domenica 30 aprile 2023

023 Italiani di Russia

Ventitreesimo notiziario settimanale di lunedì 1 maggio 2023 degli italiani di Russia. Buona Festa Internazionale dei Lavoratori, buon ascolto e buona visione.

Attualità

Corrado Zunino, giornalista di Repubblica, ferito in un attacco di droni a Cherson, ha ignorato gli avvertimenti dell’esercito ucraino. Chi lo ha detto? Forse i russi? Forse Putin? Forse il ministero della difesa o degli esteri russo? No, questo è quanto riferito giovedì dal Comando operativo ucraino Sud. Cioè, se non fosse chiaro: dall’esercito ucraino.

Mercoledì il capo della Farnesina e vicepremier Antonio Tajani ha dichiarato che Zunino è stato ferito a Cherson. Durante l’attacco, il giornalista ucraino Bogdan Bitik, che era l’assistente di Zunino, è stato ucciso.

“Come è diventato noto al Centro per le comunicazioni strategiche e la sicurezza delle informazioni, Zunino non ha informato gli addetti stampa responsabili del suo lavoro in città. E già sul posto, ha ignorato gli avvertimenti preventivi dell’esercito ucraino sul pericolo”, ha detto il comando operativo in Facebook.

Il rapporto dice anche che Zunino, in qualità di leader, era obbligato ad assicurarsi che un membro del suo gruppo non solo indossasse un giubbotto con la scritta PRESS, ma anche che fosse antiproiettile. “Ma l’italiano ha violato le regole di condotta per i giornalisti in zone di combattimento”, dice il rapporto.

E’ una notizia di venerdì. 26 missili ucraini sul centro di Doneck. Colpiti con gli HIMARS ad alta precisione una farmacia, un centro commerciale, un ospedale (distrutto l’unico apparecchio di risonanza magnetica della Repubblica Popolare) ed un autobus, in cui sono arse vive nove persone (compreso un bambino di otto anni). Non ne trovo traccia nei media italiani.

Ogni anno, il 1 maggio, la Russia celebra la festa della primavera e del lavoro. Il primo maggio è una festa che ormai in Russia è dedicata al lavoro e alla primavera, si celebra in molti Paesi e ha nomi diversi. In epoca sovietica, in questo giorno si tenevano manifestazioni colorate con slogan che esprimevano solidarietà ai lavoratori di tutto il mondo. Ora il Primo Maggio è un giorno festivo tradizionale, celebrato in molte famiglie. Nelle città si tengono concerti festivi, gare automobilistiche e processioni.

I nostri antenati associavano il 1 maggio al risveglio della natura e all’inizio del lavoro agricolo. In questo giorno venivano eseguiti rituali in modo che la terra desse un ricco raccolto.

Gli eventi che hanno avuto luogo a Chicago nel XIX secolo hanno cambiato le tradizioni di celebrare il Primo Maggio. Il 1 maggio 1886 la festa acquisì una connotazione politica: da questa data inizia la storia della lotta per l’uguaglianza e le condizioni di lavoro umane. I lavoratori di Chicago si sono mobilitati per chiedere la fine dello sfruttamento del lavoro minorile e per stabilire una giornata lavorativa di otto ore invece di 12-15 ore, oltre ad aumentare i salari. Gli scioperi hanno colpito molte città, tra cui New York, Detroit e sono stati accompagnati da scontri con la polizia.

L’idea è stata sostenuta da milioni di persone in tutto il mondo. Nell’estate del 1889, in segno di solidarietà, il Congresso di Parigi della Seconda Internazionale decise di organizzare manifestazioni sindacali annuali il 1° maggio.

Nel 1890, con lo slogan dell’introduzione di una giornata lavorativa di otto ore, la festa si tenne in Germania, Stati Uniti, Danimarca, Belgio, Austria-Ungheria, Italia, Spagna, Francia, Norvegia e Svezia. Un anno dopo, per decisione del Congresso di Bruxelles della Seconda Internazionale, le sezioni di questa organizzazione in ciascun Paese hanno ricevuto il diritto di scegliere autonomamente la data e la forma della celebrazione dell’evento.

In Russia, il primo raduno festivo di lavoratori nel maggio 1891 fu organizzato dal marxista Michail Brusnev a San Pietroburgo. Ma la festa annuale divenne ufficiale dopo la Rivoluzione d’Ottobre e nel 1918 fu denominata Giornata Internazionale.

Inizialmente, il 1 ° maggio era chiamato Giornata internazionale, successivamente, negli anni ‘70, fu chiamato Giornata internazionale dei lavoratori, che fu abbreviato in Festa del lavoro, e dal 1992, il Primo maggio è stato ufficialmente chiamato Festa della primavera e del lavoro.

Negli anni sovietici, nell’ambito della celebrazione del 1 maggio, le manifestazioni e le processioni dei lavoratori, i concerti e le manifestazioni divennero tradizionali. Con decreto del Comitato esecutivo centrale panrusso del Consiglio dei commissari del popolo della RSFSR del 30 luglio 1928, furono approvati due giorni liberi per i cittadini sovietici: 1 e 2 maggio. Di solito, il secondo giorno della celebrazione, venivano organizzate feste di massa nella natura.

Il 1 maggio 1933 si tenne per la prima volta una parata aerea sulla Piazza Rossa. Da quel momento fino all’inizio della Grande Guerra Patriottica, i risultati dell’industria aeronautica sovietica venivano dimostrati ogni anno in questo modo. In tempo di guerra non si tenevano processioni e sfilate in onore del Primo Maggio.

Il significato delle manifestazioni festive è cambiato nell’”epoca del socialismo sviluppato”. I lavoratori hanno espresso la loro solidarietà alla lotta rivoluzionaria del proletariato nei Paesi capitalisti, così come al movimento di liberazione nazionale nei Paesi in via di sviluppo.

Colonne organizzate di operai, studenti e intellettuali sfilavano con striscioni lungo le vie principali delle città.

Nel 1956, per la prima volta, fu realizzato da Mosca un servizio televisivo su una manifestazione di lavoratori e una parata militare. E da quel periodo hanno iniziato a trasmettere ogni anno l’evento sulla Piazza Rossa sui canali della televisione centrale con l’inserimento di filmati della processione da altre grandi città del Paese.

Negli anni ‘70 la celebrazione ha ricevuto un nuovo nome: i primi giorni di maggio sono diventati le Giornate della Solidarietà Internazionale dei Lavoratori. E nel 1990 si è svolta per l’ultima volta la manifestazione ufficiale in onore del 1 maggio. Nel 1992, il Consiglio Supremo della Federazione Russa ha deciso di rinominare questa data come Festa della Primavera e del Lavoro.

Dal 2004 sono state apportate modifiche al Codice del lavoro della Federazione Russa, secondo le quali la festa della primavera e del lavoro è rimasta un giorno, il 1 maggio, e il secondo giorno è diventato un normale giorno lavorativo.

Oggi il Primo Maggio non ci sono processioni di tale portata. Tuttavia, le organizzazioni politiche e sindacali, così come i movimenti sociali, organizzano azioni per il Primo Maggio, comizi, riunioni, organizzano raduni automobilistici, concerti. Tali eventi simboleggiano l’unità del popolo e la lotta per il lavoro e la giustizia sociale.

Molti segni popolari sono associati al primo maggio. I più popolari:

Come sarà il tempo in questo giorno, così sarà alla fine del mese.

Se il ciliegio selvatico è sbocciato, è ora di seminare le patate.

Se è sbocciato l’ontano, è ora di seminare il grano saraceno.

Il cuculo si è seduto su un albero secco: significa che le gelate torneranno.

Molti fatti interessanti sono collegati alla celebrazione del 1 maggio:

Per la prima volta, il Primo Maggio in Russia è stato celebrato apertamente dopo la Rivoluzione di Febbraio del 1917, quando diversi milioni di persone hanno preso parte al corteo.

In URSS, la festa si chiamava “Giornata di solidarietà con i lavoratori”. I lavoratori prendevano parte alla manifestazione per sostenere le persone nel mondo i cui diritti erano stati violati.

L’ambasciatrice degli Stati Uniti presso la Federazione Russa Lynn Tracy ha dichiarato che “I giornalisti russi che avrebbero dovuto accompagnare il ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov in un viaggio a New York come parte della presidenza russa del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite potrebbero volare per conto proprio dopo aver ottenuto i visti”.

I giornalisti russi non potevano “volare per conto proprio”, perché da tempo non ci sono voli diretti da Mosca a New York per discutibile imposizione delle autorità americane, e con gli scali sarebbero arrivati solo entro la fine del soggiorno della delegazione di Sergej Lavrov presso la sede delle Nazioni Unite. E hanno restituito i passaporti senza visto a metà dei giornalisti.

Il rilascio dei visti dopo la data di partenza è uno dei trucchi preferiti delle autorità americane. Ad esempio, l’anno scorso a Marija Zacharova, la portavoce del ministero degli esteri russo, è stato concesso un visto per lavorare nel Comitato per l’informazione delle Nazioni Unite confidando che non sarebbe arrivata in tempo per la riunione, quando dovevano parlare i vari rappresentanti.

Altra dichiarazione di Lynn Tracy: “Qualunque differenza noi, gli Stati Uniti, abbiamo con il governo russo, queste non sono differenze con il popolo russo”.

