lunedì 25 marzo 2024

070 Italiani di Russia

Settantesimo notiziario settimanale di lunedì 25 marzo 2024 degli italiani di Russia. Avrei voluto parlarvi di cose più amene. Per esempio, dell’equinozio di primavera, per il quale d’ora in avanti e per i prossimi sei mesi avremo più luce che in Italia. Invece, ovviamente, non sarà così. Buon ascolto e buona visione.

Attualità


Ecco cosa avevo detto a caldo, quella maledetta sera.

Sono le 23:30 locali, finora ci sono quaranta morti ed oltre un centinaio di feriti. Un gruppetto di una decina di terroristi fascisti armati di mitra sono entrati in un centro commerciale ed hanno sparato a casaccio a tutti quelli che gli capitavano a tiro.

Il sottoscritto è stato egli stesso, nel 1979, vittima di un attentato terroristico a Roma, da 45 anni mi porto in corpo quattro schegge di granata fascista. Mi scuserete se non vado per il sottile. Evito di oscurare ipocritamente le scene più cruente, con i cadaveri. Dovete sapere cos’è un attentato, prima di fare i soliti commenti imbecilli dal divano di casa a migliaia di chilometri.

Si dice che fossero barbuti, e di aspetto non slavo. Non lo so, non lo sappiamo, è troppo presto. Per certo, che siano ucraini o caucasici, spero che li prendano vivi, se possibile: è importantissimo conoscere i mandanti, non gli esecutori. Anche perché quattro giorni fa le ambasciate britannica e statunitense a Mosca avvisavano dell’alta probabilità di attentati, ma rifiutando di fornire dettagli alle autorità russe.

Come si diceva ai miei tempi, compagni, non accettiamo le provocazioni. Io ricordo il teatro Nord Ost a Mosca nel 2002 e la scuola a Beslan, in Ossezia, nel 2004. E anche la Puškinskaja, la Rižskaja, la Lubjanka, il Park Kul’tury. Ricordo però anche Piazza Fontana, Piazza della Loggia, Ustica, l’Italicus, la stazione di Bologna, il treno di Natale.


Estratti dalle risposte dell’Ambasciatore della Federazione Russa nella Repubblica Italiana Aleksej Paramonov all’agenzia “LaPresse”.

Per la Russia, per le autorità russe, per tutti i cittadini russi come per i rappresentanti di altri gruppi etnici che vivono nel nostro Paese, è una giornata davvero difficile. Dopo il vile, spregevole attacco messo in atto dai terroristi contro persone indifese che si erano recate presso la sala concerti del “Crocus City Hall” per assistere a un concerto rock, la Russia fatica a riprendersi dallo shock.

Nel suo discorso ai cittadini russi, il Presidente della Federazione Russia Vladimir Putin ha trasmesso quello che è il sentimento generale della nazione, affermando che:

“Nessuno riuscirà a far attecchire i velenosi semi della discordia, del panico e del disordine nella nostra società multietnica. La Russia ha dovuto affrontare più volte prove durissime, talvolta quasi insostenibili, ma è diventata sempre più forte. E anche stavolta sarà così”.

Trovandoci qui, in Italia, abbiamo avuto modo di assicurarci, per l’ennesima volta, che i legami tra i popoli dei nostri due Paesi sono ben più profondi e sinceri di quanto vorrebbero farci credere alcune figure, le quali hanno scommesso su una definitiva rottura e su un irreparabile allontanamento tra la Russia e l’Italia, come anche tra la Russia e i Paesi dell’Europa continentale. Nelle poche ore trascorse dalla sera del 22 marzo 2024, presso il palazzo storico che ospita la sede dell’Ambasciata della Federazione Russa in Italia, che dal 1903 si trova in Via Gaeta 5, è venuto spontaneamente a crearsi un luogo di commemorazione presso il quale nel corso di tutta la giornata si sono recate continuamente persone, molte con lacrime agli occhi, che portavano con sé fiori, giocattoli e bigliettini contenenti auguri di pronta guarigione ai feriti, esprimendo in questo modo una profonda solidarietà nei confronti dell’intero popolo russo.

Già adesso all’indirizzo mail dell’Ambasciata sono pervenuti oltre 10mila messaggi contenenti parole di cordoglio e, allo stesso tempo, di condanna nei confronti dell’attacco terroristico.

Naturalmente, tale reazione da parte della società civile italiana e dei nostri connazionali residenti in Italia ci ha toccato nel profondo. Ed è certo che una tale partecipazione all’accaduto ci aiuterà a superare questa orribile tragedia e a guardare con accresciuto ottimismo al futuro, compreso il futuro delle relazioni tra Italia e Russia.

E non possiamo ignorare le dichiarazioni fatte dalle autorità italiane: dal Presidente della Repubblica Italiana Sergio Mattarella, dal Presidente del Consiglio dei Ministri Giorgia Meloni, dal Presidente del Senato della Repubblica Ignazio La Russa, dai vice Presidenti del Consiglio dei Ministri Matteo Salvini e Antonio Tajani, dal Ministro della Difesa Guido Crosetto, ma anche da altri rappresentanti delle diverse forze politiche italiane. Nonostante le peculiarità del posizionamento politico di Roma, tutti loro hanno espresso una condanna univoca dell’attentato terroristico, come anche parole di cordoglio ai parenti e alle persone vicine alle vittime e, infine, supporto a tutti coloro che si sono trovati coinvolti nell’attentato.


Ricevo da un frequentatore palermitano del mio canale Telegram.

In questo giorno di lutto per i caduti del vile attentato, colgo l’occasione per raccontarvi cosa è successo a me ieri nel deporre i fiori al Consolato russo a Palermo. Solo per dovere di cronaca. Ho arrestato il mio veicolo, sono sceso con il mazzo di fiori e sono subito stato fermato da un militare dell’esercito che mi ha detto che non potevo depositare fiori e null’altro. Alle mie insistenze hanno fotografato il mio documento di riconoscimento e la targa del veicolo. Io ho depositato il mazzo di fiori e, con mio stupore, il militare mi ha stretto la mano salutandomi.

Finora, avevo saputo di una sola città con questo divieto (oltre, ovviamente, Kiev): Riga, ma lì fanno pure le sfilate delle Waffen SS. Devo aggiungere Palermo? A Roma, Milano e Genova nessuno si è permesso.


Alcuni militanti del Partito Comunista di Grecia hanno fermato un treno merci che trasportava carri armati americani dal porto di Alessandropoli alla Bulgaria e hanno scritto con vernice rossa la scritta “assassini tornatevene a casa”.

Potrei oggi parlarvi anche delle varie ipotesi sui mandanti, ma preferisco attendere fonti ufficiali, non sono a caccia di sensazionalismi. Militanti dell’ISIS che non prendono ostaggi, che non fanno richieste, che non sono votati al martirio e che fuggono verso l’Ucraina.

Musica

Proseguiamo con le canzoni legate in un modo o l’altro alla Russia e/o all’Italia.


Vi ho già parlato del giovane Shaman. Ha reagito immediatamente alla tragedia.

Non ci credo che possa essere così
Di punto in bianco uccidere brutalmente
Prendere la vita di qualcuno e spegnerla come una candela
Non ci credo…
Dio, aiuta noi peccatori
Non possiamo farlo senza di te
La nostra fede e la nostra preghiera ci aiuteranno
Non lo dimenticheremo mai
Nel nostro cuore per sempre
Ricorderemo questo giorno fino alla fine
Non so cosa bisogna diventare
Per sparare a bruciapelo
Per togliere la vita a degli innocenti
Non lo so…
Questo dolore nella mia anima non può essere alleviato
Ma so che non possiamo essere distrutti
E non possiamo più ritirarci
Da ora in poi
Per sempre in ogni cuore della Russia
22/03/24

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lunedì 18 marzo 2024

069 Italiani di Russia

Sessantanovesimo notiziario settimanale di lunedì 18 marzo 2024 degli italiani di Russia. Come promesso, oggi molto materiale sulle elezioni presidenziali russe appena concluse. Buon ascolto e buona visione.

Attualità


Estratti dalle risposte dell’Ambasciatore della Federazione Russa nella Repubblica Italiana Aleksej Paramonov all’agenzia “LaPresse”, 16 marzo 2024

Come potrebbe un Presidente eletto dal suo popolo indebolire la posizione del suo Paese o il suo stesso ruolo? Mi riferisco a un qualunque Paese del mondo. Gli elettori votano sempre a favore di chi, secondo loro, è in grado di portare benessere e prosperità al loro Paese, e di garantire che il suo sviluppo avvenga in maniera indipendente e sovrana.

Le parole del Presidente della Federazione Russa Vladimir Putin sull’Italia e sulla sua cultura hanno avuto ampia risonanza mediatica. All’Ambasciata russa in Italia sono giunti numerosi messaggi positivi in risposta alle parole del Presidente russo, cosa che dimostra che in Italia resistono i sentimenti amichevoli nei confronti del popolo russo e dei suoi rappresentanti.

Riteniamo che tali riscontri rappresentino un segnale importante e davvero molto incoraggiante: una dimostrazione del fatto che, nonostante gli sforzi mai visti messi in atto dalla propaganda antirussa in Italia, l’opinione pubblica non ha perduto il buonsenso e conserva ancora un certo ottimismo in merito al futuro delle relazioni tra Russia e Italia.

Io sono certo che le autorità italiane non trascureranno il gesto compiuto dal Presidente della Federazione Russa e che, a loro volta, appoggeranno l’iniziativa di incoraggiare una comunicazione diretta con i rappresentanti della Federazione Russa in Italia.

L’entità del sostegno elettorale al Presidente russo in carica Vladimir Putin da parte dei cittadini russi residenti in Italia la conosceremo soltanto dopo lo svolgimento delle elezioni, e a spoglio delle schede avvenuto.


I primi dati sulle elezioni russe in Italia, affluenza.

Roma: 1.560 elettori

Milano: 2.247

Genova: 532

Palermo: 196


Commento dell’Ambasciatore russo in Italia Paramonov ai rappresentanti dei media russi

“L’opportunità per i cittadini russi in Italia, per tutti noi, di partecipare alle votazioni per le elezioni del Presidente della Federazione Russa è molto importante. Ciò soddisfa il desiderio di essere coinvolti sia nel destino della Russia che nella scelta del percorso del suo sviluppo. Ciò è tanto più rilevante ora che la situazione internazionale è caratterizzata da turbolenze e la Russia è sottoposta a una pressione esterna colossale senza precedenti. Naturalmente l’elezione del Presidente della Federazione Russa rappresenta un fattore potente per unire il popolo russo e tutti i nostri connazionali all’estero.

In Italia, i seggi elettorali per il voto sono stati costituiti sulla base delle rappresentanze diplomatiche e consolari russe: l’Ambasciata a Roma, i Consolati Generali a Milano, Genova e Palermo.

Vorrei sottolineare la posizione delle autorità italiane che, a differenza della leadership di numerosi altri Paesi occidentali, non hanno interferito con l’organizzazione dei seggi elettorali e lo svolgimento delle elezioni. Inoltre, è stata assicurata l’interazione con le autorità locali e le forze dell’ordine al fine di prevenire incidenti e condurre le votazioni secondo gli standard generalmente accettati.

Ci auguriamo infine che la nostra decisione di scegliere come sede delle votazioni la storica sala dei ricevimenti dell’Ambasciata Russa a Roma ci aiuti a comprendere l’importanza e il destino del momento e a creare il buon umore. Senza esagerare, uno dei seggi elettorali più belli e insoliti del mondo.

Vorrei ringraziare i nostri connazionali che oggi partecipano al voto per la loro pazienza, poiché all’ingresso del seggio elettorale si è formata una coda. Chiedo la comprensione di tutti poiché è necessario un periodo di attesa per entrare nel seggio elettorale. Non siamo in Russia, ma in Italia. Qui, nei confronti delle istituzioni diplomatiche e consolari, vige un certo regime di sicurezza, che prevede determinate procedure di verifica”.


La Console Generale della Federazione Russa a Genova Marija Vedrinskaja ha raccontato di come hanno votato i connazionali a Genova.

“La nostra votazione è stata attiva. L’affluenza è stata alta. Siamo lieti che i nostri cittadini abbiano esercitato attivamente il loro diritto di voto. Rispetto alle elezioni del 2021, l’affluenza alle urne è stata tre volte superiore. A Genova hanno lavorato osservatori tra i cittadini russi approvati dalla Camera Civica della Federazione Russa. Inoltre tra gli elettori c’erano molti cittadini delle nuove regioni russe che ora vivono in Liguria”.

