domenica 12 marzo 2017

Rimskaja

E’ la 153-a stazione della metropolitana di Mosca, costruita relativamente da poco, appena poco più di vent’anni fa, una delle poche senza riferimenti topografici in superfice. Alla progettazione artistica parteciparono due architetti italiani, Imbrighi e Quattrocchi. I rivestimenti e le finiture sono state realizzate con marmi e granito di varie specie e colori.

Il tema è quello dei monumenti caratteristici di Roma, eseguito dallo scultore Leonid L’vovič Berlin, dei “Šestidesjatniki”, che deve il suo cognome (ebreo) al patrigno, mentre in realtà suo padre, armeno, Avetis Sultanovič Mikaeljan (nome in clandestinità Sultan-Zade), fu uno dei fondatori del Partito Comunista Iraniano, fucilato nel 1938.

Tra gli altri suoi monumenti presenti alla Rimskaja, la composizione architettonica “Fontana”, con raffigurati Romolo e Remo da bambini, e quattro medaglioni. E’ l’unica fontana della metropolitana di Mosca, a 54 metri di profondità. E’ presente, inoltre, la lupa capitolina, una madonna, la bocca della verità e l’arco di Tito (che erroneamente viene definito di Costantino: quest’ultimo è a tre arcate, quello di Tito ad una sola, come nel nostro caso), tutti realizzati in maiolica. Anche questo, per la metropolitana moscovita è un fatto unico. Il contorno in maiolica della lupa reca la scritta: “Urbs æterna Romulus Martis filius urbem Romam condit”. Analogamente, per la madonna con bambino: “Santa Maria mater Dei ora pro nobis peccatoribus nunc et in hora mortis nostræ amen” (proprio “Santa”, non “Sancta”). Sull’arco di Tito: “Ante victoria ne canas triumphum”. La bocca della verità è molto diversa da quella della Basilica di Santa Maria in Cosmedin, sembra piuttosto una maschera teatrale simile a quelle di Ostia antica. Anch’essa reca una scritta: “Abundans cautela non nocet pro bono publico ad verum via fert”. Ovviamente, tutti gli errori sono dello scultore.

Nell’atrio non c’è alcun cartello con indicazione delle fermate o dei passaggi da una linea all’altra, presenti invece in tutte le altre stazioni, per non compromettere la prospettiva.

Inizialmente, avrebbe dovuto chiamarsi “Serp i molot” (nelle vicinanze c’era una famosissima omonima fabbrica siderurgica), ma a metà anni ’90 non era molto popolare intitolare alcunché con definizioni “comuniste” (“Falce e martello”, appunto).

Ma perché proprio “Romana”? Certo, la metropolitana di Mosca ha molte altre fermate intitolate a città, capitali e Paesi euroasiatici, e non solo ex URSS, ma comunque ex Comecon: Bielorussia, Alma-Ata, Kiev, Riga, Praga, Bratislava, Varsavia. Invece, Roma fa eccezione. Naturalmente, si potrebbe supporre che sia un omaggio alla definizione di Mosca come “terza Roma” (dopo Costantinopoli). Non è così. Oltre al già citato “Serp i molot”, un altro nome preventivo era “Meždunarodnaja” (per l’omonima via nelle vicinanze, “Internazionale”, ora invece si trova vicino al complesso fieristico Ekspocentr e al quartiere di affari “Moscow City”), un altro ancora “Ploščad’ Il’iča”, che è tuttora il nome della piazza su cui sbuca, ed anche della fermata della linea che interseca la Rimskaja. Poi si optò per “ploščad’ Rogožskoj zastavy” (piazza della granguardia – o barriera doganale – Rogožskaja, dal villaggio Rogož’, poi Bogorodsk, ora Noginsk). Molto più banalmente, ci si fermò su Rimskaja quando, oltre a Lev Nikolaevič Popov, vennero coinvolti i due architetti italiani di cui parlavamo all’inizio.

Oltretutto, era una sorta di “scambio amichevole”, abbastanza diffuso in Europa. Sulla nuova linea della metropolitana della città eterna, l’attuale fermata “Cipro” avrebbe dovuto essere “Moscova” (inutile fu spiegare che la Moscova è un fiume, non la città attraversata da quest’ultimo), progettata in cooperazione con degli architetti russi. Non se ne fece nulla, pazienza.

In compenso, “Moscova” è una fermata del metrò di Milano, esistente fin dal 1978: prende nome dall’omonima via in superficie, che deve la sua denominazione a Bonaparte, in omaggio alla partecipazione del Regno d’Italia napoleonico (1805-1814) alla sua campagna di Russia del 1812 ed in particolare alla battaglia di Borodino (prima si chiamava via Santa Teresa). D’altro canto, da una mappa di Milano del 1878 della stamperia Ronchi, sita in via Torino (o in via Durini? Tra il Duomo e il Castello Sforzesco), in via Pattari, dietro al Duomo, risultavano ancora i “Bagni russi”, cioè la banja. Possiamo solo immaginare quanti fossero i russi perché fosse redditizio mantenere un esercizio commerciale del genere.

Infine, a Roma, tra le nuove fermate in progettazione (ma, si sa, i tempi a Roma sono imprevedibili) della diramazione B1, è prevista la stazione “Mosca”, verso la Bufalotta.

Di quale scambio amichevole parliamo? Per esempio, a Praga c’era una fermata “Moskevská”, ora rinominata “Anděl” (“Angelo”), alla cui progettazione partecipò lo stesso Popov della Rimskaja di Mosca. Ma poi a Pietroburgo, Minsk, Alma-Ata, Char’kov, Nižnij Novgorod, Samara, e presto Kazan’, Volgograd, Caterimburgo, Kiev (ora, ovviamente, rinominata Demievskaja, mentre a Mosca nessuno si sognerebbe di rinominare la Kievskaja, e nemmeno la Pražskaja, o la Varšavskaja, o la Rižskaja). Fin qui, però, siamo nell’ex Unione Sovietica. Abbiamo già citato Praga. Anche a Budapest esisteva la fermata “Moszkva Tér” (piazza Mosca), ora “Széll Kálmán tér”. A Varsavia, progettata, non fu nemmeno aperta. Si prevede che invece se ne debba aprire una a Sofia. A Düsseldorf c’è la Handelszentrum/Moskauer Straße.

[Pubblicato in Slavia N°3 2017]

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