Il popolo russo viene ucciso su suggerimento degli Stati Uniti, con denaro degli Stati Uniti, con armi degli Stati Uniti, per mano di un regime portato al potere dagli Stati Uniti attraverso un colpo di Stato orchestrato dagli Stati Uniti.

Economia

Il presidente russo Vladimir Putin ha firmato un decreto sull’introduzione della gestione patrimoniale temporanea di persone provenienti da Paesi ostili in caso di sequestro di proprietà russe all’estero o limitazione dei diritti su di essa. Il documento è pubblicato sul portale delle informazioni legali.

Il testo del decreto rileva che ciò è dovuto “alla necessità di adottare misure urgenti in risposta ad azioni ostili e contrarie al diritto internazionale degli Stati Uniti e degli Stati esteri e delle organizzazioni internazionali che vi hanno aderito”, volte a privare o limitare il diritto di proprietà della Federazione Russa, delle sue Società e dei suoi cittadini.

In risposta a tali azioni, la Federazione Russa introduce la gestione temporanea della proprietà e dei beni di persone provenienti da Paesi ostili in Russia. L’agenzia di Stato Rosimuščestvo sarà il gestore ad interim di tali beni, ma un’altra persona può essere nominata per decisione del presidente. L’amministratore provvisorio potrà esercitare i poteri di proprietario dei beni, “ad eccezione dei poteri di disporre dei beni”.

Il documento ha inoltre approvato un elenco di asset per i quali è già in corso di introduzione la gestione temporanea: le quote di azionisti stranieri (finlandesi in questo caso) nelle Società energetiche Unipro e Fortum.

La gestione ad interim può essere interrotta per decisione del Presidente della Russia.

In precedenza, il comitato investigativo della Federazione Russa ha riferito di un’indagine su un procedimento penale per frode e ostruzione delle attività commerciali, avviato contro la leadership dell’Ucraina. Stiamo parlando dell’espropriazione dei beni di “una delle banche russe fondamentali” e del suo “istituto di credito sussidiario in Ucraina”. Secondo i resoconti dei media, questa banca è Sberbank e la sua divisione ucraina.

A fronte di tutto ciò, è importante riferire di una esauriente intervista di Vittorio Torrembini, presidente di GIM Unimpresa, l’associazione degli imprenditori italiani in Russia, nell’ambito dell’esposizione internazionale Innoprom, che si è svolta a Taškent, capitale dell’Uzbekistan.

Le aziende italiane non hanno intenzione di lasciare il mercato russo, nonostante le difficoltà nel loro lavoro, ci sono piani per nuovi investimenti.

Recentemente solo due aziende italiane hanno venduto la loro attività in Russia, una di loro è la grande compagnia energetica Enel, l’altra aveva piani del genere da molto tempo. Le difficoltà sono enormi: logistiche, finanziarie, nel settore bancario, per le pressioni che ricevono dalle autorità in Italia e in Europa. Tuttavia, le nostre aziende sono abbastanza forti da non cadere sotto l’influenza delle restrizioni.

Diverse aziende hanno in programma di investire in Russia in settori come i materiali da costruzione e il cibo, ha affermato Torrembini. “Non posso dire chi, ovviamente, ma abbiamo tre o quattro Società che stanno persino approntando investimenti”.

L’elenco delle suddivisioni delle grandi Società occidentali nel complesso dei combustibili e dell’energia, del settore bancario, dei produttori di beni di consumo, dei prodotti chimici domestici e delle attrezzature che sono significative per l’economia russa può essere aggiunto all’elenco di quelli sotto gestione temporanea della Rosimuščestvo.

Data la loro leadership in segmenti rilevanti del mercato interno e la loro importanza per l’economia russa, se i governi dei loro Paesi impongono nuove sanzioni, i loro beni potrebbero essere affidati a una gestione esterna.

Martedì il presidente russo Vladimir Putin ha firmato un decreto in risposta al sequestro di beni russi all’estero e alla limitazione dei diritti di proprietà. Il decreto approva un elenco di attività estere che, in risposta, vengono trasferite all’amministrazione temporanea dell’Agenzia federale per la gestione della proprietà. Comprendeva l’83,73% delle azioni Unipro possedute indirettamente dal governo tedesco (tramite Uniper) e il 98,23% di Fortum, posseduto dalla omonima Società finlandese. L’elenco può essere ampliato.

La Società commerciale di materie prime svizzera Glencore, che possiede quasi il 10,6% del gruppo russo En+, che a sua volta controlla Rusal, l’unico produttore primario di alluminio in Russia, possa rientrare nel decreto in futuro. Inoltre, le misure in esso previste possono essere estese alla Società svizzera Nestlè, proprietaria di imprese di produzione alimentare in Russia.

Tra i player italiani, vale la pena citare la Danieli, che ha uno stabilimento per la produzione di attrezzature metallurgiche nella regione di Nižnij Novgorod, e la sua “connazionale” Marcegaglia, che gestisce un’impresa per la produzione di tubi saldati inossidabili nella regione di Vladimir.

Infine, non dobbiamo dimenticare l’americana Procter & Gamble, che produce prodotti chimici per la casa in Russia, e General Electric, che, insieme a Inter RAO, ha un impianto per la produzione di turbine a gas nella regione di Jaroslavl’.

Sono state classificate anche le banche di non residenti ostili che non hanno avuto il tempo di lasciare la Russia.

Parliamo innanzitutto di Unicreditbank (“figlia” del gruppo italiano UniCredit) e Raiffeisenbank (“figlia” del gruppo austriaco Raiffeisen Bank International, RBI), che sono tra le banche russe di rilevanza sistemica. Alla fine dello scorso anno, le attività della RBI in Russia ammontavano a 26,9 miliardi di euro e il capitale a 4,1 miliardi di euro.

Tuttavia, il trasferimento alla direzione russa o la nazionalizzazione di Raiffeisenbank non sarebbe redditizio per la Russia, perché questa banca cadrebbe immediatamente sotto sanzioni e perderebbe il suo principale vantaggio competitivo: è un operatore nel mercato dei trasferimenti di denaro dalla Russia al UE.

Oltre a queste due banche, ING Bank (una filiale del gruppo olandese ING), Citibank (filiale del gruppo americano Citi) e molte altre banche di proprietà di non residenti ostili continuano a operare in Russia.

Inoltre, vengono menzionati i primi cinque giganti del petrolio e del gas, le cui attività nella Federazione Russa possono essere trasferite sotto la gestione dell’Agenzia federale di gestione della proprietà: si tratta della British BP, della Britannico-olandese Royal Dutch Shell, della francese Total Energies e della giapponese Mitsubishi e Mitsui. Tutte queste Società hanno effettuato investimenti significativi nella Federazione Russa e hanno partecipazioni in importanti progetti di combustibili ed energia.

Il Foglio di Giuliano Ferrara, a firma di Micol Flammini, citando lo Stockholm international peace research institute (Sipri), un istituto che monitora la spesa militare di anno in anno, afferma che “Stati Uniti, Cina e Russia sono i tre Paesi che hanno speso di più e insieme rappresentano il 56 per cento del totale”. Ed è quasi vero: in realtà, l’India è al terzo posto, spende più della Russia, che è al quarto. Infatti, un vecchio adagio recita che se io mangio un pollo arrosto intero e tu digiuni, per la statistica, abbiamo mangiato mezzo pollo a testa.

Affermano anche che “la spesa militare in Russia è cresciuta nel 2022 di oltre il nove per cento, portando Mosca a spendere il 4,1 per cento del PIL in difesa (nel 2021 la spesa era del 3,7)”. Cioè, la notizia è quella delle spese militari russe, non dell’Unione Europea. Bontà loro, inizialmente ricordano che “la spesa militare globale è aumentata del 3,7 per cento nel 2022, con picchi che riguardano soprattutto i Paesi europei, che hanno registrato l’aumento annuale più forte degli ultimi trent’anni, con un tredici per cento di spesa in più rispetto al 2021.

E’ un ottimo esempio di propaganda di guerra. Perché ho parlato della statistica del pollo? Eccovi le spese dei singoli Paesi, quelle più rappresentative. La spesa militare degli Stati Uniti nel 2022 è stata di 877 miliardi di dollari.

  • Cina: $ 291 miliardi
  • India: $ 66 miliardi
  • Russia: $ 61 miliardi
  • Gran Bretagna: $ 55 miliardi
  • Francia: $ 51 miliardi
  • Giappone: $ 48 miliardi
  • Germania: $ 46 miliardi
  • Italia: $ 33 miliardi
  • Brasile: $ 20 miliardi
  • Iran: 6 miliardi di dollari

In altre parole, tutti questi Paesi messi insieme arrivano a 677 miliardi di dollari. Gli USA da soli 877. Però gli Stati Uniti con Russia e Cina arrivano a 1.229, il 56% mondiale. Capite come vengono costruite le notizie?

Interviste

Anche questa settimana, ho partecipato a varie conferenze, tavole rotonde e trasmissioni televisive e radiofoniche russe e italiane. C’è stata una trasmissione storica sulle origini e le caratteristiche della mafia, in Italia e nel mondo. I miei interventi si limitano a cinque minuti e mezzo, ve li riporto con i sottotitoli.

Musica

Proseguiamo con le canzoni legate in un modo o l’altro alla Russia e/o all’Italia. Ho parlato spesso dell’amore smodato, spesso non giustificato e comunque non corrisposto, dei russi per l’Italia e gli italiani.

