le sue conseguenze sul piano sociale e politico.
Ha pubblicato nel 2019 Gli ingegneri del caos (Marsilio, 2019) che è stato tradotto in dodici lingue.
Nel 2022 è la volta de Il mago del Cremlino pubblicato presso Mondadori.
Insomma, è palesemente uno che potremmo liquidare sbrigativamente come un radical chic, ma qui veniamo alla ragione per cui ve ne parlo così dettagliatamente.
Il romanzo “Il mago del Cremlino” è stato infatti pubblicato più di un anno fa in Italia, e poi – essendo stato pubblicato, notiamo, subito dopo febbraio 2022 – ha conquistato la Francia. Ma oggi l’essenza dell’evento è che si sta preparando per la traduzione e l’uscita negli Stati Uniti, a seguito della quale i critici di libri americani sono entrati in agitazione. Inoltre, stiamo parlando di un bestseller, che ora viene tradotto non solo in inglese, ma anche in altre trenta lingue.
In Russia, non c’era tempo per prestare attenzione a questo libro, è stato illuminato pochissimo, principalmente sotto forma di traduzione di un articolo del New York Times. Bene, vedremo cosa succederà se questa opera verrà pubblicata anche qui. L’immagine con gli occhi di un russo sarà divertente. Perché ciò che diventa una rivelazione in Occidente non susciterà necessariamente rispetto in Russia.
In Francia, come ora negli Stati Uniti, è stata una sensazione politica. Davanti a noi c’è un libro che – pensano loro – spiega le ragioni del comportamento del presidente russo. E lo spiegherebbe spiega “benevolmente”. E questo è un crimine. L’autore, secondo Le Monde, “getta il lettore” nella “frenesia paranoica e criminale della cricca di Putin” per spiegarlo dall’interno. E dall’interno, aggiungiamo, risulta non essere follia, non paranoia e non un crimine. Non doveva andare così: top 5 nelle vendite, premio dell’Académie française, e lo scandalo che sia mancato appena un voto per il Prix Goncourt.
Stiamo parlando di un romanzo. Perché le persone leggono romanzi? Perché tutto vada bene. In modo che alcune parole, suoni, odori, scene rimangano nella testa, in modo che questo mondo magico sia ricordato da alcune piccole cose uniche. Ma l’autore del Mago del Cremlino è in realtà un soggetto politico in tutto e per tutto, è stato consigliere di personalità italiane, e rimane un politologo su scala europea. Ha pubblicato diversi trattati su argomenti politici, e poi ha deciso di scrivere il suo primo romanzo.
Ed è quello che è successo: esiste un tale genere all’incrocio tra filosofia, giornalismo e letteratura, quando un monologo-dialogo su valori e idee è espresso da un eroe relativamente credibile o da più eroi. Così hanno scritto Voltaire e Rousseau, i russi Solženicyn e Zinov’ev. E oggi, Viktor Pelevin sta rivitalizzando con successo la filosofia (o prendendola in giro). Beh, chi ha detto che è brutto? Ci sono anche libri del genere.
Ma ancora una volta, per il lettore russo, la faccenda si complica. Per cominciare, il “mago del Cremlino” non è Putin, bensì tale Vadim Baranov, una persona puramente immaginaria – un consigliere del presidente. Discendente di una famiglia aristocratica, proveniente dai vertici dell’intellighenzia del partito brežneviano (fin qui pazienza, non sarebbe impossibile), ma in più è un amico d’infanzia di Chodorkovskij, ha lavorato per Berezovskij, comunica con Prigožin, per non parlare del suo capo Putin. E gli esprimono ogni sorta di pensieri, e lui insegna loro a vivere. Ad esempio, sul fatto che non devi circondarti di mediocrità: quelli sono i primi a tradire. Bene, il nostro autore italiano qui ha accumulato molti stereotipi italiani.
Dopotutto, in un romanzo tutto è possibile. Nelle opere di Dumas, il re di Francia o il primo ministro dicono tutto e il contrario di tutto, cose che nella vita non si sono mai sognati di dire. Certo, l’eroe di Dumas, d’Artagnan, sebbene fosse una persona reale, visse un’epoca dopo e ebbe avventure chiaramente diverse per la testa.
Infine, Da Empoli è stato in Russia solo quattro volte (e dubito a lungo). Non si può pretendere che abbia una profonda comprensione della vita quotidiana in Russia. A giudicare da quanto trapelato sin qui, le pagine migliori del romanzo parlano d’amore, ma anche qui tutto è smodato: il malefico Chodorkovskij cerca di soffiare la bella Ksenija a Baranov.
In generale, ecco un trattato politico e filosofico in cui un italiano intelligente e dal cuore aperto cerca di capire come la pensa il presidente russo. E questo è buono. Lasciamolo provare.
Meno buono è invece che per secoli nuvole di idee religiose, filosofiche e politiche si siano riversate attraverso i confini russi sia da oriente che da occidente. E non c’è mai stata un’opera letteraria degna di nota “sulla vita russa” scritta da uno straniero, tale da non dover fingere un sorriso educato. Invece del contrario si possono fare svariati esempi, anche se spesso con la partecipazione di eroi russi.