Se le persone in fila all’estero per votare alle elezioni presidenziali in Russia avessero preso parte all’azione di “mezzogiorno”, si sarebbero disperse tutte dopo mezzogiorno. Ma no. Erano in fila venerdì, sabato e domenica. Non sono andate via nemmeno la domenica dopo le 13:00. Non si sono sciolti fino a tarda sera.

Le ambasciate russe hanno ufficialmente esteso l’orario di voto e hanno inviato personale aggiuntivo in modo che le persone potessero recarsi ai seggi elettorali ed esprimere la propria volontà.


I cittadini russi non sono venuti alle proteste o agli spettacoli, come cercano di presentare i regimi ostili e i loro servizi di informazione a pagamento. Sono venuti per votare, approfittando dell’opportunità che, nonostante tutte le minacce dell’Occidente, è stata loro offerta dal loro Paese: la Russia. Per chi e come hanno votato è una loro libera scelta. Ma il fatto che abbiano rifiutato gli appelli degli emarginati è evidente a tutti.

E’ interessante: i propagandisti occidentali chiameranno “protesta di mezzanotte” il fatto che cittadini russi di diversi continenti si siano recati ai seggi elettorali per votare la sera e siano rimasti in fila fino al tramonto, o ci saranno abbastanza residui di coscienza per vedere i fatti oggettivi?

A proposito, nel 2018, le stesse file allo stesso tempo erano davanti alle stesse ambasciate a Berlino, Bangkok, Madrid, Parigi e in molte altre città.

Questi stessi propagandisti occidentali non vi diranno mai che nella stessa Germania le autorità tedesche hanno chiuso il consolato generale russo a Francoforte sul Meno, Lipsia, Amburgo e Monaco di Baviera, nell’ordine, tra altre cose, per impedire ai cittadini russi di votare. Autorità di USA, Gran Bretagna, Germania, Italia, Spagna, Paesi Bassi, ecc. un totale di centinaia di diplomatici furono espulsi. Cercando di complicare il più possibile lo svolgimento delle elezioni, in Austria, alla vigilia del voto, due dipendenti della nostra Ambasciata sono stati dichiarati “persona non grata” senza spiegazione.


Nei media italiani ne ho lette, sentite e viste di ogni. Grandi eroine quelle che hanno gettato le molotov e una presunta vernice verde nei seggi e nelle urne elettorali. E poi gli elettori erano costretti a votare, prova ne sia che ai seggi c’erano i militari. E le elezioni non erano democratiche perché le urne erano in plexiglass trasparente. E anche perché c’è stato un 74% di affluenza. E perché l’87% ha votato per Putin. Proviamo ad analizzare punto per punto.

Sapete perché le molotov si chiamano molotov? Le hanno inventate i nazisti finlandesi nel 1939, gettandole contro l’Armata Rossa, come saluto all’allora premier sovietico Molotov. Da quel momento, per 85 anni, vi hanno spiegato che era un’invenzione dei russi e dei comunisti.

La sedicente “vernice verde” è in realtà un antisettico, simile alla tintura di iodio, ma meno invasivo. Di colore verde, appunto, зеленка. I meno obnubilati dalla propaganda occidentale, tuttavia, dovrebbero ricordare come, già all’indomani del colpo di Stato fascista a Kiev, i governatori regionali ucraini venivano straziati, poi presi di peso e gettati nei cassonetti, cospargendogli infine il capo proprio con la зеленка. Qual era l’effetto desiderato dai burattinai occidentali? Quello di delegittimare le elezioni. Quale effetto, invece, hanno raggiunto? Qualche centinaio di pensionati, perché sono loro che, in genere, votano di prima mattina, sono stati privati del loro diritto di esprimere la volontà del popolo sovrano. Si chiama democrazia. Per non parlare delle molotov.

I militari ai seggi. Suppongo che le elezioni in Italia non siano democratiche, vista la presenza dei carabinieri ai seggi. Che siano lì proprio per cercare di impedire episodi come quelli testé descritti è un dettaglio del tutto trascurabile.

Le urne trasparenti. Faccio notare che è così in buona parte dei Paesi, compresi quelli occidentali, e compresa la democratica Ucraina. Però in Russia è segno di assenza di democrazia, non di trasparenza. In Italia, continuano ad essere di cartone (ma io le ricordo addirittura di legno), solo che lo Stivale è in fiera minoranza.

Affluenza, che, per ragioni a me sconosciute, viene definita “bulgara”. Non mi risulta che i bulgari votino più degli altri, ma non ci troverei nulla di disdicevole. Fatto sta che nel 1976, quando l’Italia era ancora democratica, votò il 93% degli aventi diritto, e nessuno si è mai sognato di accostarli a quel Paese balcanico. Il punto non è questo. Il punto è il plebiscito per Putin. Beh, è più democratico che un Paese sia governato da chi è gradito all’87% dell’elettorato, con un’affluenza di tre quarti degli aventi diritto, e cioè, quindi, ai due terzi della popolazione maggiorenne, in termini assoluti, o invece da chi, come in Italia, prende un quarto dei voti validi quando vota metà della popolazione, e dunque gradito ad appena un ottavo degli italiani?

Veniamo agli altri candidati. In genere evito le previsioni, faccio analisi, ma stavolta ero abbastanza sicuro di un’affluenza superiore al 70% e ad un gradimento per Putin superiore all’80%, e l’ho anche ripetutamente dichiarato, sono quindi moderatamente soddisfatto di come sia andata. Questi miei dati previsti però sono addirittura parecchio inferiori a quelli reali. Ecco perché le percentuali dei rimanenti candidati sono state inferiori alle mie previsioni, visto che la somma deve comunque dare cento. Io prognosticavo un 6% al comunista Charitonov, un 5% al liberaldemocratico Sluckij e un 4% al sedicente giovane Davankov. In effetti, Charitonov è arrivato secondo, con il 4,3%, e fin qui ci siamo, nonostante il mio 6% previsto: arrivare secondi vuol dire che il Partito al potere dovrà in ogni caso ascoltare le rivendicazioni di questa opposizione, che nel caso dei comunisti sono quelle sociali. Terzo, però, non è arrivato il liberaldemocratico Sluckij che fu della buonanima di Žirinovskij, bensì il quarantenne Davankov, col 3,84%. La differenza con le mie previsioni è dell’appena 0,16%, però io lo davo ultimo. Non avevo considerato psicologicamente che i giovani, per istinto, votano per il nuovo. Sluckij ha preso un misero 3,21%. Una ragione potrebbe essere che ha un difetto vocale per il quale, quando parla anche delle cose più banali, sembra che stia dichiarando guerra alla radio. Un esaltato. Beh, avendolo conosciuto, posso dire che non è affatto così, ma purtroppo viviamo nella società delle apparenze.

Questa volta le elezioni presidenziali hanno suscitato un’eccitazione senza precedenti all’estero. Enormi code in fila ai seggi elettorali di tutto il mondo. Inoltre, in Paesi sia amichevoli che non così amichevoli. Ho raccontato cosa ha potuto causare un così forte risveglio dei russi.

Bisogna tener conto che questo vale per qualsiasi emigrante di qualsiasi Paese e in qualsiasi Paese. Il processo elettorale è una delle poche cose che ci lega ancora alla terra di origine. Ma per quanto riguarda i russi, lo riassumo in modo molto semplice: “Ne abbiamo abbastanza!” A Milano, ad esempio, gli ucraini di lingua russa sono venuti alle elezioni, i seguaci di Naval’nyj sono accorsi tutti… Sono venuti con i loro manifesti, hanno attaccato quelli che erano in fila, hanno cercato di intimidirli perché non votassero. Penso che la reazione di chiunque sia, in primo luogo, “adesso basta”, e in secondo luogo, “vado malgrado tutti”.

Come sapete, collaboro con varie testate italiane. Da venerdì scorso, ce n’è una in meno, e non certo per mia volontà. Il motivo? Ecco quanto ho spiegato qualche giorno fa.


Musica

Proseguiamo con le canzoni legate in un modo o l’altro alla Russia e/o all’Italia.

Stavolta vi puppate Pupo! Perché? Perché Enzo Ghinazzi è venuto qui a Mosca e ha cantato al Cremlino. Vi faccio ascoltare le sue ragioni in conferenza stampa, che non posso riportare per intero, essendo durata più di un’ora, e, a seguire, uno dei suoi brani, in entrambe le lingue.

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venerdì 15 marzo 2024

Commiato Giornale Radio

Il 14 marzo 2024, Daniele Biacchessi, direttore editoriale di “Giornale radio”, afferma:

«La minaccia di Putin all’Occidente: “La Russia è pronta all’utilizzo di armi nucleari”. Dal 15 al 17 marzo ci sono le elezioni russe».

Io avevo fornito a Giornale Radio la traduzione integrale dell’intervista rilasciata da Putin a Dmitrij Kiselëv, direttore dell’agenzia “Russia Oggi”, prontamente liquidato come “propagandista”, dunque inaffidabile. Chissà se sono propagandisti Jacopo Jacoboni, Anna Zafesova, Rosalba Castelletti, Enrico Mentana.

Domanda di Kiselëv: la Russia userà le armi nucleari?

Risposta di Putin: solo se fosse minacciata l’esistenza della Russia.

Ho commentato: questa sarebbe una minaccia di Putin? Non mi pare un bel modo di fare giornalismo.

Da qui, Biacchessi si è avvitato su se stesso sempre di più.

Dice Biacchessi: Mille testate del mondo titolano così. Magari abbiamo tutti torto. Un gggomblotto? Magari si, magari no.

Avete capito bene? Come dire: se lo dicono tutti, allora è vero. E chi, come Bernardini, non è d’accordo, è un complottista. Insomma, buttiamola in caciara, per screditarlo.

Magari, sarebbe il caso di leggere quello che ha detto veramente, nella mia traduzione, e non quello che ne hanno raccontato le “mille” (in realtà, decine) testate non internazionali, bensì occidentali, definite anche da Luca Telese come “giornaloni”, ossia, dico io, il mainstream mediatico atlantista. Ma qui inizia la personalizzazione.

Biacchessi: Mark, tu hai le tue idee che non concordo ma rispetto. Fai altrettanto, grazie.

Bernardini: Non è questione di opinioni. Se dico che il sole gira intorno alla terra, dico una bugia. Putin non ha minacciato di usare le armi nucleari, è una bugia, il resto è lirica.

Biacchessi: Prendo atto che accusi il direttore editoriale di Giornale Radio, in una chat pubblica e di servizio, di essere un bugiardo. Good night and good luck.

Bernardini: Puoi essere pure il Papa, se affermi che il sole gira intorno alla terra, stai dicendo una bugia. Ho mandato, in una chat pubblica e di servizio, il testo integrale di quanto detto realmente da Putin, nella mia traduzione (che è il mio mestiere da 45 anni a questa parte). O vi trovi quanto da te affermato, oppure hai detto una bugia.

Biacchessi: Prendo atto che per la seconda volta hai accusato il direttore della radio per cui collabori di essere un bugiardo.

Bernardini: Posseggo sufficientemente la lingua italiana per conoscere la differenza tra bugia e bugiardo: per la terza volta affermo che hai detto una bugia, e che non è un bel modo di fare giornalismo. Il fatto di essere il direttore editoriale non solo non è un argomento, ma è un’aggravante.

Biacchessi: Prendo atto che per la terza volta hai accusato il direttore della radio per cui collabori di essere un bugiardo o di aver scritto una bugia. E’ questa è la vera aggravante.

Bernardini: Posso ripeterlo anche una quarta e una quinta. Ti ho fornito il testo che dimostra che la tua sia una bugia, ma tu questo eviti di commentarlo, e questo non è un bel modo di fare giornalismo. L’ho già detto? Posso ripetere anche questo.