Quella di oggi con la Russia non ha attinenza, c’entra col 1° Maggio. Sì, voi direte: che noia, che barba! Per una volta, concedetemelo, anche perché per la mia, la nostra generazione, fu davvero un momento importante, quasi fondante. Claudio Lolli è scomparso prematuramente cinque anni fa. Ricordarlo oggi suona malinconico, sembrava che fossimo ad un passo dal pane e dalle rose.

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lunedì 24 aprile 2023

Lavrov all'ONU

Discorso del Ministro degli Affari Esteri della Russia Sergej Lavrov durante il dibattito aperto del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite sul tema “Multilateralismo efficace attraverso la protezione dei principi della Carta delle Nazioni Unite”, New York, 24 aprile 2023

E’ simbolico che stiamo tenendo il nostro incontro nella Giornata internazionale del multilateralismo e della diplomazia per la pace, che è stata inclusa nel calendario delle date significative dalla risoluzione dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite il 12 dicembre 2018.

Tra due settimane celebreremo il 78° anniversario della vittoria nella seconda guerra mondiale. La sconfitta della Germania nazista, alla quale il mio Paese ha dato un contributo decisivo con l’appoggio degli alleati, ha gettato le basi dell’ordine internazionale del dopoguerra. La sua base giuridica era la Carta delle Nazioni Unite e la nostra stessa organizzazione, incarnando il vero multilateralismo, ha acquisito un ruolo centrale e di coordinamento nella politica mondiale.

Per quasi 80 anni della sua esistenza, l’ONU ha svolto la missione più importante che le è stata affidata dai padri fondatori. Per diversi decenni, la comprensione di base dei cinque membri permanenti del Consiglio di sicurezza sulla supremazia degli scopi e dei principi della Carta ha garantito la sicurezza globale. E così, ha creato le condizioni per una vera cooperazione multilaterale, regolata dalle norme universalmente riconosciute del diritto internazionale.

Ora il sistema incentrato sulle Nazioni Unite sta attraversando una profonda crisi. La causa principale è il desiderio di singoli membri della nostra organizzazione di sostituire il diritto internazionale e la Carta delle Nazioni Unite con una sorta di “ordine basato su regole”. Nessuno ha visto queste “regole”, non sono state oggetto di trattative internazionali trasparenti. Vengono inventati e applicati per contrastare i processi naturali di formazione di nuovi centri di sviluppo indipendenti, che sono la manifestazione oggettiva del multilateralismo. Sono scoraggiati da misure unilaterali illegittime, tra cui l’interruzione dell’accesso alla tecnologia moderna e ai servizi finanziari, l’abbandono delle catene di approvvigionamento, la confisca di proprietà, la distruzione di infrastrutture critiche dei concorrenti e la manipolazione di regole e procedure universalmente accettate. Di conseguenza, la frammentazione del commercio mondiale, il crollo dei meccanismi di mercato, la paralisi dell’OMC e la trasformazione finale, già palese, del FMI in uno strumento per raggiungere gli obiettivi degli Stati Uniti e dei suoi alleati, tra cui obiettivi militari.

Nel disperato tentativo di affermare il proprio dominio attraverso la punizione dei recalcitranti, gli Stati Uniti sono andati alla distruzione della globalizzazione, che per molti anni è stata propagandata come il bene supremo di tutta l’umanità, al servizio del sistema multilaterale dell’economia mondiale. Washington e il resto dell’Occidente che le obbedisce usano le loro “regole” ogni volta che è necessario giustificare passi illegittimi contro coloro che costruiscono le loro politiche in conformità con il diritto internazionale e si rifiutano di seguire gli interessi egoistici del “miliardo d’oro”. Chi non è d’accordo viene inserito nelle “liste nere” secondo il principio: “chi non è con noi è contro di noi”.

E’ diventato “scomodo” da tempo per i colleghi occidentali negoziare in formati universali, come le Nazioni Unite. Per sostanziare ideologicamente la politica di indebolimento del multilateralismo, è stato messo in circolo il tema dell’unità delle “democrazie” contrapposte alle “autocrazie”. Oltre ai “vertici per la democrazia”, la cui composizione è determinata dall’autoproclamato egemone, si stanno creando altri “club dell’élite” che scavalcano l’Onu.

Vertici per la democrazia, l’Alleanza per il multilateralismo, il partenariato globale per l’intelligenza artificiale, la coalizione globale per la libertà dei media, l’appello di Parigi per la fiducia e la sicurezza nel cyberspazio: tutti questi e altri progetti non inclusivi sono concepiti per minare i negoziati su argomenti rilevanti sotto gli auspici dell’ONU, per imporre concetti e soluzioni non consensuali vantaggiose per l’Occidente. Prima si accordano su qualcosa in privato, in una cerchia ristretta, e poi presentano questi accordi come “la posizione della comunità internazionale”. Diciamo pane al pane: nessuno ha permesso alla minoranza occidentale di parlare a nome di tutta l’umanità. Dobbiamo comportarci in modo decente e rispettare tutti i membri della comunità internazionale.

Imponendo un “ordine basato su regole”, i suoi autori respingono con arroganza il principio chiave della Carta delle Nazioni Unite: l’uguaglianza sovrana degli Stati. La quintessenza del “complesso dell’esclusività” è stata la dichiarazione “orgogliosa” del capo della diplomazia dell’UE, J. Borrell, secondo cui “l’Europa è un giardino dell’Eden e il resto del mondo è una giungla”. Citerò anche la Dichiarazione congiunta NATO-UE del 10 gennaio di quest’anno, in cui si afferma: “The United West” utilizzerà tutti gli strumenti economici, finanziari, politici e – lo sottolineo con particolare attenzione – militari a disposizione della NATO e dell’UE per garantire gli interessi del “nostro miliardo”.

L’“Occidente collettivo” si propone di rimodellare «per sé» i processi di multilateralismo a livello regionale. Non molto tempo fa, gli Stati Uniti hanno chiesto il rilancio della Dottrina Monroe, hanno chiesto ai Paesi latinoamericani di limitare i legami con la Federazione Russa e la Repubblica popolare cinese. Questa linea, però, si è scontrata con la volontà dei Paesi della regione di rafforzare le proprie strutture multilaterali, in primis la Comunità degli Stati latinoamericani e caraibici (CELAC), pur difendendo il loro legittimo diritto a costituirsi come uno dei pilastri della mondo multipolare. La Russia sostiene pienamente tali giuste aspirazioni.

Ora forze significative degli Stati Uniti e dei suoi alleati sono state dispiegate per minare il multilateralismo nella regione Asia-Pacifico, dove da decenni attorno all’ASEAN si è sviluppato un sistema aperto di successo di cooperazione economica e di sicurezza. Questo sistema ha permesso di sviluppare approcci di consenso adatti sia ai “dieci” membri dell’ASEAN che ai loro partner di dialogo, tra cui Russia, Cina, Stati Uniti, India, Giappone, Australia e Repubblica di Corea, garantendo un vero multilateralismo inclusivo. Proponendo le strategie indo-pacifiche, Washington ha stabilito una rotta per il crollo di questa architettura consolidata.

Al vertice di Madrid dello scorso anno, la NATO, che ha sempre convinto tutti della sua “pacificità” e del carattere esclusivamente difensivo dei suoi programmi militari, ha dichiarato la sua “responsabilità globale”, l’“indivisibilità della sicurezza” nell’area euro-atlantica e in quella cosiddetta indo-pacifica. Cioè, ora la “linea di difesa” della NATO (come alleanza difensiva) si sta spostando verso le coste occidentali dell’Oceano Pacifico. Gli approcci di blocco che minano il multilateralismo incentrato sull’ASEAN si manifestano nella creazione dell’alleanza militare AUKUS, in cui vengono spinti Tokyo, Seoul e un certo numero di paesi dell’ASEAN. Sotto gli auspici degli Stati Uniti, si stanno creando meccanismi per intervenire nelle questioni di sicurezza marittima con l’obiettivo di garantire gli interessi unilaterali dell’Occidente nelle acque del Mar Cinese Meridionale. J. Borrell, che ho già citato oggi, ha promesso ieri di inviare forze navali dell’UE in questa regione. Non è nascosto che l’obiettivo delle strategie indo-pacifiche è contenere la RPC e isolare la Russia. E’ così che i colleghi occidentali intendono il “multilateralismo effettivo” nella regione dell’Asia-Pacifico.

Dopo lo scioglimento del Patto di Varsavia e l’uscita dalla scena politica dell’Unione Sovietica, iniziò a prospettarsi la realizzazione dei principi di un multilateralismo autentico, senza linee di divisione, nello spazio euro-atlantico. Ma invece di liberare il potenziale dell’OSCE su una base paritaria collettiva, i Paesi occidentali non solo hanno mantenuto la NATO, ma, contrariamente alle loro promesse giurate, hanno stabilito una rotta per lo sfacciato assorbimento dello spazio adiacente, compresi i territori in cui gli interessi vitali della Russia sono sempre esistiti e continueranno ad esistere. Come riferì l’allora Segretario di Stato americano John Baker al presidente George W. Bush Sr.: “La principale minaccia per la NATO è l’OSCE”. Aggiungo per conto mio che oggi sia l’ONU che i requisiti della sua Carta rappresentano una minaccia per le ambizioni globali di Washington.

