Discorso di apertura del Ministro
degli Esteri russo Lavrov durante l’incontro con i media russi
Cari amici,
Oltre alle regolari comunicazioni
in diversi periodi legati agli eventi di politica estera, è diventata una buona
tradizione per noi incontrarci a Capodanno per uno scambio di opinioni libero e
vivace su ciò che sta accadendo nel mondo e sul ruolo della Federazione Russa in
questi processi.
Non penso che sia necessario un lungo
preambolo. Il presidente russo Putin ha ripetutamente espresso la sua
valutazione su ciò che sta accadendo nel modo più dettagliato. Ha delineato la
linea della Federazione Russa in un momento in cui l’”Occidente collettivo” si
è completamente screditato come partner nei negoziati e, soprattutto, nell’attuazione
di quanto si ottiene tramite accordi politici o legali.
Trent’anni fa, Francis Fukuyama
disse che era arrivata la “fine della storia”. Con questo intendeva il dominio
completo dell’ideologia liberale, della democrazia, dello stile di vita e la
scomparsa del sistema mondiale in competizione, il socialismo. Dopo un po’, è
stato deriso. Cominciarono a dire quanto si sbagliasse, che non si dovevano
fare previsioni categoriche.
Se andiamo a vedere la politica attuale
dell’amministrazione Biden, vogliono esattamente questo, in modo che la “fine
della storia” avvenga non solo nelle opere di analisti politici, politologi e
ricercatori, ma nella vita reale. Tutto ciò che ora vediamo in Europa (nel suo
senso più ampio) e in altri continenti, dove i “messaggeri” americani chiedono
che ogni Stato prenda una posizione anti-russa, aderisca alle sanzioni e non
comunichi con i rappresentanti russi, questo è tutto un riflesso di un
tentativo di stabilire una “fine della storia”, il dominio definitivo e
irreversibile del cosiddetto “miliardo d’oro”. Il presidente russo Putin ne ha
parlato più di una volta.
Queste velleità sono antistoriche,
volte a fermare, sopprimere la formazione oggettiva di un mondo multipolare. Il
corso della storia non può essere fermato. Non c’è fine alla storia e non ci
sarà mai. L’umanità ha più volte subito tentativi di soggiogarla da parte di
una forza o dell’altra, che si proponeva di dettare tutto a tutti. Così sarà anche
questa volta.
Molti Stati e politici (ce ne
sono ancora pochi negli stessi Stati Uniti, ma esistono e stanno cercando di
esprimere il loro punto di vista in modo sempre più forte) comprendono la
perniciosità di un tale corso, che non c’è alternativa alla costruzione di
buone relazioni di vicinato su questo pianeta (con dimensioni relativamente
ridotte), che consentono di tenere conto degli interessi reciproci, vivendo
fianco a fianco, senza cercare di soggiogare un vicino, o anche Paesi situati a
diecimila miglia di distanza.
Questo è ciò che hanno fatto gli
americani quando “improvvisamente” gli è passato per la testa che la Jugoslavia
guidata da Milošević, poi l’Iraq Hussein e la Libia con Gheddafi
rappresentavano una minaccia per la loro sicurezza. Questi erano Paesi prosperi
che non si adattavano alla comprensione occidentale della democrazia liberale.
Erano autocratici, se non dittatoriali. Ma questo non rende le cose più facili
per gli oltre un milione di civili morti a causa dell’aggressione occidentale.
La situazione socio-economica in Iraq e in Libia è stata una delle migliori
della regione. Dove sono questi Paesi adesso? Loro, come Stati, non sono stati
ancora completamente “plasmati”.
Qualsiasi altra regione del mondo
in cui gli americani abbiano cercato di “mettere le cose in ordine” ha subito
le stesse tristi tragiche conseguenze. Hanno abbandonato l’Afghanistan da un
giorno all’altro dopo vent’anni di “governo”. Sono fuggiti, lasciando il Paese
in rovina, con minacce terroristiche e di droga che si sono moltiplicate
durante il periodo della permanenza americana. Tutti sanno come i soldati
americani con i signori della droga sono stati coinvolti nel traffico di droga in
Europa dall’Afghanistan.