Sapete com’è finita? Certo che lo sapete. Per lesa maestà, Giornale Radio rinuncia alla mia collaborazione. Biacchessi ha posto il veto. Gli unici argomenti impiegati per rendere vera la bugia, sono che lo dicono tutti i giornali occidentali, che Bernardini è un putiniano complottista e che Biacchessi è il direttore editoriale. Ribadisco: siccome è il direttore editoriale, Biacchessi ha ragione a prescindere, e Putin ha minacciato l’occidente di guerra nucleare. E chi lo critica deve essere mandato via. Giornale Radio aveva in progetto tutta una serie di collegamenti col sottoscritto nell’ambito della tornata elettorale russa, essendo io sul campo, non nelle redazioni di Roma o Milano. Biacchessi ha deciso di danneggiare l’emittente per cui lavora, contenti loro contenti tutti. Io faccio un altro mestiere, anche molto ben retribuito, sopravvivrò lo stesso, e ci sono già altre emittenti che usufruiranno in questi giorni delle mie informazioni. E sono già in essere altri progetti di collaborazione tra me e Giornale Radio a cui Biacchessi non ha la possibilità di mettere mano.

mercoledì 13 marzo 2024

20240313 Putin

 In un’intervista, Vladimir Putin ha risposto alle domande di Dmitrij Kiselëv, direttore dell’agenzia “Russia oggi”

13 marzo 2024, ore 10, Mosca, Cremlino

Kiselëv: Vladimir Vladimirovič, rivolgendo il discorso all’Assemblea federale, lei, in senso figurato, ha tirato fuori dalla manica trilioni su trilioni. Pertanto, ha proposto un piano assolutamente straordinario per lo sviluppo del Paese: assolutamente sorprendente. Questa è una Russia diversa, con infrastrutture diverse, un sistema sociale diverso: semplicemente un Paese da sogno.

Voglio solo chiederle, porle la sua domanda preferita riferita a Vysockij: “Dove sono i soldi, Zina?” Li abbiamo guadagnati?

Putin: Sì, certo.

Dirò di più: in primo luogo, tutto questo è stato messo insieme come risultato del lavoro scrupoloso della comunità di esperti, degli specialisti del governo e dell’amministrazione. Tutto rientra completamente nelle regole di bilancio e, in effetti, è di natura piuttosto conservativa, perché alcuni esperti ritengono che dovrebbero e ci saranno più entrate. Ciò significa che sarebbe necessario pianificare grandi spese, perché ciò dovrebbe incidere direttamente sulle prospettive di sviluppo economico.

In generale questo è corretto, ma nel 2018 abbiamo anche previsto di stanziare altri 8mila miliardi per lo sviluppo dell’economia e della sfera sociale, per poi aumentare queste spese. Penso che molto probabilmente, se tutto andrà come dicono gli ottimisti di questo circolo di esperti di cui ho parlato, allora potremo, dovremmo e potremo aumentare queste spese in diversi settori.

Kiselëv: Quindi stiamo parlando di un periodo di sei anni?

Putin: Esatto. Stiamo parlando specificamente di un periodo di sei anni. Stiamo ora elaborando un budget per un “periodo di tre anni”, per un periodo di pianificazione, come diciamo noi, di tre anni. Ma, naturalmente, quando ci preparavamo al discorso all’Assemblea Federale – dico “ci” perché tutta l’équipe ci ha lavorato – siamo partiti dal presupposto che avremmo calcolato le nostre entrate e uscite in quelle aree che consideriamo chiave, priorità per sei anni.

Kiselëv: Ma ci sono ancora progetti letteralmente sorprendenti. Ad esempio, l’autostrada Soči-Džubga: 130 chilometri, di cui 90 chilometri sono tunnel e il resto sono probabilmente ponti, a giudicare dal paesaggio. Un miliardo e mezzo solo nei primi tre anni, e il percorso dovrebbe essere idealmente pronto nel 2030. Quanto è necessario e basterà per vincere?

Putin: La gente ha bisogno di questa strada. Dopotutto, le famiglie con bambini non possono arrivare a Soči in macchina. Tutti si fermano da qualche parte nella zona di Gelendžik, Novorossijsk, perché il percorso è molto difficile: tortuoso.

Ci sono diverse opzioni di costruzione lì. Ne discuteremo letteralmente nei prossimi giorni: o lo fate a Džubga, oppure lo fate prima da Džubga a Soči. Alcuni membri del governo propongono di procedere gradualmente. Altri credono che sia necessario fare tutto in una volta, altrimenti ci sarà un collo di bottiglia da Džubga a Soči.

La prima parte, dal lato Novorossijsk, è più o meno decente e la copertura non è male, ma è molto stretta. Se arriviamo a Soči, come nella prima parte, potrebbero verificarsi ingorghi in questo piccolo spazio, di cui ce ne sono già abbastanza.

In generale, lo determineremo con gli specialisti: come, in quali fasi, ma questo deve essere fatto. Naturalmente è necessario determinare definitivamente il costo del progetto e garantire che tutti rispettino i piani finanziari.

Innanzitutto gli interessi delle persone, ma anche l’economia. Lo sviluppo dei territori nel sud del Paese è molto importante.

Kiselëv: Se possiamo permetterci investimenti così su larga scala, significa che il Paese si sta rapidamente arricchendo, soprattutto nelle condizioni dell’operazione militare speciale, nelle condizioni di quasi 15mila sanzioni, completamente selvagge. Inoltre, ci siamo posti l’obiettivo di ridurre la povertà, anche tra le famiglie numerose. Non è troppo audace?

Putin: No. Guardi, tornando alla questione della strada. Quando ho discusso con i membri del governo – come sapete, il Ministero delle Finanze è sempre “avaro”, in senso buono, sempre molto conservatore riguardo alla spesa – e poi il Ministro delle Finanze Anton Siluanov mi ha detto, cito quasi alla lettera: “Quelli che sono contrari alla costruzione di questa strada non l’hanno mai percorsa”.

Kiselëv: Cioè, l’intero governo deve essere coinvolto.

Putin: E ha ragione, perché questo è particolarmente importante per le famiglie con bambini.

Per quanto riguarda se stiamo diventando ricchi o no. L’economia cresce: questo è un dato di fatto, un fatto registrato non da noi, ma dalle organizzazioni economiche e finanziarie internazionali. In termini di parità di potere d’acquisto, abbiamo effettivamente superato la Repubblica Federale Tedesca e ci siamo posizionati al quinto posto tra le maggiori economie del mondo.

L’economia tedesca si è contratta, credo, dello 0,3% l’anno scorso, mentre noi siamo cresciuti del 3,6%. Il Giappone è cresciuto di una piccola percentuale. Ma se tutto si sviluppa allo stesso ritmo di oggi, allora abbiamo tutte le possibilità di prendere il posto del Giappone e diventare, nel prossimo futuro, la quarta economia del mondo.

Ma? – qui dobbiamo dirlo onestamente, obiettivamente – c’è una differenza nella qualità delle nostre economie. In termini di parità di potere d’acquisto, quindi in termini di volume, siamo effettivamente al quinto posto e ci sono tutte le possibilità di prendere il posto del Giappone. Ma la struttura delle economie di questi Paesi, ovviamente, regge favorevolmente il confronto con la nostra.

Abbiamo ancora molto da fare per raggiungere una posizione dignitosa non solo in termini di parità di potere d’acquisto, ma anche in termini di PIL pro capite. E secondo: che la struttura stessa cambi, affinché diventi molto più efficiente, più moderna, più innovativa. Questo è ciò su cui lavoreremo.

Per quanto riguarda il reddito, la parità del potere d’acquisto è un indicatore molto importante. Questo è il volume, la dimensione dell’economia. Ciò significa che lo Stato, attraverso il sistema fiscale a tutti i livelli, riceve fondi per risolvere problemi strategici. Questo ci dà l’opportunità di svilupparci come riteniamo necessario per il nostro Paese.

Kiselëv: A proposito, lei parla di struttura, della necessità di cambiamenti strutturali nella nostra economia. Dopotutto, questo è esattamente ciò che è stato incluso nel suo discorso al Parlamento, ed è esattamente così che viene impostato l’obiettivo: far sì che le industrie innovative crescano più velocemente dell’economia media.

Putin: Sì, certo.

L’ho già detto: la struttura è ciò su cui dobbiamo lavorare. Da questo dipende il futuro della nostra economia, il futuro delle risorse lavorative, dell’efficienza e della produttività del lavoro.

Uno dei compiti principali oggi è aumentare la produttività del lavoro. Perché in condizioni di carenza di lavoratori e risorse lavorative, abbiamo solo un modo per uno sviluppo efficace: aumentare la produttività del lavoro. Ciò, a sua volta, significa che dobbiamo aumentare l’avvio innovativo dell’economia, ad esempio, aumentare la densità della robotizzazione. Oggi abbiamo dieci robot, secondo me, ogni 10mila lavoratori, ma dobbiamo avere almeno mille robot ogni 10mila lavoratori. Secondo me le cose in Giappone funzionano così.

E affinché le persone siano in grado di lavorare con questa nuova tecnologia – non solo per utilizzare la robotica, ma anche altri mezzi di produzione moderni – devono essere formate. Sorge un altro problema: la formazione del personale.

A questo scopo abbiamo dedicato interi settori, compresa la formazione ingegneristica. Probabilmente avrà notato che abbiamo già lanciato 30 moderne scuole di ingegneria in tutto il Paese. Quest’anno ne stiamo lanciando altre 20, saranno 50. E ne stiamo pianificando altre 50 nei prossimi anni.

Pertanto, queste direzioni sono il futuro del nostro Paese. Ci muoveremo e ci svilupperemo in queste direzioni.

Kiselëv: “porre fine” alle sanzioni. Molte persone hanno espresso l’idea di creare un organismo speciale che si occupi delle sanzioni, delle loro conseguenze e, in generale, della difesa contro le sanzioni. Dovrebbe succedere una cosa del genere oppure non ha senso?

Putin: Semplicemente non ce n’è bisogno. Analizziamo – il Governo, la Banca Centrale, il Consiglio di Sicurezza – analizziamo tutto ciò che fanno i nostri nemici. Molto non viene fatto nemmeno per ragioni politiche o militari, anche se questo viene sostenuto, ma viene fatto semplicemente per ragioni di concorrenza…

Kiselëv: Concorrenza senza scrupoli e sleale.

Putin: Concorrenza sleale mascherata con alcune considerazioni politiche o militari. Ciò è accaduto nel settore aeronautico e accade in molti altri settori.

Ebbene, viviamo nel mondo che esiste e ci siamo adattati ad esso. Capiamo con chi abbiamo a che fare. E finora, come si può vedere dai risultati del nostro lavoro, stiamo agendo in modo abbastanza efficace.

Kiselëv: Ma le insidiosità dell’Occidente non si esauriscono con le sanzioni. Ecco una citazione dal suo discorso all’Assemblea Federale: “L’Occidente sta cercando di trascinarci in una nuova corsa agli armamenti per logorarci e ripetere il trucco che gli è riuscito negli anni ‘80 con l’URSS”. Quanto è ampio il margine di sicurezza di cui disponiamo effettivamente qui in termini di corsa agli armamenti?

Putin: Qui dobbiamo ottenere il massimo rendimento per ogni rublo investito nell’industria della difesa. In effetti, durante l’era sovietica nessuno contava queste spese; sfortunatamente, nessuno nel nostro Paese perseguiva l’efficienza. La spesa per la difesa rappresentava circa il 13% del PIL del Paese: l’Unione Sovietica.

Non mi riferisco alle nostre statistiche, faccio riferimento all’Istituto di Stoccolma: l’anno scorso la nostra spesa per la difesa è stata del 4%, quest’anno è stata del 6,8%, cioè siamo cresciuti del 2,8%. In linea di principio, si tratta di un aumento notevole, ma assolutamente non critico. In Unione Sovietica era il 13%, mentre ora siamo al 6,8%.

Va detto che le spese per la difesa accelerano l’economia, la rendono più energica. Ma qui, ovviamente, ci sono dei limiti, lo capiamo. L’annosa domanda: cosa è più redditizio: le armi da fuoco o il petrolio? Lo intendiamo sul serio.

Anche se, ripeto, il bello della nostra moderna industria della difesa è che non solo influenza indirettamente le industrie civili, ma, utilizzando le innovazioni necessarie per la difesa, utilizza queste innovazioni per produrre prodotti civili. Questa è una cosa estremamente importante.

Le nostre spese, ovviamente, non sono paragonabili. Quante ce ne sono negli Stati Uniti? 800…

Kiselëv: Già quasi 900.

Putin: Circa 900 – 860 o 870 miliardi di dollari. Non sono assolutamente paragonabili alle nostre spese.

Kiselëv: Mi sembra che qualcuno ci stia guadagnando, perché non hanno l’ipersuono, niente… Come funziona?

Putin: Ora le spiego cosa sta succedendo. Il fatto è che spendono molti soldi per il mantenimento, e non solo per i salari, ma anche per il mantenimento delle basi in tutto il mondo. E lì, come in un buco nero, tutto scompare: impossibile conteggiare. E’ qui che avviene il furto principale. Sebbene nella produzione di mezzi di annientamento e armi in generale vengano spesi anche soldi difficili da stimare.