La Russia ha pazientemente cercato di raggiungere accordi multilaterali reciprocamente vantaggiosi basati sul principio dell’indivisibilità della sicurezza, proclamato solennemente al più alto livello nei documenti dei vertici OSCE del 1999 e del 2010. E’ scritto nero su bianco e senza ambiguità che nessuno dovrebbe rafforzare la propria sicurezza a scapito della sicurezza degli altri e nessuno Stato, gruppo di Stati o organizzazione può essere incaricato di mantenere la pace nella regione dell’Organizzazione o considerare qualsiasi parte della regione dell’OSCE come sua sfera di influenza.

Alla NATO non importava niente di questi obblighi dei presidenti e dei primi ministri dei suoi Paesi membri e iniziò ad agire esattamente all’opposto, proclamando il suo “diritto” a qualsiasi azione arbitraria. Un esempio clamoroso è il bombardamento illegale della Jugoslavia nel 1999, incluso l’uso di testate all’uranio impoverito, che successivamente hanno causato un’ondata di malattie oncologiche – sia tra i cittadini serbi che tra i militari della NATO. J. Biden era allora un senatore e parlò alle telecamere non senza orgoglio di aver chiesto personalmente il bombardamento di Belgrado e la distruzione di tutti i ponti sul fiume Drina. Ora l’ambasciatore americano a Belgrado K. Hill, attraverso i media, invita i serbi a “voltare pagina” e a “smetterla di offendersi”. Gli Stati Uniti hanno accumulato una vasta esperienza su “smettila di essere offeso”. Dopotutto, il Giappone è stato a lungo timidamente silenzioso su chi ha bombardato Hiroshima e Nagasaki. Non una parola al riguardo nei libri di testo scolastici. Di recente, in una riunione del G7, il Segretario di Stato americano A. Blinken ha lamentato pateticamente la sofferenza delle vittime di quegli attentati, ma non ha menzionato chi li ha organizzati. Queste sono le “regole”. E nessuno osa discutere.

Dalla seconda guerra mondiale, ci sono state dozzine di avventure militari criminali di Washington senza alcun tentativo di garantire la legittimità multilaterale. Perché, se ci sono “regole” che nessuno conosce?

La vergognosa invasione dell’Iraq da parte della coalizione guidata dagli Stati Uniti nel 2003 è stata effettuata in violazione della Carta delle Nazioni Unite, proprio come l’aggressione contro la Libia nel 2011. Il risultato è la distruzione dello Stato, centinaia di migliaia di morti, terrorismo dilagante.

L’intervento degli Stati Uniti negli affari degli Stati post-sovietici è stata una flagrante violazione della Carta delle Nazioni Unite. “Rivoluzioni colorate” sono state organizzate in Georgia e Kirgizia, un sanguinoso colpo di Stato a Kiev nel febbraio 2014. Nella stessa fila, ci sono tentativi di prendere il potere con la forza in Bielorussia nel 2020.

Gli anglosassoni, che guidavano con sicurezza l’intero Occidente, non solo giustificano tutte queste avventure criminali, ma ostentano anche la loro linea di “promozione della democrazia”. Ma sempre secondo le proprie “regole”: Kosovo – riconoscere l’indipendenza senza alcun referendum; Crimea – non riconoscerla (sebbene ci sia stato un referendum); non toccate le Falkland/Malvinas, dopotutto lì c’è stato un referendum (come ha dichiarato di recente il ministro degli Esteri britannico John Cleverley). Divertente.

Per respingere i doppi standard, chiediamo a tutti di essere guidati dagli accordi di consenso concordati nel quadro della Dichiarazione delle Nazioni Unite del 1970 sui principi del diritto internazionale, che rimane in vigore. Proclama chiaramente la necessità di rispettare la sovranità e l’integrità territoriale di quegli Stati che “osservano il principio dell’uguaglianza dei diritti e dell’autodeterminazione dei popoli e hanno governi che rappresentano tutte le persone che vivono in un dato territorio”. E’ evidente a qualsiasi osservatore imparziale che il regime nazista di Kiev non può in alcun modo essere considerato come rappresentante degli abitanti dei territori che si sono rifiutati di accettare i risultati del sanguinoso colpo di Stato del febbraio 2014 e contro i quali i golpisti hanno scatenato una guerra per questo. Così come Priština non può pretendere di rappresentare gli interessi dei serbi del Kosovo, ai quali l’Ue ha promesso l’autonomia, così come Berlino e Parigi hanno promesso uno status speciale al Donbass. Il risultato di queste promesse è noto.

Ha detto molto bene il nostro Segretario Generale A. Guterres nel suo discorso al “Secondo Vertice per la Democrazia” il 29 marzo di quest’anno: “La democrazia nasce dalla Carta delle Nazioni Unite. Le sue prime parole – Noi popoli – riflettono la fonte fondamentale del potere legittimo: il consenso di coloro che sono governati. Accordo. Permettetemi di sottolinearlo ancora una volta.

Per fermare la guerra scatenata a seguito di un colpo di Stato nell’Ucraina orientale, sono stati compiuti sforzi multilaterali nell’interesse di una soluzione pacifica, incarnata in una risoluzione del Consiglio di sicurezza che ha approvato all’unanimità gli accordi di Minsk. Questi accordi sono stati calpestati da Kiev e dai suoi padroni occidentali, che di recente hanno ammesso cinicamente e persino con orgoglio di non aver mai avuto intenzione di rispettarli, ma volevano solo guadagnare tempo per pompare l’Ucraina in armi contro la Russia. Pertanto, è stata proclamata pubblicamente una violazione dell’obbligo multilaterale di tutti i membri delle Nazioni Unite sancito dalla sua Carta, che richiede a tutti i Paesi di conformarsi alle risoluzioni del Consiglio di sicurezza.

Le nostre azioni coerenti per prevenire lo scontro, comprese le proposte del dicembre 2021 del presidente russo Vladimir Putin di concordare garanzie di sicurezza reciproca multilaterali, sono state respinte con arroganza. Nessuno, ci è stato detto, può impedire alla NATO di avvolgere l’Ucraina nel suo “abbraccio”.

Tutti gli anni dopo il colpo di Stato, nonostante le nostre pressanti richieste, nessuno dei padroni occidentali del regime di Kiev ha fermato né Porošenko, né Zelenskij, né la Verchovnaja Rada dell’Ucraina, quando la lingua russa, l’istruzione, in generale, le tradizioni culturali e religiose russe violano direttamente la costituzione dell’Ucraina e le convenzioni universali sui diritti delle minoranze nazionali. Parallelamente, il regime di Kiev ha introdotto la teoria e la pratica del nazismo a livello legislativo e nella vita di tutti i giorni. Senza imbarazzo ha organizzato magnifiche fiaccolate nel centro di Kiev e in altre città sotto la bandiera delle divisioni SS. L’Occidente taceva e “si fregava le mani”. Quanto stava accadendo rientrava pienamente nei piani degli Stati Uniti di utilizzare il regime francamente razzista da loro nutrito nella speranza di indebolire la Russia in ogni modo possibile in linea con il corso strategico per eliminare i concorrenti, per minare qualsiasi scenario che implichi l’istituzione di un multilateralismo equo negli affari mondiali.

Oggi è chiaro a tutti, anche se non tutti ne parlano ad alta voce: non si tratta affatto dell’Ucraina, ma di come si continueranno a costruire le relazioni internazionali, attraverso la formazione di un consenso stabile basato su un equilibrio di interessi, o attraverso la promozione aggressiva ed esplosiva dell’egemonia. E’ impossibile considerare la “questione ucraina” isolatamente dal contesto geopolitico. Il multilateralismo presuppone il rispetto della Carta delle Nazioni Unite in tutta l’interconnessione dei suoi principi, come accennato in precedenza. La Russia ha spiegato chiaramente gli obiettivi che persegue nell’ambito dell’operazione militare speciale: eliminare le minacce create da anni dalla NATO alla nostra sicurezza direttamente ai nostri confini e proteggere le persone che sono state private dei diritti proclamati dalle convenzioni multilaterali, per proteggerli da minacce dirette di sterminio ed espulsione dai territori dichiarati pubblicamente dal regime di Kiev dove i loro antenati hanno vissuto per secoli. Abbiamo onestamente detto cosa e per chi stiamo combattendo.

Sullo sfondo dell’isteria scatenata da Stati Uniti e Unione Europea, vorrei chiedere in risposta: cosa hanno fatto Washington e la NATO in Jugoslavia, Iraq, Libia? Ci sono state minacce alla loro sicurezza, cultura, religione, lingue? Da quali norme multilaterali erano guidati, dichiarando l’indipendenza del Kosovo in violazione dei principi dell’OSCE, distruggendo Stati stabili ed economicamente prosperi come l’Iraq e la Libia, situati a diecimila miglia dalla costa americana?

Il sistema multilaterale è stato minacciato dagli spudorati tentativi degli Stati occidentali di soggiogare i segretariati delle Nazioni Unite e di altre istituzioni internazionali. C’è sempre stato uno squilibrio quantitativo a favore dell’Occidente, ma fino a poco tempo fa il Segretariato ha cercato di rimanere neutrale. Oggi questo squilibrio ha assunto un carattere cronico e il personale di segreteria si permette sempre più comportamenti politicamente motivati, inappropriati per i funzionari internazionali. Chiediamo allo stimato Segretario Generale Guterres di garantire che tutti i suoi dipendenti rispettino i requisiti di imparzialità in conformità con l’articolo 100 della Carta delle Nazioni Unite. Invitiamo inoltre la leadership del Segretariato, nella preparazione dei documenti di iniziativa sui suddetti temi di “agenda comune” e “nuova agenda per la pace”, ad essere guidata dalla necessità di suggerire ai Paesi membri modalità per trovare consenso, un equilibrio di interessi, e non assecondare i concetti neoliberisti. Altrimenti, invece di un’agenda multilaterale, ci sarà un ulteriore approfondimento della divisione tra il “miliardo d’oro” e la maggioranza mondiale.