Ebbene, gli occidentali non capiscono i russi, sono così misteriosi. Nella migliore delle ipotesi, gli occidentali si dividono in coloro che cercano onestamente di capire e coloro che, proprio per il tentativo dei loro fratelli, cadono in una malvagia isteria. Quindi non c’è bisogno di sognare questa comprensione e inseguirli nel tentativo di rivelare loro tutta la misteriosa anima russa.
Purtroppo, da mesi, spesso nei media russi, ma talvolta anche in quelli italiani, si cita un media degli Stati Uniti che si chiama “Politico”, quasi fosse un reale influencer degno di affidamento. Vediamo di fare chiarezza. Politico viene distribuito gratuitamente nelle metropolitane di Washington e New York, un po’ come “Metro” in quelle di Roma o Milano, ciò nonostante ha una tiratura quotidiana di appena 32.000 copie. Tanto per dare un’idea, il Washington Post ne ha mezzo milione, il New York Times 800 mila, il Wall Street Journal e USA Today un milione e mezzo a testa.
E in Italia? Il Corriere ha una tiratura di 250 mila e una diffusione cartacea di 150 mila copie, poco più di 80 mila in digitale; la Repubblica, rispettivamente, 200, 100 e 50 mila. A scendere, la Stampa, 150, 95 e 23 mila; il Giornale, 78, 31 e millecinque; il Fatto, 70, 25 e 27; la Verità, 66, 39 e millesettecento; Libero, 56, 19 e milleduecento. Tralasciamo tutti gli altri, credetemi sulla parola.
E tutti ne parlano. Vorrei farvi notare che Visione TV, con cui collaboro, in YouTube ha 243 mila iscritti, ma nessuno ne parla. E, nel mio piccolo, il solo mio notiziario settimanale sulla Russia viaggia sui 30 mila. Collaboro anche con l’emittente radiofonica “Giornale Radio”, che ha 1 milione 800 mila ascolti settimanali. Altro che “Politico”.
Come mi aspettavo da mesi, da taluni miei detrattori, tutti italiani, vengo accusato ora di essere un traditore della Russia, ora soprattutto un traditore dell’Italia. Contestualmente, nessun russo mi ha mai avanzato accuse del genere.
Nel mio piccolo, la mente corre a tale Palmiro Togliatti. No, per carità, io non sono certo Togliatti, che nel dopoguerra fu frequentatore dell’osteria di mio nonno a Roma. Fatto sta, nel 1926 fu rappresentante del PCI presso il Comitato Esecutivo dell’Internazionale Comunista a Mosca. Nel 1928 divenne membro della presidenza del Comitato Esecutivo del Comintern. All’inizio del 1927 lasciò Mosca e diresse il centro estero del PCI in Francia. Nel 1927-1934 fu ripetutamente in Svizzera, in Belgio, organizzò il lavoro del PCI in esilio. Nel 1935-43 fu membro della presidenza e della segreteria del Comitato Esecutivo del Comintern. Nel 1937-39, durante la guerra civile spagnola, per conto del Comitato Esecutivo del Comintern, lavorò in Spagna per assistere i comunisti spagnoli. Nel 1939 diresse nuovamente il centro estero del PCI in Francia. Nel settembre 1939 fu arrestato a Parigi e imprigionato fino al 1940. Nel 1940-44 visse in URSS, da dove parlava a radio Mosca con lo pseudonimo di Mario Correnti dando istruzioni ai partigiani comunisti sulle onde corte, e dove, mutatis mutandis, ho lavorato anch’io settant’anni dopo.
Era forse un traditore? Ripeto: non sono Togliatti, ma non ho nulla da rimproverarmi.
Anche questa settimana, ho partecipato a varie conferenze, tavole rotonde e trasmissioni televisive e radiofoniche russe e italiane. Per quelle russe, tradurre se stessi ha un sapore perverso, ma per voi questo ed altro.
Per quanto riguarda Berlusconi, argomento inevitabile, questa settimana.
Certo, l’atteggiamento nei confronti di Berlusconi in Italia (e nel mondo) era ed è ambiguo, non poteva essere altrimenti. Il suo specifico senso dell’umorismo è noto: ad esempio, che la Merkel sia una culona inchiavabile, o quando, tra le mura del Parlamento europeo, ha chiamato Martin Schulz sorvegliante dei campi di concentramento nazisti (kapò), il che, sarete d’accordo, non è accettabile nei confronti di un socialdemocratico tedesco.
Soprattutto, tutto ciò che per trent’anni ha fatto e disfatto nella sua terra natale. Si tratta della legge della metà degli anni Ottanta, creata apposta per lui dall’allora presidente del Consiglio socialista Craxi (che fu suo testimone di nozze), in base alla quale le sue televisioni private locali ricevevano il diritto di trasmettere in tutto il Paese e trasmettere notizie in diretta. E l’appartenenza alla loggia massonica parafascista P2, tessera N°1816. E numerose cause per corruzione e riciclaggio di denaro. E più di sessanta leggi da lui emanate “ad personam”.