Se si calcola quanto è costato loro, ad esempio, un noto sistema di difesa missilistica e uno dei componenti principali per superare la difesa missilistica nostra – l’Avangard, un missile intercontinentale, un’unità di planata a raggio intercontinentale – allora sono semplicemente valori incomparabili. E noi, di fatto, abbiamo neutralizzato tutto ciò che hanno fatto, tutto ciò che hanno investito in questo sistema di difesa missilistica. Ecco come dobbiamo agire.

Naturalmente anche l’economia delle nostre Forze Armate deve essere in grado di soddisfare le esigenze odierne.

Kiselëv: La parola “giustizia” è una parola magica per la lingua russa. Lei la usa con molta parsimonia, ma una volta ha pronunciato questa parola nel suo Messaggio – e suonava come un fulmine. Lei ha affermato che la distribuzione del carico fiscale in Russia dovrebbe diventare più equa e ha suggerito al governo di pensarci. In che direzione dovremmo pensare?

Putin: Lei sa, infatti, la distribuzione del carico fiscale dovrebbe essere equa, nel senso che le aziende dovrebbero stanziare di più al tesoro generale, come si suol dire, per risolvere i problemi nazionali, principalmente per risolvere i problemi legati alla lotta alla povertà, e dopo tutto, le aziende, le persone giuridiche e quelle fisiche che guadagnano di più dovrebbero stanziare di più, in parole semplici.

Kiselëv: Imposta progressiva?

Putin: Sì, essenzialmente una tassa progressiva.

Non vorrei entrare nei dettagli adesso, bisogna lavorarci su. E quindi è necessario costruire questo sistema in modo che dia davvero maggiori ritorni per risolvere, prima di tutto, le questioni sociali e gli obiettivi che lo Stato deve affrontare in questo settore.

Intendiamo ridurre il carico fiscale, ad esempio, per le famiglie numerose e intraprendere una serie di altri passi in questa direzione. Mi sembra che la società lo percepirà come assolutamente normale. Primo.

Secondo. Cosa ci chiede il business stesso? Chiede che si decida sul sistema fiscale, senza però modificarlo ulteriormente, affinché sia stabile. Questa è la richiesta e il requisito più importante da parte delle imprese.

Il governo dovrebbe affrontare questo problema nel prossimo futuro e, insieme ai deputati della Duma di Stato, presentare proposte.

Kiselëv: Tassa progressiva: non spaventeremo nessuno? Avevamo sempre paura di spaventare qualcuno con questa tassa progressiva.

Putin: No, non credo. In linea di principio, questo sistema è ben consolidato nel nostro Paese. Anche coloro che erano ardenti sostenitori della scala piatta, gli autori della scala piatta, ora credono che in generale siamo maturi per essere molto più selettivi.

Kiselëv: Nel suo discorso ha ringraziato i “colleghi del governo” – così diceva. Ciò significa che il governo Mišustin – in caso di sua vittoria – sopravvivrà?

Putin: Eppure, dobbiamo parlarne dopo le elezioni, dopo lo spoglio dei voti. Mi sembra che ora questo sia semplicemente sbagliato. Ma nel complesso il Governo sta lavorando – come vediamo i risultati sono evidenti, questi sono dati oggettivi – funzionando in modo abbastanza soddisfacente.

Kiselëv: Lei ha menzionato la riduzione del carico fiscale per le famiglie numerose. I bambini e la situazione demografica: questi temi sono stati molto estesi nel suo intervento. In effetti, la questione è piuttosto dolorosa, perché demograficamente la Russia si sta sciogliendo come neve al sole. L’anno scorso è stato un anno anti-record in termini di tassi di natalità.

Putin: Il tasso di natalità, secondo me, è 1,31 o 1,39...

Kiselëv: 1,39 figli per donna capace di partorire.

Putin: Età fertile.

Kiselëv: Probabilmente, idealmente, dovremmo raddoppiarlo, fino a un coefficiente di tre. Perché è letteralmente un disastro per la società.

Ha proposto un programma su larga scala per sostenere la maternità e la stimolazione demografica. C’è qualche fiducia che queste misure cambieranno la traiettoria dal basso verso l’alto?

Putin: In generale, sulla base di tutte le misure a sostegno delle famiglie con bambini, nei prossimi sei anni prevediamo di spendere fino a 14mila miliardi di rubli attraverso vari canali. Sono molti soldi.

Gli ambiti di sostegno alle famiglie con bambini sono molteplici: da quelli sociali generali – la costruzione o ristrutturazione di asili nido, la costruzione di nuove scuole, la ristrutturazione di vecchie scuole, mettendole in ordine secondo le esigenze odierne – al sostegno per le donne dalla gravidanza e fino ai 18 anni dei bambini. Dopotutto, quasi 400mila donne ora ricevono sussidi. Si tratta di quasi una donna su tre che aspetta un bambino. E più di dieci milioni di bambini ricevono sussidi. Questa è roba seria.

Abbiamo continuato col sistema di fornitura del “capitale di maternità”. Abbiamo continuato a pagare – queste decisioni vengono prese ora – per un importo di 450mila rubli a famiglia, se c’è un terzo figlio, per estinguere il mutuo ipotecario. Abbiamo mantenuto le agevolazioni sui mutui ipotecari per le famiglie con figli. In generale, un insieme in ambiti molto diversi con l’obiettivo di sostenere le famiglie.

Naturalmente – lo ha già menzionato – significa lotta alla povertà, perché, ovviamente, è molto più difficile per le famiglie con bambini che per quelle senza figli. Ciò è comprensibile, i costi sono elevati. Tuttavia, siamo riusciti a fare molto in questo settore.

Guardi, 20 anni fa, penso che il 29% della nostra popolazione fosse al di sotto della soglia di povertà: ovvero 42 milioni di persone. Adesso, secondo gli ultimi dati, sono il 9,3%, ma si tratta ancora di 13 milioni e mezzo di persone. Certo, è molto. Naturalmente, dobbiamo fare di tutto per ridurlo almeno al 7%. E per le famiglie numerose il dato è più modesto, ma andrebbe aumentato anch’esso.

Da dove cominciamo quando parliamo di problemi di fertilità? Ne ho già parlato tante volte, e gli esperti ne parlano, queste sono cose oggettive, e cioè: abbiamo avuto due cali molto forti della natalità. Durante la Grande Guerra Patriottica, 1943-1944. Un declino analogo si è verificato immediatamente dopo il crollo dell’Unione Sovietica. Praticamente uguale, lo stesso calo dei tassi di natalità.

Il motivo è chiaro: il sistema di supporto sociale è crollato. Non importa quanto fosse debole in URSS, se si può dire, ma esisteva ancora e dopo il crollo dell’Unione Sovietica scomparve quasi completamente e la povertà divenne totale. Cosa posso dire, non c’è manco bisogno di parlarne adesso. In ogni caso, in quegli anni l’orizzonte della pianificazione familiare si è ridotto, e il tasso di natalità è diminuito fino agli anni della guerra. Poi abbiamo avuto un aumento. E ora abbiamo un numero abbastanza elevato di bambini, giovani che, tra pochi anni, entreranno nell’età adulta e in età fertile, e partiamo dal fatto che anche i nostri indicatori aumenteranno.

Ciò che ha detto è una tendenza globale. Sono pochi i Paesi con economie sviluppate che mostrano una dinamica demografica positiva; in tutti gli altri Paesi tutto sta andando in negativo. Si tratta di un problema complesso legato all’economia e alle priorità di vita delle donne. Meglio non affrontare l’argomento adesso, lasciamo che siano i demografi a provarci, a dircelo e a suggerirci una soluzione.

Ma sa cosa mette di umore positivo? Lo stato d’animo nella società. Nel nostro Paese il 70% degli uomini e il 72% delle donne desiderano avere due o più figli e lo Stato dovrebbe sostenerli. Stiamo pianificando tutta una serie di misure di sostegno: devono assolutamente essere implementate e lo faremo.

Kiselëv: Ma non c’è ancora fiducia che queste misure possano cambiare la situazione.

Alla fine degli anni ‘90 – questa è una storia nota, l’ha raccontata lei stesso – ha salvato i suoi figli da un incendio: è entrato in una casa in fiamme, al secondo piano. E poi si è ricordato che da qualche altra parte c’erano i soldi. Il denaro è bruciato. Questo ci parla delle sue priorità: prima i bambini, poi i soldi.

Forse ora è così a livello nazionale? Chi se ne frega – e non dei 14 trilioni, ma proprio di tutto, e creare un programma tale da garantire di invertire questa situazione?

Putin: Sa, questo deve essere osservato mentre gli eventi si svolgono, come si suol dire. All’inizio degli anni 2000 abbiamo compiuto una serie di passi nel campo della demografia, tra cui l’introduzione del capitale di maternità, e una serie di altre misure che hanno dato un evidente risultato positivo. Ciò significa che possiamo raggiungere gli obiettivi di cui abbiamo bisogno.

Kiselëv: Quindi ha questa esperienza?

Putin: C’è esperienza, ovviamente, c’è esperienza. E utilizzando questa esperienza e altri sviluppi moderni, dobbiamo ancora contare sul raggiungimento degli obiettivi che ci siamo prefissati. E man mano che gli eventi si svilupperanno, adegueremo tali misure o aggiungeremo qualcos’altro alle misure che applicheremo.

Ad esempio, ora abbiamo dichiarato quest’anno l’Anno della Famiglia. Abbiamo un nuovo progetto nazionale, si chiama proprio così, “Famiglia”. Ci sono elementi che non abbiamo mai usato prima. Ad esempio, saranno previsti 75 miliardi di rubli per quelle regioni dove il tasso di natalità è inferiore alla media nazionale. Queste sono principalmente le regioni centrali della Russia e del nord-ovest. 75 miliardi sono soldi decenti. Bisogna solo gestirli saggiamente.

C’è anche una componente come l’assistenza agli anziani. Ci sono altre misure di sostegno. Dobbiamo aumentare il tasso di natalità e aumentare l’aspettativa di vita, quindi stabilizzeremo la popolazione del Paese. Questo è l’indicatore integrale più importante del nostro successo o, forse, del lavoro che richiede ulteriore attenzione da parte di tutti i livelli amministrativi e delle autorità.

Kiselëv: Sì, ma ovunque nel mondo esiste anche un terzo strumento per risolvere i problemi demografici: l’immigrazione. Di quali cifre possiamo parlare qui in questi sei anni, e cosa significa sistematicità in questo lavoro?

Putin: Se parliamo di lavoratori migranti, non abbiamo così tanti immigrati rispetto ad altri Paesi: rappresentano il 3,7% del numero totale di lavoratori. Ma sono concentrati in quelle regioni dove la vita economica è più attiva, e ce ne sono, ovviamente, un ordine di grandezza in più. Queste sono la regione di Mosca, Mosca stessa, la regione nord-occidentale e alcune regioni del nord, dove il livello salariale è dignitoso. Ma, senza dubbio, si tratta di una questione che richiede un’attenzione particolare da parte delle autorità locali, regionali e federali.

Cosa vorrei dire qui? Una cosa molto importante. Dopotutto, quando i lavoratori migranti vengono attratti, si parla sempre della necessità di farlo a causa della carenza di manodopera. I nostri imprenditori devono capire che la situazione per loro in termini di disponibilità di manodopera non cambierà in meglio nei prossimi anni: dovranno affrontare una carenza di manodopera.

Ciò significa che per risolvere radicalmente questo problema – torniamo ora a ciò di cui abbiamo già parlato – occorre aumentare la produttività del lavoro e ridurre il numero dei lavoratori nelle aree in cui ciò è possibile, ottenendo risultati ancora maggiori attraverso l’introduzione delle tecnologie moderne. Per fare questo bisogna investire in questo ambito e formare il personale, anche di questo abbiamo già parlato. Questa è la cosa più importante a cui dobbiamo pensare.

In generale, ovviamente, la politica migratoria è uno strumento importante nell’economia. Non c’è nulla di male nel guardare all’esperienza di altri Paesi. Prima di tutto, ovviamente, dobbiamo parlare del rimpatrio dei nostri connazionali. Cosa sia il rimpatrio e cosa siano i connazionali si riflette già nel nostro quadro normativo; non è il caso di ripeterlo qui.