Quando si parla di multilateralismo non ci si può limitare al contesto internazionale, così come non si può ignorare questo contesto internazionale quando si parla di democrazia. Non dovrebbero esserci doppi standard. Sia il multilateralismo che la democrazia devono essere rispettati sia all’interno degli Stati che nelle loro relazioni reciproche. Tutti sanno che l’Occidente, pur imponendo agli altri la sua concezione della democrazia, non vuole la democratizzazione delle relazioni internazionali basate sul rispetto dell’uguaglianza sovrana degli Stati. Ma ora, promuovendo le sue “regole” sulla scena internazionale, sta anche “soffocando” il multilateralismo e la democrazia in patria, utilizzando strumenti sempre più repressivi per sopprimere ogni dissenso – proprio come fa il regime criminale di Kiev con l’appoggio dei suoi “insegnanti” – gli Stati Uniti e i loro alleati.

Cari colleghi, ancora una volta, come negli anni della Guerra Fredda, ci siamo avvicinati a una linea pericolosa, e forse ancora più pericolosa. La situazione è aggravata dalla perdita di fiducia nel multilateralismo, quando l’aggressione finanziaria ed economica dell’Occidente distrugge i benefici della globalizzazione, quando Washington e i suoi alleati abbandonano la diplomazia e chiedono una resa dei conti “sul campo di battaglia”. Tutto questo all’interno delle mura delle Nazioni Unite, create per prevenire gli orrori della guerra. Le voci di forze responsabili e sensibili, gli appelli a mostrare saggezza politica, a rilanciare la cultura del dialogo sono soffocati da coloro che hanno intrapreso un corso per minare i principi fondamentali della comunicazione interstatale. Dobbiamo tutti tornare alle nostre radici: l’osservanza degli scopi e dei principi della Carta delle Nazioni Unite in tutta la loro diversità e interconnessione.

Il vero multilateralismo nella fase attuale richiede l’adattamento delle Nazioni Unite alle tendenze oggettive nella formazione di un’architettura multipolare delle relazioni internazionali. E’ necessario accelerare la riforma del Consiglio di sicurezza ampliando la rappresentanza in esso dei Paesi dell’Asia, dell’Africa e dell’America Latina. L’attuale esorbitante sovrarappresentazione dell’Occidente in questo organo principale delle Nazioni Unite mina il principio del multilateralismo.

Su iniziativa del Venezuela è stato creato il Gruppo degli Amici in Difesa della Carta delle Nazioni Unite. Chiediamo a tutti gli Stati che rispettano la Carta di aderirvi. E’ anche importante utilizzare il potenziale costruttivo dei BRICS e dell’Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai. L’UEEA, la CSI e l’Organizzazione-Trattato per la Sicurezza Collettiva sono pronte a dare il loro contributo. Siamo favorevoli a utilizzare l’iniziativa delle posizioni delle associazioni regionali dei Paesi del Sud del mondo. Anche il G20 può svolgere un ruolo utile nel mantenimento del multilateralismo se i partecipanti occidentali smettono di distrarre i colleghi dai temi di attualità all’ordine del giorno nella speranza di smorzare il tema della loro responsabilità per l’accumulo di fenomeni di crisi nell’economia mondiale.

E’ nostro dovere comune preservare le Nazioni Unite come esempio faticosamente conquistato di multilateralismo e di coordinamento della politica mondiale. La chiave del successo è lavorare insieme, rinunciando alle pretese di esclusività di chiunque e – lo ripeto ancora una volta – rispettando la sovrana uguaglianza degli Stati. Questo è quanto abbiamo sottoscritto tutti quando abbiamo ratificato la Carta delle Nazioni Unite.

Nel 2021, il presidente russo Vladimir Putin ha proposto di convocare un vertice dei membri permanenti del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. I leader di Cina e Francia hanno sostenuto questa iniziativa, ma purtroppo non è stata ancora attuata. Questo argomento è direttamente correlato al multilateralismo: non perché le cinque potenze abbiano determinati privilegi sulle altre, ma proprio a causa della loro speciale responsabilità ai sensi della Carta delle Nazioni Unite per il mantenimento della pace e della sicurezza internazionale. Questo è esattamente ciò che ora richiedono gli imperativi del sistema incentrato sulle Nazioni Unite, che, a seguito delle azioni dell’Occidente, si sta sgretolando davanti ai nostri occhi.

La preoccupazione per questo stato di cose si sente sempre più nelle numerose iniziative e idee dei Paesi del Sud del mondo: dall’Asia orientale e sudorientale, al mondo arabo e musulmano in genere, fino all’Africa e all’America Latina. Apprezziamo il loro sincero desiderio di assicurare la soluzione di qualsiasi problema contemporaneo attraverso un onesto lavoro collettivo volto a concordare un equilibrio di interessi basato sull’uguaglianza sovrana degli Stati e sull’indivisibilità della sicurezza.

In conclusione, vorrei rivolgermi a tutti i giornalisti che ora seguono il nostro incontro. Ai vostri colleghi dei media russi non è stato permesso di venire qui. L’ambasciata degli Stati Uniti a Mosca ha annunciato beffardamente la sua disponibilità a rilasciare loro passaporti con visti nel momento in cui il nostro aereo è decollato. Pertanto, un’enorme richiesta per voi: compensate l’assenza di giornalisti russi. Cercate di realizzare i vostri resoconti in modo tale da trasmettere a un pubblico mondiale la piena versatilità di giudizi e valutazioni.

Fonte originale (in russo): Ministero degli Esteri russo

domenica 23 aprile 2023

022 Italiani di Russia

Ventiduesimo notiziario settimanale di lunedì 24 aprile 2023 degli italiani di Russia. Buon 25 aprile, Liberazione dell’Italia nata dalla Resistenza antifascista, buon ascolto e buona visione.

Attualità

Come molti sanno, sabato è iniziata in tutta Italia una campagna di raccolta firme contro l’invio di armi in Ucraina. Secondo il Fatto Quotidiano, personaggi pubblici e della cultura che hanno sostenuto l’iniziativa sono favorevoli a indire un referendum popolare sulla questione delle forniture di armi. Insistono sul fatto che ciò è contrario alla Costituzione del Paese.

Per una volta, la notizia è riportata persino dai media russi. Come spiega il Fatto, le firme per il referendum saranno raccolte sia online che nei punti della campagna, che saranno organizzati in diverse città d’Italia per diverse settimane. I principali promotori del referendum sono stati due comitati: “Ripudia la guerra” e “Generazioni future”. L’ex sindaco di Roma Virginia Raggi avrà un ruolo attivo nella campagna. Uno dei promotori referendari è l’attore e musicista Moni Ovadia, che ritiene che consultare i cittadini sia uno strumento utile ed efficace. Come si aspettano gli organizzatori, altre associazioni e organizzazioni socio-politiche che si battono per la pace aderiranno all’iniziativa, una pace impossibile fintanto che l’Ucraina riceverà armi dall’Europa.

Per il 7 maggio Michele Santoro ha proposto una “maratona della pace” dalla Val d’Aosta a Lampedusa, per protestare contro l’invio di armi e invitare le autorità italiane ad abbandonare la “politica militare” rivolgendosi alla diplomazia. Come ha spiegato, si tratterà di una “staffetta dell’umanità che unirà tutta l’Italia” sullo sfondo del conflitto in Ucraina. Tra coloro che hanno sostenuto l’iniziativa non ci sono solo politici e personaggi pubblici, ma anche attori, tra cui il vincitore di vari premi europei, compreso il Festival di Cannes, Elio Germano e l’attore Riccardo Scamarcio. “Se riusciremo a costruire una catena umana di 4.000 km con bandiere della pace, questo significherà che l’opinione pubblica diventerà una vera forza”, ha detto Santoro.

L’ancora ambasciatore russo in Italia Sergej Razov ritiene che la confisca dei beni di cittadini russi sia un’azione illegale che va contro la Costituzione della Repubblica Italiana. Il diplomatico, che sta completando la sua missione quasi decennale in Italia, ha chiarito che se si crede alla stampa italiana, che, citando fonti ufficiali, ha riferito del sequestro di beni di cittadini russi in Italia per 2,8 miliardi di euro, allora il Paese “è in testa” in termini di beni congelati e proprietà degli imprenditori russi. “E’ difficile giudicare come queste azioni illegali si adattino alle garanzie legali del diritto alla proprietà privata sancite dalla Costituzione italiana. Apparentemente, le decisioni di sanzioni collettive dell’Unione Europea sono più alte delle leggi italiane”, ha detto Razov.

Razov è un diplomatico sovietico e russo, dal maggio 2013 è contemporaneamente ambasciatore russo in Italia e San Marino. Il futuro ambasciatore Paramonov ha il grado di ambasciatore straordinario e plenipotenziario. E’ stato direttore del primo Dipartimento europeo del Ministero degli Affari Esteri della Federazione Russa. In precedenza è stato Console Generale della Federazione Russa a Milano.