Con tutto ciò, vale la pena riconoscere il suo genio: nel 1992 scoppiò in Italia uno scandalo, passato alla storia come “Mani Pulite”, a seguito del quale scomparvero tutti i partiti tradizionali italiani (ad eccezione dei comunisti, ma questa è un’altra storia, e dunque non è così importante): socialisti, socialdemocratici, repubblicani, democristiani, liberali, neofascisti... creò dal nulla il suo “Forza Italia”. Tre mesi dopo, ha già vinto le elezioni, incondizionatamente. Una nuova storia era iniziata.
Tornando al quadro odierno e alla Russia, a qualsiasi ex primo ministro viene concesso un funerale di Stato, questo è del tutto normale e giustificato. Meno giustificato è dichiarare un giorno di lutto: questo è riservato ai presidenti della repubblica, cosa che lui non fu, con una sola eccezione nella storia dell’Italia democratica: Aldo Moro, nel 1978, ucciso dalle Brigate Rosse.
So che è sempre stato amato in Russia: in primo luogo, con la sua passione smodata per le donne, corrispondeva pienamente all’idea stereotipata sugli italiani. In secondo luogo, la sua sincera e reciproca amicizia con Putin è nota, e tutti i media russi si sono tradizionalmente adattati a questo. Permettetemi di avere una visione diversa. Ora è amico, poi, dopo l’annuncio dell’operazione militare speciale, dichiara che Putin lo ha deluso, poi di nuovo lo capisce, poi lo critica. Tutto ciò è molto italiano. Soprattutto, tutte le sue espressioni di solidarietà alla Russia in merito alle sanzioni dell’UE dal 2014 sono state in contrasto con il voto dei suoi stessi deputati al Parlamento europeo: ogni sei mesi, hanno votato all’unanimità con tutti gli altri per la loro proroga. In generale, “predicava bene e razzolava male “. A proposito, questo vale anche per un altro amico immaginario della Russia, Matteo Salvini e la sua Lega.
Da parte mia posso solo notare quanto segue. In Occidente si ritiene che in Russia ci sia una dittatura e che loro invece abbiano la democrazia (il “giardino fiorito” di Josep Borell). Non ho mai nascosto la mia antipatia per Berlusconi, ne ho parlato apertamente. Un quarto di secolo fa ho scritto un libro contro di lui, che è stato un successo inaspettato. Per questo ho perso il lavoro, il mio appartamento e alla fine sono dovuto emigrare. In Russia non ho mai avuto problemi a causa delle mie posizioni. E dov’è dopo ciò la democrazia, e dove la dittatura?
Altra intervista, a proposito della Baerbock.
Povera Annalena Baerbock. Quattro mesi fa, ha dichiarato che Putin deve cambiare posizione a 360 gradi. Qualcuno ha timidamente osservato che significava fare esattamente quello che sta facendo. Ma l’attuale ministro degli Esteri, evidentemente, ha marinato la scuola, non capisce. Proprio come Liz Truss, che rifiuta di accettare la sovranità russa su Voronež e Rostov sul Don.
Ora grida: non importa cosa e dove viene prodotto. Tipo, dell’iPhone non dicono che è americano, ma lo definiscono del proprio Paese. Con i carri armati, ritiene lei, la storia è la stessa. “I carri tedeschi sono in Germania e questi carri invece sono ucraini. E come li usano non è affar nostro”.
Beh, sta sicuramente mentendo sugli iPhone: tutti capiscono tutto perfettamente e chiamano gli iPhone americani. Ma non è questo il punto.
L’ex terra ucraina e ora russa è sfacciatamente arata dagli stessi carri armati di ottant’anni fa, della stessa produzione e con le stesse croci bianche naziste. Per sua fortuna, pochi della popolazione locale se lo ricordano, per una mera questione anagrafica. Ma esiste la letteratura, le fotografie, le riprese. E viene la pelle d’oca.
Cara verde Baerbock, dubito che leggerai mai le mie righe, ma se invece mi sbagliassi, ricorda: il destino dei tuoi (proprio tuoi, altroché) carri armati è prevedibile, allora come oggi. E questo non è un tanto per parlare. Non farci andare a Berlino.
Immancabile Cusano News 7.
Musica
Proseguiamo con le canzoni legate in un modo o l’altro alla Russia e/o all’Italia. Ho parlato spesso dell’amore smodato, spesso non giustificato e da taluni italiani non corrisposto, dei russi per l’Italia e gli italiani.
Penso che tutti ricordiate Raffaella Carrà. In una sua tournée in Unione Sovietica, cantò in russo una canzoncina per bambini presa da un cartone animato. Una Carrà come sempre solare. Io la conobbi al suo programma “Pronto, Raffaella?” in via Teulada a Roma all’inizio degli anni ’80, ho fatto spesso da interprete. Nella foto, sono con la ballerina Maja Pliseckaja e il ben noto calciatore Paolo Rossi: l’Italia era appena diventata campione del mondo in Spagna. Ciao, Raffa.
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