Dobbiamo parlare di attrarre persone che, forse, non intendono trasferirsi nella Federazione Russa, ma per le loro qualifiche, per i loro talenti in vari campi, possono dare un contributo significativo allo sviluppo del nostro Stato, allo sviluppo della Russia. Saremo felici di attirare anche queste persone.

Per quanto riguarda i lavoratori migranti tradizionali, dobbiamo anche pensare a come prepararli all’arrivo in Russia, anche con i nostri partner nei Paesi in cui vivono. Vuol dire lo studio della lingua russa, delle nostre tradizioni, della cultura e così via. Hanno bisogno di essere curati qui e trattati come esseri umani. In modo che si integrino naturalmente nella nostra società. Tutto questo insieme dovrebbe dare un effetto corrispondente, si spera positivo.

Sì, e, ovviamente, tutti devono rispettare le nostre tradizioni e le leggi della Federazione Russa. E, naturalmente, il rispetto degli standard sanitari e così via è molto richiesto. La priorità è garantire la sicurezza dei cittadini della Federazione Russa.

Kiselëv: I russi sono probabilmente la nazione più divisa al mondo. Ha avuto una conversazione con i “leader della Russia” e uno dei suoi interlocutori ha detto che nella regione di Zaporož’e abbiamo scoperto che sono russi quanto noi. E per loro era talmente impressionante che sembrava una sorta di rivelazione. In generale, è proprio così e ora ci stiamo espandendo in nuove regioni e Odessa è una città russa. Forse anche qui c’è grande speranza, anche in questa direzione?

Putin: Certamente. La densità di popolazione in queste regioni è sempre stata piuttosto elevata e il clima è meraviglioso.

Per quanto riguarda il Donbass, è una regione industrialmente sviluppata, anche ai tempi dell’Unione Sovietica. Quanto ha investito l’Unione Sovietica in questa regione, nell’industria mineraria del carbone, nell’industria metallurgica! Sì, certo, sono necessari investimenti affinché tutta la produzione sia moderna e le condizioni di vita e di lavoro delle persone siano costruite in modo completamente diverso, non come lo erano un paio di decenni fa.

Per quanto riguarda la Novorossija, questa è una regione con un’agricoltura chiaramente sviluppata. Qui faremo di tutto per sostenere sia le aree di attività tradizionali che quelle nuove che si inseriscono organicamente in queste regioni e il desiderio delle persone di svilupparle. E lì, sa, le persone hanno molto talento.

Inoltre, come ho già detto, anche da lì le tasse vanno al bilancio federale. Sì, in questa fase hanno bisogno di essere aiutati, sostenuti, portati al livello di tutte le repubbliche e di tutta la Federazione. Guadagneranno soldi, e molto velocemente.

Kiselëv: Storicamente è assolutamente chiaro che i regimi nazisti non si dissolvono, ma scompaiono in seguito ad una sconfitta militare. Questo è stato il caso di Germania, Italia e Giappone. La stessa cosa ovviamente accadrà con il regime nazista di Bandera. Ora stiamo avanzando lungo tutta la linea del fronte, a giudicare dai rapporti sia del Ministero della Difesa che dei nostri corrispondenti di guerra.

Tuttavia, si è trovato un modo per combattere quando le nostre perdite in attacco sono inferiori a quelle in difesa? Questo è un obiettivo nient’affatto banale per l’arte della guerra, ma frena sempre l’offensiva. Questa è frugalità, completamente giustificata in relazione ai nostri eroi guerrieri. Ma sorge la domanda: come avanzare con perdite minime?

Putin: La domanda è chiara e giusta. Ma anche la risposta è semplice: dobbiamo aumentare i mezzi di distruzione, il numero e la potenza dei mezzi di distruzione, e aumentare l’efficacia delle forze e dei mezzi utilizzati. Aviazione: sia tattica che militare, e anche strategica. Mi riferisco, ovviamente, a quelle componenti accettabili per conflitti armati di questo tipo. Si tratta di armi terrestri, comprese armi ad alta precisione. Questa è artiglieria e veicoli blindati. Il nostro sviluppo procede, senza alcuna esagerazione, a passi da gigante.

Kiselëv: In questa direzione?

Putin: Sì, è quello che sta succedendo. Questa è la risposta alla sua domanda: più potenti e più mezzi di distruzione sono, minori sono le perdite.

Kiselëv: Ma sollevano ancora una domanda: quale prezzo siamo disposti a pagare – forse la parola “progetto” non è appropriata – per tutta questa sfida che siamo stati costretti ad affrontare storicamente?

Putin: Guardi, ogni vita umana non ha prezzo, ognuna. E la perdita di una persona cara per una famiglia, per qualsiasi famiglia, è un dolore enorme.

Ma qual è la questione? La questione è determinare il fatto stesso di ciò che stiamo facendo. Che cosa stiamo facendo? Oggi ci siamo incontrati, lei ha appena notato che uno dei partecipanti alla conversazione ha detto: siamo rimasti sorpresi di scoprire che lì c’erano dei russi proprio come noi. Siamo venuti in aiuto di queste persone. Questa è, in linea di principio, la risposta alla sua domanda.

Se abbandoniamo queste persone oggi, domani le nostre perdite potrebbero moltiplicarsi e i nostri figli non avranno futuro, perché ci sentiremo insicuri, saremo un Paese di terza o quarta categoria, nessuno ci terrà in conto, se noi stessi non possiamo proteggerci. E le conseguenze potrebbero essere catastrofiche per lo Stato russo. Ecco la risposta.

Kiselëv: Gli americani sembrano parlare di negoziati, di stabilità strategica, ma allo stesso tempo dichiarano la necessità di infliggere una sconfitta strategica alla Russia. La nostra posizione è: “Siamo aperti al negoziato, ma il tempo dei gesti gentili è finito”. Quindi non ci saranno trattative?

Putin: Non abbiamo mai rifiutato i negoziati.

Kiselëv: Ma cosa significa senza gesti gentili, senza compromessi? Allora come?

Putin: Cercherò di spiegare. Quando stavamo negoziando in Turchia, a Istanbul (l’ho già detto molte volte, devo ripeterlo ancora, e lo farò) con i negoziatori dell’altra parte, abbiamo tirato fuori un grosso tomo, un documento, di fatto un accordo, un progetto di accordo. Di questo accordo esiste un estratto, siglato dal capo del gruppo negoziale della parte ucraina, Arachamija. Lo ha fatto, è la sua firma (ce l’abbiamo in Amministrazione). Ma poi, come sa, lo stesso Arachamija ha detto pubblicamente al mondo, anche in un incontro con giornalisti, anche stranieri: l’ex primo ministro della Gran Bretagna Johnson è venuto e li ha dissuasi dal firmare infine e, di conseguenza, attuare questo accordo. Ed è emerso l’argomento che ha appena menzionato: la Russia deve essere sconfitta sul campo di battaglia.

Siamo pronti a negoziare? Sì, siamo pronti. Ma solo noi siamo pronti per i negoziati, non sulla base di alcuni “desiderata” dopo l’uso di psicofarmaci, ma sulla base delle realtà che si sono sviluppate, come si dice in questi casi, sul campo. Questo è il primo punto.

Secondo. Ci è stato promesso tutto già molte volte. Hanno promesso di non espandere la NATO verso est, e poi li vediamo ai nostri confini. Hanno promesso, senza entrare nella storia, che il conflitto interno in Ucraina sarebbe stato risolto con mezzi politici e pacifici. Come ricordiamo, tre ministri degli Esteri di Polonia, Germania e Francia arrivarono a Kiev e promisero che sarebbero stati i garanti di questi accordi: il giorno dopo ci fu un colpo di Stato. Hanno promesso di rispettare gli accordi di Minsk, e poi hanno annunciato pubblicamente che non intendevano mantenere queste promesse, ma si sono presi solo una pausa per armare il regime di Bandera in Ucraina. Ci sono state promesse molte cose, quindi le promesse da sole non bastano più.

Ora negoziare solo perché loro stanno finendo le munizioni sarebbe in qualche modo ridicolo da parte nostra. Siamo tuttavia pronti per un dialogo serio e vogliamo risolvere tutti i conflitti, soprattutto questo conflitto, con mezzi pacifici. Ma dobbiamo capire chiaramente ed incontrovertibilmente da soli che questa non è una pausa che il nemico vuole fare per il riarmo, ma una conversazione seria con garanzie di sicurezza per la Federazione Russa.

Conosciamo le varie opzioni in discussione, conosciamo le “carote” che ci mostreranno per convincerci che il momento è arrivato. Vogliamo, lo ripeto ancora una volta, risolvere tutte le controversie, compresa questa disputa, questo conflitto, con mezzi pacifici. E noi siamo pronti per questo, lo vogliamo. Ma deve essere un dialogo serio che garantisca la sicurezza della parte avversaria, e in questo caso a noi interessa soprattutto la sicurezza della Federazione Russa. Questo è ciò da cui procederemo.

Kiselëv: Vladimir Vladimirovič, mi sembra che in qualche modo sembriamo troppo nobili. Non accadrà che concludiamo qualcosa con loro, e loro ci inganneranno ancora una volta, e noi ci consoleremo con il fatto che siamo onesti, e loro ci hanno ingannato? Il nostro destino, alla fine, è quello di rimanere sempre degli sciocchi?

Gli americani hanno coniato medaglie per se stessi negli anni ‘90 per aver vinto la Guerra Fredda, e da allora tutti questi decenni sono stati decenni di grandi bugie. Come possiamo sperare che finalmente concludano con noi un accordo onesto, che adempiranno, e anche con garanzie per noi? Non so proprio cosa fare con loro? Crede davvero che ciò sia possibile?

Putin: Non voglio dirlo, ma non mi fido di nessuno.

Kiselëv: Ah, però.

Putin: Ma abbiamo bisogno di garanzie. Le garanzie devono essere esplicitate, devono essere adatte a noi e in cui crederemo. Questo è ciò di cui stiamo parlando.

Adesso è probabilmente prematuro parlare pubblicamente di cosa potrebbe trattarsi. Ma certamente non accetteremo promesse vuote.

Kiselëv: Temo che verrà citato ampliando il concetto. Non si fida di nessuno o in questo caso intende i partner occidentali, quando dice che non si fida di nessuno?

Putin: Preferisco lasciarmi guidare dai fatti piuttosto che dai buoni auspici e parlare di come ci si possa fidare di tutti. Dopotutto, veda, quando le decisioni vengono prese a questo livello, il grado di responsabilità per le conseguenze delle decisioni prese è molto alto. Pertanto non faremo nulla che non sia nell’interesse del nostro Paese.

Kiselëv: Vladimir Vladimirovič, cosa è successo a Macron? E’ davvero impazzito? Manderà truppe francesi a combattere il nostro esercito, sembra un gallo da combattimento gallico, spaventando così tutti gli europei. Tuttavia, come reagire a tutto ciò?

Putin: Il fatto è che i militari dei Paesi occidentali sono presenti in Ucraina da molto tempo, erano presenti anche prima del colpo di Stato, e dopo il colpo di Stato il loro numero è aumentato notevolmente. Ora sono presenti direttamente sotto forma di consiglieri, sono presenti sotto forma di mercenari stranieri e subiscono perdite. Ma se parliamo di contingenti militari ufficiali di Stati stranieri, allora sono sicuro che ciò non cambierà la situazione sul campo di battaglia: questa è la cosa più importante, così come la fornitura di armi non cambia nulla.

In secondo luogo, ciò potrebbe portare a gravi conseguenze geopolitiche. Perché se diciamo che le truppe polacche entrano nel territorio dell’Ucraina, a quanto pare, per coprire il confine ucraino-bielorusso, o in qualche altro luogo per liberare i contingenti militari ucraini per partecipare alle ostilità sulla linea di contatto, allora penso che le truppe polacche non se ne andranno mai più da lì. A me pare così. Sognano e vedono, vogliono restituire quelle terre che considerano storicamente loro e che sono state sottratte loro dal “padre delle nazioni” Iosif Vissarionovič Stalin e trasferite in Ucraina. Ovviamente le rivogliono indietro. E se le unità ufficiali polacche entrano lì, difficilmente se ne andranno.

Ma il loro esempio potrebbe essere seguito da altri Paesi che hanno perso parte dei loro territori a seguito della Seconda Guerra Mondiale. Penso che le conseguenze geopolitiche per l’Ucraina, anche dal punto di vista della preservazione della sua statualità nella sua forma moderna, si presenteranno, ovviamente, in tutto il suo splendore e al massimo.