Economia

Confrontare il PIL di Russia e Italia è un grave errore di calcolo di politici ed esperti occidentali. Chi lo dice? Lo ha affermato l’editorialista di The National Interest (Stati Uniti) Carlos Roa. Mica il portavoce del Cremlino.

“In tutti i discorsi di politica estera, non c’è quasi un meme più radicato o fuorviante del paragone banale dell’economia russa con quella italiana”, ha scritto.

Roa ha osservato che tali parallelismi dovrebbero mostrare la debolezza dell’economia russa rispetto al “potere collettivo” dell’Occidente. Per primo questa affermazione fu fatta dal senatore americano Lindsey Graham nel 2014.

L’autore dell’articolo ha chiesto come l’economia russa sia stata in grado di resistere alla pressione delle sanzioni, se è “piccola e senza valore”.

La Russia e l’Italia sono vicine l’una all’altra in termini di PIL nominale, che è stato il “parametro preferito” per le dimensioni e la potenza delle economie nazionali sin dalla seconda guerra mondiale. Tuttavia, l’economista francese Jacques Sapir ha sottolineato che questo approccio è errato, sottolineando che il PIL della Russia in termini di parità di potere d’acquisto è molto più vicino alla Germania che all’Italia. La differenza è la più fondamentale, e il solo fatto che così tante persone ripetano a pappagallo il paragone tra Russia e Italia è sia sconcertante che allarmante.

Allo stesso tempo, anche il valore del PIL rispetto al PPA non mostra la vera portata del potere economico della Russia. Ad esempio, nell’ultimo mezzo secolo l’economia occidentale è stata dominata dal settore dei servizi, che però perde importanza in un’epoca di conflitti. Durante tali periodi, la produzione di beni fisici è importante e, secondo questo indicatore, l’economia russa non è solo più forte di quella tedesca, ma più del doppio di quella francese. Inoltre, la Russia occupa una posizione di leadership nel commercio di energia e materie prime, il che le conferisce un’influenza significativa sui mercati mondiali, cosa che non è sfuggita all’attenzione di numerosi Paesi del Sud del mondo.

Come ha osservato Roa, è tempo di riconoscere quanto l’Occidente sottovaluti le dimensioni e il potere relativi dei suoi rivali economici, in particolare la Russia. I politici dovrebbero anche riconsiderare il loro attuale approccio alla gestione dell’economia statale: le sanzioni non sono affatto una panacea, soprattutto contro un Paese con un potere economico impressionante. Ma prima, promettiamo di non ripetere mai più che l’economia russa è grande come l’Italia.

In precedenza, il ministro delle finanze lituano Gintare Skaiste ha espresso l’opinione che le sanzioni internazionali contro la Russia, imposte in relazione agli eventi in Ucraina, siano più lente di quanto vorremmo.

La senatrice, membro del Comitato del Consiglio della Federazione per la legislazione costituzionale e la costruzione dello Stato Ol’ga Kovitidi, in un’intervista a RT, ha affermato che la politica delle sanzioni statunitensi ha reso inevitabile la dedollarizzazione dell’economia.

Italia

L’intervista dell’Ambasciatore della Federazione Russa nella Repubblica Italiana, Sergej Razov, alle agenzie stampa RIA Novosti e TASS. Punti salienti.

L’ultimo anno e mezzo è stato effettivamente molto difficile per le relazioni tra i nostri Paesi. […] Non mi stancherò mai di ripetere: le crisi vanno e vengono, ma gli interessi restano.

Le sanzioni imposte dalla UE alla Russia hanno esercitato un impatto negativo sullo stato generale della cooperazione commerciale, economica e finanziaria tra i nostri Paesi e sull’attività della comunità imprenditoriale italiana.

Le esportazioni italiane in Russia sono in calo. Le importazioni dalla Russia, che fino a poco tempo fa fino all’80% erano costituite dalle forniture energetiche, sono le più colpite dalle misure restrittive collettive della burocrazia europea.

La stampa italiana, citando fonti ufficiali, ha comunicato il sequestro di beni russi in Italia per un valore di 2,8 miliardi di euro. […] E’ difficile valutare come queste azioni illegali possano conciliarsi con le garanzie giuridiche dei diritti alla proprietà privata sancite dalla Costituzione italiana. A quanto pare, le decisioni della UE in materia di sanzioni collettive sono prevalenti rispetto alle leggi italiane.

Anche nell’ambito della mutevole congiuntura politica, noi qui abbiamo sempre percepito l’atteggiamento gentilmente amichevole degli italiani comuni nei confronti dei nostri cittadini che hanno ricambiato con reciproca simpatia.

Dall’inizio del 2023, l’agenzia federale russa di controllo veterinario e fitosanitario Rossel’choznadzor ha rilevato dieci casi di contenuto di OGM negli alimenti per animali domestici forniti dall’Italia.

In precedenza, Rossel’choznadzor aveva riferito del continuo rilevamento di numerose incongruenze con la composizione dichiarata sulla confezione nel 2023 negli alimenti per animali domestici forniti dall’Unione Europea. Come notato nel messaggio, l’agenzia ha nuovamente registrato il rilevamento di componenti non dichiarati e OGM nei mangimi italiani, nonostante le ripetute richieste del Servizio russo al dipartimento competente per correggere le carenze nel controllo statale e della produzione dei produttori di mangimi in Italia.

Ad esempio, il cibo umido per gatti italiano che afferma di contenere salmone e tonno non contiene DNA di salmone. Un altro alimento secco olistico italiano particolarmente caro per gatti diabetici è stato rilevato in laboratorio il DNA del granoturco ad alto indice glicemico non dichiarato. Un altro costoso cibo secco italiano a base di pesce bianco e riso, appositamente progettato per cani adulti con digestione sensibile, non ha rivelato alcun segno della presenza del pesce dichiarato.

I proprietari di animali domestici responsabili che controllano attentamente l’alimentazione degli animali stanno mettendo a rischio i loro animali domestici a causa di etichette fuorvianti. Siamo franchi: forse che i produttori italiani vogliono compromettere la salute di cani e gatti che hanno la disgrazia di essere russi? Ovviamente no. Semplicemente, pensano in questo modo di risparmiare. Si tratta di un’ennesima pessima figura, dal sapore anche razzista. Sì, perché è una logica pienamente in linea con le farneticazioni del ministro degli esteri dell’Unione Europea Josep Borrel, che parlava di giardino fiorito, di eden, riferito all’occidente collettivo, e di giungla che assedia il giardino, riferito al resto del mondo.

Editoriale

Una storia illuminante, preparate i pop corn. I primi passi in politica arrivarono nella sua prima adolescenza, quando fu influenzato da sua sorella Camilla, che all’epoca era membro dell’allora gruppo marxista-leninista Gioventù Rossa. L’opposizione alla guerra del Vietnam fu la sua motivazione scatenante. A seguito di pesanti bombardamenti contro la città portuale nordvietnamita di Hai Phong alla fine della guerra del Vietnam, ha partecipato a manifestazioni di protesta contro l’ambasciata degli Stati Uniti a Oslo. In almeno un’occasione le finestre dell’ambasciata sono state rotte da manifestanti che lanciavano pietre. Molti dei suoi amici furono arrestati dalla polizia dopo questi eventi. Di chi sto parlando? Di Jens Stoltenberg, attuale segretario generale della NATO. Fin qui, pazienza, l’ennesimo voltagabbana.

George Robertson, segretario generale della NATO nel 1999-2004, era del Partito Laburista britannico. Javier Solana, segretario generale della NATO nel 1995-1999, era del Partito Socialista Operaio Spagnolo. Willy Claes, segretario generale della NATO nel 1994-1995, era del Partito Socialista belga.

E qui la faccenda si fa intrigante. Già, perché i voltagabbana mica li troviamo solo nella NATO. Il presidente della Commissione Europea nel 2004-2014, José Barroso, era uno dei leader della Federazione degli Studenti Marxisti-Leninisti, che era la sezione giovanile movimento clandestino maoista, in seguito unitosi al Partito Comunista dei Lavoratori Portoghesi.

Il ministro degli esteri dell’Unione Europea dal 2019, Josep Borrel, è del Partito Socialista Operaio Spagnolo. Lo precedette Federica Mogherini, del Partito Democratico italiano, 2014-2019. Catherine Ashton, 2009-2014, era del Partito Laburista britannico. Il già citato Javier Solana, 1999-2009, del Partito Socialista Operaio Spagnolo.

In Germania, sono meravigliosi. Olaf Scholtz, socialdemocratico, nel 1975 descrisse la NATO come aggressiva ed imperialista, la Germania Occidentale come “roccaforte del capitale alto d’Europa” e sostenne la corrente marxista del suo Partito. Annalena Baerbock, Esteri, è dei Verdi. Boris Pistorius, Difesa, è socialdemocratico.