In questi vent’anni gli americani
non hanno costruito una sola impresa industriale in Afghanistan. La situazione
è stata ulteriormente aggravata dal fatto che circa dieci miliardi di dollari
rimasti dopo l’ultimo governo sono stati presi e portati via, ma non verranno
restituiti. Oppure lo restituiranno se i talebani lasceranno entrare nuovamente
gli americani per una presenza militare sul loro territorio. Ora Washington è
seriamente preoccupata per questo.
Dobbiamo pensare di più a noi
stessi. Ciò che ha affermato Putin è già in fase di attuazione nelle attività
del nostro ministero e del governo.
Non possiamo più fare affidamento
su queste persone. Non ce lo perdonerebbe né la nostra gente, né la storia.
Siamo obbligati a fare di tutto per avere un sistema indipendente per il
funzionamento del nostro Stato in termini di industrie e tecnologie critiche.
Abbiamo capito nei mesi dell’operazione militare speciale e negli ultimi anni,
quando già venivano introdotte gravi sanzioni contro la Russia, dove abbiamo
delle lacune nel nostro stesso sviluppo, dove anche noi francamente e
ingenuamente “facevamo affidamento” su tutte quelle rassicurazioni che
suonavano all’inizio degli anni ‘90 su una casa comune europea, sulla necessità
di una divisione internazionale del lavoro, che sarebbe basata sulle migliori
caratteristiche e vantaggi competitivi di ciascun Paese, in modo da
raggiungere, combinando gli sforzi, risparmiando le risorse, il costo più efficace
e perciò redditizio. Tutte queste sono parole vuote.
Il vero interesse dell’Occidente
sta, come ha affermato il Presidente russo, nella continuazione della politica
coloniale e neocoloniale: dove si potrebbe ingannare qualcuno, dove strappare
di più per se stessi, dove assicurarsi le opportunità finanziarie che sono
ancora insite nel dollaro, che è replicato in migliaia di miliardi in questi
pezzetti di carta verdi. Poi vengono utilizzati attivamente per creare la
situazione necessaria per l’Occidente (principalmente gli Stati Uniti) sui
mercati mondiali degli alimenti e dei fertilizzanti. Tutto questo non convince
nessuno da molto tempo, quando ci dicono che bisogna cercare soluzioni e
compromessi.
Se parliamo di compromessi,
allora, durante la “trionfale” visita negli Stati Uniti, il presidente ucraino
Zelenskij ha affermato che “una pace giusta significa niente compromessi”.
Questo è esattamente ciò da cui ora sono guidati i suoi “mentori”: nessun
compromesso, detteremo la nostra volontà. Pertanto, devono sconfiggere la
Russia non solo sul campo di battaglia, ma anche infliggere una sconfitta
strategica in modo che nessuno manchi più di rispetto. Questa è la specificità
del momento. La stragrande maggioranza dei Paesi del mondo lo vede e lo capisce
molto bene. Ci vuole tempo per liberarsi di queste “pastoie” orientate al
dollaro finalizzate al funzionamento dei meccanismi di sviluppo mondiale creati
dall’Occidente e al servizio dell’economia globale. Quasi tutti i Paesi nel
dopoguerra si sono impantanati troppo profondamente in questo “sistema”, quando
questi strumenti e meccanismi erano ancora considerati promettenti e adatti a
tutti, preposti a bilanciare gli interessi degli Stati. Il processo di
comprensione dei rischi e delle minacce derivanti da tale dipendenza sta
procedendo attivamente.
Vi assicuro che nel prossimo
futuro assisteremo a una grave riduzione della capacità dell’Occidente di “guidare”
l’economia mondiale a suo piacimento. Che lo si voglia o no, si dovrà
negoziare.
Non abbiamo intenzione di rincorrere
l’Occidente. Hanno stracciato quasi tutte le relazioni. Abbiamo con chi
sviluppare la cooperazione in ambito economico, sociale, culturale e sportivo.
Ci concentreremo su coloro che non ci hanno mai deluso, con i quali a volte
sono stati raggiunti compromessi complessi, ma quando sono stati raggiunti
nessuno ha mai ingannato l’altro. Con l’Occidente è esattamente il contrario.
Fonte: Visione TV
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