Kiselëv: Se torniamo a Macron, forse ha deciso in questo modo di vendicarsi della Russia per il fatto che gli abbiamo “calpestato la coda” in Africa, mentre avremmo dovuto “stare fermi ed avere paura”? Probabilmente non si aspettava che fossimo così attivi lì.

Putin: Sì, penso che ci sia una sorta di risentimento, ma quando abbiamo mantenuto contatti diretti con lui, abbiamo parlato abbastanza apertamente di questo argomento.

Non siamo andati in Africa né abbiamo cacciato la Francia da lì. Il problema è diverso. Il noto gruppo Wagner realizzò prima una serie di progetti economici in Siria, per poi trasferirsi in altri Paesi africani. Il Ministero della Difesa fornisce sostegno, ma solo sulla base del fatto che si tratta di un gruppo russo, niente di più. Non abbiamo spinto fuori nessuno. E’ solo che i leader africani di alcuni Paesi erano d’accordo con gli operatori economici russi, volevano lavorare con loro, ma non volevano in alcun modo collaborare con i francesi. Non è stata nemmeno una nostra iniziativa, è stata un’iniziativa dei nostri amici africani.

Non è chiaro il motivo per cui dovremmo offenderci a questo riguardo, se uno Stato indipendente vuole sviluppare relazioni con i suoi partner di altri Paesi, inclusa la Russia, e vuole sviluppare relazioni con la Russia. Non li abbiamo toccati, gli ex colonialisti francesi, in questi Paesi. Lo dico anche senza ironia, perché in molti Paesi in cui la Francia è stata storicamente una metropoli, non vogliono davvero occuparsene. Non abbiamo niente a che fare con questo. Probabilmente è più conveniente essere offeso da qualcuno senza vedere i propri problemi. Forse una reazione così acuta e piuttosto emotiva da parte del presidente francese è collegata anche a ciò che sta accadendo in alcuni Stati africani.

Anche se conosco altri Paesi africani dove sono tranquilli riguardo alla presenza francese e dicono che “sì, ne siamo contenti, siamo pronti a lavorare con loro”. Ma in alcuni Paesi non vogliono. Non abbiamo niente a che fare con questo. Non incitiamo nessuno, non stiamo schierando nessuno contro la Francia.

Non ci poniamo tali obiettivi. Ad essere onesti, non abbiamo obiettivi nazionali di questo tipo a livello di Stato russo. Siamo solo amici con loro, tutto qui. Vogliono sviluppare rapporti con noi, per l’amor di Dio, e noi li incontriamo a metà strada. Non c’è niente di cui offendersi.

Kiselëv: Ma ora in Francia dicono che non ci sono più “linee rosse” rispetto alla Russia, e nulla è impossibile e tutto è possibile. In generale, vogliono in qualche modo parlarci sulla base degli equilibri di potere. Ne sentiamo di ogni dalla Francia, dall’Occidente e dalla Lituania. In generale, una sorta di coro non armonioso, ma ostile.

Forse dovremmo anche adottare soluzioni non convenzionali e, ad un certo punto, chiedere aiuto ai due milioni di soldati dell’esercito nordcoreano? Ad esempio, in cambio del nostro “ombrello nucleare” su metà della penisola coreana? Perché no, allora?

Putin: In primo luogo, la Repubblica popolare democratica di Corea ha un proprio “ombrello nucleare”. Non ci hanno chiesto nulla. Questo è il primo punto.

Secondo. In linea di principio, come vediamo oggi dai risultati di ciò che sta accadendo sul campo di battaglia, stiamo affrontando gli obiettivi che ci siamo prefissati.

Per quanto riguarda quegli Stati che affermano di non avere “linee rosse” rispetto alla Russia, devono capire che anche in Russia non ci saranno “linee rosse” rispetto a questi Stati.

Per quanto riguarda i piccoli Stati europei, in primo luogo trattiamo tutti con rispetto, qualunque cosa accada. In secondo luogo, quando loro, questi piccoli Stati, chiedono di inasprire la politica nei confronti della Russia e di adottare alcune misure estreme, incluso, ad esempio, l’invio di truppe e così via, questi sono ancora quegli Stati, e lo capiscono, che non subiranno le conseguenze delle dichiarazioni provocatorie che fanno. E coloro che possono sentirlo si comportano in modo molto più sobrio. E giustamente.

Kiselëv: E tutte queste danze della Germania con i Taurus? Scholz dice “noi non li forniamo”, ma ci sono forze che insistono a fornire i Taurus all’Ucraina, gli inglesi sono intervenuti con una loro iniziativa: transitiamo, dicono, attraverso l’Inghilterra, noi siamo pronti a inviarli. L’obiettivo è il ponte di Crimea, i generali tedeschi stanno già pianificando operazioni, come abbiamo sentito, non solo per il ponte di Crimea, ma anche per basi militari, come si suol dire, nel profondo territorio russo. Qualcuno dice già che questi missili possono colpire il Cremlino. In generale, non si perdono davvero nei loro sogni?

Putin: Fantasticano, in primo luogo si incoraggiano. In secondo luogo, stanno cercando di intimidirci.

Per quanto riguarda la Germania ci sono anche problemi di carattere costituzionale. Hanno ragione a dire che se i Taurus entrassero in quella parte del ponte di Crimea, che, ovviamente, anche secondo i loro concetti, è territorio russo, ciò costituirebbe una violazione della Costituzione della Repubblica Federale di Germania.

Il fatto è che l’opposizione in Germania si sta comportando in modo ancora più aggressivo. Vediamo su cosa possono essere d’accordo. Lo stiamo monitorando da vicino. Usano missili britannici e americani. Ciò non cambia la situazione sul campo di battaglia. Sì, ci fanno del male, ovviamente, è ovvio. Ma, in sostanza, ciò non cambia il corso delle ostilità e le conseguenze che inevitabilmente si verificano per la parte opposta.

Ora lo sentiamo nella stessa Germania. Sia i suoi canali che quelli stranieri, i canali tedeschi mostrano quanti ne hanno, quanti sono fuori servizio, quanti richiedono miglioramenti, ammodernamenti e così via. Lasciamoli lavorare. Come ha giustamente detto, ci sono alcune cose a cui devono pensare. Ci pensano i più intelligenti.

Kiselëv: Ma i nuovi membri della NATO, Finlandia e Svezia, in generale, cosa hanno scambiato con cosa? Il ministro degli Esteri svedese Tobias Billström ha improvvisamente detto ai turchi che la Svezia è contraria alla presenza di basi NATO sul territorio svedese. Cos’è, proprio non capivano dove stavano entrando? Che gli è successo?

Putin: Deve chiederlo a loro, io non lo so. Abbiamo avuto rapporti abbastanza buoni, rapporti stabili con questi Paesi, e penso che abbiano beneficiato maggiormente del fatto che aderivano alla neutralità, perché questo offre alcuni vantaggi, almeno come piattaforma negoziale per ridurre le tensioni nella stessa Europa.

In generale abbiamo avuto rapporti ideali con la Finlandia, semplicemente ideali. Non avevamo una sola pretesa l’uno contro l’altro, soprattutto territoriale, per non parlare di altre aree. Non avevamo nemmeno truppe, le abbiamo rimosse tutte da lì, dal confine russo-finlandese. Perché hanno fatto questo? Si sono basati, a mio avviso, su considerazioni puramente politiche. Probabilmente volevano davvero far parte di un club occidentale, sotto una sorta di “ombrello”. Perché ne abbiano bisogno, francamente non capisco. Questo è un passo assolutamente insensato dal punto di vista della tutela dei propri interessi nazionali. Comunque spetta a loro decidere, ecco cosa hanno deciso.

Non avevamo truppe lì, ma ora le avremo. Là non esistevano sistemi di distruzione, ma ora ci saranno. A che pro? I nostri rapporti economici erano molto buoni. Hanno usato il nostro mercato, abbiamo comprato molto da loro. Cosa c’è di sbagliato in questo? Ma ora la situazione cambierà. Numerosi loro beni non sono realmente necessari su altri mercati; e non ricevono più abbastanza merci nostre. Non capisco.

Kiselëv: Nel frattempo, negli Stati Uniti c’è...

Putin: Sa, questa è una cosa di tutti i giorni, ma comunque. Negli ultimi anni i rubli russi sono stati accettati a Helsinki, e ancor più nelle zone di confine della Finlandia. Anche a Helsinki, nei grandi supermercati, potevi comprare qualunque merce volevi per rubli. Tutti gli annunci sono in russo.

Kiselëv: Ora la regione di confine sta semplicemente andando in bancarotta.

Putin: Sì. Perché ne sto parlando? Dal punto di vista economico invece la situazione era molto buona: i prezzi degli immobili rimanevano a un livello abbastanza buono. Da un punto di vista economico era positivo, ma a quanto pare c’erano forze, molto conservatrici e nazionaliste di destra, a cui non piaceva affatto questo riavvicinamento con la Russia. Alcuni addirittura pensavano che fosse eccessivo: perché i russi comprano case e appartamenti? Tutto intorno a noi è in russo…

Non è nemmeno che penso, ma so che questa russofobia ha cominciato a crescere a livello quotidiano. Forse alcune forze politiche all’interno del Paese hanno deciso di trarre vantaggio da questo pregiudizio interno. L’intera combinazione di questi fattori ha portato a questa decisione. Mi sembra di sì, ma non posso dirlo al 100%. In ogni caso, ciò non migliora certamente affatto la situazione dal punto di vista della sicurezza, sia nelle relazioni bilaterali che in Europa nel suo insieme.

Kiselëv: Ma nel frattempo negli Stati Uniti è in corso un’attiva corsa alle elezioni presidenziali. E lei non può non essere menzionato. Lei partecipa invisibilmente, poiché tutti i candidati dei Partiti repubblicano e democratico la menzionano nei loro discorsi e nelle loro argomentazioni. In generale, l’impressione è che non esce dalle pagine dei giornali e dai titoli dei telegiornali e sia argomento di discussione nella campagna elettorale di ciascuno. E aggiunge pure benzina al fuoco.

Putin: In che senso?

Kiselëv: Dicendo che per noi è preferibile uno dei candidati. Ma se in generale un presidente straniero dice che è preferibile uno dei candidati di un altro Paese, allora si tratta di una classica interferenza elettorale. In generale, in che misura interferisce in questo modo nelle elezioni americane, dicendo che Biden è preferibile per noi? E in generale, quanto è vero questo? E’ trolling o cos’è?

Putin: No, sa, ora le dirò una cosa che dimostrerà che non cambia nulla nelle mie preferenze. Primo.

Secondo. Non interferiamo in nessun tipo di elezione e, come ho detto molte volte, lavoreremo con qualsiasi leader che goda della fiducia del popolo americano, dell’elettore americano.

Ma ecco cosa è interessante. Anche nell’ultimo anno del suo mandato presidenziale, Trump, l’attuale candidato presidente, mi ha rimproverato proprio per il fatto che simpatizzo per Biden. Questo è successo più di quattro anni fa. Me lo ha detto in una delle conversazioni. Scusi, lo dirò come ha fatto lui, è solo un discorso diretto: “Tu vuoi che “Sleeping Joe” vinca”.

Me lo disse quando era ancora presidente. E poi, con mia sorpresa, hanno cominciato a perseguitarlo perché presumibilmente lo sostenevamo come candidato. Insomma, un delirio.

Per quanto riguarda l’attuale situazione pre-elettorale, sta diventando sempre più incivile. Non vorrei fare alcun commento su questo argomento.

Ma è assolutamente chiaro, credo che sia evidente a tutti, che il sistema politico americano non può pretendere di essere democratico in ogni senso della parola.

Kiselëv: In generale, a dire il vero, la sua preferenza per Biden mi sembra piuttosto strana. Dopotutto, nel 2011, Biden è venuto a Mosca e ha cercato di convincerla a non candidarsi alla presidenza.

Ricorda questa storia? Poi ne ha parlato incontrando l’opposizione russa alla Spaso-House. E Garry Kasparov ha scritto di questo, che Biden ha raccontato questa storia, che è venuto alla Casa Bianca russa dal Primo Ministro Putin e in ogni modo lo dissuadeva dal candidarsi alla presidenza e ha iniziato a costruire una “primavera araba” nel nostro Paese. Cioè, anche allora a Biden non sembrava che lei piacesse molto. Ha una sorta di duello storico con lui. O semplicemente le è passato?

Putin: Ad essere sincero, non ci avevo fatto molto caso.