Tutti insieme appassionatamente con i fascisti ucraini contro i russi. Qual è il problema, il centrosinistra? Nient’affatto. Il miliardario e primo ministro britannico-indiano è del Partito Conservatore. Quello olandese Mark Rutte è liberal-democratico. Liberal-democratico anche quello belga Alexander De Croo. Macron è centrista, non certo di sinistra. Il presidente portoghese Marcelo Rebelo de Sousa era del Partito socialdemocratico, che, a dispetto del nome, è conservatore di centrodestra. Il primo ministro greco, Kyriakos Mītsotakīs, è del Partito di destra Neo Demokratia, da molti definito parafascista. Quello svedese, Ulf Kristersson, è del Partito Moderato. Il presidente finlandese Sauli Niinistö è del Partito di centrodestra Coalizione Nazionale.

Per non parlare dell’Europa orientale: il presidente polacco Andrzej Duda è del Partito di estrema destra Diritto e Giustizia, idem il suo primo ministro Mateusz Morawiecki. Il presidente ceco Pëtr Pavel, ex paracadutista ed ex comunista, ha combattuto in Bosnia e in Iraq, è stato Presidente del comitato militare NATO. Il suo primo ministro Petr Fiala è del Partito di centrodestra Democratico Civico. La presidente slovacca Zuzana Čaputová è social-liberale. Il suo primo ministro Eduard Heger è del Partito conservatore e populista Gente Comune e Personalità Indipendenti. Il presidente rumeno Klaus Iohannis è del Partito Nazionale Liberale, conservatore, come il suo primo ministro, il generale Nicolae Ciucă.

Finalmente, abbiamo tradizionalmente i baltici. Il primo ministro estone, Kaja Kallas, è del Partito Riformatore, di centrodestra. Il presidente lettone Egils Levits era del Partito liberal-conservatore di centrodestra Via Lettone. Il suo primo ministro, Arturs Krišjānis Kariņš, cittadino statunitense, era del Partito conservatore Nuova Era ed è del Partito di centrodestra Unità. Ma poi pure la presidente democristiana della Commissione Europea, Ursula Von Der Leyen. Della Meloni penso di non dovervi spiegare nulla.

Cosa voglio dire con tutto ciò? E cosa unisce tutti questi politici, di destra e di sinistra? Stanno tutti con gli ucrofascisti. Per carità, la destra e il centrodestra fanno il loro mestiere. E’ il centrosinistra che non fa il suo. Sì, perché, vedete, faccio parte di quella generazione in cui, tra le poche certezze, sapevamo che non tutti gli antifascisti erano di sinistra, e aggiungo per fortuna, ma tutti quelli di sinistra erano antifascisti per definizione. Sembrerebbe che non sia più così, a prima vista. Invece, sono convinto che sia valido tuttora: ho parlato di destra, di centrodestra, di centro, di centrosinistra… Cosa manca? La sinistra. Sì, in Europa occidentale esistono dei piccoli e litigiosi Partiti comunisti, ma sono paragonabili a dei prefissi telefonici. Guarda caso, però, sono tutti fieramente antifascisti, senza riserve, senza se e senza ma.

Per dirla con Giorgio Gaber, si ha paura che se vincono troppo quelli di là, viene fuori una dittatura di sinistra. Se vincono troppo quegli altri, viene fuori una dittatura di destra. La dittatura di centro invece? Quella gli va bene.

Interviste

Anche questa settimana, ho partecipato a varie conferenze, tavole rotonde e trasmissioni televisive e radiofoniche russe e italiane. Voglio darvi intanto un sunto di due trasmissioni russe, una sull’ingresso della Finlandia nella NATO, e una sulla situazione al fronte, con sottotitoli italiani; e poi, al solito, quanto ho detto a Cusano News 7.

Musica

Proseguiamo con le canzoni legate in un modo o l’altro alla Russia e/o all’Italia. Ho parlato spesso dell’amore smodato, spesso non giustificato e comunque non corrisposto, dei russi per l’Italia e gli italiani.

In genere, si tratta di esibizioni di epoca sovietica, o al limite comunque di prima dell’operazione militare speciale. Stavolta, parliamo di un festival che esiste dal 2020, dal nome programmatico “La strada per Jalta”. Ebbene, quest’anno, un insospettabile conduttore del telegiornale della TV di Stato, Ernest Mackjavičus, si è esibito alla chitarra con un altrettanto insospettabile Enzo Ghinazzi, in arte “Pupo”, a ridosso del 25 aprile italiano. Segno che si è rotto le scatole pure lui, a tutto c’è un limite. E poi, è pur sempre toscano…

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domenica 16 aprile 2023

021 Italiani di Russia

Ventunesimo notiziario settimanale di lunedì 17 aprile 2023 degli italiani di Russia. Buon ascolto e buona visione.

Attualità

Il Ministero della Difesa britannico ha dichiarato che l’uranio impoverito delle munizioni che i britannici inizieranno a fornire all’Ucraina avrà un impatto sui militari “probabilmente (highly likely, sembra essere la loro parola preferita) basso”.

A quanto pare è stato testato sul gatto degli Skripal’ e sulle anatre dei laghetti di Salisbury.

La portavoce del ministero degli esteri russo, Marija Zacharova, ha parlato dell’uranio impoverito nelle munizioni, senza “l’altamente probabile”, ma per come è davvero.

Prima, un po’ di storia. E’ significativo che i primi a utilizzare l’uranio impoverito nelle armi perforanti siano stati… i nazisti. Il Ministro degli Armamenti e della Produzione bellica della Germania nazista, Albert Speer, ha ricordato: “Nell’estate del 1943, furono interrotte le importazioni di tungsteno dal Portogallo, il che creò una situazione critica per le munizioni con nucleo perforante duro. Ordinai quindi di utilizzare nuclei di uranio per questo tipo di munizioni”.

Nella seconda metà del XX secolo, i paesi NATO adottarono i progetti nazisti e iniziarono a produrre e utilizzare in massa munizioni all’uranio impoverito nelle loro operazioni. La più dolorosamente nota è stata l’aggressione alla Jugoslavia.

E qui veniamo ai fatti contemporanei.

Come ho già detto più volte, gran parte delle operazioni con munizioni all’uranio impoverito nel contingente NATO sono state condotte dalle truppe italiane. Abbiamo le cifre, sono disponibili. L’area di responsabilità dei soldati italiani in Jugoslavia comprendeva territori dove è stata sparata più della metà di tutte le munizioni all’uranio impoverito (1.237 colpi pari al 56,47%). In sostanza, le forze NATO misero in atto, volenti o nolenti, un esperimento in diretta non solo sui serbi, ma anche sugli stessi italiani. Ai serbi fu assegnato il ruolo di vittime dirette e agli italiani quello di vittime secondarie, per studiare gli effetti dell’uranio impoverito sul personale che lo utilizzava. Forse nessuno aveva previsto di valutare i risultati dell’esperimento. Ma i parenti dei soldati italiani morti di cancro costrinsero il Parlamento a farlo.

Un documento dell’università di Urbino di 252 pagine è uno dei tanti rapporti sugli effetti dell’uranio impoverito e del torio radioattivo sui membri delle forze armate italiane. In breve, secondo gli studi richiesti dalla commissione parlamentare, si è verificato un considerevole incremento delle malattie oncologiche nei luoghi in cui sono state utilizzate munizioni all’uranio impoverito. Il Giornale ha pubblicato i dati precisi relativi alle forze armate italiane che hanno utilizzato munizioni all’uranio impoverito. Su 7.500 persone esposte a sostanze tossiche e a radiazioni delle munizioni con uranio impoverito, 372 sono morte (tasso di mortalità del 5%: 1 su 20). E per giunta sono morte per complicazioni tumorali atroci: disfunzioni renali, cancro ai polmoni, cancro alle ossa, cancro all’esofago, sviluppo degenerativo del derma, linfoma di Hodgkin, leucemia.

Conosciamo persino i nomi delle vittime: il caporale Antonio Attianese, il soldato Leopoldo di Vico e molti altri. Sono tutti morti per gravi tumori.

Le cause intentate dagli italiani contro il Ministero della Difesa sono sempre più numerose e la motivazione principale è sempre la stessa: il cancro. Cancro provocato dalla manipolazione di munizioni all’uranio impoverito.

La Gran Bretagna, fornendo munizioni all’uranio impoverito all’Ucraina, vuole trasformarne il territorio in una terra bruciata e desolata. Non si parlerà russo, non si parlerà ucraino, ci sarà il silenzio assoluto. Come a Pripjat’ e Černobyl’.

L’ambasciata russa in Italia ha richiamato l’attenzione sulla “selettività dimostrativa” e sui doppi standard nella tutela dei diritti dei giornalisti. Questa osservazione è contenuta nel commento della missione diplomatica, pubblicato giovedì sulle sue pagine sui social network in risposta all’appello dei caporedattori di sei principali quotidiani italiani, che hanno invitato le autorità russe a rilasciare il corrispondente dell’edizione americana del Wall Street Journal, Evan Gershkovich, arrestato per spionaggio.

“La selettività dimostrativa solleva interrogativi. La lettera esprime “seria preoccupazione” per il collega americano colto con le mani nel sacco a spiare, ma allo stesso tempo non presta alcuna attenzione alle tante altre recenti violazioni di alto profilo dei diritti dei giornalisti e dei media. Noi, in particolare, non sappiamo nulla di simili appelli “forti” alle istituzioni diplomatiche di Paesi che da molti anni compiono persecuzioni disumane nei confronti del giornalista Julian Assange, di Marat Kasem dello “Sputnik Lituania”: forse “per puro caso” o per qualche “omissione”, sono detenuti nelle carceri lettoni decine di operatori dei media, tra cui il caporedattore, detenuti con inverosimili accuse politicamente motivate. “La stampa italiana non ha alzato la voce in difesa di RT DE e RT France, che sono state portate alla bancarotta da illegittimi divieti di trasmissione, per non parlare di altre molestie e divieti contro i media russi nell’Occidente “libero”.