Kiselëv: E’ passato, giusto? Non ci ha nemmeno prestato molta attenzione.

Putin: Ma che duello e duello…

Kiselëv: Cioè, per lui era una cosa seria, ma per lei no.

Putin: Quello sì che era un segno di interferenza…

Kiselëv: Sì, questa è un’interferenza palese al 100%.

Putin: …nei nostri processi politici interni. Abbiamo parlato molte volte e io ho detto molte volte: “Non permetteremo a nessuno di farlo”.

Kiselëv: Va bene.

Lasciando perdere le interferenze e le battaglie elettorali, di fatto l’escalation continua. Sembra che entrambe le superpotenze, Russia e Stati Uniti, stiano giocando a quello che in America viene chiamato il “gioco del pollo”: quando i polli si scontrano, e poi c’è un gioco in cui i ragazzi in macchina volano in faccia l’uno contro l’altro, a vedere chi girerà per primo. Solo che pare stavolta nessuno sarà il primo a scartare. Quindi la collisione è inevitabile?

Putin: Perché? Negli Stati Uniti hanno annunciato che non invieranno truppe. Sappiamo come sarebbero le truppe americane sul territorio russo. Sono interventisti. E’ così che li tratteremmo, anche se comparissero sul territorio dell’Ucraina, e lo capiscono. Ho detto che Biden è un rappresentante della scuola politica tradizionale, e questo è confermato. Ma oltre a Biden ci sono molti altri specialisti nel campo delle relazioni russo-americane e nel campo della deterrenza strategica.

Pertanto, non penso che qui tutto stia precipitando così di petto. Ma siamo pronti per questo. L’ho detto molte volte, per noi è una questione di vita o di morte, e per loro si tratta di migliorare la loro posizione tattica in generale nel mondo, ma anche in Europa, in particolare, mantenendo il loro status tra i loro alleati. Anche questo è importante, ma non tanto quanto lo è per noi.

Kiselëv: Interessante, ha detto che siamo pronti per questo. Il filosofo Aleksandr Dugin, specialista in geopolitica, chiede una preparazione diretta e pratica per la guerra nucleare. “E quanto meglio siamo preparati, tanto meno probabile è una guerra del genere”, afferma Dugin. Come si può essere preparati per questo? Siamo davvero pronti per una guerra nucleare?

Putin: Da un punto di vista tecnico-militare siamo ovviamente pronti. Le truppe sono costantemente in uno stato di prontezza al combattimento. Punto primo.

Secondo. Anche questa è una cosa generalmente accettata: la nostra triade nucleare è più moderna di qualsiasi altra triade, e solo noi, e in effetti gli americani, abbiamo una tale triade.

Abbiamo fatto molti più progressi. La nostra è più moderna, con tutte le componenti nucleari. In generale, in termini di vettori e cariche, abbiamo approssimativamente la parità, ma la nostra è più moderna.

Lo sanno tutti, lo sanno tutti gli specialisti. Ma questo non significa che dovremmo misurarci in base al numero di portaerei e di testate, ma devono saperlo tutti. E chi ne ha bisogno, ripeto – esperti, specialisti, militari – lo sa bene.

Ora si stanno ponendo l’obiettivo di aumentare questa modernità, questa innovazione e hanno piani corrispondenti. Lo sappiamo anche noi. Stanno sviluppando tutti i loro componenti, e anche noi. Ma questo non significa che, secondo me, siano pronti a iniziare questa guerra nucleare domani. Se lo vogliono – che ci possiamo fare? Siamo pronti.

Kiselëv: Forse, per renderlo ancora più convincente, prima o poi dovremmo condurre test nucleari? Alla fine, non abbiamo restrizioni internazionali per questo.

Putin: Esiste un accordo che vieta test di questo tipo, ma sfortunatamente gli Stati Uniti non lo hanno ratificato. Pertanto, al fine di mantenere la parità, abbiamo ritirato questa ratifica. Poiché il trattato non è stato ratificato dagli Stati Uniti, alla fine non è entrato in vigore perché non ha ricevuto il numero richiesto di ratifiche, tuttavia noi rispettiamo questi accordi.

Sappiamo che negli Stati Uniti si stanno prendendo in considerazione studi di questo tipo. Ciò è dovuto al fatto che quando compaiono nuove testate, alcuni esperti ritengono che non sia sufficiente testarle solo su un computer, ma che debbano essere testate nella loro forma naturale. Idee del genere circolano in alcuni ambienti degli Stati Uniti, esistono, lo sappiamo.

E anche noi stiamo a guardare. Se faranno tali test, non lo escludo, non è necessario, ne abbiamo bisogno o no, dobbiamo ancora pensarci, ma è possibile che possiamo fare lo stesso.

Kiselëv: Ma siamo tecnicamente pronti per questo?

Putin: Sì, siamo sempre pronti. Voglio che sia chiaro che questi non sono tipi ordinari di armi, questo è il tipo, il tipo di esercito, che è costantemente pronto al combattimento.

Kiselëv: Vladimir Vladimirovič, ma comunque, nei momenti difficili, non so, l’anno scorso al fronte con riferimento a Char’kov o Cherson, il pensiero delle armi nucleari tattiche le ha mai attraversato la mente?

Putin: Perché? Fu su proposta dell’allora comando del gruppo che la nostra parte prese la decisione di ritirare le truppe da Cherson. Ma questo non significava affatto che il nostro fronte stesse cadendo a pezzi. Non c’era niente nemmeno di lontanamente simile a questo. Ciò è stato fatto semplicemente per non subire inutili perdite tra il personale. E’ tutto. Questo era il motivo più importante, perché nelle condizioni delle operazioni di combattimento, quando era impossibile rifornire completamente il gruppo situato sulla riva destra, subiremmo semplicemente perdite ingiustificate di personale. Per questo motivo si è deciso di trasferirci sulla riva sinistra.

La correttezza di questa scelta è stata confermata da ciò che il comando ucraino ha cercato di fare in alcune zone della riva sinistra, nello stesso insediamento di Krynki: hanno semplicemente gettato lì la loro gente, come in un tritacarne, e basta. Ultimamente corrono lì a piedi nudi, nel senso letterale della parola. Hanno provato a lanciare munizioni lì con imbarcazioni ad alta velocità e droni. Risultato? Sono stati semplicemente mandati al macello.

Una volta ho chiesto al capo di stato maggiore, non c’è niente di segreto qui, ho detto: “Senti, chi pensi che prenda tali decisioni dall’altra parte? Dopotutto, chi prende la decisione capisce che sta mandando le persone a morte certa? Dice: “Capiscono”. Dico: “Chi prende la decisione, perché lo fa? E’ inutile”. – “Non ha senso da un punto di vista militare”. Dico: “E allora da quale?” “Non so”, dice, “probabilmente i massimi dirigenti politici, sulla base di considerazioni politiche, hanno pensato a una qualche possibilità di sfondare le nostre difese, la possibilità di ottenere denaro aggiuntivo, citando il fatto che hanno lì una sorta di testa di ponte sulla riva sinistra, la possibilità di presentare magnificamente la propria posizione alle riunioni internazionali”. Una volta superato il comando, tutti i boss di livello inferiore impartiranno automaticamente ulteriori ordini.

Ma, a proposito, i prigionieri che furono catturati lì si arresero, dimostrando che non sapevano nemmeno in quale situazione si stavano cacciando. Diciamo che mandano lì nuove unità e dicono: “Là c’è una difesa stabile, forza, continuate, aiutate”. Non potevano più nemmeno raggiungere la riva sinistra.

Kiselëv: tragedia.

Putin: Naturale. Dal punto di vista umano, assolutamente.

Allora perché abbiamo bisogno di usare armi di distruzione di massa? Non c’è mai stata una tale necessità.

Kiselëv: Quindi questo pensiero non le è mai venuto in mente?

Putin: No. Per che cosa? Le armi esistono per essere usate. Abbiamo i nostri principi, di cosa parlano? Che siamo pronti a usare le armi, comprese tutte le armi, comprese quelle che ha menzionato, se parliamo dell’esistenza dello Stato russo, del danneggiamento della nostra sovranità e indipendenza. Tutto è spiegato nella nostra strategia. Non l’abbiamo cambiata.

Kiselëv: Vladimir Vladimirovič, quando il presidente uscente El’cin l’ha invitata a candidarsi alla presidenza, la sua prima reazione è stata: “Non sono pronto”.

Putin: Esatto, confermo la citazione letterale.

Kiselëv: Da allora, ovviamente, ha subito una grande evoluzione. Se adesso dovesse scrivere un telegramma a se stesso allora, quale testo conterrebbe?

Putin: Veda, è come “Uno yankee alla corte di Re Artù” o qualcosa del genere. E’ impossibile rispondere a questa domanda perché la domanda è stata posta in quel momento, nel contesto storico ed economico in cui si trovava il Paese, nella situazione politica interna dal punto di vista della sicurezza interna. E tutto questo insieme mi ha spinto alla risposta che ho dato: “Non sono pronto per questo”. Non perché avessi paura di qualcosa, ma perché la portata dei compiti era enorme e il numero dei problemi cresceva ogni giorno, come una palla di neve. Pertanto, l’ho detto sinceramente e non perché, ripeto, avessi paura di qualcosa, ma perché pensavo di non essere pronto a risolvere tutti questi problemi, Dio non voglia, farei qualcosa di ancora peggio. E’ di questo che stavamo parlando. Pertanto, l’ho detto in tutta sincerità e, se tornassi indietro, ripeterei la stessa cosa.

Kiselëv: Cosa è stato decisivo allora? Dopotutto l’ha fatto.

Putin: Probabilmente le conversazioni con Boris Nikolaevič.

La cosa più importante è che alla fine mi ha risposto: “Va bene, va bene, ho capito, su questo torneremo più tardi”. E su questo siamo tornati più volte.

Alla fine mi ha detto che sono una persona esperta, so cosa faccio, cosa offro e mi ha detto anche altre cose. Probabilmente è imbarazzante lodare se stessi, ma ha detto parole positive. Successivamente me lo ha confermato nuovamente, in maniera del tutto positiva, non ne parlo adesso.

E quando il lavoro è iniziato, tutto era completamente diverso. Sa, quando lavori, pensi: questo, questo, questo è necessario adesso, questo è adesso, questo è domani – e via andare. Quando ti impegni nel lavoro, è una storia completamente diversa.

Kiselëv: Non c’è più tempo per avere paura.

Putin: Non è una questione di paura, è una questione di comprensione, di capacità di risolvere questi problemi. Ricordate com’è stato il 1999 nell’economia, nella sfera della sicurezza, nella finanza, in tutto.

Kiselëv: Una volta ha detto che prepararsi per entrare all’Università di Leningrado è stato un punto di svolta per lei. Era una situazione in cui doveva andare fino in fondo, rendendosi conto: o lo faccio adesso e ce la faccio, e poi realizzerò i piani che voglio (e lei stava già progettando di lavorare nel KGB), oppure ho perso, e poi tutto è diverso e non c’è possibilità. Quindi, anche la Russia è ora nella posizione in cui è necessario tentare il tutto per tutto?

Putin: In primo luogo, allora non avevo una posizione del genere. Sì, volevo lavorare nelle agenzie di sicurezza statali.

Kiselëv: Gli esami di ammissione sono stati il vero punto di svolta, è questa la sensazione, giusto? O la va o la spacca?

Putin: Non proprio. Sono appena arrivato alla sala d’attesa e ho detto: “Mi piacerebbe lavorare qui. Cosa è necessario?”.

L’alternativa era semplice, mi dissero: dovevo conseguire un’istruzione superiore, preferibilmente una laurea in giurisprudenza, oppure prestare servizio nell’esercito, oppure avere almeno tre anni di esperienza lavorativa, ma è meglio prestare servizio nell’esercito. Se non fossi entrato all’università, mi sarei arruolato nell’esercito.

Sì, questo avrebbe potuto essere un percorso più lungo verso l’obiettivo che mi ero prefissato, ma era ancora lì. C’è sempre un’alternativa.

Kiselëv: Ma ha agito con tensione.

Putin: Sì, certo, perché ho studiato in una scuola con specializzazione in chimica e matematica, ma qui ho dovuto seguire materie umanistiche. Ho dovuto lasciare una cosa e farne un’altra.

Sì, certo, c’era tensione. Era necessario imparare autonomamente una lingua straniera, in questo caso il tedesco, era necessario studiare storia, letteratura, ecc.

Kiselëv: Anche la Russia ora è a un bivio: o funziona, oppure…

Putin: la Russia non è a un bivio. E’ sul percorso strategico del suo sviluppo e non devierà dal suo percorso.

Kiselëv: In che misura sente il sostegno della società russa con questa nuova qualità? Perché, dopotutto, è davvero emersa una nuova qualità della società russa.

Putin: Era già presente, semplicemente si è manifestata. Ed è molto positivo aver dato a questa profonda società russa l’opportunità di esprimersi. Ho la sensazione che la gente lo aspettasse da molto tempo, che una persona comune sarà richiesta dal Paese e dallo Stato e il destino del Paese dipende da lui. E’ questo sentimento di connessione interna con la Patria, di importanza nella risoluzione dei problemi chiave, in questo caso nel campo della sicurezza, che ha fatto emergere la forza dei russi e degli altri popoli della Russia.

Kiselëv: E’ alimentato da questo?

Putin: Sempre. Il punto non è nemmeno che qualcuno venga nutrito, il punto è che vedo le richieste della società. Questa è la cosa più importante: soddisfare le esigenze della società.

Kiselëv: Ma è ora di ammettere che lei svolge un ruolo chiave non solo in Russia, ma anche nel mondo, perché miliardi di persone ripongono in lei le loro speranze per la giustizia internazionale, per la tutela della dignità umana, per la tutela della valori tradizionali. Com’è sentire una tale portata di responsabilità?

Putin: A dirglielo onestamente, non lo sento affatto. Lavoro semplicemente nell’interesse della Russia, nell’interesse del nostro popolo. Sì, capisco di cosa sta parlando ora e sono pronto a commentarlo. Ma al punto che io mi senta una sorta di arbitro dei destini del mondo, non esiste una cosa del genere. Mi creda, nemmeno lontanamente. Sto semplicemente adempiendo al mio dovere nei confronti della Russia e del nostro popolo che considera la Russia la propria patria.

Come per altri Paesi nel mondo, questo è strettamente correlato al modo in cui veniamo trattati nel mondo. Questo è interessante. Questo è un fenomeno, questo è certo.

Su cosa vorrei attirare l’attenzione? Qui ha assolutamente ragione, molte persone nel mondo guardano noi, ciò che sta accadendo nel nostro Paese e la nostra lotta per i nostri interessi.

Questo, secondo me, è ciò che è importante. Perché sta succedendo? Non perché siamo formalmente membri dei BRICS o perché abbiamo qualche tipo di rapporto tradizionale con l’Africa. Anche questo è importante, ma il punto, secondo me, è completamente diverso. Sta nel fatto che questo cosiddetto “miliardo d’oro” per secoli, 500 anni, ha praticamente parassitato altre nazioni. Hanno fatto a pezzi gli sfortunati popoli dell’Africa, hanno sfruttato l’America Latina, hanno sfruttato i Paesi dell’Asia e, ovviamente, nessuno se ne è dimenticato. Ho la sensazione che non sia nemmeno una questione di leadership di questi Paesi, anche se questo è molto importante, ma i cittadini comuni di questi Paesi sentono nei loro cuori ciò che sta accadendo.

Associano la nostra lotta per la loro indipendenza e la vera sovranità con le loro aspirazioni per la propria sovranità e lo sviluppo indipendente. Ma ciò è aggravato dal fatto che le élite occidentali hanno un forte desiderio di congelare l’ingiusto stato di cose esistente negli affari internazionali. Sono abituati da secoli a riempirsi la pancia di carne umana e le tasche di soldi. Ma devono capire che il ballo dei vampiri sta finendo.

Kiselëv: Allude, come ha detto nel suo discorso, alle loro abitudini coloniali? Sta parlando di questo?

Putin: Succede proprio così.

Kiselëv: Ma ora ha dipinto un quadro del tutto corretto, in cui la gente vede una sorta di speranza in Russia. Come è potuto accadere che la propaganda occidentale, con tutto il suo potere, le sue colossali risorse e strumenti, non sia riuscita a rendere un pupazzo la Russia, isolarla e crearne una falsa immagine, sebbene abbia tentato di farlo nelle menti di miliardi di persone? Come è successo?

Putin: Perché quello che ho appena detto è più importante per le persone. Le persone di tutto il mondo lo sentono nei loro cuori. Non hanno nemmeno bisogno di spiegazioni pragmatiche per gli eventi in corso.

Kiselëv: Cioè, nonostante l’ondata di questa sporcizia?

Putin: Sì. Anche nei loro Paesi ingannano la gente e questo ha un effetto. In molti Paesi credono che questo sia nel loro interesse, perché non vogliono avere un Paese così grande come la Russia ai loro confini. Il più grande al mondo in termini di territorio, il più grande in Europa in termini di popolazione – una popolazione non così numerosa in termini globali, non può essere paragonata né alla Cina né all’India, ma il più grande in Europa – e ora anche il quinto più grande al mondo in termini di economia. Ebbene, perché abbiamo bisogno di un simile concorrente? Pensano: no, è meglio, come hanno suggerito alcuni esperti americani, dividerlo in tre, quattro, cinque parti: sarà meglio per tutti. Procedono da questo.

E almeno una parte delle élite occidentali, accecate dalla loro russofobia, sono state felicissime quando ci hanno portato al punto in cui sono iniziati i nostri tentativi di fermare la guerra scatenata dall’Occidente in Ucraina con la forza nel 2014, quando siamo passati ad attuare un’operazione militare speciale. Erano addirittura felici, credo. Perché credevano che ora avrebbero finito con noi, ora, sotto questa raffica di sanzioni, praticamente una guerra di sanzioni dichiarata contro di noi, con l’aiuto delle armi occidentali e la guerra per mano dei nazionalisti ucraini, avrebbero finito con la Russia. Da qui lo slogan: “Infliggere una sconfitta strategica alla Russia sul campo di battaglia”.

Ma più tardi si capì che ciò era improbabile, e ancora più tardi che era impossibile. E si capì che invece della sconfitta strategica, si trovavano di fronte all’impotenza, nonostante facessero affidamento sul potere degli onnipotenti Stati Uniti. Si sono trovati di fronte all’impotenza contro l’unità del popolo russo, davanti alle basi fondamentali del sistema economico e finanziario russo, alla sua stabilità e davanti alle crescenti capacità delle Forze Armate della Federazione Russa.

E poi hanno cominciato a pensare – quelli più intelligenti hanno cominciato a pensare – che sarebbe stato necessario cambiare strategia nei confronti della Federazione Russa. Poi è nata l’idea di riprendere il processo negoziale, di trovare un modo per porre fine a questo conflitto, di cercare dove si trovano i veri interessi della Russia. Queste sono persone pericolose, tra l’altro, perché è più facile combattere le persone guidate da principi più terra-terra.

Ha presente come si diceva nella Russia antica? In cosa consiste la felicità per alcune persone a livello quotidiano? Sazio, ubriaco e con il tabacco nel naso. SÌ? Con gente così è più facile quando sei sazio e ubriaco, cioè pieno, ubriaco. Il naso è coperto di tabacco perché usavano il tabacco da fiuto. Adesso c’è chi ha il naso pieno di cocaina. Non importa, con queste persone è più facile, ma con le persone intelligenti è più difficile: sono più pericolose, perché influenzano la coscienza della società, inclusa la nostra, butteranno via ogni sorta di “desiderata” sotto forma di “carote” per noi.

Lei ha già attirato l’attenzione su questo aspetto quando ha chiesto informazioni sulla possibilità di un processo di negoziazione. Ma comunque. E’ qui che sono sorte le contraddizioni all’interno della comunità occidentale. Questa è una cosa ovvia, lo vediamo.

Non ci impegneremo in scissioni in questo ambito; lo faranno loro stessi in modo brillante. Ma certamente ci impegneremo affinché i nostri interessi siano rispettati.

Kiselëv: Non posso fare a meno di chiederlo. Questi attacchi alle regioni di Belgorod e Kursk sono azioni militari che si svolgono nelle nostre regioni. Agiscono in modo più sfacciato: sentono qualcosa? Cosa causa questo?

Putin: La spiegazione è molto semplice. Tutto ciò avviene sullo sfondo dei fallimenti sulla linea di contatto, in prima linea. Non hanno raggiunto nessuno degli obiettivi che si erano prefissati l’anno scorso. Inoltre ora l’iniziativa è passata completamente alle nostre Forze Armate. Tutti lo sanno, tutti lo ammettono. Non credo che dirò nulla di nuovo qui. Alla luce di questi fallimenti, è necessario che mostrino almeno qualcosa e, soprattutto, l’attenzione dovrebbe essere focalizzata sul lato informativo della questione.

Sul confine di Stato il nemico ha cercato di attaccare principalmente con gruppi di sabotaggio. L’ultimo rapporto dello Stato Maggiore: circa 300 persone, compresa la partecipazione di mercenari stranieri. Le perdite del nemico ammontano a più di 200 persone – circa 230. Degli otto carri armati utilizzati, il nemico ne ha persi sette, su nove veicoli corazzati – tutti e nove, di cui sette di fabbricazione americana, Bradley. Sono stati utilizzati anche altri mezzi blindati, ma soprattutto per il trasporto del personale: lo portano su, lo buttano via e se ne vanno subito. Questo è nella sezione di confine di Belgorod. Un po’ più a sud, secondo me, in un posto, lì ci sono forze molto più piccole. Tuttavia, l’obiettivo principale, non ne ho dubbi, è, se non interrompere le elezioni presidenziali in Russia, almeno interferire in qualche modo con il normale processo di espressione della volontà dei cittadini. Primo.

Secondo. Questo è l’effetto informativo di cui ho già parlato.

Terzo. Se almeno qualcosa funziona, per avere qualche possibilità, qualche discussione, qualche carta vincente in un possibile processo negoziale futuro: noi ti restituiremo questo, e tu ci restituirai questo.

Ma ho detto che è più facile parlare con persone che sono guidate dai principi dell’essere ben nutrite, ubriache e con il naso pieno della ben nota materia, perché puoi calcolare cosa faranno. Ci proveranno anche in altri settori, ma lo vediamo.

Kiselëv: Abbiamo menzionato l’episodio in cui ha salvato i bambini da un incendio, ma ora ha già dei nipoti. Quale Paese vorrebbe lasciare ai suoi nipoti?

Putin: Sa, nella prima fase dobbiamo realizzare tutto ciò che è stato affermato nel discorso all’Assemblea Federale di pochi giorni fa. Abbiamo grandi progetti. Hanno carattere molto specifico nei settori dello sviluppo economico, dello sviluppo sociale, del sostegno alla maternità, all’infanzia, alle famiglie con bambini e al sostegno ai pensionati. Negli ultimi tempi ne abbiamo parlato molto poco o non ne abbiamo parlato affatto, ma siamo sicuri che metteremo a disposizione le risorse adeguate anche in questo caso. Ciò riguarda l’indicizzazione delle pensioni, di vari benefici e dell’assistenza a lungo termine per le persone che ne hanno bisogno.

Vorrei dire che le persone della generazione più anziana sono quelle grazie alle quali oggi abbiamo anche uno Stato e un’economia abbastanza forti e stabili. Perché, nonostante tutte le vicissitudini e le difficili prove dell’economia degli anni ‘90, è sopravvissuto grazie al loro lavoro eroico dopo la Grande Guerra Patriottica e durante la ripresa economica. Pertanto, non dovremmo mai dimenticarlo: i meriti della vecchia generazione. Dobbiamo sempre ricordarlo quando garantiamo il loro corretto benessere. Il futuro appartiene ai bambini, per questo ho già parlato di programmi nel campo della maternità e dell’infanzia.

Tutto questo viene fatto solo sulla base dell’economia. Spero che il nostro sistema sia tecnologicamente più avanzato, più moderno e si basi sulle conquiste moderne nel campo della scienza e della tecnologia, dell’informatica, dell’intelligenza artificiale, della robotica, della genetica e così via. La nostra agricoltura si sta sviluppando così bene! E anche lì abbiamo bisogno di tecnologie moderne. Sono utilizzate attivamente e continueranno ad essere utilizzati.

Naturalmente, il Paese sarà autosufficiente nel garantire la propria sicurezza e difesa. Tutto questo insieme dovremo moltiplicarlo più volte e il futuro sarà assicurato.

Kiselëv: Grazie, Vladimir Vladimirovič. La sua fiducia è contagiosa. Buona fortuna per le sue nobili azioni.

Putin: Grazie.

Kiselëv: Grazie.