“Infine, non abbiamo notato la giusta reazione dei media centrali dell’Italia in risposta ai brutali omicidi dei giornalisti russi Dar’ja Dugina (morta a seguito di una bomba piazzata nella sua auto), Oleg Klokov (morto durante il bombardamento di un attraversamento civile da parte delle forze armate dell’Ucraina), Vladlen Tatarskij (morto a seguito di un’esplosione in un caffè di San Pietroburgo). I tentativi di giustificare gli autori e gli organizzatori di crimini così gravi privano di per sé chiunque, e soprattutto i vertici dell’opinione pubblica, del diritto morale di fare appelli moralizzanti”, concludono i diplomatici.

L’appello dei direttori dei quotidiani Corriere della sera, Stampa, Repubblica, Messaggero, Foglio e Nazione è stato reso pubblico nei giorni scorsi e rivolto al nuovo Ambasciatore russo in Italia Aleksej Paramonov, che non si è ancora ufficialmente insediato. L’ambasciata ha richiamato l’attenzione anche su questo.

Ed ecco la dichiarazione ufficiale dell’ambasciata. Nel rispetto delle procedure diplomatiche consolidate non spetta ad un nuovo Ambasciatore che non è ancora arrivato alla sede e che non ha ufficialmente assunto le sue funzioni, fare delle dichiarazioni pubbliche. Cionondimeno, l’Ambasciata ritiene necessario da parte sua commentare questo appello collettivo.

Il corrispondente del quotidiano americano Wall Street Journal, Evan Gershkovich, è stato colto in flagrante mentre cercava di ottenere informazioni segrete su una delle imprese del complesso militare-industriale russo. Tali attività non hanno nulla a che fare con il suo mestiere professionale e l’arresto stesso per sospetto di spionaggio a favore di uno Stato straniero è stato effettuato in piena conformità con i requisiti della legge e le norme della legislazione russa. Come è consuetudine in ogni Paese dove regna lo Stato di diritto, tra cui, indubbiamente, l’Italia, spetta al tribunale accertare la verità e le misure di responsabilità dei reati commessi.

In questo contesto, lasciano perplessi le richieste degli onorevoli rappresentanti delle testate del Paese che proclama tra i suoi principi giuridici essenziali “La legge è uguale per tutti”, di intervenire sulla procedura dell’amministrazione della giustizia. Nella loro lettera, i vertici dei più importanti quotidiani italiani, infatti, tentano di indurre le autorità russe a trasgredire alla loro stessa legislazione. Riteniamo che sia chiaro per tutti che tale approccio sia assurdo ed inopportuno.

Desta interrogativi anche la dimostrativa selettività dell’appello. Nella lettera si manifesta “una profonda preoccupazione” per un collega americano colto con le mani nel sacco mentre svolgeva attività di spionaggio, ma allo stesso tempo non si presta nessuna attenzione ad altre recenti reali numerose violazioni clamorose dei diritti di giornalisti e media. In particolare, non si troverebbero dei simili “forti” appelli alle missioni diplomatiche dei Paesi che da molti anni mettono in atto una disumana persecuzione nei confronti del giornalista Julian Assange. Tuttora, non si farebbero vedere degli esempi di intercessione in favore di più di una dozzina di professionisti dei mass media detenuti per motivi politici nelle carceri lettoni con accuse inverosimili, tra cui Marat Kasem, caporedattore di Sputnik Lituania. Magari è stato per puro difetto di attenzione che i media italiani abbiano mancato di alzare la voce in difesa di RT DE e RT France, costretti al fallimento da illegittimi divieti di trasmissione, per non parlare di altre repressioni contro i media russi nell’Occidente “libero”.

Finalmente, non abbiamo notato la reazione dovuta dei media centrali italiani ai brutali omicidi dei giornalisti russi Dar’ja Dugina, Oleg Klokov, Vladlen Tatarskij. Per quanto vaste siano le divergenze di valutazione degli eventi in corso nel mondo tra i vertici dei principali media italiani e i loro colleghi russi, la consapevole indifferenza, ed in alcuni casi pure dei tentativi di trovare giustificazioni per gli autori e gli organizzatori di tali orrendi crimini, di per sé, priverebbero qualsiasi persona, specialmente leader dell’opinione pubblica, del diritto etico di fare appelli moralizzanti.

Dall’inizio del 2022, il Servizio Federale di Sicurezza russo ha registrato più di cinquemila attacchi hacker alle infrastrutture critiche della Federazione Russa.

L’analisi delle minacce informatiche identificate ha rivelato dati che indicano che gli Stati Uniti e i Paesi della NATO sfruttano il territorio ucraino per condurre massicci attacchi informatici a strutture civili in Russia.

Attualmente, l’infrastruttura di rete dell’Ucraina viene utilizzata da unità di operazioni informatiche offensive dei Paesi occidentali, consentendo loro di impiegare segretamente nuovi tipi di armi informatiche.

Per nascondere il suo coinvolgimento, Washington cerca di presentare solo l’Ucraina come “autrice” di attacchi informatici, vale a dire il gruppo di hacker IT Army of Ukraine, che ha effettuato migliaia di attacchi informatici alle risorse informative russe.

Allo stesso tempo, vengono sviluppati attacchi informatici con la partecipazione diretta del Comando congiunto del Pentagono in collaborazione con gruppi hacker internazionali (Anonymous, Silence) e nazionali (Ghost Clan – USA, RedHack – Turchia, GNG – Georgia, SkvadZOZ – Polonia, ecc.).

Girano in questi giorni un paio di video amatoriali sulla spedizione di armi italiane, concretamente di carri armati, all’Ucraina. In Francia, Macron si è offerto come mediatore del conflitto, e Mosca, secondo me giustamente, gli ha risposto che chi fornisce armi a uno dei due contendenti, con cui gli ucraini continuano quotidianamente ad ammazzare donne e bambini, non può essere considerato seriamente super partes. Ecco, spero bene che non faccia altrettanto la Meloni, altrimenti basterà mostrarle questi filmati.

Per questa settimana è tutto, anzi no. Da quando esiste questo notiziario settimanale, scorrendo i commenti, ne ho lette di ogni: le bandierine delle bamboline non sono italiane bensì ungheresi, hai la faccia di quello che ci fa un favore, gira la ghiera della telecamera altrimenti sei sfuocato, non incrociare le braccia, non gesticolare, il volume è troppo basso, anzi no, è troppo alto, hai cambiato il colore della camicia, tagliati la barba, mettiti la cravatta… A me francamente pare che discutere della mia modesta persona sia poco produttivo, pensiamo piuttosto a commentare gli argomenti affrontati. Sbaglio? A risentirci e rivederci, sempre su Visione TV!

Interviste

Anche questa settimana, ho partecipato a varie conferenze, tavole rotonde e trasmissioni televisive e radiofoniche russe e italiane. Voglio darvi intanto un sunto di una trasmissione russa su Berlusconi, con sottotitoli italiani (è un esperimento, ditemi voi se lo gradite); e poi, al solito, quanto ho detto a Cusano News 7.

Non posso spiegarvi pubblicamente il significato del bunga bunga, diciamo che è il suono durante un rapporto sessuale. Non dico di più, tanto è tutto chiaro per tutti.

[...]

A un certo punto, evidentemente, si è stancato, o forse vedeva come il suo patrimonio si stesse assottigliando a vista d’occhio.

[...]

La restrizione principale consisteva nel non potere fare delle dirette, solo registrate, e niente telegiornali.

[...]

Canale 5, Rete 4, Italia 1, sono poi confluite in unico consorzio, Mediaset, tuttora esistente e che tuttora gli appartiene.

[...]

E chi è Bettino Craxi? Tra le varie cose, testimone di nozze al matrimonio di Berlusconi. E’ tutto strettamente interconnesso. E’ forse un crimine? Certo che no. Però fa venire i brividi.

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Ruby era stata arrestata, e Berlusconi telefonò personalmente al Procuratore capo di Roma, intimandogli di liberarla, perché era la nipote del primo ministro egiziano Moubarak. Ovviamente, quest’ultimo non sapeva manco chi fosse. Rendetevi conto del livello.

[...]

Si era posto un obiettivo: non finire in galera, cosa umanamente comprensibile, e lo ha raggiunto.

[...]

La sua campagna elettorale era basata su una serie di enormi manifesti in tutte le città con una serie di slogan assolutamente banali, tipo “Meno tasse per tutti”. E però lo hanno votato.

[...]

Possiamo dire che Berlusconi sia un mafioso? No, non lo penso. Possiamo affermare che Berlusconi sia legato alla mafia? Sì, indubbiamente.

Musica

Proseguiamo con le canzoni legate in un modo o l’altro alla Russia e/o all’Italia. Ho parlato spesso dell’amore smodato, spesso non giustificato e comunque non corrisposto, dei russi per l’Italia e gli italiani.

Persino in questo cartone animato di epoca sovietica, arcinoto a tutti e tuttora molto amato: “Nu, pogodi!”, di venti puntate andate in onda tra il 1969 e il 2006. Questo pezzo è del 1972. Notare anche il testo in russo, a parte il ritornello.

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